Che il proprio avversario fosse maturato, ella ebbe a comprenderlo in semplice conseguenza al fatto che egli non ebbe a reagire a confronto con la sua provocazione.
Fosse stato lo stesso arrogante individuo che aveva affrontato e umiliato in passato, difficilmente egli avrebbe abbracciato in maniera spontanea l’appellativo canzonatorio da lei rivoltogli in passato, rendendolo proprio e facendone, anzi, quasi una ragione di vanto. E ancor più difficilmente egli sarebbe allor rimasto in quieto silenzio a confronto con quelle sue ultime parole, a quelle ultime parole formulate al solo scopo di averlo a stuzzicare. Nel migliore dei casi le avrebbe riposto piccato, nel peggiore si sarebbe scagliato contro di lei con un qualche rabbioso attacco, volto a impedirle di avere a continuare a prendersi giuoco di lui in quella maniera.
Ma egli, allora, non ebbe né a risponderle, né, tantomeno, ad agire in sua opposizione, restando quietamente concentrato sul suono del proprio flauto e, anzi e addirittura, avendo a chiudere gli occhi a confronto con la propria antagonista, quasi ella non avesse a rappresentare, per lui, un’avversaria degna di nota. Quasi ora fosse ella stessa divenuta un Nessuno.
« Embè...? » domandò ella, aggrottando la fronte, a metà fra il deluso e il preoccupato per la compostezza di quella reazione « Dopo esserti trascinato dietro un’intera città al solo scopo di farmi torto, non ti riservi neppure l’occasione di rivolgermi la parola...? » insistette, cercando di stuzzicare una qualche sua reazione « E’ l’emozione che ti ammutolisce, per caso...?! »
“Ti preoccupa che io ti sia indifferente...?” replicò tuttavia l’altro, ancora modulando la musica qual proprio mezzo di espressione verbale “Strano. Ero convinto di essere io Nessuno... e normalmente Nessuno è indifferente a una donna come te.”
« Thyres... se penso che sono stata io a darti la possibilità di impegnarti in questi stupidi giochi di parole, mi prenderei ben volentieri a schiaffi! » sospirò la donna guerriero, scuotendo appena il capo « E, comunque, è inutile che giochi a fare il sostenuto nei miei confronti: il semplice fatto che tu ti sia impegnato tanto per me è dimostrazione di quanto tu non sia così indifferente come vuoi proporti. »
“E’ divertente il fatto che tu continui a ripetere che io mi sia impegnato tanto per te...” scosse il capo egli, con tono ora addirittura divertito “Davvero sei convinta che, se volessi veramente vendicarmi di te, elaborerei qualcosa di così complicato...?!”
In quel momento fu il turno di Midda di lasciarsi cogliere impreparata, del tutto spiazzata a confronto con quella frase. Perché o egli allora stava mentendo, risultando estremamente credibile anche in grazia a quella particolare forma di comunicazione che aveva deciso di rendere propria, oppure, e più spiacevolmente, egli stava dicendo la verità... e ciò avrebbe necessariamente significato quanto le stesse sfuggendo qualcosa di grosso. Anzi. Di enorme.
Perché mai avrebbe dovuto star affermando la verità, però...? In fondo ella era la sola umana a non essere caduta vittima della malia del suo flauto, dimostrazione di quanto, allora, tutto ciò avesse a doversi intendere semplicemente qual dedicato a lei. In caso contrario, ella avrebbe avuto a doversi riconoscere indifferente a tutto quello soltanto in conseguenza ai propri attuali poteri, al retaggio della regina Anmel Mal Toise reso proprio, e a quel retaggio utile a farla essere la nuova Portatrice di Luce e la nuova Oscura Mietitrice. E, in tal senso, probabilmente, meno umana di quanto ella non avrebbe avuto piacere a potersi riconoscere.
Tuttavia, e parimenti, perché mai avrebbe dovuto star mentendo...?! Se davvero egli avesse compiuto tutto quello per imporle danno, fisico o psicologico che dir si sarebbe potuto intendere, qual giusto tributo a compenso di tutto il male che ella gli aveva imposto nel corso del tempo, perché, arrivati a quel punto, egli avrebbe dovuto minimizzare la questione, negando che tutto quello fosse stato posto in essere per lei? Al contrario, egli avrebbe dovuto cercarne la più assoluta ragione di vanto, fregiandosi di ciò con tutta l’arroganza della quale avrebbe potuto riconoscersi capace, e con non poche ragioni di merito a tal riguardo.
« Considerando quanto io sia la sola a non essere rimasta vittima del tuo incantesimo... o di qualunque altra cosa esso sia... beh... sì! Mi sembra più che sensato ritenere che tu abbia fatto tutto questo per me. » puntualizzò ella, cercando di provocare da parte sua una qualunque altra risposta, utile a meglio discernere una questione che, spiacevolmente, avrebbe potuto risultare meno lineare rispetto a quanto ella non avrebbe potuto aver piacere a credere.
“In effetti non ho idea della ragione per la quale tu sia rimasta immune al suono del flauto di Midrahem. Né, francamente, avevo consapevolezza del fatto che tu fossi presente o meno in città in questi giorni.” precisò egli, restando fedele alla propria posizione di quieta indifferenza nei suoi riguardi ”Ma, credimi, fosse dipeso da me anche tu saresti dovuta essere una marionetta al mio comando in questo momento.”
Midrahem. Dio della musica e del canto. Una divinità minore nel pantheon kofreyota, e ciò non di meno una divinità diffusamente venerata, qual protettore delle feste e delle celebrazioni, nonché patrono dei bardi e dei cantori. Midda non ricordava di aver mai avuto passata occasione di sentir parlare, specificatamente, di un flauto di Midrahem, ma era a conoscenza del mito secondo il quale il dio, nel corso del tempo, dei secoli e dei millenni, aveva fatto dono alla propria semidivina progenie di vari strumenti musicali, strumenti che, benedetti dal suo nome e dai suoi poteri, avrebbero permesso loro di compiere meraviglie.
Ella rammentava, per esempio, della leggenda di un zither, dono del dio Midrahem a una propria figlia, tal Elisha, che era stato adoperato dalla medesima, in un momento di furia, per spingere alla follia, prima, e alla morte, poi, un proprio passato amante. Un uomo che, sciocco e sventurato, dopo aver fatto invaghire di sé una semidea aveva avuto la malaugurata idea di tradirla, e di farsi sbadatamente scoprire nel più sciocco dei modi possibili: facendo dono all’amante di un pendente identico a un altro già donato a Elisha. O, ancora, ella ricordava della leggenda di uno tamburo, sempre dono del dio Midrahem a un proprio figlio, tal Rohie, che era stato impiegato dal medesimo nel corso di una battaglia, a rovesciarne mirabilmente le sorti. Meno di un centinaio di uomini, stanchi e provati, avevano così avuto la meglio contro un esercito di cento volte superiore a loro in numero e armi, semplicemente perché Rohie, scandendo il tempo con il proprio tamburo, aveva spinto i propri avversari, i propri antagonisti, a combattere gli uni contro gli altri, con maggiore ferocia di quanto, sino a quel momento, non avessero avuto ragione di riservare neppure contro coloro eletti, effettivamente, a propri nemici: e prima che chiunque potesse maturare consapevolezza di quanto stesse allor accadendo, la battaglia era conclusa, in un terribile bagno di sangue.
Sebbene, quindi, la Figlia di Marr’Mahew non avesse a ricordare, specificatamente, dell’esistenza di un flauto di Midrahem, ciò non avrebbe avuto certamente a significare che esso non avesse a esistere. Ed esistendo, quanto allora era accaduto in quel di Kriarya avrebbe potuto trovare la propria più pura e semplice logica spiegazione, in quieto accordo con il mito.
Ma se, ancora una volta, Nessuno non stava mentendo, e non stava mentendo nell’affermare di non avere la benché minima idea del fatto che ella fosse in città e, più in generale, di non sapere il perché ella non stesse risentendo dell’incantesimo del flauto; la questione avrebbe avuto spiacevolmente a complicarsi. Perché ciò avrebbe avuto a significare che, effettivamente, nel lasciare Kriarya per inseguire gli scomparsi, Midda e Lys’sh potevano aver commesso un madornale errore...
« Parla chiaro, Nessuno! » incalzò allora ella, nella necessità di una conferma o di una smentita a tal riguardo, nel mentre in cui un terribile stato d’ansia stava crescendo nel suo cuore, nel delinearsi nella sua mente di un certo pensiero « Perché stai facendo tutto questo...?! »
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