« Trovo sempre squisitamente delicato l’esercizio di tanto sottile abilità diplomatica come quella che ora hai in mente... » ridacchiò Lys’sh, desiderando stemperare i toni, a non concedere loro di smarrire quel pur effimero senso di positività conseguente all’idea di aver trovato delle tracce da seguire, tracce utili a dimostrare, oltretutto, quanto tutti gli scomparsi non avessero a doversi intendere, necessariamente, qual trapassati « ... ma non eri tu quella che desiderava evitare di uccidere ancora qualcun altro, a minimizzare la possibilità di divenire la nuova Oscura Mietitrice...?! » le domandò poi, quasi provocatoriamente.
« Ma infatti non ho parlato di ucciderlo... » osservò la Figlia di Marr’Mahew, inarcando appena un sopracciglio prima di accennare un sorrisetto ironico, ben consapevole di quanto, comunque, l’amica avesse allor ragione.
« Ah beh... sì, certo! » commentò quindi l’ofidiana, scuotendo appena il capo « Stupida io ad aver frainteso il senso della frase “non vedo l’ora di polverizzare la sua faccia a suon di pugni”... » puntualizzò, non priva di un certo, obbligato sarcasmo « Del resto, possedere un volto non è condizione necessaria e sufficiente per essere vivi: molta gente ha una faccia e, comunque, è morta. »
« E qualcuno in vita non ha più una faccia... » precisò Midda, seguendo divertita i torni di quella conversazione « Non ti ho ancora presentato El’Abeb, vero?! » domandò poi, volgendo i propri pensieri all’attuale sovrano dell’isola di Rogautt, già dominio di Nissa Bontor prima della di lei caduta e morte.
In effetti, El’Abeb, certamente non il primo e probabilmente neppure l’ultimo a far vanto di quel nome, avrebbe avuto a dover essere riconosciuto qual, inquietantemente, un uomo vivente privo di volto, o, per meglio dire, avente un volto parzialmente scarnificato, e fondamentalmente privo di pelle, muscoli o carne, ma anche bulbi oculari, in tutta la parte superiore, sino alla mandibola esclusa. Un dettaglio apparentemente raccapricciante che non avrebbe avuto a dover essere frainteso conseguenza di un qualche incidente, o di un’aggressione, quanto e piuttosto della fusione fra un comune essere umano e un artefatto magico, una maschera stregata tramandata di El’Abeb in El’Abeb, ultimo fra i quali, nonché attuale detentore, una sua vecchia conoscenza, a volte avversario, altre alleato, al quale proprio la stessa Figlia di Marr’Mahew aveva consegnato la gestione dell’isola di Rogautt e di tutto ciò che, un tempo, era stato posto sotto il dominio dalla propria gemella.
« Già... » confermò quindi la donna rettile, dopo un istante di silenzio utile a ricordarsi a chi avesse ad appartenere quel nome, un nome già sentito nelle sue narrazioni, narrazioni tuttavia accompagnate da così tanti nomi, da così tante figure, a volte alleate, più sovente avversarie, tale per cui sarebbe stata probabilmente necessaria un’enciclopedia soltanto per aversele a rammentare « Non che sia l’unica persona che ancora non ho conosciuto fra tutti i protagonisti della tua lunga vita. » sottolineò, a non escludere la presenza di tanti altri nomi ai quali avrebbe avuto ancora a dover associare un volto « Prima o poi, per esempio, spero proprio che vorrai portarci a conoscere il padre di H’Anel e M’Eu... il famoso Ebano, tuo antico amante! »
« A quanto mi è stato raccontato, ultimamente è legato sentimentalmente a Fath’Ma... e nel considerare quanto malamente ci siamo rapportate in occasione dei nostri ultimi incontri, non sono certa ella avrebbe piacere a vedermi ricomparire nella sua vita, soprattutto qual ex del suo attuale compagno. » ammiccò la donna guerriero, non potendo mancare di concedersi, malgrado l’apparente ironia, un fugace momento di intima malinconia a quel pensiero, e al pensiero del rapporto spiacevolmente e irrimediabilmente compromesso con quell’amica, per preservare la serenità della quale si era allontanata dalla sua vita, condannandola, altresì e spiacevolmente, a indicibili orrori psicologici a opera del suo mai sufficientemente odiato sposo, il semidio immortale Desmair.
« Beh... » esitò per un istante Lys’sh, comprendendo di aver compiuto un passo falso nel desiderio di distrarre l’amica da funesti pensieri e cercando, allora, una nuova direzione entro la quale poter volgere quel dialogo « Che ne pensi, allora, di un viaggetto a ritrovare Heska...? Potrebbe anche essere l’occasione giusta per andare ad acquistare una nuova spada, visto che continui a lamentarti della scarsa qualità di ogni altra arma sulla quale hai messo mano! »
In effetti, fare ritorno all’isola di Konyso’M a ritrovare vecchi amici, avrebbe potuto concederle anche l’occasione di procurarsi una nuova spada forgiata secondo quelle antiche tradizioni tramandate fra i fabbri figli del mare, e atte a donare, a una lucente lega metallica dagli azzurri riflessi, una resistenza a dir poco prodigiosa.
Purtroppo, anche a confronto con quell’eventualità, ella non avrebbe potuto mancare di sollevare una nuova eccezione, come già all’idea di andare a trovare Ma’Vret...
« Dimentichi che a Konyso’M vive ora Ah’Reshia... la donna dietro a Carsa Anloch. » puntualizzò, offrendo riferimento a quella che era stata una delle proprie più care amiche, e più terribili nemiche, in un lungo capitolo della propria vita, e che, a modo proprio, anche Lys’sh aveva avuto occasione di incontrare in conseguenza alle peculiari prerogative del tempo del sogno « E sebbene, a differenza di Fath’Ma, non vi siano particolari ragioni di astio in lei... non sono certa di potermi confrontare serenamente, ancora una volta, con Carsa Anloch. Non dopo averle dovuto dire addio così tante volte... »
« Diamine! » esclamò allora Lys’sh, non negandosi una certa enfasi « Inizio a credere che non esista un posto in cui tu sia stata, su questo pianeta, dove non ti sia lasciata alle spalle qualcuno che non hai piacere di rivedere... o che non ha piacere di rivedere te! » commentò, a metà fra il divertito e il disorientato « Mi puoi ricordare per quale ragione hai voluto tornare a vivere qui, invece di restare fra le stelle...?! » le domandò pertanto, in una questione che, per quanto apparentemente faceta, non avrebbe potuto ovviare a riservarsi una certa serietà.
Una questione a confronto con la quale, in effetti, Midda Bontor non avrebbe saputo offrire una pronta risposta, e, forse, neppure una risposta in senso più assoluto, nel considerare quanto, in fondo, non avrebbe potuto vantare una reale ragione tale da spingerla a fare ritorno al proprio pianeta natale se non per il fatto che, per l’appunto, esso fosse il suo pianeta natale, il luogo al quale ella apparteneva e nel quale, forse figlia di una mentalità un po’ provinciale, sentiva di dover continuare a vivere, malgrado avesse letteralmente scoperto l’esistenza di un universo infinito attorno a sé... e, forse, persino qualcosa di più.
« Magari potremmo farci un viaggetto verso il continente di Hyn... » suggerì alfine, non trovando occasione di utile risposta verso l’amica « In fondo, da quelle parti non ci sono mai stata. E anche da lì provengono spade molto interessanti. » rammentò, a ricollegarsi al tema della ricerca di una nuova arma con la quale avere ad affiancarsi.
Se, infatti, il continente di Qahr era stato ampliamente visitato dalla Figlia di Marr’Mahew, magari non completamente, in ogni proprio regno o regione, e pur, in linea generale, più o meno ovunque; tanto il continente settentrionale di Myrgan, quanto il continente orientale di Hyn avrebbero avuto a doversi riconoscere da parte sua quali territori inesplorati, terra incognite nelle quali poter, all’occorrenza, andare a cercare un nuovo inizio, ove, improvvisamente, tutto le fosse iniziato a essere troppo stretto in quel di casa.
E, in effetti, in una passata visione di un proprio futuro, ella aveva avuto occasione di vedersi proprio a peregrinare solitaria in quel di Hyn, tornata a vivere la vita della mercenaria in un’età non più così giovanile e, a ben vedere, neppure troppo lontana dalla propria età attuale, ragione per la quale quella battuta avrebbe potuto avere ragione di non doversi intendere propriamente una battuta...
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