11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

sabato 31 agosto 2019

3019


Il quarto pianeta del sistema Leica Merasch, inizialmente definito dalle parole di Duva, all’attenzione di tutti, qual una “piccola colonia mineraria sotto il controllo della Corporazione Thonx”, non avrebbe avuto a dover essere frainteso, effettivamente, qual di dimensioni ridotte nella propria integrità d’insieme, quanto e piuttosto di dimensioni ridotte nella propria percentuale di colonizzazione. Con una circonferenza, a livello equatoriale, di oltre trentamila miglia, in effetti, quella “piccola colonia mineraria” avrebbe avuto a dover essere quietamente intesa qual di gran lunga più grande sia del pianeta natale di Maddie e Rín, sia di quello di Midda, Be’Sihl e tutti i loro amici, pur, allora, contraddistinto da una popolazione totale di meno di un milione di abitanti: una “piccola colonia”, per l’appunto. In tutto ciò, scegliere quel pianeta qual meta di quella loro rocambolesca fuga da una battaglia nella quale non avrebbero potuto competere, e destinazione finale dell’ultimo volo della Kasta Hamina e relativo schianto, era stata, da parte di Duva e di Lange, una decisione quantomeno azzeccata, nel voler ovviare al rischio di compiere un genocidio di massa e, al tempo stesso, nel non volersi destinare, proprio malgrado, a un pianeta totalmente desertico, là dove soltanto la morte avrebbe potuto essere loro garantita.
Deserto e morte che, tuttavia, parvero essere più che felicemente in loro attesa là fuori, così come tutti ebbero occasione di constatare una volta lasciati i non più così sicuri confini della nave…

« Woah… » esclamarono, quasi in coro, Tagae e Liagu, posti per la prima volta nelle proprie giovani esistenze innanzi all’immensità propria di uno smisurato deserto sabbioso e, in ciò, necessariamente sorpresi in tale confronto, ai loro infantili occhi non privo, comunque, di un indubbio fascino.
« Eh già… » sorrise Mars, aggrottando la fronte nel guardarsi a sua volta attorno « … una gran bella distesa di nulla, per centinaia e centinaia di miglia. » commentò non privo di una nota di sarcasmo, e un sarcasmo dietro al quale avrebbe avuto a celarsi malamente l’inevitabile, e condivisibile, disagio al pensiero delle loro attuali condizioni, e di quanto, allora, avrebbe potuto attenderli.
« Ancora nessuna novità dalla radio…? » sospirò Midda, rivolgendosi in tal senso a Ragazzo, lì ritrovatosi incaricato di cercare di stabilire un qualche contatto con la Corporazione Thonx, nella speranza che essi potessero giungere a salvarli prima che, all’occorrenza, qualcun altro, armato di diverse intenzioni, si palesasse per terminare il lavoro iniziato.
« Nulla. » confermò il giovane mozzo, con palese disappunto.
« Radio…?! » sussurrò Be’Wahr alla volta di Maddie e Rín, non vergognandosi della propria ignoranza.
« E’ un sistema di comunicazione a grandi distanze. Un po’ come un corno da caccia… ma meno rumoroso e un po’ più flessibile nel proprio impiego. » cercò di esplicitare Maddie, rendendosi conto di quanto, in effetti, in quel frangente ella e sua sorella avrebbero avuto, all’interno del loro gruppetto, a doversi considerare le due persone più prossime alla tecnologia propria di quella realtà fantascientifica.
« Che stupidaggine… » brontolò Howe, storcendo le labbra verso il basso « … se è meno rumoroso, è ovvio che nessuno ci potrà mai sentire in mezzo al nulla dove siamo precipitati. » sospirò, domandandosi come simile gente potesse davvero considerarsi più progredita rispetto a quanto non avrebbero potuto considerarsi loro, salvo poi riservarsi tanto assurde ingenuità.
« Dai… in fondo non è molto diverso da Shar’Tiagh. » cercò di minimizzare Be’Sihl alla volta del proprio connazionale, cercando di ravvisare una qualche similitudine fra quel deserto e il proprio regno natale, benché, in effetti, probabilmente tutto quello avrebbe potuto ritrovare maggiore somiglianza con le terre d’origine del padre di H’Anel e M’Eu.
« Ehm… non per essere antipatico, ma io non sono mai stato a Shar’Tiagh. » puntualizzò Howe, scuotendo il capo e inarcando il sopracciglio destro con fare dubbio « Sono nato e cresciuto in Kofreya, se ricordi. »
« Fate i bravi, bambini… » commentò Midda, rivolta non tanto ai propri figli, i quali pur, per un istante, si sentirono tirati in causa, quanto e piuttosto ai propri amici, che, in maniera tutt’altro che originale, stavano già volgendo in cagnara quella situazione... e una situazione che, già, avrebbe avuto a doversi considerare tutt’altro che piacevole sotto il sole cocente del deserto « Avrete tutto il tempo di litigare quando arriveremo di nuovo alla civiltà… e a una civiltà che, possibilmente, preveda qualche bella bibita ghiacciata! »
« Sappiamo qualcosa dei tempi di rotazione di questo pianeta…? » domandò Lys’sh alla volta di Duva, cercando di richiamarne in ciò l’attenzione, nel mentre in cui ella, aiutando Rula e Roro a sistemare Lange su un’improvvisata lettiga, avrebbe avuto a doversi considerare ancora esterna a ogni chiacchiera lì in corso.
« Posso ripetere quanto io sia profondamente contrario a tutto ciò?! » stava commentando, nel contempo, il capitano o, per lo meno, l’ex-capitano di una nave ormai distrutta, nel mentre in cui sua moglie, supportata dalla sua ex-moglie, lo stavano in tal maniera costringendo a una posizione di riposo nel momento in cui, comunque, l’ultima cosa che avrebbero avuto a potersi concedere sarebbe stata, per l’appunto, un’occasione di riposo « Vi ho già detto che sto bene, e che posso camminare… »
« Peccato che Roro sia di parere diverso. » escluse Rula, sorridendo e scuotendo appena il capo nei riguardi di quel brontolone del suo sposo « E siamo già tutti d’accordo nel fare a turno per trascinarti con noi… quindi… »
« E poi non sei mai contento. » protestò Duva, con fare ovviamente scherzoso « Quando Rula e io non andavamo d’accordo, ti lamentavi. Adesso che, invece, andiamo d’amore e d’accordo… ti lamenti ancora?! » osservò, scuotendo il capo « Pessimo veramente… »
« Duva…? » l’apostrofò direttamente la voce di Midda, cercando di richiamare l’attenzione dell’ex-primo ufficiale della Kasta Hamina, in riferimento alla questione sollevata da Lys’sh, e a una questione tutt’altro che banale, soprattutto nel dover affrontare il deserto e tutti i suoi pericoli.
« Eccomi! » replicò l’altra, rendendosi così conto di essere stata interpellata e volgendosi verso il resto del gruppo lì presente.
« Abbiamo idea di quanto durino i giorni in questo mondo? » ripeté l’ofidiana, riproponendo in termini più semplici l’interrogativo precedente, anche a beneficio dei loro nuovi amici e della difficoltà che avrebbero potuto riservarsi con concetti quali rotazione e rivoluzione planetaria.
« Circa trentasei ore… » informò quindi, senza esitazione alcuna, avendo letto tale informazione durante la selezione di tale pianeta come meta del loro schianto controllato.
« Trentasei…?! » ripeté non senza una certa sorpresa H’Anel, aggrottando la fronte e, poi, scuotendo appena il capo, nel tentare di ricordarsi quanto, in quel momento, non avesse più a trovarsi nel proprio pianeta natale, con buona pace del proprio consueto concetto di giornata « … sarà una giornata molto lunga! » soggiunse poi, in un commento quasi fra sé e sé.
« E molto calda. » puntualizzò Duva, volgendo un rapido sguardo critico verso il grande sole sopra le loro teste « Sarà meglio per noi attrezzarci a dovere, prima di intraprendere il viaggio… »
« … viaggio?! » esitò Howe, non desiderando apparire sempre qual un contestatore, e, ciò non di meno, non potendo ovviare a rinunciare a tal ruolo, soprattutto nel momento in cui alcun altro sembrava desideroso di farsene carico « Vuoi davvero che ci mettiamo in viaggio attraverso un deserto simile senza neppure sapere in che direzione muoverci e quanti giorni di cammino potranno separarci dal primo insediamento? »
« Essere precipitati qui non ci ha messo in salvo dai nostri inseguitori. » intervenne Midda, con tono serio nella propria voce, cercando nuovamente di mediare far i propri vecchi amici e i propri nuovi amici, o, per meglio dire, fra i propri vecchissimi amici appena ritrovati e i propri vecchi amici « Chiunque essi siano, avendo dimostrato tanto impegno per abbatterci, non si accontenteranno di lasciarci qui tranquilli, sapendo che potremmo essere sopravvissuti: verranno sicuramente a cercarci… e l’ultima cosa che potremmo desiderare, ora come ora, è farci trovare lessi all’interno di una rovente e accartocciata struttura metallica precipitata nel mezzo del deserto. » sancì, forse impietosa verso la nave che, sino a quel momento, li aveva ospitati e protetti, e che pur, ormai, non avrebbe più potuto fornire loro altro supporto « Con tutto il dovuto rispetto per la Kasta Hamina… s’intende. » soggiunse poi, volgendo uno sguardo di scuse verso Lange e Duva, proprietari di quell’ormai perduta nave.

venerdì 30 agosto 2019

3018


« So che è assurdo, ma ho sognato di essere rimasta intrappolata in una lavatrice gigante… » sorrise Rín in direzione della sorella, dopo aver recuperato un minimo di confidenza su se stessa e sul mondo a sé circostante, in quell’irrinunciabile misura di base utile a permetterle di avere a riprendere voce e a esprimersi proprio in quelle parole.

Il risveglio di Rín, così come quello del capitano, non lontano da lei, non fu effettivamente spontaneo: dopo essersi ritrovati così precipitati su un pianeta a loro alieno e, per la precisione, nel bel mezzo di una sconfinata area desertica, l’ultima cosa che i sopravvissuti allo schianto avrebbero potuto riservarsi occasione di compiere sarebbe stato restare lì, fermi, in attesa dello sviluppo degli eventi. Anche visto e considerato quanto, comunque, sopra le loro teste, in orbita al pianeta, certamente i loro ben poco amichevoli inseguitori dovevano esser già intenti a riorganizzare le proprie azioni, nella volontà di portare a compimento quanto in tal maniera soltanto iniziato. Per tale ragione, dietro indicazione di Duva, il buon dottore, che, a margine di tanto catastrofici eventi, era pur riuscito a stabilizzare le condizioni di salute di entrambi i propri pazienti, aveva forzato la ripresa di sensi tanto di Rín, quanto di Lange, per poter permettere a entrambi di affrontare, quantomeno, il breve percorso utile a condurli fuori di lì.
E se, per il capitano dell’ormai inesistente Kasta Hamina, era stato sufficientemente facile riuscire a riordinare le idee, e a capire cosa fosse occorso, e quanto, allora, la propria ex-moglie fosse stata capace di condurre a compimento il suo piano, anche e solo per il semplice fatto di essere ancora in vita e di esserlo all’interno dell’alloggio di Roro, estemporaneamente riassegnato all’uso di infermeria, allorché nella reale infermeria; per Rín, assente da ben più tempo rispetto a lui, non fu immediato apprezzare quanto potesse essere accaduto, avendo a poter vantare qual proprio ultimo ricordo soltanto un improvviso scossone e una violenta fitta all’altezza del basso addome.

« Ti dirò… » commentò Maddie, per tutta risposta, più che felice di poter ritrovare, in tal maniera, la propria gemella, e di poterla ritrovare ancora all’interno della propria vita, della propria quotidianità, per così come, necessariamente, aveva temuto di non avere più a poter sperare di compiere nell’incolmabile distanza che, fra loro, avrebbe potuto imporre la morte « … fra tutte le cose che avresti potuto sognare, probabilmente è stata quella più sensata. » ammiccò pertanto, avendo a confermare, in tal maniera e di buon grado, l’assennatezza di un simile sogno, laddove, quanto da tutti loro lì comunque coscientemente vissuto non avrebbe avuto a doversi fraintendere poi molto lontano da ciò.
« … che è successo?! » domandò quindi l’altra, intuendo, dalle parole della gemella, e soprattutto dalla strana espressione sul volto della stessa in combinazione a una coppia di lucidi occhi apparentemente prossimi a scoppiare in lacrime, l’occorrenza di eventi a confronto con i quali avrebbe avuto a doversi lì riconoscere completamente estranea… in un “sonno”, se tale il suo avrebbe potuto essere considerato, tutt’altro che naturale « Per quanto sono rimasta incosciente…?! »
« Quest’ultima è un’ottima domanda a cui, francamente, non sono in grado di rispondere, giacché, chi più, chi meno, tutti abbiamo perduto qualche minuto, o qualche ora, delle nostre vite… » replicò la donna guerriero, china accanto a lei, allor ritrovandosi, quasi senza neppur pensarci, a pettinarle i capelli con le mani, in uno spontaneo gesto di affetto « Per quanto riguarda la prima, poi, è anche lei un’ottima domanda, a cui tuttavia non sono ugualmente in grado di fornire una risposta completa, non possedendola neppure io. Una sintesi approssimativa e pur sufficientemente accurata potrebbe essere: siamo stati attaccati; ti sei ritrovata una delle mie accette conficcata nella pancia; siamo stati ancora e ripetutamente attaccati; Roro ti ha salvato la vita; siamo stati di nuovo attaccati, nel caso prima non fosse stato chiaro; abbiamo evacuato la nave; e, mentre stavamo venendo ineluttabilmente attaccati, siamo precipitati su un pianeta sconosciuto, nel bel mezzo, pare, di un deserto, onde minimizzare il rischio di imporre danno a chicchessia. »

Approssimativa, sì, e pur sufficientemente accurata, per così come aveva premesso la stessa Maddie, quella sintesi non poté che essere accolta con una silenziosa incredulità da parte dell’appena rinvenuta Rín, la quale, pertanto, non poté che portare istintivamente una mano all’altezza del proprio ventre, là dove, allora, una cicatrice avrebbe avuto incredibilmente a riconoscersi quanto rimasto della ferita che, pur, avrebbe potuto rischiare di ucciderla…

« … ne ho perse di cose nel poco tempo che sono stata via. » sospirò quindi, aggrottando la fronte e accettando quietamente come verità quanto così suggeritole « Ma la tua vita viaggia sempre a questo ritmo, ultimamente…?! » questionò poi, più in termini retorici che reali, potendo ben presumere la risposta affermativa da parte della gemella.
Una risposta che, tuttavia, le venne comunque offerta e che parve negare quieta confidenza da parte dell’altra in tal senso: « Beh… non che in Kofreya ci si abbia ad annoiare, sia chiaro. Ma devo ammettere che tutto questo è nuovo anche per me… e, francamente, non posso che sentirmi un po’ confusa a riguardo di quanto stia accadendo. »
« Se può consolare… è qualcosa di nuovo un po’ per tutti noi. »

A intervenire, in tal maniera, fu allora la voce del capitano Lange, il quale, pur non volendosi intromettere in quel momento di intimità fra le due gemelle, non poté ovviare a cogliere parte del loro dialogo, nel mentre in cui, non senza una certa fatica, e un certo aiuto da parte di Rula, accanto a lui, ebbe a sforzarsi a recuperare una posizione eretta, confrontandosi, nel mentre di ciò, con l’ancor non completamente assimilata consapevolezza di aver perduto il proprio arto mancino, e un arto mancino abitualmente ben poco considerato nella propria quotidianità, per quanto, allora, più che percepito nella propria assenza, soprattutto nello scoprirsi incredibilmente più goffo in ogni movimento.
Un disagio comprensibile, quello dell’uomo a confronto con quella tutt’altro che piacevole mutilazione, che non poté ovviare a essere colto anche da Maddie, e da colei che, in buona sostanza, avrebbe avuto proprio malgrado a doversi considerare responsabile di quella stessa mutilazione…

« Capitano… » prese quindi voce la donna guerriero, rivolgendosi a lui con fare necessariamente imbarazzato « … io… »
« Hai fatto quello che dovevi, Madailéin… hai fatto quello che dovevi. » minimizzò egli, scuotendo con decisione il capo, a escludere qualunque ragione di colpa da parte della propria interlocutrice « Non osare avere a chiedermi scusa: non laddove, soprattutto, non fosse stato per te, e per Rula ovviamente, forse non sarei riuscito a essere qui, in questo momento. »

La giovane moglie, silenziosamente accanto a lui in quel momento così come già per molti anni lo era stata, non poté ovviare a offrire conferma alle parole del marito, sorridendo e annuendo in direzione di quella versione alternativa del loro ufficiale tattico, della sua amica Midda, e di quella versione alternativa nei confronti della quale, a margine di quegli eventi, era quindi più che consapevole di aver contratto un grande debito, per quanto compiuto in favore di Lange.

« E’ stato soltanto un caso… » cercò di giustificarsi Maddie, rifiutando l’idea di risultare qual l’eroina della situazione, nel non riuscire a riconoscersi alcun credito in tal senso « E vi fosse stato qualcun altro al mio posto, forse lei non avrebbe perso il braccio. »
« Non ti preoccupare per il braccio. » sorrise allora l’uomo, stringendosi appena fra le spalle quasi lì stessero parlando di un nichelino perduto e non di un arto superiore, seppur non predominante, nel suo caso, quanto il destro « Qualche risparmio da parte ce l’ho, per potermene permettere uno nuovo… » esplicitò, lasciandosi aiutare, nel contempo di ciò, da Rula per rimettersi in piedi « … sempre ammesso di riuscire a cavarcela! »

giovedì 29 agosto 2019

3017


Duva avrebbe dovuto essere, se non felice, quantomeno soddisfatta. E soddisfatta di sé. Nell’adempimento del proprio ruolo di primo ufficiale nonché facente funzione di capitano, ella era stata in grado di portare a compimento il piano di Lange e di condurre, all’incirca in piena salute, l’equipaggio della Kasta Hamina sino a quel pianeta, riuscendo a schiantarsi in maniera all’incirca controllata nel bel mezzo di quel deserto sabbioso, dal quale, di certo, non sarebbe stato facile uscire, soprattutto nelle loro attuali condizioni, ma  nel confronto con il quale, comunque, tutti loro avrebbero avuto a dover gioire, soprattutto nell’idea della possibile alternativa, e dell’alternativa allora rappresentata dall’essere ridotti a un cumulo di polvere cosmica nello spazio aperto.
Duva avrebbe dovuto essere, se non felice, quantomeno soddisfatta. Ma come avrebbe mai potuto essere soddisfatta dopo aver assistito, in maniera assolutamente impotente, alla distruzione di quella nave che, per lunghi anni, aveva rappresentato tutto il proprio mondo? Tutta la propria e sola idea di casa?! E’ vero: l’equipaggio era in salvo e, con essi, i loro ospiti. Qualche ferito, qualche contuso, ma, anche nel merito delle condizioni di Lange, Roro si era espresso in termini positivi. E, in questo, quanto occorso non avrebbe avuto a doversi fraintendere qual declinato in tragedia. Ma… in quel giorno, in quell’ultima ora, tutti loro avevano perduto qualcuno, un lutto lo avevano egualmente subito, nella perdita di un membro molto importante della loro famiglia: la loro nave. Perché se pur la Kasta Hamina altro non avrebbe dovuto essere riconosciuta se non un ammasso di metallo, quella nave, obiettivamente, era stata il collettore utile a costituire quella loro famiglia, era stata il rifugio sicuro al quale tutti loro, pur provenendo da mondi diversi e da storie diverse, si erano lì ritrovati e riuniti, diventando membri di qualcosa di più grande tanto rispetto alla loro individualità, quanto e persino rispetto alla somma delle loro parti, in uno scarto, in una differenza, che, concedendo il giusto merito a quell’ammasso di metallo, avrebbe dovuto essere indicato proprio in essa, riconosciuto in quella nave, e in quella nave che era da sempre stata una quieta presenza accanto a loro, attorno a loro, e che, in quell’infausta giornata, aveva compiuto il sacrificio più grande soltanto per proteggerli, soltanto per assicurare loro, ancora una volta, una qualche speranza di vita.
Duva avrebbe dovuto essere, se non felice, quantomeno soddisfatta. E, ciò non di meno, ella non poté ovviare a ritrovarsi a piangere, e a piangere lacrime amare a confronto con il monumento funebre alla Kasta Hamina che, in quel deserto sperduto in un pianeta ai confini di ogni civiltà, avrebbe avuto a dover essere riconosciuta la carcassa della loro nave abbattuta… o, quantomeno, di quell’ultima parte della Kasta Hamina che, sino a lì, li aveva condotti in un ultimo, straordinario, atto di forza.

« Tutto bene, bambina…? » domandò la voce di Thaare, raggiungendola alle spalle in quella che un tempo era stata la cabina di Lange e Rula, e che, per quell’ultimo viaggio, era stata impiegata come plancia di comando, una plancia alla quale ella aveva fatto ritorno, dopo essersi assicurata che tutti stessero bene, benché lì, fra quelle quattro pareti distrutte, ormai non vi fosse più nulla di utile per loro, né vi sarebbe rimasto altro da fare.
« Sì… sì. » si affrettò a rispondere verso la cuoca, accennando un movimento affermativo con il capo salvo, di lì a un istante, vederlo mutato in un movimento di diniego, al quale anche la sua voce ebbe a adeguarsi, rettificando la replica precedente « No... per nulla. » confessò, non voltandosi verso di lei per non offrire evidenza di quella stupidità, e di quella debolezza emotiva, che allora la stava portando a piangere, e la stava portando a piangere per la perdita di una nave « Nulla va bene… »
« Hai fatto ciò che hai potuto per salvarci. » tentò di rassicurarla l’altra, accostandosi a lei pur senza sfiorarla, a voler rispettare in tal maniera il suo dolore e quella sua palese volontà di isolarsi, ragione per la quale lì dentro aveva allor fatto ritorno « Hai fatto ciò che hai dovuto per salvarci. » soggiunse, a riformulare quell’ultima asserzione, per meglio evidenziare quanto, tutto ciò, avrebbe avuto a dover essere contraddistinto da un carattere d’emergenza che, in effetti, ben poche alternative avrebbe potuto riconoscere loro « Non c’è nulla di cui tu ti possa o ti debba rimproverare… »
« Abbiamo perso tutto, Thaare… abbiamo perso tutto. » scosse ancora il capo Duva, comprendendo di star apparendo probabilmente simile a una bambina capricciosa per quella propria reazione e, ciò non di meno, avendo intima necessità di reagire in tal maniera, per riuscire ad affrontare tutto quanto conservando un minimo di salute mentale « Dopo oggi, nulla sarà più come prima. Tutto è cambiato. »
« Nulla è andato perduto… » escluse tuttavia, con assoluta quiete, la voce della cuoca, offrendosi meravigliosamente materna verso di lei « Siamo tutti qui. Ti stanno tutti aspettando fuori da questa porta. E sono… e siamo tutti insieme, come siamo sempre stati e come, fino a quando vorremo, continueremo a essere, a prescindere dal luogo, a prescindere dal mezzo: siamo sempre noi stessi. » affermò con assoluta fiducia in tali parole « Nulla è cambiato. »

Thaare aveva ragione. Duva lo sapeva, e lo sapeva perfettamente. Perché al di là dell’esigenza emotiva, in quel momento, di un’estemporanea regressione infantile utile ad affrontare quel trauma e quel lutto, una parte della sua mente non avrebbe potuto continuare a fronteggiare la questione in maniera assolutamente razionale e controllata, e in termini utili da essere quietamente confidente della realtà espressa dalle parole della cuoca.
Ciò non di meno, per l’appunto, in quel momento ella aveva bisogno di piangere la fine di quel capitolo della propria vita, della vita di tutti loro, e, ancor più di quel pianto, aveva bisogno di sentirsi rassicurata, e sentirsi rassicurata proprio dalle parole che Thaare, con squisita puntualità, le stava lì rivolgendo, le stava lì dedicando, a confermare, con più speranza che certezza, quanto tutto sarebbe andato bene. E quanto tutto sarebbe andato bene fino a quando fossero continuati a restare insieme, come la famiglia che, nel corso del tempo, erano divenuti.
Se questo fosse occorso, se il loro equipaggio non si fosse scisso in una drammatica diaspora, il sacrificio della Kasta Hamina non sarebbe stato vano. E dovunque essi sarebbero andati, su qualunque nave si sarebbero ritrovati a vivere in futuro, nulla, in quel giorno, sarebbe realmente andato perduto.

« Perdonami… » domandò la donna, asciugandosi il volto con le mani e inspirando profondamente, prima di voltarsi per affrontare, faccia a faccia, la cuoca « … a volte mi comporto da stupida. » tentò di giustificarsi, e di argomentare in tal maniera la propria reazione, in termini a confronto con i quali, tuttavia, l’altra non parve essere d’accordo, per così come immediatamente ebbe a esplicitare intervenendo in sua risposta.
« Se Lange fosse qui in questo momento, probabilmente sarebbe ben lieto di offrirti ragione. » sorrise Thaare, scuotendo appena il capo, a escludere, da parte sua, una conferma a tal riguardo « Ma, se anche fosse vero che a volte ti comporti da stupida… posso assicurarti che questa non è una di quelle, bambina. » negò ancora con quieta fermezza, non concedendole ragione neppure a tal riguardo « Sei soltanto una persona, Duva. Una persona come tutti noi. E una persona che ha combattuto e ha perduto qualcosa di importante, una parte rilevante della propria vita… come tutti noi e, forse, in misura persino maggiore rispetto a chiunque altro di noi, fatta eccezione proprio per il tuo ex-marito. » esplicitò, a non limitare il proprio diniego a una semplice posizione di fatto, quanto, e piuttosto, impegnandosi allor a offrirvi un senso, e un senso compiuto « Ed è giusto che tu possa sentirti triste per questo. E’ giusto che tu possa anche piangere per questo… senza vergogna alcuna. »

E Duva, così rincuorata da quel surrogato materno, qual Thaare allora si stava a lei offrendo, non poté ovviare ad abbracciarla, e ad abbracciarla con sincero affetto e gratitudine, per tutto ciò che, in quel momento, e in ogni altro momento, ella non si era mai negata di fare a bordo della Kasta Hamina, incarnando, di buon grado, il ruolo della benevola matriarca di cui, in fondo, tutti loro avevano sempre avuto bisogno e di cui, ancora, e allora più che mai, avrebbero continuato ad abbisognare.

mercoledì 28 agosto 2019

3016


« Tutto bene…? » gli domandò in un premuroso sussurro all’orecchio, ad accertarsi che, al di là della più palese evidenza, andasse davvero tutto bene.
« Sì, amor mio. Non ti preoccupare. » confermò egli per tutta risposta, sfiorando le di lei gote con un fuggevole bacio « I bambini e io abbiamo usato i materassi per proteggerci dall’impatto… e, come vedi, stiamo tutti bene! » sottolineò, volgendo lo sguardo ai piccoli e allungando, verso di essi, la destra, a dimostrarsi, anche in quel momento, presente per loro e, così come anche appena occorso, pronto a tutto per proteggerli.

Se la donna guerriero, tuttavia, in quel particolare momento, avesse rivolto la propria attenzione non tanto all’amato, quanto ai pargoli e, in particolare, alla piccola Liagu, si sarebbe potuta accorgere di come, per un effimero istante, la frugoletta sarebbe parsa essere sul punto di voler intervenire, e di intervenire a margine del breve intervento di Be’Sihl, a precisare qualcosa di più nel merito di quanto allora accaduto. Ciò non di meno, un rapido scambio di sguardi con il suo fratellone Tagae, ebbe a soffocare ogni volontà di intento in tal senso, vedendo la piccola mantenere un discreto riserbo nel merito di quanto, altrimenti, avrebbe forse detto. E così, non mamma Midda, non alcun altro, ebbe lì occasione di scoprire quanto, se soltanto non fosse stata in tal maniera invitata al silenzio, probabilmente la bambina avrebbe avuto interesse a riferirle a tal riguardo... e a riguardo di quanto, effettivamente, non tutti e tre fossero propriamente usciti indenni dall’impatto, benché, in quel momento, nessuna evidenza dei danni prima riportati da papà Be’Sihl fosse ancor presente.

« Andiamo ora… » suggerì Be’Sihl, rubando un secondo bacio all’amata e, ora, rubandolo all’altezza delle sue labbra, con un contatto sufficientemente rapido da non scatenare le proteste dei figli i quali, come tutti i bambini, non avrebbero avuto a doversi considerare particolarmente entusiasti innanzi alle effusioni affettuose della coppia « … vediamo di uscire da questo posto, e di chiudere, finalmente, questa movimentata parentesi. » propose, cercando di dimostrarsi positivo ed entusiasta innanzi all’idea di lasciare la nave, per quanto, in effetti, difficile sarebbe stato allor ipotizzare quanto, là fuori, avesse ad attenderli una qualche, reale possibilità di conclusione o, quantomeno, di conclusione in relazione a quell’imprevista, e imprevedibile, disavventura spaziale.

Di fronte a loro, nel contempo di tutto ciò, Rula aveva finalmente avuto successo di sbloccare la porta della stanza un tempo propria di Ragazzo, e nella quale, durante la repentina riorganizzazione degli spazi utile a quella frettolosa evacuazione dalla Kasta Hamina, era stata allor attribuita ad H’Anel e M’Eu.
E se, entrando nella stanza, per un fugace istante ella ebbe in maniera più che giustificata a preoccuparsi per la salute dei suoi occupanti, ritrovando la figlia di Ebano inginocchiata a terra nell’atto di stringere a sé il busto del proprio fratello minore, lì disteso supino, come morto; il sorriso teso, e pur sempre sorriso, che H’Anel ebbe a rivolgerle fu tale da escludere, quietamente, ogni ipotesi più tragica, riconducendo la misura delle questione a un’estemporanea perdita di sensi…

« Si è chiuso attorno a me, per proteggermi… » spiegò la giovane donna dalla pelle color della terra a beneficio della nuova arrivata, accarezzando la fronte del fratello, a sistemare con assoluta dolcezza in tal gesto un ricciolino di capelli ribelli sfuggiti al stretto intreccio nel quale, per entrambi, avrebbero altrimenti avuto a doversi lì riconoscere composta la loro soffice e lanosa capigliatura, lungo le loro teste, aderenti alle loro teste, diverse da quelle shar’tiaghe e prive, a differenza di quelle proprie di Howe e, un tempo, anche di Be’Sihl, di qualunque valore religioso « Purtroppo, l’ultimo colpo l’ha sentito in pieno… e non si è ancora ripreso. » soggiunse, tornando con lo sguardo verso M’Eu « E’ sempre stato un gran pigrone, mio fratello! »
« Chiedo subito Roro a darci un occhio. » confermò Rula, annuendo alla volta della loro ospite e non riuscendo a immaginare quanto coraggio avrebbe avuto a doversi intendere presente dietro a quella donna dall’aspetto sì guerriero, e pur incredibilmente giovane, più giovane persino di lei, e così repentinamente proiettata fuori dal proprio mondo in una realtà della quale, probabilmente, non era in grado di capire nove cose su dieci… e una realtà che, in tutto ciò, l’aveva accolta in maniera tanto brusca, tanto brutale, così come brutale era stato l’attacco subito dalla Kasta Hamina « Resta qui! »

Dietro di loro, a margine di tutto ciò, un’altra attenzione era stata richiamata nel confronto con quella scena e con quello scambio di parole: l’attenzione di un’altra donna che, non appena Rula ebbe ad allontanarsi, non mancò allora di entrare all’interno dello stretto alloggio, per avvinarsi a sua volta ai figli di Ebano e chinarsi su di essi, a offrire, in maniera probabilmente tardiva, la quieta evidenza della propria volontà d’essere lì presente, accanto a loro, per loro, per così come, forse e tuttavia, avrebbe dovuto preoccuparsi di compiere molti anni prima, allorché entrare tanto rumorosamente nelle loro vite solo per poi uscire in maniera altresì estremamente silenziosa.

« Inizio a credere di portarvi sfortuna… » suggerì Midda, con tono sommesso, non priva di un certo senso di colpa nel verificare quanto fosse accaduto a discapito di quei due ex-bambini, quali, necessariamente, non sarebbero potuti che apparire al suo sguardo « … ogni volta che le nostre strade si incrociano, finite sempre in qualche guaio. »
« Solo che, se l’altra volta non era stata una nostra scelta, in questa occasione siamo stati noi a decidere di raggiungerti… » puntualizzo H’Anel, accennando un lieve sorriso anche in direzione della propria quasi mamma, qual solo ella aveva avuto l’occasione di poter divenire quasi quindici anni prima.
« E ancora non capisco il perché. » escluse la donna guerriero, non potendo provare altro che ulteriore senso di colpa accompagnato, a maggior ragione, da una certa vergogna, e la vergogna propria di chi incapace a comprendere il perché di tanta devozione da parte di quei due… e da parte di quei due nelle vite dei quali, pur, non aveva condotto altro che problemi « Vi piace così tanto l’idea di rischiare l’osso del collo quando siete in mia compagnia?! » domandò, inginocchiandosi accanto all’altra e, ciò non di meno, non osando neppure sollevare una mano verso di lei, quasi il semplice contatto fra di loro avrebbe potuto essere deleterio per la fanciulla.
« Papà aveva ragione. » ridacchiò allora la prima, scuotendo appena il capo « Per quanto tu sia sicuramente una delle donne più sagaci che il nostro mondo abbia avuto occasione di conoscere, a volte sei in grado di perdere completamente di vista il quadro d’insieme, nei suoi elementi più macroscopici. » sottolineò, in dolce critica verso di lei, e una critica nella quale, pur, non mancò di essere malcelato un evidente complimento, espressivo di tutta l’ammirazione che non soltanto da parte loro, ma, ancor più, da parte del loro genitore, non avrebbe mancato di essere tributata in direzione della donna dagli occhi color ghiaccio e dai capelli color del fuoco, lì, in quel momento, accanto a lei.
« E cosa mi starei perdendo in questo momento…?! » esitò l’altra, effettivamente comprendendo di avere difficoltà a cogliere l’evidenza di qualcosa, e, ciò non di meno, non riuscendo a comprendere che cosa.

Ma, ancor prima di qualunque parola, fu un gesto semplice, da parte della giovane donna, un tempo bambina e ancora bambina innanzi ai suoi occhi, a impegnarsi a renderle evidente la propria mancanza. E a renderla evidente in un banalissimo movimento, un lieve cambio di postura, tale per cui, H’Anel, e M’Eu privo di sensi fra le sue braccia, finirono per adagiarsi dolcemente contro di lei, l’una appoggiando il proprio capo fra la sua clavicola sinistra e il fronte mancino del suo collo, e l’altro finendo per essere così parzialmente riadagiato anche sulle sue gambe, lì piegate a terra.

« … che ti vogliamo bene, Midda. » dichiarò quindi H’Anel, francamente felice di aver ritrovato, in ciò, un’occasione di contatto con lei « Semplicemente che ti vogliamo bene. »

martedì 27 agosto 2019

3015


Opposta, nel confronto con tale immagine, fu la reazione dei due fratelli. E se Be’Wahr, già confidente sin dall’avventura vissuta insieme nel tempo del sogno, non ebbe esitazione a rallegrarsi per l’arrivo di Lys’sh, e l’implicita conferma, in ciò, che ella stesse bene; Howe, ancora confuso per il colpo ricevuto in fronte e per, obiettivamente, tutt’altro che sì rapidamente abituatosi a quella figura, e al fatto che una figura non umana potesse essere per loro amica, non ebbe egualmente esitazione ad armarsi e, quasi, a precipitarsi in offensiva a quanto, al suo sguardo, non avrebbe potuto che essere un mostro, per così come, tuttavia, tale non avrebbe avuto a dover essere frainteso. Un attacco, fortunatamente, che venne arginato sul nascere dall’intervento del biondo, il quale, invero non avendo neppur prestato attenzione a quanto, allora, il fratello stava per compiere, si era lì già proiettato in avanti, frapponendosi fra lui e la porta in apertura, spinto in tal senso dall’entusiasmo e dalla volontà d’esser d’aiuto alla giovane ofidiana…

« Lys’sh! » esclamò così Be’Wahr, sorprendendo Howe e costringendolo a frenarsi, e a frenarsi in tempo utile a ovviare non soltanto una possibile crisi diplomatica con l’equipaggio della Kasta Hamina ma, ancor più, a complicare ulteriormente la situazione lì presente per tutti, aggiungendo, alla già sicuramente non esigua lista di problemi che avrebbero avuto a dover affrontare, anche quello proprio della morte di una di loro… e della morte della quale, ineluttabilmente, sarebbe lì stato pienamente responsabile « Stai bene?! » le domandò il biondo, aiutandola a completare l’apertura della porta fra di loro e, in ciò, rivelando per intero la figura della propria interlocutrice.
« Qualche contusione… ma nulla di grave. » confermò ella, sorridendo a modo suo da oltre la soglia e, in un gesto di forse eccessiva confidenza, seppur forse giustificata dall’occasione, abbracciandolo, a esprimere tutta la propria più sincera gioia nel ritrovarlo sano e salvo « Voi come state?! »
« Tutto bene… nulla di particolarmente più grave rispetto a quanto non ci capiti in genere! » replicò egli, ben lieto di quell’abbraccio da parte dell’ofidiana, ricambiandolo con dolcezza, nel mentre in cui ebbe a tentare di minimizzare l’accaduto.
« Davvero in genere vi capita di schiantarvi con un’astronave sulla superficie di un pianeta…?! » ridacchiò ella, tirandosi indietro e liberandolo da quel forse inopportuno, e pur sincero, abbraccio.
« Gli altri come stanno…?! » li interruppe bruscamente Howe, rinfoderando la propria lama non senza un certo senso di vergogna nel comprendere quanto, avendone la possibilità, senza esitazione alcuna si sarebbe scagliato violentemente a discapito di quella giovane donna rettile, e di quella giovane donna rettile lì obiettivamente colpevole soltanto di essere, per l’appunto, una donna rettile e, in ciò, di ispirare, in lui, soltanto una pregiudicante avversione alla luce di una vita intera trascorsa nel cacciare e nell’uccidere simili mostri… una pregiudicante avversione dalla quale, tuttavia, quello stupido di suo fratello sembrava essere completamente immune.
« Rula e io stiamo completando ora il giro degli alloggi… » rispose Lys’sh, verso l’uomo, nulla ravvisando della di lui quasi aggressione a proprio discapito, né, tantomeno, nulla avendo utile a poterne ravvisare la possibilità propria dell’idea stessa di occorrenza « … per ora, fortunatamente, stanno tutti bene. » confermò, per poi retrocedere sulla soglia, per invitarli a seguirla « Venite pure a vedere con i vostri occhi… e a darci una mano, se ve la sentite. »

Se gli spazi a bordo della Kasta Hamina non avrebbero avuto a potersi fraintendere eccessivi, gli spazi all’interno di quel modulo, di quel sottoinsieme della nave, non avrebbero avuto certamente a doversi giudicare agevoli per un gruppo di così tante persone. E, di certo, lo stretto corridoio comune a tutte le cabine non avrebbe avuto a doversi allor giudicare utile a ospitare, in comodità, tutti loro.
Ciò non di meno, quando, prima Be’Wahr, e poi Howe, fecero capolino sulla soglia di quel loro alloggio in fondo al corridoio, quanto poterono ravvisare fu un certo movimento a metà dello stesso, e un movimento allor conseguente all’intento, da parte di Mars e Ragazzo, a tentare di aprire una via di fuga da quell’altrimenti claustrofobico budello, nello sbloccare una botola presente sul soffitto e, da lì, una via verso il mondo esterno. Nel contempo di ciò, in parte già nel corridoio e in parte ancora distribuiti fra le varie stanze, immediato fu identificare quanto, effettivamente, del completo censimento dei presenti a bordo della nave, fortunatamente una buona parte avrebbero avuto lì a doversi già mostrare presenti e attivi, in diversi modi.
Sulla loro diagonale, tanto per iniziare, Midda avrebbe avuto a doversi riconoscere genuflessa a terra per avere occasione di stringere a sé i propri figli, fortunatamente illesi, nel mentre in cui, dietro di loro, il buon Be’Sihl stava chiaramente aspettando il proprio turno per avere diritto a un abbraccio da parte della donna amata. Accanto a loro, poi, Rula stava litigando, a sua volta, con una porta e con la porta che, allora, si sarebbe dovuta dischiudere sulla stanza occupata da H’Anel e M’Eu; nel mentre in cui, oltre a Mars e Ragazzo, lì accanto, Duva e Thaare stavano allor conversando con Roro, probabilmente nella necessità di verificare le condizioni dei due feriti da lui, nel contempo di tutto ciò, soccorsi. Quanto, tuttavia, in maniera estremamente egoista, Be’Wahr non ebbe a ritrovare, fu l’immagine propria di Maddie, ragione per la quale, in maniera motivata seppur ingiustificata nel confronto con qual genere di persona ella fosse, ebbe subito a preoccuparsi che le potesse essere successo qualcosa al momento dello schianto.

« Midda… » richiamò pertanto l’attenzione della propria antica alleata, non riservandosi alcuna vergogna nel rivolgersi a lei in maniera forse bruscamente diretta, e pur, allora, forte di quella loro stessa amicizia, e di quell’amicizia di lunga data che avrebbe giustificato tutto ciò, permettendogli di ovviare a troppi formalismi o salamelecchi « … hai visto Maddie?! »
« Stai tranquillo, rubacuori. » sorrise ella, voltandosi appena verso di lui, ancora dolcemente e fermamente abbracciata ai figli, e a quei figli da cui, proprio malgrado, si era ritrovata a restare troppo a lungo separata in quel frangente, e in quel frangente nel quale, al contrario, avrebbe dovuto essere innanzitutto al loro fianco, nel proprio ruolo genitoriale, come loro madre, pronta a difenderli da tutto e da tutti, fosse anche un intero pianeta « Ho pensato io a lei. » lo rassicurò, ammiccando appena verso di lui « Ora è da sua sorella, a verificarne le condizioni. »
« Sia lode a Lohr… » sospirò, rendendo grazie al proprio dio, e a quel dio che probabilmente, nella questione, non avrebbe potuto vantare alcun ruolo, a differenza di Midda, che l’aveva protetta in prima persona, o di Duva, che aveva condotto l’astronave sino al suolo, in quello schianto controllato, e che pur egli non poté ovviare a ringraziare « … voi state tutti bene?! » si affrettò a domandare poi, potendosi ora concedere di formulare quel retorico interrogativo di puro formalismo, fondamentalmente inutile nell’evidenza di quanto, allora, stessero tutti palesemente bene.
« Certo che stanno bene, razza di idiota. » gemette alle sue spalle Howe, ciondolando pericolosamente fra il proprio fronte destro e quello mancino, probabilmente vittima di un certo disorientamento a seguito del colpo subito « Portate pazienza… da quando ha iniziato ad avere una compagna fissa, si è completamente giocato quel poco di cervello che poteva mai aver avuto! » definì, in critica al proprio amico di sempre, contro la schiena del quel, in tutto ciò, finì per l’appoggiarsi, ad ammettere, implicitamente, ma non esplicitamente qual mai si sarebbe piegato a compiere, di aver bisogno di aiuto per reggersi in piedi.

Sorridendo a quella scenetta, in un intimo senso di nostalgica gioia per aver ritrovato, pur probabilmente nel peggiore momento possibile, tutta la propria famiglia, e quella famiglia all’interno della quale Howe e Be’Wahr non avrebbero potuto ovviare a riservarsi un ruolo di fondamentale importanza; Midda liberò dal proprio abbraccio i due pargoli, per avere occasione di rialzarsi da terra e di spingersi ad abbracciare il proprio amato, lieta, ovviamente, di ritrovarlo in perfetta forma… e in forma anche un po’ troppo perfetta, a ben vedere, nel considerare quanto, allora, neppure un livido o un graffio lo stava contraddistinguendo.

lunedì 26 agosto 2019

3014


Il primo a risvegliarsi, nell’alloggio, fu Howe. E, per un momento, lo shar’tiagho ebbe a ritrovarsi in seria difficoltà a focalizzare i propri pensieri, per ricordare cosa fosse successo, dove si trovasse e, soprattutto, perché avesse la fronte imbrattata di sangue.
Confusione a parte, tuttavia, il primo pensiero dell’uomo non poté ovviare a correre verso il fratello d’arme e di vita che, da sempre, lo accompagnava, e che, per un istante, non fu in grado di distinguere attorno a sé, nella confusione di una miriade di strane casse di materiale morbido, ben diverse da qualunque altro genere di imballo a cui egli avrebbe potuto dirsi abituato, lì racchiuse, insieme a lui, in una strana stanza dalle pareti metalliche, che, al suo sguardo, non poté ovviare ad apparire tanto aliena quanto il suo contenuto. Fu solo dopo qualche lungo istante che, commozione cerebrale a parte, egli riuscì a riconnettere completamente il cervello, e a ricordarsi di non essere più in alcun modo prossimo a un qualche luogo conosciuto, quanto e piuttosto di aver seguito la strega sorella di Maddie, in un’idea quantomeno criticabile nel pregresso rappresentato da Nissa, attraverso una colonna di fuoco, e una colonna di fuoco che lo aveva condotto, insieme a Howe, H’Anel e M’Eu, sino alle stelle del firmamento, là dove, all’interno di una struttura che tutti avevano definito come “nave”, ma che con una nave non avrebbe potuto vantare la benché minima rassomiglianza, avevano avuto occasione di ricongiungersi a Midda, dopo più di quattro anni dalla sua partenza. In quella “nave”, quindi, egli non aveva fatto in tempo neppure ad ambientarsi prima di ritrovarsi a confronto con una battaglia, e una battaglia nella quale non aveva potuto in alcun modo riservarsi la benché minima possibilità d’azione, ritrovandosi a essere stipato in quella stanza-magazzino, circondato da quelle strane casse che erano state loro presentate come “scatoloni pieni di cianfrusaglie”.
E proprio da sotto quegli scatoloni pieni di cianfrusaglie, crollati attorno a lui, egli ebbe a ravvisare il flebile suono di un gemito, e di un gemito che lo avvisò della presenza di Be’Wahr vicino a lui.

« Ehi! » richiamò, cercando di capire quale scatolone spostare per primo, nella confusione generale « Sei vivo, razza di idiota…?! »

Avevano litigato. Iniziava ora a ricordarlo. Non un litigio importante, sia chiaro: una scazzottata in amicizia, giusto per stemperare un po’ il clima, per rasserenare gli animi, e quegli animi che si erano lì ritrovati improvvisamente costretti a fare i conti con troppe novità e troppa poca confidenza con le stesse, in termini quantomeno frustranti per chiunque.
E stavano ancora litigando quando una voce li aveva avvisati dell’imminente schianto, ragione per la quale, necessariamente, pur non comprendendo con precisione cosa ciò avrebbe potuto comportare, avevano immediatamente votato in favore di una tregua, cercando di aggrapparsi alla meglio all’ambiente circostante, per cercare di minimizzare i danni di quanto, allora, sarebbe successo…
… e poi, il buio.

« Be’Wahr… sei vivo o no?! » insistette Howe, non negandosi una certa preoccupazione a confronto con lo scenario rappresentato dal “o no”, e, in ciò, iniziando a lanciare dietro di sé quegli scatoloni per velocizzare il recupero del fratello.
« Sono vivo… credo. » rispose allora la voce del biondo, provenendo da lì sotto, e dimostrando, da parte del medesimo, non minor confusione rispetto al fratello « Tu sei vivo…?! »
« Considerando che ti sto parlando, direi proprio di sì… stupido cerebroleso! » sospirò lo shar’tiagho, decisamente rasserenato dall’idea di avere ancora la possibilità di insultare l’amico, una prerogativa a cui non avrebbe voluto rinunciare per nulla al mondo « Hai mai sentito un non morto lamentarsi parlare…? »
« No. » escluse il biondo, con un lieve gemito ad accompagnare lo sforzo utile a risollevarsi da terra e, in ciò, a riemergere dagli scatoloni sotto ai quali era finito a essere travolto « Ma, se è per questo, non avevo mai neppure viaggiato fra le stelle, prima di oggi… »
« … » esitò Howe, tendendogli poi una mano per aiutarlo a risollevarsi, e tendendogli la destra ovviamente, laddove la mancina non avrebbe avuto un qualche ruolo particolarmente utile in tal senso, essendo costituita, dal gomito in giù, solo da un’inanimata armatura dorata « … osservazione legittima. » confermò, in favore del fratello, costretto a riconoscergli la correttezza di quel punto « Che succede? Hai preso una botta in testa che ti ha fatto diventare improvvisamente intelligente…?! » soggiunse poi, provocatorio nei propri toni, non volendo, parimenti, concedergli in maniera del tutto gratuita un qualche senso di vittoria a margine di tutto ciò.
« La botta in testa, a quello che vedo, l’hai presa tu… » puntualizzò Be’Wahr, levando lo sguardo verso l’amico e scrutando con fare critico il sangue che aveva iniziato a rapprendersi lungo il suo volto « … stai bene?! »
« Certo che sto bene… » scosse il capo l’altro, e, in tal senso, ritrovandosi tuttavia a provare un senso di vertigine tale per cui, non fosse stato allora afferrato al volo dal proprio interlocutore, sarebbe stato lui a finire, ora, a terra « … d’accordo. Quasi bene. » ammise subito dopo.
« Fai piano… » gli raccomandò il primo, con quieta premura verso il fratello.

Un momento di silenzio vide, quindi, concedere a Howe opportunità di riprendersi e, nel contempo, a entrambi, la possibilità di meglio definire la propria attuale situazione.
Scatoloni a parte, infatti, il resto della stanza sembrava essere sufficientemente illeso, se non per un paio di pannelli metallici saltati via dalle pareti, per le luci artificiali lì tremolanti e per la porta a scorrimento, quella porta a scorrimento che, allora, sembrava intenzionata a cercare di aprirsi salvo, pochi pollici dopo essersi dischiusa, tornare nuovamente a serrarsi, quasi non avesse la forza utile a completare il proprio movimento. Uno scenario, quindi, sufficientemente coerente, per quanto loro sarebbe stato possibile immaginare, con un atterraggio di emergenza, qualunque cosa ciò volesse significare e nel quale, in effetti, il particolare più trasparente di un qualche problema, fra tutti quelli, avrebbe avuto a doversi riconoscere nell’insolita inclinazione dell’intera struttura attorno a loro, di quella nave all’interno della quale, sino a quel momento, si erano ritrovati a essere sufficientemente stabili, su una superficie perfettamente orizzontale sotto ai propri piedi, e che, allora, avrebbe avuto altresì a doversi riconoscere in sgradevole pendenza e una pendenza che, unita già al necessario senso di disorientamento per loro lì imperante, non avrebbe contribuito in alcun modo a migliorare le cose.

« Maddie… » sussurrò il biondo, nel riportare allora il pensiero alla propria amata e nel porsi un necessario interrogativo nel merito del suo stato di salute « … devo andare a vedere che stia bene! » annunciò al fratello, invitandolo implicitamente, allora, ad accompagnarlo, e ad accompagnarlo al di fuori di quella porta e di quella porta che, allora, avrebbe avuto a doversi convincere ad aprirsi completamente, per permettere loro di uscire fuori di lì.
« Certo. » confermò quietamente Howe, non sollevando alcun dubbio nel merito dell’esigenza di ciò, e, anzi, ampliando la questione anche ai loro altri due amici e compagni di ventura « E sarà meglio cercare anche H’Anel e M’Eu: mi dispiacerebbe dover fare ritorno da Ma’Vret per comunicargli che abbiamo stolidamente perso i suoi figli dall’altra parte dell’universo… qualunque cosa ciò possa significare! »

Ma prima che i due uomini potessero raggiungere la porta, per tentare di attraversarla, una delicata mano femminile ebbe ad arrestarne l’incessante incedere ritmico, fermandola e iniziando a spingerla nella direzione utile ad aprirsi: una mano femminile contraddistinta, nella propria superficie, da un manto di sottili e vellutate scaglie in una miriade di variegate tonalità di verde, tale da rievocare nelle menti dei due, immediatamente, l’immagine di un serpente.

domenica 25 agosto 2019

3013


“Sarà come dici tu…”

In tal maniera Maddie avrebbe voluto replicare, priva di qualunque vena polemica e, al contempo, di qualunque fiducia in se stessa, posta a confronto con la propria versione più matura, quella proiezione di come ella sarebbe stata di lì a qualche anno, o, quantomeno, di come al contempo avrebbe desiderato essere e mai avrebbe sperato di poter divenire, pur, al contempo, comunque preferendo qualche aspetto originale di sé nel confronto con le diverse Midda che aveva avuto possibilità di incontrare sino a quel momento, a partire, banalmente, dal possedere, ancora, entrambe le proprie braccia e dal non ritrovarsi il volto spiacevolmente sfregiato da una lunga cicatrice longitudinale all’occhio sinistro, per così come, altresì, si proponeva quella sua ammirata interlocutrice.
E in tal maniera Maddie avrebbe sicuramente replicato, se soltanto, a margine di quel dialogo, le fosse allora stata concessa l’opportunità di aprire nuovamente bocca per formulare parole di senso compiuto e non, piuttosto, un’incontrollata serie di gemiti conseguenti agli incredibili urti, alle scosse e ai colpi che, improvvisamente, ebbero a iniziare a riversarsi a loro discapito, costringendosi a reggersi con tutte le proprie forze a qualunque appiglio lì loro disponibile, per evitare di essere rovesciate a terra o, peggio, catapultate in aria, nella violenza propria di quegli eventi.
Come lei, innanzi a lei, anche Midda non ebbe a ritrovarsi spontaneamente a proprio agio con quella situazione, costretta a sua volta a qualche sobbalzo e a qualche imprecazione, per quanto, in grazia al proprio braccio destro, e a quel braccio destro in lucido metallo cromato, ella ebbe a dover spendere meno energie rispetto alla controparte per riuscire a mantenersi ferma nella propria posizione, saldamente agganciata al proprio appiglio con una stretta che neppure l’impetuosa irruenza propria di un tauriano sarebbe lì stata in grado di violare…

« Thy… res… » commentò a denti stretti l’ufficiale tattico della Kasta Hamina, ammesso che tale titolo potesse ancor avere un qualche significato in quel momento « … credo che… siamo entrati… all’interno dell’atmosfera! »
« Ohh… ttimo… » replicò l’altra, in quel momento non potendo ovviare a rivedere il proprio giudizio, la propria preferenza, nel merito del conservare la propria integrità fisica, in particolare all’altezza delle braccia, e di quel braccio destro assente nella propria interlocutrice, laddove, all’occorrenza, avrebbe potuto quindi godere di un surrogato simile a quello lì innanzi a lei, e quello che, qualche sobbalzo a parte, lì stava pur consentendo alla propria proprietaria di apparire quietamente facilitata nel proprio impegno a ricercare stabilità, in termini tali da non poter ovviare a suscitare una certa invidia per chi, al contrario, si stava sentendo sostanzialmente frullata nelle proprie viscere e non solo.
« Vuoi… un aiuto?!... » si offrì, serenamente, la prima, tendendo verso l’interlocutrice la propria mancina, a invitarla a raggiungerla e, in ciò, a riservarsi un’occasione di maggiore stabilità.
« Fig… ur… ati… » escluse tuttavia l’altra, scuotendo appena il capo o, quantomeno, impegnandosi meno a non scuoterlo e lasciandolo, in ciò, libero di ballonzolare a destra e a manca, in un effetto che pur avrebbe riservato minor credibilità all’affermazione che, di lì a un istante, non avrebbe voluto negarsi, a dimostrare un pur minimo orgoglio innanzi a colei che pur, ipoteticamente, era lì giunta, nel proprio peregrinare attraverso le infinite dimensioni parallele, animata dalla volontà di salvare « Me… la… pos… sss… s… so… cava… rehhhh! »

Il fato canaglia, tuttavia, non sembrò voler concedere a Maddie quell’occasione di gratuita fierezza nel confronto con la propria controparte… non, quantomeno, nel prendere e nel proiettarla improvvisamente verso il soffitto della stretta stanza e nel precipitarla, un istante dopo, nuovamente vero il pavimento, in una traiettoria che avrebbe avuto a doversi riconoscere spiacevolmente dolorosa se soltanto, un fugace istante prima dell’impatto, per qualche strano effetto della velocità, e della velocità chiaramente eccessiva con la quale la loro navicella si stava approcciando al suolo, ella non avesse avuto la fortuna di rivedersi proiettata ancora una volta verso il soffitto, lì quasi galleggiando in aria, come in assenza di gravità.
E fu proprio in quel tanto fortunato, quanto fugace, momento di sospensione che Midda, dimostrando materna premura verso la se stessa più giovane, non mancò di riservarsi l’opportunità di agguantare al volo l’altra se stessa e di trascinarla a sé, stringendola in un fermo abbraccio con la mancina e mantenendo entrambe quietamente e saldamente ancorate alla nave in grazia al destro.

« Grazie. » arrossì Maddie, non potendo negarsi un certo imbarazzo a essere così soccorsa e, ciò non di meno, non potendo rifiutare una sincera espressione di gratitudine nei riguardi della propria controparte, e di quella controparte che, quasi una paziente sorella maggiore, non aveva esitato ad agire in suo soccorso anche laddove, un solo istante prima, sì banalmente rifiutata.
« E di cosa…?! » minimizzò tuttavia Midda, ammiccando con l’occhio sinistro, verso di lei « Se non ci diamo… una mano fra noi… » soggiunse, a sottintendere quasi una sorta di legame parentale fra loro, o, persino, qualcosa di più, qual, in fondo, avrebbe pur avuto a doversi riconoscere esistente fra coloro le quali semplicemente espressioni alternative di una stessa identità.

A domandare, in quel frangente, l’attenzione di entrambe, e, in effetti, l’attenzione di tutto l’equipaggio della Kasta Hamina, ospiti inclusi, fu la voce di Ragazzo che, lì, ebbe a intervenire improvvisamente nella questione e a scandire un importante avviso di interesse comune…

« Qui Ragazzo, dalla plancia… » dichiarò il giovane mozzo, con voce palesemente turbata da qualcosa di imminente e di tutt’altro che piacevole « Ho una notizia buona e una un po’ meno buona. La notizia buona è che i nostri inseguitori non hanno osato seguirci all’interno dell’atmosfera e, pare, si stiano ritirando. » esordì, indorando la metaforica pillola che, di lì a un istante, sarebbe certamente sopraggiunta esprimendo l’aspetto meno positivo della questione « La notizia meno buona è che raggiungeremo la superficie del pianeta in sessanta secondi. E molto probabilmente non sarà un atterraggio piacevole, se mi concedete l’eufemismo. » proclamò, per invitare tutti, implicitamente, a reggersi in ogni modo, e con ogni mezzo, a qualcosa, e a prepararsi al peggio… e a quel genere di “peggio” che soltanto un violento atterraggio di emergenza nel bel mezzo di un deserto sabbioso avrebbe potuto avere occasione di presentarsi essere.
« Ha… detto veramente… “impatto”?! » domandò Maddie verso la propria compagna di stanza, stringendosi maggiormente a lei in maniera istintiva, consapevole di quanto, allora, ella fosse l’unico appiglio sicuro al quale avrebbe potuto riservarsi occasione di riferimento all’interno di quell’alloggio, chiaramente non concepito per un simile impiego.
« Temo proprio… di sì. » storse le labbra Midda, sollevando la propria mancina a cingere il retro della nuca della propria versione più giovane, per cercare di offrirle, per quanto possibile, un qualche senso di protezione, non potendo ovviare a correre con il pensiero a poco più in là dalla loro attuale posizione, là dove, in un alloggio del tutto simile a quello, sicuramente Be’Sihl avrebbe avuto a doversi riconoscere egualmente impegnato nei riguardi dei loro bambini, di Tagae e Liagu « E se veramente credi in Thyres, o in una qualunque… altra dea o dio, questo credo sia… il momento giusto per pregarla… »
« Trenta secondi. » annunciò la voce di Ragazzo, scandendo il tempo restante all’impatto, e a un impatto che, purtroppo, non avrebbe avuto a doversi intendere contraddistinto dalle migliori premesse.
« Tieni la bocca chiusa, la lingua appoggiata al palato e non trattenere il respiro… » suggerì la Figlia di Marr’Mahew alla propria protetta, nonché supposta protettrice, preparandosi psicologicamente a quanto, di lì a breve, sarebbe accaduto « … e che Thyres ci aiuti! »

sabato 24 agosto 2019

3012


« Da Midda a Midda… » domandò Maddie, rivolgendosi alla propria versione più matura, nel mentre in cui, seduta su una delle due brande presenti nell’alloggio di Duva, così come in ogni altro alloggio, cercava di compensare i continui scossoni della nave per come meglio avrebbe potuto permettersi in una situazione qual quella « … abbiamo una qualche speranza di salvarci…?! »
« Da Maddie a Maddie… » rispose allora Midda, seduta di fronte a lei sull’altra branda, nel voler, in tal maniera, rendere il giusto tributo alla propria versione più giovane, a ovviare, in ciò, ad apparire sì egocentrica da imporle il proprio nome, soprattutto laddove, per fortuna loro e di tutti quanti, non avrebbero avuto a vantare lo stesso nome, in termini tali da dover ricercare un qualche genere di soprannome a rendere più univoca l’identificazione, per così come, non a caso, le era stato necessario alcuni anni prima, nel momento in cui si era ritrovata a confronto con altre sei versioni di se stessa, nel tempio della fenice « … se qualcuno può salvarci, certamente quel qualcuno è Duva. » sancì, dimostrando la più completa e assoluta fiducia nelle capacità della propria amica, e di quell’amica che, in quegli ultimi anni, per lei era stata quasi al pari di una sorella, di una gemella, e di una gemella certamente molto diversa da lei, sia per storia che, molto banalmente, per il colore della pelle, potendo l’altra vantare una splendida carnagione bronzea in opposizione al pallido incarnato proprio delle presenti, e alla quale, in nome di tale amicizia, e della fiducia alla base di essa, avrebbe ciecamente affidato la propria vita… esattamente come, del resto, stava compiendo in quel momento « E’ una donna straordinaria. E se tu e io abbiamo qualcosa in comune al di là dell’aspetto, sono certa che non potrai non accoglierla nella tua vita qual una delle tue più grandi amiche… »

Maddie ammirò sinceramente la propria interlocutrice. E l’ammirò, in quel frangente, non tanto per il fatto che ella era Midda Bontor, e “quella” Midda Bontor che, negli ultimi anni, nel suo stesso pianeta d’origine, si stava impegnando a tentare di sostituire, senza pur né desiderare, né poter effettivamente rimpiazzare, costantemente costretta al confronto con l’aura di leggenda che la circondava, e ne contraddistingueva ogni ricordo, ogni memoria, entrata ormai nel mito ancor prima che nella Storia; quanto e ancor più per il fatto che ella, anche in un momento potenzialmente disperato qual quello, si stava dimostrando capace di quelle emozioni così intense, così piene, come quella allor dichiarata, e dimostrata nella propria quiete, nella propria serenità, nei confronti di colei allor intenta a pilotare quella nave e a tentare di assicurare loro un qualsivoglia genere di futuro.
A confronto con tutto ciò, Maddie non poté ovviare a domandarsi se ella sarebbe mai stata capace di tributare un tale attestato di stima, di fiducia indiscriminata, verso qualcuno. O se, ancor più di ciò, qualcuno sarebbe mai stato capace di tributare tanta fiducia indiscriminata, un tale attestato di stima, verso di lei, affidandosi ciecamente a lei anche laddove ciò avrebbe potuto comportare una qualche necessariamente sgradevole e obbligatoriamente prematura conclusione della propria esistenza. Dopotutto, a solo confronto con il nome di Midda Bontor, quattro persone avevano accettato di compiere un metaforico, e forse neppur poi così metaforico, salto nel buio, abbandonando non soltanto la propria vita quotidiana, ma addirittura il proprio intero mondo, per essere catapultati dal lato opposto dell’universo, senza, in tal senso, battere il minimo ciglio: tale, in fondo, avrebbe avuto a doversi riconoscere la reazione di Howe e di Be’Wahr, ma anche di H’Anel e di M’Eu, all’idea di potersi ricongiungere alla loro amica, alla loro antica compagna, e una reazione nella quale, pur in tal senso invitati e incitati da una perfetta estranea qual Rín, e una perfetta estranea verso la quale non avrebbero avuto motivo alcuno di riservare la benché minima fede, si erano quindi tutti affidati, e affidati nel solo nome di Midda Bontor.
Ma, nel porsi un tal interrogativo, e nell’offrirsi in ciò animata da un’evidente mancanza di stima in se stessa, ancor prima che nel mondo a sé circostante, Maddie ebbe allor a obliare quanto, in verità, ella stessa già godeva di quella medesima fiducia che tanto ammirava in Midda e nei confronti di Midda. In quale altro modo, altrimenti, aver a giustificare quanto compiuto da Rín, nel suo impegno oltre ogni umana possibilità di concezione, per acquisire il potere più unico che raro di viaggiare autonomamente attraverso il multiverso, animata in tal senso dal sol desiderio di ricongiungersi a lei? Oppure in quale altro modo, altrimenti, aver a giustificare il fatto che, tanto Be’Wahr ma ancor più Howe, così come H’Anel e M’Eu, avessero potuto accettare l’idea che Rín fosse effettivamente quella sorella gemella che ella aveva lasciato in un’altra dimensione, in un altro universo, bloccata su una sedia a rotelle da più di cinque lustri, e che, ciò non di meno, aveva fatto la propria riapparizione nella sua e nelle loro vite muovendosi agilmente sulle proprie stesse gambe?!
Se Midda, come ella pensava, avrebbe avuto a doversi riconoscere capace di ispirare straordinaria fiducia nei propri amici; allor stesso modo lei stessa non avrebbe avuto a dover essere considerata in maniera inferiore a lei… benché, ovviamente, in quel frangente, la sua mente non avrebbe mai potuto dimostrarsi tanto generosa nei propri stessi confronti.

« Sai… sono ormai trascorsi più di tre anni da quando sono giunta per la prima volta in questa dimensione e, per la precisione, nel tuo mondo natale. E, prima di questo viaggio, non mi era mai accaduto di restare tanto a lungo in una stessa realtà, o, per lo meno, in una stessa realtà che non fosse la mia. » premesse Maddie, cercando, in quel discorso, di riservarsi possibilità di distrarsi dall’idea di quanto, di lì a qualche istante, avrebbero tutti potuto essere morti « Per più di tre anni, in ciò, mi sono ritrovata a vivere nel tuo mondo quella che avrebbe potuto essere la tua vita… o, per lo meno, qualcosa di vagamente assimilabile. E, soprattutto, mi sono ritrovata a vivere a contatto con i tuoi amici, con le persone a te care: Howe e Be’Wahr, per iniziare, ma anche H’Anel e M’Eu… per non parlare di Seem, Arasha, Brote e tutti gli altri... »
« … Thyres… » sospirò sottovoce la sua interlocutrice, nel non poter ovviare a provare un tuffo al cuore nel sentir scanditi quei nomi, e quei nomi nel confronto con l’idea dei quali non avrebbe potuto ovviare a provare uno straordinario senso di nostalgia… e, perché no?!, persino un po’ di invidia per quella più giovane se stessa, e quella se stessa che, per così come stava dichiarando, aveva avuto occasione di vivere la propria vita accanto a tutti loro, e a quelle stesse persone che, al contrario, ella era stata costretta ad abbandonare, nel dare la caccia alla regina Anmel Mal Toise attraverso lo spazio infinito.
« E voglio che tu sappia che ti ammiro tantissimo… » continuò la prima, non concedendosi opportunità di distrazione in quella dichiarazione, e in quella sincera dichiarazione verso di lei, una dichiarazione allor ispirata da quello stesso momento, e dalla straordinaria fiducia che Midda si stava lì dimostrando in grado di riservare nei riguardi della sua amica… e non qual un atto anomalo, quanto e piuttosto qual la norma, e la norma propria di una vita intera vissuta in quella maniera, offrendo e ispirando fiducia nel prossimo « … e, per quanto non possa essere certamente degna dell’originale, è per me uno straordinario onore potermi ritrovare a essere accomunata alla straordinaria Figlia di Marr’Mahew, all’Ucciditrice di Dei, alla Campionessa di Kriarya, vivendo la sua vita, e vivendola con le persone a lei più care e che tanto affetto, tanta stima, tanta fiducia non possono ovviare a provare, ancora, verso di lei… verso di te! »
« Piantala… » sorrise Midda, scuotendo appena il capo, nel ritrovarsi, situazione decisamente insolita per lei, a vivere un certo senso di imbarazzo a confronto con quelle parole e, ancor più, con la verità propria descritta da quelle parole… parole che, del resto, ella non avrebbe mai potuto, in fede, allor credere di meritare « Quella che tu stai descrivendo non è una persona. E’ un’idea. E una bellissima idea. Ma un’idea dalla quale non potrei essere più lontana. » escluse la donna, rifiutando ogni accredito da parte dell’altra se stessa in quel momento di fronte a lei, quasi qual il prodotto di un qualche strano specchio distorcente e, soprattutto, ringiovanente « E non lo dico per modestia… » puntualizzò, a prevenire qualunque obiezione in tal senso « Vuoi un esempio? Hai citato H’Anel e M’Eu. Quella coppia di straordinari giovani in questo momento alloggiati qui, in fondo al corridoio. E quella coppia di straordinari giovani che, francamente, non avrei mai potuto riconoscere senza un aiuto… giacché la mia presenza, nelle loro vite, si è limitata a poche settimane quasi quindici anni fa, quand’entrambi nulla erano più di due bambini, e due bambini che ho conosciuto soltanto perché, nella ricerca di un momento di conforto, mi sono spinta nuovamente fra le braccia di uno splendido uomo nel contempo incidentalmente divenuto loro padre! »

venerdì 23 agosto 2019

3011


« Dove accidenti ci ha condotto quella dannata strega…?! » brontolò Howe, aggrappato a qualunque appiglio gli fosse concesso all’interno della stanza nella quale lui e suo fratello erano stati stipati, e una stanza che, ancor prima di un alloggio, avrebbe avuto francamente a doversi fraintendere qual un magazzino, e un magazzino nel quale offrire spazio a tutto ciò di cui a nessuno sarebbe importato… inclusi loro due « Finiremo per farci ammazzare senza neppure capire che cosa stia succedendo…! »
« Io credo che con il passare degli anni tu stia diventando un po’ troppo critico, vecchio mio… » osservò Be’Wahr, per tutta risposta, aggrottando appena la fronte nel confronto con quell’ennesimo, e aggressivo attacco verbale da parte di Howe a discapito di Rín, la “dannata strega” in questione « In verità, ci siamo offerti volontari per venire a dare una mano a Midda, se ben ricordi. E nessuno ci ha obbligati a nulla… » puntualizzò il biondo, scuotendo appena il capo.
« Certo… sta di fatto che essendosi presentata qual la sorella della tua donna, certamente ella non avrebbe mancato di seguirla ovunque l’avesse voluta condurre. E trattandosi della tua donna, sappiamo bene che anche tu non avresti mancati di seguirle ovunque… come del resto è successo! » protestò lo shar’tiagho, imbronciandosi « Dannazione… ancora non capisco perché tu abbia voluto complicarti la vita con lei! » soggiunse, rigirando allora l’intera responsabilità dell’accaduto sul proprio sodale.
« Toh… che novità. Vuoi dire che alla fine è tutta colpa mia…?! » ridacchiò Be’Wahr, non potendo ovviare, malgrado tutto, di cogliere la ben misera originalità di quel ragionamento, e di quel ragionamento che lo avrebbe visto essere, al solito, lo stupido bietolone responsabile di ogni errore da loro compiuto « Forse non sarò una delle persone più intelligenti del mondo… »
« Udite, udite! » esclamò l’altro, a margine di quella premessa, non negandosi quel sarcastico intermezzo.
« … ma sono abbastanza intelligente da comprendere come anche tu, certamente, ti sia riservato qualche fantasia nei riguardi di Maddie. » continuò il primo, ignorando quel tentativo di disturbo e proseguendo nel proprio intervento « Ma non è colpa mia se, alla fine, ha scelto me! Quindi non c’è nessun bisogno di essere così gelosi… soprattutto considerando che siamo fratelli! »
« Ehi! » protestò Howe, incupendosi a fronte di quell’accusa, e di quell’accusa l’addebito della quale non avrebbe potuto accettare « Punto primo: se c’è qualcuno su cui entrambi possiamo aver fantasticato, quella è Midda! E Midda, comunque, non ha scelto nessuno di noi due. » sancì, conteggiando con l’indice il primo punto dell’elenco che stava così proponendo in risposta al compagno di una vita intera, e, in ciò, subito dopo avendo a sollevare il medio, a indicare il proseguo della propria replica « Punto secondo: il fatto che Maddie abbia scelto il più stupido fra noi, non depone certamente a vantaggio del suo buon gusto. » accusò, innalzando poi anche l’anulare, a indicare di aver ancora altro da aggiungere « E punto terzo: non è che solo per il fatto che ora non devi più pagare per avere una donna nel tuo letto, tu abbia a doverti sentire particolarmente più importante di me! Alla fine resti colui che sei sempre stato… »

Quanto lì stava accadendo, in verità, non avrebbe avuto a doversi fraintendere qual una discussione inedita fra i due fratelli. Per quanto figli di genitori diversi, per quanto diversi nell’aspetto e nel carattere, Howe e Be’Wahr erano cresciuti, a tutti gli effetti, in quanto fratelli. E come ineluttabile fra fratelli, le discussioni, fra loro, non avrebbero mai avuto a mancare, in termini sovente anche parecchio animati.
All’interno della loro coppia, poi, da sempre Howe aveva dimostrato un carattere predominante rispetto a Be’Wahr e, in ciò, e nell’affetto di Be’Wahr per il proprio fratellone, ineluttabile avrebbe avuto a doversi considerare una certa passività del secondo nei riguardi del primo. Una passività, tuttavia, che l’ingresso nella loro quotidianità della più giovane versione alternativa di Midda, aveva necessariamente finito per porre in dubbio, rimettendo in discussione gli equilibri fra loro come solo una donna avrebbe saputo riservarsi occasione di fare fra due uomini. Ma se l’originale Midda non aveva mai dimostrato favoritismi nei confronti dell’uno o dell’altro, in questo, in buona sostanza, scontentando entrambi ma, al tempo stesso, mai alterando l’equilibrio fra loro esistente, con buona pace per entrambi; l’ingresso di Maddie nelle loro vite era stata meno discreto, vedendola, per l’appunto, finire per iniziare a frequentare uno dei due fratelli e, in questo, imponendo una sgradevole disparità fra loro. E una disparità della quale, ovviamente, entrambi avevano maturato coscienza, per quanto, nell’affetto reciproco, si fossero poi sforzati di soprassedere.
Una disparità, tuttavia, che, volgendo a sfavore di colui che, pur, da sempre aveva dimostrato un carattere predominante rispetto all’altro, non avrebbe potuto ovviare a doversi riconoscere decisamente più critica rispetto a quanto non avrebbe potuto esserlo a ruoli inversi. E una disparità che, in tal senso, non avrebbe potuto ovviare a giustificare il continuo, esplicito, disappunto di Howe a confronto con tutto quanto lì stava accadendo.
E se pur, probabilmente, la cosa migliore per entrambi sarebbe stato che, allora, Be’Wahr avesse a tacere, lasciando sgonfiare la questione in maniera naturale; malgrado tutti i cambi di equilibri lì occorsi, il biondo non avrebbe avuto a doversi fraintendere qual concretamente mutato nella propria intima natura, e, purtroppo per lui, non certamente in quell’acume che, esprimendosi in maniera estremamente particolare, in molteplici occasioni gli aveva sicuramente permesso di essere il punto di svolta nella risoluzione di una crisi, sebbene, nella maggior parte delle altre occasioni, non gli avrebbe permesso di imporsi qual geniale protagonista della scena. Così, allorché tacere, Be’Wahr ebbe lì a voler riprendere voce… e a volersi riservare, forse in cerca di qualche facile ironia, quell’unica formulazione utile a innescare l’esplosione della bomba così già predisposta…

« Ringrazia Maddie che mi sta aiutando ad avere un po’ di fiducia in me stesso. » sospirò, per tutta risposta, limitandosi a offrire un quieto sorriso nel confronto con le alle provocazioni del fratello « In caso contrario, ora come ora, ti avrei fatto rimangiare tutto quello che hai appena detto insieme a tutti i tuoi denti… »
« … come hai detto?! » domandò Howe, sgranando gli occhi nel confronto con le ultime parole pronunciate dal fratello, parole alle quali non avrebbe potuto che seguire una sola, e necessaria, evoluzione.

E così, nel mentre in cui il destino di quanto lì restante della Kasta Hamina avrebbe avuto a doversi dividere fra l’eventualità di essere abbattuta dai colpi di plasma avversari o l’eventualità di finire in mille pezzi nel confronto con la densità dell’atmosfera del pianeta, o, peggio ancora, nell’impatto con il terreno sottostante a contatto con il quale, piuttosto, avrebbe desiderato cercare opportunità di salvezza; in quel piccolo alloggio abitualmente sfitto e, in questo, adibito a deposito, Howe e Be’Wahr, sino a lì condotti a partire dall’altra parte dell’universo, da quel piccolo pianeta che avrebbero avuto a poter riconoscere qual casa, se solo avessero saputo ove esso avesse a trovarsi, altro di meglio non poterono avere a riservarsi se non una rissa. E una bella rissa fra fratelli.
Una rissa nella quale, allora, avere a obliare a quanto attorno a loro stesse accadendo. Una rissa nella quale, all’occorrenza, neppur rendersi conto di morire, se tale avrebbe avuto a definirsi il loro fato. E una rissa nella quale, anche, cercare di ritrovare quell’equilibrata serenità evidentemente perduta nell’ingresso, nella loro quotidianità, di troppe novità, partendo da Maddie, passando per Rín, sino a giungere a quella nuova e più amplia concezione di realtà con la quale, se soltanto fossero sopravvissuti a quell’atterraggio d’emergenza, avrebbero avuto a doversi ritrovare a confronto, scoprendo nuovi mondi, scoprendo nuove specie e nuove civiltà, e, soprattutto, ponendosi costretti a rivedere la propria intera concezione del Creato nella necessaria assimilazione di tutto ciò.
Una rissa, la loro, che, pertanto, avrebbe forse avuto a doversi riconoscere qual la soluzione migliore, fra tutte quelle così loro offerte, per occupare quel tempo… e quel tempo nel quale, in caso contrario, non avrebbero potuto fare altro che attendere, inermi, di avere a scoprire la propria sorte.

giovedì 22 agosto 2019

3010


« Non sappiamo ancora chi siano e cosa vogliano da noi… » premesse la donna, costringendosi a ritrovare il proprio controllo per non avere a distrarsi in un momento pur sì critico « … ma di una cosa puoi essere certo, Ragazzo: quando lo scopriremo, perché prima o poi lo scopriremo, Midda e io faremo loro visita. » promise, riservandosi un lieve sorriso, e un sorriso animato da una certa, palpabile malevolenza, e da una malevolenza che, lì, non avrebbe concesso loro opportunità di scampo nel giorno così auspicato da quelle parole « E allora si pentiranno di aver deciso di calpestare i piedi all’equipaggio sbagliato! »

Al pari di Midda, infatti, anche Duva non avrebbe avuto a doversi fraintendere qual solita permettere a una questione di restare in sospeso a tempo indeterminato. E a fronte di qualcosa del genere, di qualcosa come quello che lì stava accadendo, ineluttabile sarebbe stato, presto o tardi, ma probabilmente più presto che tardi, una qualche riscossa da parte loro, e una riscossa che, appunto, ella, con sicuramente la complicità dell’amica, non avrebbe perduto occasione di riservarsi, e di riservarsi restituendo ai loro antagonisti, il favore di tanta premura nei loro riguardi. Un favore che, quindi, sarebbe stato loro restituito sul filo di una lama, e di quella lama che si sarebbe intrisa del loro sangue, e di quel sangue che, ineluttabilmente, sarebbe stato versato a pagamento di tanta immotivata avversione a loro riguardo.
Perché se morte quegli uomini o donne, umani o chimere che fossero, stavano ricercando, morte avrebbero alfine incontrato. Morte che, allora, avrebbe avuto il loro volto…

« Oh sì, che se ne pentiranno… » ribadì, ora quasi sottovoce, annuendo appena a sostegno di tale proposito.

Prima di arrivare alla vendetta, tuttavia, Duva avrebbe dovuto loro concedere opportunità di sopravvivere. E per sopravvivere avrebbe avuto, a maggior ragione, tentare quell’improponibile manovra di approccio con il pianeta designato.
Perché, per quanto grande avrebbe potuto essere il desiderio di sangue e morte dei loro inseguitori, essi certamente, con la loro nave, non avrebbero potuto seguirli all’interno dell’atmosfera di un pianeta… non a meno di non volersi, a propria volta, schiantare sulla superficie del medesimo, in un tentativo di suicidio che, necessariamente, sarebbe risultato ancor più immotivato rispetto a quello stesso attacco.  E se, certamente, essi avrebbero potuto avere a inseguirli, anche là sotto, a bordo di qualche navetta o caccia, di dimensioni più contenute e atto, all’occorrenza, anche ad affrontare i limiti propri dell’atmosfera di un pianeta, tutto ciò avrebbe costretto necessariamente quello scontro unilaterale a vedere modificate le proprie dinamiche e, soprattutto, a concedere loro, finalmente, un’opportunità di giusta risposta a discapito di quegli ancor ignoti antagonisti.
Così, entro i limiti propri dettati dal voler evitare uno schianto suicida, e genocida, sulla superficie del quarto pianeta del sistema Leica Merasch, il primo ufficiale della Kasta Hamina, lì facente funzioni di capitano, mosse al massimo della velocità consentitale la nave, o, per lo meno, quanto rimasto della stessa, allo scopo di raggiungere il prima possibile il proprio obiettivo, ovviamente impegnandosi egualmente a ovviare agli spazi che, di lì a breve, non avrebbero mancato di riprendere a loro discapito. E se pur non fu un inseguimento breve, quello che li vide protagonisti, Duva riuscì a mantenere il controllo e l’attenzione per tutto il tempo necessario a permettere loro di giungere sino all’orbita del pianeta e lì di intraprendere una traiettoria di atterraggio.
Fu proprio in quel momento, tuttavia, che un segnale lampeggiante su uno schermo ebbe ad avvertire Ragazzo di una comunicazione in ingresso, proveniente dall’esterno…

« Ci stanno chiamando dal pianeta. » comunicò il mozzo, identificando l’origine della trasmissione « Saranno giustamente preoccupati di quali possano essere le nostre intenzioni… »
« Apri pure il canale. » confermò Duva, senza distrarsi dal proprio impegno primario e, soprattutto, senza arrestare quanto allora già posto in moto.
« Il mio nome è Fer-Ghas Reehm, della Corporazione Thonx, e sono il responsabile incaricato per questa colonia. » dichiarò una voce maschile, nel mentre in cui il volto felino di un feriniano ebbe a fare la propria comparsa su uno schermo laterale rispetto a Duva « State procedendo su una rotta estremamente pericolosa… vi invito ad allontanarvi dalla nostra orbita e dal nostro pianeta, o saremo costretti a prendere dovuti provvedimenti. »
« Il mio nome è Duva Nebiria, primo ufficiale della Kasta Hamina. » replicò quindi la donna, storcendo appena le labbra verso il basso « Siamo sotto attacco da parte di una nave non meglio identificata. Abbiamo dovuto procedere a un’evacuazione di emergenza e il vostro pianeta rappresenta la nostra unica speranza di sopravvivenza! » sancì, senza offrire spazio alcuno per sterili discussioni « Abbiamo identificato una vasta area desertica all’altezza del vostro equatore, dove non ci risultano essere insediamenti di sorta, ed è lì che in questo momento siamo diretti per uno schianto controllato… o, quantomeno, così vogliamo sperare. » puntualizzò, a escludere qualunque intento, da parte loro, di arrecare danno alla colonia o, peggio ancora, alla popolazione lì presente « Vi prego di volerci concedere asilo. O non avremo scampo. »

Avessero scelto un sistema centrale, avessero scelto un pianeta ricco e potente, certamente per la Kasta Hamina e il suo equipaggio non vi sarebbe stata opportunità alcuna di salvezza. Nel migliore dei casi, infatti, sarebbero già stati intercettati e abbattuti all’ingresso all’interno del sistema solare, senza neppure il favore, preventivo, di una qualche comunicazione da parte del governo locale.
Avendo tuttavia scelto un sistema periferico, e avendo scelto una piccola colonia mineraria, il loro fato non avrebbe avuto a dover essere considerato così egualmente, e drammaticamente, definito. Nella maggior parte dei casi, infatti, i coloni avrebbero avuto a dover essere riconosciuti come persone sicuramente spigolose, nel proprio carattere, a volte brusche, nei propri modi di approcciare ai problemi, e, ciò non di meno, capaci di grandi gesti di solidarietà e di straordinaria accoglienza. Il loro stesso stile di vita, del resto, non avrebbe potuto lasciar spazio a egoismi di sorta, nel ritrovarsi generalmente in numero ridotto, a partire alla volta di disabitati pianeti a loro alieni, non tanto in risposta a un qualche innato desiderio d’avventura, quanto e piuttosto alla necessità di cercare una nuova occasione di vita là dove, nel proprio pianeta natale, tale occasione non sarebbe stata loro altrimenti riconosciuta. Esuli, proprio malgrado, i coloni non avrebbero quindi potuto ovviare a dimostrarsi tanto accoglienti con coloro in difficoltà, quanto violenti con eventuali aggressori…
… questo, ovviamente, come idea di principio. Ma, all’atto pratico, in quel frangente Duva non avrebbe potuto che limitarsi a sperare che tale idea di principio avesse a valere anche per il signor Fer-Ghas Reehm, responsabile incaricato.

« Così sia. » confermò, fortunatamente, il rappresentate della Corporazione Thonx, dopo un apparentemente interminabile momento di intima valutazione del caso « Procedete pure secondo i vostri piani… e che la dea possa essere misericordiosa verso di voi e concedervi di sopravvivere all’impatto. »
« Grazie. » si limitò a concludere Duva, ringraziando in cuor proprio quella non meglio precisata dea per non aver negato loro asilo… per quanto, obiettivamente, non avrebbero avuto ancora a potersi concedere particolari motivazioni di entusiasmo sino a quando, per lo meno, l’atterraggio non fosse avvenuto.

Un atterraggio per sopravvivere al quale, in quel frangente, tutta la bravura di pilota di Duva sarebbe lì stata loro richiesta, insieme a qualunque benevola misericordia divina che chiunque, da qualunque pantheon, avrebbe potuto voler loro offrire.

mercoledì 21 agosto 2019

3009


Né a Duva, né a Ragazzo, né ad alcun altro membro dell’equipaggio della Kasta Hamina venne riconosciuta, tuttavia, occasione di lutto in quel momento.
Per quanto, da tutto quello, non vi sarebbe potuta essere occasione di ritorno; per quanto quell’istante nel tempo, e nella Storia, rappresentasse qualcosa di unico e di irripetibile, e sancisse una netta linea di confine nelle loro vite fra ciò che era stato prima, e ciò che sarebbe stato dopo, a nessuno di loro poté essere concesso un solo istante utile a piangere la fine della Kasta Hamina, della loro nave, della loro casa e delle loro vite quotidiane sino a quel momento. Non laddove, quantomeno, attuare la procedura due non avrebbe significato, necessariamente, porsi in salvo, ma, semplicemente, diminuire ulteriormente le proprie dimensioni, acquisire ulteriore agilità e velocità di movimento e, in loro grazia, incrociare le dita e pregare qualunque dio o dea di offrire loro la grazia di salvarsi da quell’incessante avversario. Una grazia, quella così ricercata, non conseguenza, comunque, in primo luogo, della mera ricerca di una benevolenza divina, quanto e piuttosto dell’impegno personale a conquistarla… e a conquistarla, secondo i piani dell’allor moribondo capitano Lange Rolamo, riuscendo a compiere un atterraggio di fortuna nel pianeta individuato dalla stessa Duva Nebiria, allor ai comandi della nave.

« … procedura due completata! » proclamò la voce della facente funzione di capitano, nonché comproprietaria della nave ormai letteralmente in pezzi, nel mentre in cui, sfruttando un fugace istante di distrazione da parte dei loro nemici, e di quei nemici che, evidentemente, non si sarebbero attesi una simile manovra da parte loro, stavano ancora concentrando tutto il proprio potere di fuoco sul resto della nave alle loro spalle, non avendo ancor maturato consapevolezza di quanto, ormai, quello altro non avesse a doversi riconoscere se non un involucro vuoto, destinato in qualche istante a perdere anche il proprio sfasamento quantistico e, in tal senso, a tradursi in un ammasso di metallo e lamiere informe, martoriato da qualunque frammento di pulviscolo stellare attorno a loro avrebbe potuto essere lì riconosciuto, nel proseguire, ciò non di meno, per inerzia la propria folle corsa « Restate tutti ai vostri posti: ora ridurremo la velocità e usciremo dallo sfasamento, sperando di avere tempo sufficiente a raggiungere la nostra destinazione di fortuna prima che i nostri avversari comprendano quello che sta accadendo… » annunciò Duva, con assoluta trasparenza verso il resto dell’equipaggio, laddove, se quelli avrebbero avuto a dover essere i loro ultimi istanti di vita, per rispetto verso tutti i propri amici, verso quella propria grande famiglia, ella desiderava che fosse loro concessa opportunità di comprendere quanto sarebbe accaduto.

Il calcolo delle rotte di navigazione, malgrado la possibilità offerta dallo sfasamento quantistico, non avrebbe avuto a dover essere frainteso qual qualcosa di banale. Definire una rotta, in termini tali da minimizzare, comunque, le possibilità di incappare in qualunque genere di ostacolo, tanto alla partenza, tanto durante lo sfasamento quantistico, quanto e ancor più all’arrivo, considerando il moto dei pianeti all’interno dei sistemi solari, e il moto dei sistemi solari all’interno delle galassie, per non parlare poi del moto delle galassie all’interno dell’universo, avrebbe avuto a doversi ritenere qualcosa di estremamente serio e complicato, ragione per la quale, nella maggior parte dei casi, le navi avrebbero avuto a muoversi lungo rotte prestabilite e comuni a tutti, sfruttando in ciò quell’acquisita conoscenza comune frutto dei primi grandi e pioneristici viaggi interstellari. Quanto, tuttavia, in quel momento, e con sufficiente concitazione, Duva si stava apprestando a compiere, dietro idea di Lange, avrebbe quindi avuto a dover essere riconosciuto qual un azzardo estremamente rischioso, e un azzardo che non soltanto avrebbe loro concesso tempi estremamente ristretti per la decelerazione e l’uscita dallo sfasamento, ma, anche e soprattutto, li avrebbe dovuti vedere entrare in maniera particolarmente irruenta all’interno di un sistema stellare e approcciarsi, con un’intera nave, o, quantomeno, un’ampia porzione della stessa, all’atmosfera propria di un pianeta… con tutte le complicazioni e i pericoli del caso.
Ma laddove, a tutto ciò, l’alternativa sarebbe allor stata quella propria dell’essere colpiti dai fasci di plasma contro di loro sparati da quegli ignoti avversari, la scelta avrebbe avuto a doversi ritenere quantomeno obbligata…

« Ragazzo… sei pronto?! » domandò Duva, rivolgendosi al mozzo tuttofare, in quel momento lì presente, a tutti gli effetti, come copilota di quanto rimasto della Kasta Hamina.
« Sì, signora. » annuì serio il giovane, accennando appena una sorriso di incoraggiamento, e un sorriso di incoraggiamento dietro al quale, tuttavia, sufficientemente palese avrebbe avuto a doversi considerare tutta l’ansia propria di quel momento.
« Uscita dallo sfasamento in tre… due… uno… » dichiarò pertanto la donna, non avendo cessato di seguire con attenzione le proiezioni della loro rotta sui propri schermi e, in ciò, avendo calcolato, in maniera speranzosamente non troppo approssimativa, il momento migliore nel quale lasciare lo sfasamento.

Ragazzo agì in contemporanea al proprio capitano, o, quantomeno, a colei che lì né stava svolgendo le funzioni, muovendo con rapidità  le mani sui diversi controlli della nave in perfetta coordinazione con Duva in maniera tale da assicurare il completamento di quella manovra. E se, per un lunghissimo istante, egli non ebbe neppure ad accorgersi di essersi dimenticato di respirare, quando, alfine, innanzi ai loro occhi ebbe a delinearsi il profilo di un nuovo sistema stellare, il successo di quell’azione non poté che apparire evidente, permettendogli di ritrovare fiducia nell’idea di aver conquistato, in ciò, ancora qualche istante di vita.
Una riflessione più o meno conscia, quella propria del giovane mozzo, che evidentemente ebbe a essere condivisa anche dalla donna al suo fianco, la quale, pur non potendo ovviare a rallegrarsi, in cuor proprio, di essere giunti nel luogo giusto al momento giusto, non ebbe comunque a concedersi possibilità di gratuiti festeggiamenti, consapevole di quanto effimero avrebbe avuto a potersi comunque scoprire il vantaggio che, in quel momento, erano stati in grado di riservarsi rispetto ai propri inseguitori…

« Qui Duva, a tutti… » annunciò quindi Duva, aprendo nuovamente il canale di comunicazione interno, rivolta a chiunque a lei in quel momento affidato « Siamo alle porte del sistema Leica Merasch, diretti al quarto pianeta, piccola colonia mineraria sotto il controllo della Corporazione Thonx. » spiegò, illustrando nuovamente a tutti quanto, di lì a breve, avrebbe avuto ad accadere, se soltanto tutto fosse andato per il verso giusto « Tenteremo un atterraggio di emergenza nella fascia desertica equatoriale del pianeta, al fine di ovviare a commettere involontariamente un qualche genocidio fra i coloni presenti: inutile che vi abbia a ricordare quanto questa sezione della nave, così come tutta la Kasta Hamina del resto, non è stata progettata per entrare abitualmente all’interno dell’atmosfera di un pianeta. Quindi… reggetevi forte! »

E se, non semplice, tutto quello avrebbe avuto a doversi considerare in una situazione di quieta normalità, la ricomparsa, improvvisa, alle loro spalle dei loro inseguitori, anch’essi ora usciti dallo sfasamento e in rapido movimento sulla loro scia, non ebbe certamente a rappresentare un fattore di semplificazione di tutto ciò…
… anzi.

« Dannazione! » protestò Duva, imprecando e picchiando con un pugno la superficie metallica del piano di controllo innanzi a sé, prestando attenzione, pur in tal gesto di sfogo, a non rischiare di danneggiare la strumentazione lì presente « Non ci vogliono mollare! »
« Sapessimo almeno chi sono e che cosa vogliono da noi… » osservò retoricamente Ragazzo, scuotendo il capo con aria obbligatoriamente sfiduciata, nel comprendere quanto, ancora una volta, le loro speranze di successo si fossero così improvvisamente assottigliate.

martedì 20 agosto 2019

3008


« Questo è evidente, amor mio. » sorrise ella, scuotendo appena il capo e dando riprova, questa volta, di essere riuscita a intendere la parole da lui pronunciate « Se volessi minimamente impegnarti a meritarmi, tanto per iniziare, ti raderesti quella barba… affascinante, certo, sotto tanti punti di vista, ma sempre incredibilmente scomoda da baciare! » ammiccò poi, ancora nell’intento di volgere quella tragedia in commedia, non soltanto per lui, quanto e piuttosto per se stessa, per trovare la forza di resistere a confronto con il corpo martoriato del proprio sposo e non avere a crollare, vittima di un’altrimenti giustificabile crisi isterica « Per fortuna, o purtroppo, sei comunque mio marito. E come tale, sopporterò sempre tutte le tue mancanze… ma, ora, vedi di non morire. »

Alla fine, a margine di tutto ciò, Maddie ebbe occasione di ricongiungersi, effettivamente, alla propria gemella, nel momento in cui, allora, insieme a Rula ebbe a raggiungere l’alloggio del dottor Roro Ce’Shenn, lì riallestito a estemporanea infermeria, per condurre alla sua attenzione quanto così restante del martoriato capitano. E se, nel cogliere l’immagine della propria gemella stesa su quella piccola branda e lì ancora priva di sensi, una morsa al cuore non poté che colpire la donna guerriero, l’evidenza di quanto, in quel momento, ella sembrasse tranquilla e, soprattutto, non più sanguinante, non poté che immediatamente rasserenarla, a conferma di quanto, in fondo, il medico doveva aver compiuto il proprio operato.

« Sta bene, non ti preoccupare. » la rassicurò Midda, la propria invecchiata corrispettiva propria di quella dimensione, nel coglierne lo sguardo e i pensieri, vedendola lì sopraggiungere « Sta solo riposando… »

Maddie annuì, non potendo ovviare a un certo senso di colpa a margine di tutto ciò per essersi concessa quel momento di distrazione nel mentre in cui, fra le proprie braccia, ancora stava lentamente morendo il capitano. E se, appena entrate nello stretto ambiente, subito Roro si volle preoccupare di fare spazio su una seconda branda per il primo titolare della Kasta Hamina, dopo averla rassicurata con quelle poche, e pur inequivocabili parole, il capo della sicurezza ebbe a rivolgersi all’interfono, aprendo un canale diretto con il secondo titolare della nave, lì estemporaneamente facente funzione di capitano…

« Qui Midda, dall’alloggio del dottore. » annunciò la donna, rivolgendosi alla propria amica e sorella d’armi, invero a ormai ben poca distanza da lì, nella nuova ricollocazione dell’equipaggio, e di tutti gli ospiti, in quegli spazi incredibilmente ristretti « Rula e Maddie sono tornate con il capitano: siamo tutti a bordo, pronti per il completamento della procedura due. »
« Qui Duva. Ottima notizia… » confermò la voce dell’altra, con trasparente sollievo per molteplici motivazioni ricollegabili a quell’annuncio, a partire dal recupero del proprio ex-marito, sino all’evidenza di essere finalmente pronti a sganciarsi dalla nave « … anche perché non so ancora per quanto riuscirò a evitare i loro colpi… »
« Qui Duva, a tutto l’equipaggio e non. » proclamò immediatamente dopo, all’attenzione di tutti coloro a bordo della nave, e lì ormai trasferiti, e strettamente stipati, all’interno degli otto piccoli alloggi « Procedura due in dieci… nove... otto… »
« Andiamo… » ordinò allora il capo della sicurezza verso la propria corrispettiva più giovane, afferrandole delicatamente la destra con la propria mancina per invitarla a lasciare quell’alloggio, e, in ciò, a offrire maggiore spazio di manovra al buon medico, il quale già avrebbe avuto a dover probabilmente fare i salti mortali per salvare Lange, senza bisogno di ritrovarsi a dover operare con un’improponibile folla attorno « Ti assicuro che Rín starà bene. »
« … vengo via anch’io… » comunicò Rula, la quale, pur non richiamata in maniera diretta da Midda, nel rispettare il suo diritto a essere lì, accanto a suo marito, in quel momento, volle imporsi sufficiente autocontrollo da non rischiare di essere sol d’ostacolo al dottore, preferendo quindi uscire, a sua volta, da quell’alloggio per trasferirsi altrove.
« … sette… sei… »

Lasciato l’alloggio del medico, Midda, Maddie e Rula ebbero allora a separarsi, nella necessità di ovviare a ulteriori e inutili sovraffollamenti degli alloggi, per così come già, nel contempo, si era provveduto a ridistribuire estemporaneamente tutti quanti.
Rula, in particolare, ebbe a raggiungere Lys’sh all’interno dell’alloggio dell’ofidiana, ovviando a fare ritorno al proprio, l’alloggio del capitano, ormai trasformatosi in plancia di comando; nel mentre in cui Midda condusse Maddie nell’alloggio di Duva, in quel mentre vuoto nella presenza della donna al timone della nave.

« ... cinque… quattro… »

Be’Sihl, con i figli Tagae e Liagu, nel mentre di quel non facile conto alla rovescia, si avrebbero avuti a censire nel proprio consueto alloggio e in quell’alloggio estemporaneamente meno affollato del solito per l’assenza della stessa Midda.
Mentre H’Anel e M’Eu, impreviste presenze abitualmente non conteggiate, erano stati posti all’interno dello spazio altresì proprio di Ragazzo, anch’egli, in quel frangente, impegnato in plancia, nel mentre in cui Howe e Be’Wahr, anch’essi inattesi ospiti, erano stati assegnati a un alloggio abitualmente vuoto.

« … tre… due… »

I soli che, in tale frangente, avrebbero avuto a potersi fraintendere qual i più fortunati, nell’aver conservato, almeno per il momento, la più totale autonomia dei propri spazi, avrebbero quindi avuto a doversi indicare Thaare e Mars. Un’autonomia la loro, invero, non tanto derivante da una sbagliata redistribuzione dell’equipaggio e degli ospiti, quanto e piuttosto conseguente al parziale, e pur necessario, riallestimento di quelle pur strette cabine a depositi, e depositi per materiale tecnico, sul fronte del meccanico, e viveri, su quello della cuoca, potenzialmente utili per affrontare un’eventuale prima emergenza, a confronto con l’idea della perdita del resto della nave…

« … uno… »

Perché proprio in tal senso avrebbe avuto a dover essere intesa la procedura due.
Una procedura che, dopo aver visto trasferito tutto l’equipaggio al ponte superiore della sezione toracica della nave, del corpo centrale della Kasta Hamina, e dopo aver visto trasferiti i controlli della stessa nave all’alloggio del capitano, tradottosi in nuova plancia di comando, vide, al termine di quel conto alla rovescia, quell’intero ponte avere a separarsi dal resto della nave, in una disperata manovra d’emergenza, e una manovra d’emergenza la quale, ineluttabilmente, avrebbe segnato la fine della Kasta Hamina e dei suoi viaggi attraverso l’infinità siderale.
Una fine, quella di quell’amato mercantile di classe libellula, che non avrebbe avuto, tuttavia, a doversi considerare fine a se stessa… non laddove, speranzosamente, così facendo, tutti coloro che realmente avrebbero avuto a dover essere considerati l’anima della stessa Kasta Hamina, al di là di quel pur importante involucro di metallo, avrebbero avuto almeno un’occasione di salvezza, e di salvezza da quell’ancor ignoto nemico intento a non concedere loro alcuna occasione di tregua, nell’invocare, semplicemente, la loro completa estinzione.