11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

www.middaschronicles.com
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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

sabato 19 dicembre 2020

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Affermare che, nel corso della propria vita, Midda Bontor non si fosse interessata, in prima persona, ad alimentare il proprio mito, sarebbe stato fondamentalmente ipocrita da parte sua, e imperdonabilmente errato da parte di chiunque altro.
Donna contraddistinta da un vivace intelletto, e da non poca astuzia, ella aveva immediatamente compreso quanto tutto il proprio valore, senza un’adeguata fama, sarebbe valso a poco a confronto con il desiderio di una carriera da mercenaria. In una cultura patriarcale, soprattutto, una giovane donna, come ella ancor era un quarto di secolo prima, ai propri esordi come mercenaria, e una giovane donna oltretutto contraddistinta da forme di una certa importanza, in una circonferenza toracica che, da sempre, era stata ragion d’interesse per il pubblico, difficilmente avrebbe potuto riservarsi occasione d’esser presa sul serio in una carriera che non avesse a dover sottintendere, necessariamente, un impegno di natura sessuale. Così, nella necessità di combattere contro una visione maschilista, se non addirittura misogina, della realtà; ella non si era concessa occasione di superflua modestia, lasciando sì che a parlare fossero le proprie gesta ma, anche, premurandosi che, per l’appunto, si parlasse delle proprie gesta, arrivando, se necessario, a finanziare personalmente bardi e cantori affinché avessero a promuovere il suo nome, facendo sì che nella coscienza collettiva potesse essere associato a quello di una guerriera.
Nel corso del tempo, poi, il suo mito aveva finito con alimentarsi in maniera spontanea e, salvo rarissime occasioni, non vi era stato più alcun bisogno, per lei, di avere a intervenire direttamente nell’influenzare la promozione del proprio nome. Un’importante eccezione, in ciò, era occorsa quando ella aveva dovuto premurarsi che il mondo avesse a conoscere l’esistenza della propria gemella, e avesse a trovare occasione di distinguerle, per quanto, in effetti, difficile sarebbe stato farlo, nell’impegno costante di Nissa ad alterare il proprio aspetto per fingersi colei che più odiava al mondo, e per fingersi lei al fine di meglio giungere a colpire le persone a lei più vicine. Così come, in tempi recenti, ella si era dovuta impegnare affinché il mondo fosse adeguatamente informato della notizia del proprio ritorno, in termini utili a non equivocare la sua identità per così come, del resto, era avvenuto non troppo prima, con i malcapitati della Confraternita del Tramonto, che non l’avevano riconosciuta per colei che era.
Fortunatamente, in quella nuova occasione, i membri di quella carovana sembravano esser stati già raggiunti dalla notizia del suo ritorno in attività, per così come un’improvvisa serrata dei ranghi da parte loro, e un visibilmente ritrovato entusiasmo, avrebbero potuto testimoniare. E, del resto, generalmente i mercanti avrebbero avuto a dover essere considerati coloro che per primi erano soliti recepire ogni qual genere di notizia, viaggiando in lungo e in largo e, più o meno volontariamente, cooperando a diffondere le informazioni a destra e a manca, nel riportare in ogni dove le voci sentite ovunque.
Una nota positiva, quella così rappresentata da ciò, che avrebbe permesso alle tre compagne d’armi, in quell’assetto pur inedito, di avere occasione di incontrare la collaborazione di coloro verso i quali erano così corse in aiuto, allorché, meno piacevolmente, una paradossale avversione. Sì, perché, malgrado tutto, il loro arrivo avrebbe anche potuto essere frainteso dai membri della carovana, e avrebbe potuto essere frainteso come ispirato da un desiderio di sciacallaggio a discapito di una già funesta situazione, in termini utili da motivare, allora, una reazione violenta a loro discapito.
Ma le grida di incitazione che ebbero a raggiungerle mentre ancora qualche centinaio di passi le separava dal loro obiettivo non avrebbe potuto lasciar spazio a fraintendimenti nel merito della positiva accoglienza che allor le avrebbe attese, quantomeno da parte dei mercanti...

« Campionessa di Kriarya e di Lysiath... salvaci! » distinsero un grido, in suo appello « Sterminatrice di Mostri... Furia Nera... aiutateci! »

In verità, l’appellativo di Furia Nera era stato attribuito alla terza sorella d’arme assente in quel momento all’interno della loro formazione, Duva Nebiria, in palese riferimento alla propria carnagione degna di una figlia dei regni desertici centrali, qual, non a caso, era sovente equivocata essere. Ma in quel contesto, nella presenza di Lora accanto a Midda e a Lys’sh, e di una feriniana dal manto dello stesso colore di una notte priva di luna o di stelle nella sola eccezione di una macchia bianca a forma di cuore in corrispondenza dell’occhio destro, più che giustificabile sarebbe stato fraintendere quella figura per la fantomatica Furia Nera, soprattutto non avendo altresì alcuna effettiva idea nel merito dell’identità della stessa.

« Ripiegate! » tuonò la voce della Figlia di Marr’Mahew, desiderando riservarsi campo libero nel confronto con la manticora e, già, preparandosi all’offensiva nel sollevarsi sulla sella del proprio cavallo, e lì, con mirabile dimostrazione di equilibrio e controllo, nell’accucciarsi con le gambe piegate, pronte a distendersi nel momento più opportuno « Ora ci pensiamo noi... »

E se anche qualcuno, fra i membri della carovana, avrebbe potuto avere eventuali motivazioni utili a dubitare della corretta identificazione di quella donna in quanto Midda Bontor, quanto allor accadde, e come accadde, ebbe a fugare qualunque occasione di dubbio.
Perché, con indomito coraggio, e forse persino una certa incoscienza nel confronto con il pericolo letale rappresentato dal veleno della creatura a lei innanzi, non appena ella giunse alla giusta distanza, sfruttando la stessa velocità del cavallo e a essa aggiungendo l’accelerazione conseguenza del salto che ebbe a compiere, la donna guerriero più famosa di quell’angolo di mondo, se non del mondo intero, ebbe a proiettarsi in aria, in un breve volo che pur, nell’adrenalina del momento, parve eterno, e un breve volo che, vedendola evitare per un soffio un movimento di reazione da parte della coda del mostro, la portò ad atterrare dritta al centro della schiena dello stesso, con un’agilità degna di una circense. Una dimostrazione di mirabile grazia, la sua, che non volle, ovviamente, restare fine a se stessa e che si vide concretizzare, allora, in un movimento deciso della sua lama, e un movimento deciso della sua lama bastarda a precipitare, in verticale, al centro esatto del corpo della creatura, per andare a infilzarsi fra due delle sue scaglie dorsali e, lì, avere a inchiodarla a terra...
... o, quantomeno, ciò sarebbe stato quanto ella avrebbe desiderato ottenere, e quanto ella certamente avrebbe ottenuto se soltanto, nel proprio pugno mancino ella avesse stretto l’elsa della propria perduta spada bastarda in lega metallica dagli azzurri riflessi, quella spada dalla straordinaria fattura, che mai l’aveva tradita in tanti anni, in tantissime sfide.
Purtroppo, però, nella propria mancina ella stava allor impugnando un’altra spada bastarda. Una spada assolutamente meritevole e, ciò non di meno, non così meritevole come quella che le era stata propria un tempo. E una spada la cui tempra non riuscì ad avere ragione, almeno in quel primo attacco, in contrasto al coriaceo esoscheletro della manticora!

« E poi una non deve bestemmiare... » ringhiò ella, nel ravvisare quanto il proprio gesto non avesse sortito l’effetto voluto, nel mostrare ancora la punta della propria spada sulla linea di congiunzione delle due scaglie, senza, tuttavia, essere riuscita ad affondare fra esse.

Purtroppo per lei, ovviamente, la manticora non sarebbe stata ad attendere che ella avesse a riservarsi occasione di successo in tal senso e, preso atto della situazione, e della presenza della propria nemica sul proprio dorso, ebbe allora a scuotersi violentemente, sbalzando la propria assalitrice in aria, nell’intento, comprensibile, di avere a liberarsi di quell’incomoda presenza e, magari, di riservarsi occasione di ricambiare il favore a suo discapito.

« ... Thyres! » bestemmiò quindi il nome della propria dea, a denti stretti.

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