11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

lunedì 26 agosto 2019

3014


Il primo a risvegliarsi, nell’alloggio, fu Howe. E, per un momento, lo shar’tiagho ebbe a ritrovarsi in seria difficoltà a focalizzare i propri pensieri, per ricordare cosa fosse successo, dove si trovasse e, soprattutto, perché avesse la fronte imbrattata di sangue.
Confusione a parte, tuttavia, il primo pensiero dell’uomo non poté ovviare a correre verso il fratello d’arme e di vita che, da sempre, lo accompagnava, e che, per un istante, non fu in grado di distinguere attorno a sé, nella confusione di una miriade di strane casse di materiale morbido, ben diverse da qualunque altro genere di imballo a cui egli avrebbe potuto dirsi abituato, lì racchiuse, insieme a lui, in una strana stanza dalle pareti metalliche, che, al suo sguardo, non poté ovviare ad apparire tanto aliena quanto il suo contenuto. Fu solo dopo qualche lungo istante che, commozione cerebrale a parte, egli riuscì a riconnettere completamente il cervello, e a ricordarsi di non essere più in alcun modo prossimo a un qualche luogo conosciuto, quanto e piuttosto di aver seguito la strega sorella di Maddie, in un’idea quantomeno criticabile nel pregresso rappresentato da Nissa, attraverso una colonna di fuoco, e una colonna di fuoco che lo aveva condotto, insieme a Howe, H’Anel e M’Eu, sino alle stelle del firmamento, là dove, all’interno di una struttura che tutti avevano definito come “nave”, ma che con una nave non avrebbe potuto vantare la benché minima rassomiglianza, avevano avuto occasione di ricongiungersi a Midda, dopo più di quattro anni dalla sua partenza. In quella “nave”, quindi, egli non aveva fatto in tempo neppure ad ambientarsi prima di ritrovarsi a confronto con una battaglia, e una battaglia nella quale non aveva potuto in alcun modo riservarsi la benché minima possibilità d’azione, ritrovandosi a essere stipato in quella stanza-magazzino, circondato da quelle strane casse che erano state loro presentate come “scatoloni pieni di cianfrusaglie”.
E proprio da sotto quegli scatoloni pieni di cianfrusaglie, crollati attorno a lui, egli ebbe a ravvisare il flebile suono di un gemito, e di un gemito che lo avvisò della presenza di Be’Wahr vicino a lui.

« Ehi! » richiamò, cercando di capire quale scatolone spostare per primo, nella confusione generale « Sei vivo, razza di idiota…?! »

Avevano litigato. Iniziava ora a ricordarlo. Non un litigio importante, sia chiaro: una scazzottata in amicizia, giusto per stemperare un po’ il clima, per rasserenare gli animi, e quegli animi che si erano lì ritrovati improvvisamente costretti a fare i conti con troppe novità e troppa poca confidenza con le stesse, in termini quantomeno frustranti per chiunque.
E stavano ancora litigando quando una voce li aveva avvisati dell’imminente schianto, ragione per la quale, necessariamente, pur non comprendendo con precisione cosa ciò avrebbe potuto comportare, avevano immediatamente votato in favore di una tregua, cercando di aggrapparsi alla meglio all’ambiente circostante, per cercare di minimizzare i danni di quanto, allora, sarebbe successo…
… e poi, il buio.

« Be’Wahr… sei vivo o no?! » insistette Howe, non negandosi una certa preoccupazione a confronto con lo scenario rappresentato dal “o no”, e, in ciò, iniziando a lanciare dietro di sé quegli scatoloni per velocizzare il recupero del fratello.
« Sono vivo… credo. » rispose allora la voce del biondo, provenendo da lì sotto, e dimostrando, da parte del medesimo, non minor confusione rispetto al fratello « Tu sei vivo…?! »
« Considerando che ti sto parlando, direi proprio di sì… stupido cerebroleso! » sospirò lo shar’tiagho, decisamente rasserenato dall’idea di avere ancora la possibilità di insultare l’amico, una prerogativa a cui non avrebbe voluto rinunciare per nulla al mondo « Hai mai sentito un non morto lamentarsi parlare…? »
« No. » escluse il biondo, con un lieve gemito ad accompagnare lo sforzo utile a risollevarsi da terra e, in ciò, a riemergere dagli scatoloni sotto ai quali era finito a essere travolto « Ma, se è per questo, non avevo mai neppure viaggiato fra le stelle, prima di oggi… »
« … » esitò Howe, tendendogli poi una mano per aiutarlo a risollevarsi, e tendendogli la destra ovviamente, laddove la mancina non avrebbe avuto un qualche ruolo particolarmente utile in tal senso, essendo costituita, dal gomito in giù, solo da un’inanimata armatura dorata « … osservazione legittima. » confermò, in favore del fratello, costretto a riconoscergli la correttezza di quel punto « Che succede? Hai preso una botta in testa che ti ha fatto diventare improvvisamente intelligente…?! » soggiunse poi, provocatorio nei propri toni, non volendo, parimenti, concedergli in maniera del tutto gratuita un qualche senso di vittoria a margine di tutto ciò.
« La botta in testa, a quello che vedo, l’hai presa tu… » puntualizzò Be’Wahr, levando lo sguardo verso l’amico e scrutando con fare critico il sangue che aveva iniziato a rapprendersi lungo il suo volto « … stai bene?! »
« Certo che sto bene… » scosse il capo l’altro, e, in tal senso, ritrovandosi tuttavia a provare un senso di vertigine tale per cui, non fosse stato allora afferrato al volo dal proprio interlocutore, sarebbe stato lui a finire, ora, a terra « … d’accordo. Quasi bene. » ammise subito dopo.
« Fai piano… » gli raccomandò il primo, con quieta premura verso il fratello.

Un momento di silenzio vide, quindi, concedere a Howe opportunità di riprendersi e, nel contempo, a entrambi, la possibilità di meglio definire la propria attuale situazione.
Scatoloni a parte, infatti, il resto della stanza sembrava essere sufficientemente illeso, se non per un paio di pannelli metallici saltati via dalle pareti, per le luci artificiali lì tremolanti e per la porta a scorrimento, quella porta a scorrimento che, allora, sembrava intenzionata a cercare di aprirsi salvo, pochi pollici dopo essersi dischiusa, tornare nuovamente a serrarsi, quasi non avesse la forza utile a completare il proprio movimento. Uno scenario, quindi, sufficientemente coerente, per quanto loro sarebbe stato possibile immaginare, con un atterraggio di emergenza, qualunque cosa ciò volesse significare e nel quale, in effetti, il particolare più trasparente di un qualche problema, fra tutti quelli, avrebbe avuto a doversi riconoscere nell’insolita inclinazione dell’intera struttura attorno a loro, di quella nave all’interno della quale, sino a quel momento, si erano ritrovati a essere sufficientemente stabili, su una superficie perfettamente orizzontale sotto ai propri piedi, e che, allora, avrebbe avuto altresì a doversi riconoscere in sgradevole pendenza e una pendenza che, unita già al necessario senso di disorientamento per loro lì imperante, non avrebbe contribuito in alcun modo a migliorare le cose.

« Maddie… » sussurrò il biondo, nel riportare allora il pensiero alla propria amata e nel porsi un necessario interrogativo nel merito del suo stato di salute « … devo andare a vedere che stia bene! » annunciò al fratello, invitandolo implicitamente, allora, ad accompagnarlo, e ad accompagnarlo al di fuori di quella porta e di quella porta che, allora, avrebbe avuto a doversi convincere ad aprirsi completamente, per permettere loro di uscire fuori di lì.
« Certo. » confermò quietamente Howe, non sollevando alcun dubbio nel merito dell’esigenza di ciò, e, anzi, ampliando la questione anche ai loro altri due amici e compagni di ventura « E sarà meglio cercare anche H’Anel e M’Eu: mi dispiacerebbe dover fare ritorno da Ma’Vret per comunicargli che abbiamo stolidamente perso i suoi figli dall’altra parte dell’universo… qualunque cosa ciò possa significare! »

Ma prima che i due uomini potessero raggiungere la porta, per tentare di attraversarla, una delicata mano femminile ebbe ad arrestarne l’incessante incedere ritmico, fermandola e iniziando a spingerla nella direzione utile ad aprirsi: una mano femminile contraddistinta, nella propria superficie, da un manto di sottili e vellutate scaglie in una miriade di variegate tonalità di verde, tale da rievocare nelle menti dei due, immediatamente, l’immagine di un serpente.

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