Cergi Uthor era un mercante da tutta la vita. Suo padre, Cefra, e suo nonno, Caale, prima di lui erano mercanti. E anche Cergi era un mercante. Era nato nel retro di un carro di una carovana, e tutto ciò che nella propria vita aveva conosciuto, in effetti, era quello: viaggiare attraverso le nazioni, a bordo del proprio carro, in testa alla propria carovana, per il gusto di farlo, in effetti, ancor prima che per un vero e proprio desiderio di arricchimento.
Certo, Cergi non era povero. Anzi. A dispetto delle ridotte dimensioni della propria carovana, egli avrebbe avuto a dover essere inteso qual uno degli uomini più ricchi di tutta la penisola maggiore di Tranith. E, in effetti, oltre a quella carovana, Cergi ne possedeva altre dodici, ognuna costituita da un numero di carri non meno di tre volte quelli della propria attuale carovana. E proprio perché, in effetti, Cergi Uthor non era un uomo di poco conto, egli era abituato a tentare di mantenere un profilo umile, modesto, onde ovviare ad attrarre a sé eccessive attenzioni e, con essi, eccessivi pericoli.
Comunque, avesse avuto a dover essere intesa una mera questione economica, Cergi Uthor avrebbe anche potuto restarsene a vivere una ritirata quotidianità domestica, lasciando ai propri dipendenti il compito di mantenere in piedi l’attività e limitandosi, in ciò, a godere delle proprie ricchezze. Ma non era questo che egli bramava.
Cergi era nato in viaggio, sul retro di un carro di una carovana. E, in ciò, egli avrebbe continuato a viaggiare per tutta la vita, finché gliene fosse stata concessa l’occasione. Perché quello avrebbe avuto a dover essere inteso l’unico modo che egli avesse per potersi sentire veramente vivo.
Purtroppo, però, quel viaggio in particolare avrebbe potuto tradursi, effettivamente, nell’ultimo viaggio della propria vita. E tutto perché, impossibile a prevedersi, avevano incrociato lungo il proprio cammino una terrificante creatura qual neanche avrebbero potuto immaginare avesse a esistere nei propri peggiori incubi.
« Per amore di Tarth... » gemette, vedendo altri due compagni di viaggio cadere nel confronto con quel mostro osceno, trapassati impietosamente dai lunghi e sottili aculei della sua coda.
Purtroppo, per così come Midda non si sarebbe mai attesa un aiuto da Thyres, ancor meno Cergi avrebbe avuto ragione di attenderselo da Tarth, che altri non avrebbe avuto a dover essere inteso se non la controparte maschile della signora dei mari, all’interno del medesimo pantheon tranitha: Tarth e Thyres, infatti, pur essendo amati oltremodo dai propri fedeli, idea stessa del mare del quale tutti loro non avrebbero potuto fare a meno di sentirsi figli, non avrebbero avuto a dover essere fraintesi qual interessati a interferire nelle vicende dei mortali, con il medesimo distacco proprio dei vasti mari, indistintamente portatori di vita e di morte senza reale cattiveria.
E così, pur invocando, in maniera spontanea e sincera, il proprio dio prediletto, Cergi Uthor non si sarebbe potuto attendere da parte sua alcun coinvolgimento, alcun intervento, per così come mai, nel corso della sua vita, era accaduto.
Fu proprio, però, nel momento in cui lo sconforto aveva iniziato a dominare su di lui, nel ravvisare gli stessi compagni caduti rialzarsi ciondolanti da terra animati da incerte e lente movenze proprie degli zombie, che un grido di battaglia ebbe ad attrarre l’attenzione sua e di tutti gli altri superstiti, nonché della stessa oscena creatura loro antagonista, pur, ovviamente, non offrendo la benché minima ragione di interesse ai non morti lì appena resuscitati, e a quei non morti che, già, si stavano dirigendo in opposizione ai loro stessi amici e parenti, privati, proprio malgrado, di tutta la propria passata identità e tradotti, purtroppo, in meri dispensatori di morte da qualche oscuro influsso negromantico. Un grido di battaglia che, con un rapido sguardo, ebbero a ricondurre a tre figure a cavallo, in rapido avvicinamento nella loro direzione...
« Cosa pensano di fare questi stolti...?! » protestò, non per ingratitudine nei riguardi di chi, pur, era palesemente pronto a rischiare la propria vita per loro, quanto e piuttosto per semplice scoramento, nella triste consapevolezza di quanto, purtroppo, un così ristretto contingente non avrebbe potuto alterare le sorti della battaglia, limitandosi, semplicemente, ad aumentare il numero di vittime che, in quella giornata, quella terrificante creatura avrebbe mietuto.
Avesse egli allor avvistato un piccolo esercito, un battaglione formato da non meno di una cinquantina di elementi ben armati e corazzati, forse Cergi avrebbe anche potuto mutare la propria opinione, ritenendo sussistere una qualche possibilità di salvezza per sé e per i propri compagni.
Purtroppo, però, tre soli disgraziati non avrebbero potuto compiere nulla.
Anzi... non tre disgraziati...
... tre disgraziate!
« Che gli dei le abbiano in gloria... » sussurrò, scuotendo appena il capo.
Cosa diamine potevano pensare di fare quelle tre donne...?
Tre donne contro una creatura del genere, che impietosamente stava falciando tutti i coraggiosi membri della sua carovana, con la stessa banalità con la quale il contadino avrebbe potuto mietere il grano maturo, cosa avrebbero mai potuto riservarsi l’occasione di sperare di compiere...?! Se già tre uomini, da soli, non avrebbero avuto scampo, per tre donne, da sole, tutto ciò rappresentava morte certa.
A meno che...
« ... possibile?! » gemette egli, non osando sperare in una tale fortuna, in una tale benevolenza da parte degli dei in proprio aiuto, e, ciò non di meno, non desiderando altro che tutto ciò.
Capelli color del fuoco, pelle chiara come l’avorio, un braccio coperto da tatuaggi tranithi in sfumature di azzurro e di blu e l’altro in lucente metallo: tale avrebbe potuto essere distinta la donna al centro di quella carica, a ispirare e comandare la follia di quell’azione. Alla sua destra, una figura dalla pelle verde smeraldina, simile a quella di una lucertola o di un serpente, priva di capelli a ornamento del proprio capo. E alla sua sinistra una figura scura come la notte, che da lontano avrebbe potuto persino essere fraintesa qual ricoperta da una sorta di ferina pelliccia.
Sì. Era possibile. Quella descrizione coincideva con gli ultimi racconti che aveva udito nel merito del ritorno di una leggenda vivente, di un mito fatto realtà, della figlia più importante di tutta Tranith... Midda Bontor! Midda Bontor, la Figlia di Marr’Mahew, l’Ucciditrice di Dei, che, dopo essere scomparsa per tanti anni, era ritornata a viaggiare attraverso Kofreya in compagnia di due nuove sorelle d’arme, degne compagne di una sì incredibile figura: la Sterminatrice di Mostri e la Furia Nera.
Tutto tornava con quanto allora gli stava venendo concesso allo sguardo... benché, ovviamente, Cergi non avrebbe mai potuto immaginare che la Sterminatrice di Mostri e la Furia Nera potessero essere due tanto peculiari presenze!
« Serrate i ranghi! » tuonò quindi ai propri compagni e alle proprie compagne, improvvisamente fiducioso nell’idea di un indomani, laddove, se davvero Midda Bontor stava sopraggiungendo in loro aiuto, la questione si sarebbe presto risolta in loro favore « Dobbiamo soltanto tenere duro ancora poco... la Figlia di Marr’Mahew sta giungendo in nostro aiuto! »
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