“E perché mai dovrei soddisfare la tua curiosità...?!” replicò l’altro, accennando un lieve movimento di diniego con il capo, sempre senza interrompere la propria musica “Non credo proprio di doverti qualcosa... né, tantomeno, di volerti concedere un qualsivoglia genere di favore.”
Di principio, Midda Bontor non avrebbe avuto a dover essere fraintesa una donna impulsiva. Generalmente, anzi, ella era abituata a ben misurare le proprie azioni, nella necessità di ovviare a stolidi colpi di testa dei quali, poi, avrebbe potuto pentirsi. Ciò non di meno, un talune condizioni, anch’ella non avrebbe potuto ovviare a dimostrare tutta la propria mortale fallibilità nel lasciarsi trascinare dall’impeto del momento e, in tal senso, nell’agire in maniera troppo istintiva, senza valutare adeguatamente... o, anche, senza valutare proprio, le possibili conseguenze delle proprie azioni. Ragione per la quale, malgrado più di una volta, nel corso della propria vita, avesse cercato di impegnarsi a proseguire in maniera solitaria il proprio cammino, ella comunque non avrebbe potuto che apprezzare l’idea di avere attorno a sé persone fidate in grado di fermarla al momento opportuno, per impedirle di agire in maniera irragionevolmente stolida. A tal riguardo, in effetti, anche la sua sorellina d’arme Har-Lys’sha non aveva mancato di riservarsi occasioni utili per fungere da voce della coscienza per la propria amica, in termini tali per cui ella si era ritrovata a frenare i propri passi prima di commettere spiacevoli errori dei quali pentirsi.
Anche in quel particolare frangente, se soltanto ne avesse avuto la possibilità, sarebbe stato di gran lunga meglio per tutti che Lys’sh avesse potuto avere occasione di intervento, e di intervento a impedire, all’amica, di perdere le staffe. Ma tanto l’ofidiana, quanto la feriniana, avevano voluto allor fidarsi della capacità di giudizio della Figlia di Marr’Mahew, restando indietro rispetto a lei e lasciando a lei il compito di gestire quella situazione, sospinte in tal senso dall’evidenza di quanto, allora, ella stesse dimostrando di conoscere il proprio antagonista e, in tal senso, di dover esser quindi identificata qual la persona più appropriata per poter gestire quella crisi. E così, restate a debita distanza rispetto a Midda Bontor, né Lys’sh, né Lora avrebbero potuto avere la possibilità di intervenire a stemperare i toni di quel dialogo e, magari, a placare l’ira crescente nel cuore della loro compagna, di pari passo all’ansia che, da tutto ciò, e dai suoi più intimi dubbi, stava per lei allor derivando.
Fu così che, per quanto, di principio, Midda Bontor non avrebbe avuto a dover essere fraintesa qual una donna impulsiva; ella ebbe lì ad agire con imbarazzante impulsività in risposta a quell’ultima replica, sfoderando la propria lama e gettandosi in avanti, nell’intento di ottenere da lui le risposte necessarie o, comunque e all’occorrenza, di ucciderlo, per interrompere la follia di quanto lì in corso, per così come non volle mancare di esplicitare verbalmente...
« Poco male. » sancì ella, con un ringhio « Vorrà dire che, parimenti, non mi riserverò scrupolo alcuno a strapparti la vita dal corpo. »
Generalmente Midda Bontor non soleva riservarsi la prima azione in un combattimento, nella quieta consapevolezza di quanto, in effetti, ella avrebbe potuto conservare un certo vantaggio psicologico e tattico fino a quando fosse rimasta sostanzialmente immobile e apparentemente del tutto disinteressata alla pugna, costringendo, in ciò, il proprio antagonista a non riservarsi la benché minima idea nel merito di quanto avrebbe potuto attenderlo.
Purtroppo per lei, in quel momento, ella ebbe a dimenticarsi di tal più che corretta abitudine, scegliendo di riservarsi l’onere della prima azione e, in tal senso, consegnando al proprio avversario tale vantaggio, tanto dal punto di vista psicologico, quanto da quello tattico. Perché Nessuno, allorché lasciarsi cogliere dall’agitazione nel confronto con l’immagine della propria antagonista in così violento avvicinamento, ebbe a preferire mantenere, ancora, gli occhi chiusi, conservando in tal senso tutto il proprio più quieto stato d’animo e lasciando che, a combattere, avessero a essere altri per conto suo. Altri come, nella fattispecie, una mezza dozzina di guardie cittadine che, armate, si slanciarono fra la donna guerriero e il proprio obiettivo, pronti a essere per lui scudi con i propri stessi corpi ove necessario.
E se mirabili avrebbero avuto a dover essere considerati i riflessi della Campionessa di Kriarya e Lysiath, allor soltanto in grazia a tanto mirabili riflessi quei disgraziati ebbero a ovviare a ritrovarsi con una spada bastarda profondamente conficcata nel basso ventre, giacché ella, nel ravvisare quanto stava accadendo, riuscì a frenare di colpo il proprio incedere, deviando il proprio affondo quanto sufficiente a sfiorare il fianco destro di uno di loro senza, pur, avere a ferirlo, anche in grazia alla cotta di maglia da lui indossata.
« Thyres! » gemette ella, ritraendosi di colpo e ritraendosi in tempo utile a non essere, a propria volta, facile bersaglio per i propri inattesi antagonisti, e quegli uomini che, in risposta alla sua offensiva, ebbero allor a sguainare le proprie lame solo per cercare, con violenti fendenti, il contatto con le sue carni « Ti stai servendo di loro per affrontarmi...? Questo è un comportamento indegno persino per uno come te...! »
“Non ho interesse a impegnarmi direttamente con te. Non questa volta, quantomeno...” escluse tuttavia egli, banalizzando l’argomentazione sollevata dall’interlocutrice “Comunque non avertene a male. Non ho indicazioni precise, ma credo che vi siano qualche decina di migliaia di persone pronte ad affrontarti.”
D’accordo: in effetti Midda Bontor non aveva preso in esame tutte le variabili del caso. A partire da quella più palese di tutti, ossia il controllo mentale che quella musica maledetta stava esercitando su tutti gli abitanti di Kriarya. Lo stesso controllo mentale che li aveva costretti a lasciare le proprie camere nel cuore della notte per seguire quell’insignificante pifferaio magico, e che, all’occorrenza, avrebbe potuto anche sospingerli a combattere, nel di lui nome, contro quella donna leggendaria, e quella donna leggendaria che, a confronto con la situazione così offertale, avrebbe avuto ben poche possibilità di scelta: o accettare di combattere contro persone fondamentalmente innocenti, promuovendo una devastante carneficina... o disimpegnarsi, finché ancora le era concessa una simile opportunità.
« Midda! » avvertì la voce di Lys’sh, alle sue spalle, intenta a richiamarla.
Un richiamo non fine a se stesso, quello della giovane ofidiana, quanto e piuttosto volto a invitare la propria sorellona a prestarle attenzione, nel mentre in cui ella, sopraggiungendo ora a lei al galoppo, ebbe a tenderle la propria mancina, per afferrarla al volo e aiutarla a balzare a propria volta sulla schiena dell’animale, a concederle una rapida occasione di ritirata.
E la Figlia di Marr’Mahew, intuendo il senso della cosa in grazia a una rapida occhiata, non ebbe purtroppo a trovare motivazioni utili a contestare quell’iniziativa, rinfoderando rapidamente la propria arma e aggrappandosi all’amica, per saltare in groppa al sauro, con buona pace per ogni possibile orgoglio personale, soprattutto in sfida all’uomo da lei molti anni addietro ribattezzato come Nessuno.
“Che succede, o figlia della dea della guerra?” la canzonò egli, sempre attraverso le note del proprio strumento incantato “Dove è finita, ora, tutta la baldanza con la quale mi hai sempre affrontato in passato...?!” sembrò quasi ridere, per quanto nessuna risata avrebbe mai potuto essere prodotta da un flauto, per quanto dono di un dio “Comunque non avertene a male... è possibile, in fondo, che io non abbia a torcere loro un capello.” suggerì, propositivo nel merito del destino degli abitanti di Kriarya.
Un’ipotesi che, tuttavia, egli stesso volle immediatamente ritrattare suggerendo un sibillino: “O forse no...!” al quale ebbe ancora ad aggiungere, puntualizzando “Dopotutto non mi è stato posto particolare limite nel merito della loro sorte.”