« …?! » esitò lo stesso, non soltanto non avendo possibilità di comprendere cosa stesse accadendo, e, soprattutto, perché stesse accadendo proprio in quel momento, ma anche, e persino, non avendo neppure possibilità di comprendere a chi, la “nuova” Rín, stesse allor rivolgendosi.
« Speravo di avere più tempo prima che tu mi raggiungessi…! » replicò prontamente la prima Rín a essere giunta a lui, storcendo le labbra con un gesto di disgusto verso l’altra se stessa « Non credi che questo sia un trucco un po’ puerile, secondo-fra-tre?! » domandò poi, appellandosi in direzione dell’altra se stessa, e definendola in ciò qual il vicario di Anmel Mal Toise con potere d’azione all’interno del tempo del sogno.
« Oltre a rubarmi l’identità, vuoi togliermi anche le parole di bocca…?! » protestò la seconda Rín, proponendo un disappunto non meno evidente nel confronto con quell’evidentemente inattesa presenza accanto a Be’Sihl « Ciao, Be’S. » salutò poi all’indirizzo dell’amico « Perdonami se arrivo soltanto ora… ma secondo-fra-tre non ha reso facile riuscire a trovarti! »
« …! »
Solo pochi momenti prima, quello avrebbe avuto a dover essere ricordato qual un giorno memorabile per Be’Sihl Ahvn-Qa.
Come non avrebbe potuto che esserlo al pensiero che suo figlio Be’Loome stava per convolare a nozze con la giovane da lui amata, per avere occasione di reiterare insieme a lei la vita perfetta che già era stata concessa a lui stesso e a sua moglie Deeh’Od…?
Eppure, in pochi attimi, pochi, fugaci istanti, tutto quello era stato spazzato violentemente via dall’arrivo in scena dell’ultima persona che mai egli avrebbe potuto immaginare di avere occasione di ritrovarsi innanzi. E, quasi come se quegli ultimi due decenni non fossero mai esistiti, eccolo nuovamente ripiombare in quell’incubo che per lui un tempo era stato quieta quotidianità, dovendosi confrontare con situazioni improbabili, con mostri disumani e, soprattutto, con il costante rischio di avere a perdere il senno.
Possibile che tutto ciò fosse vero…?!
Possibile che la sua vita, in quegli ultimi vent’anni, fosse stata veramente una sofisticata illusione? Che Deeh’Od non fosse Deeh’Od, che i suoi figli non esistessero, e che nulla di tutto quello fosse mai realmente accaduto…?!
No. Non poteva essere così.
Forse… forse, erano quelle due Rín a non esistere…?
Forse tutto quello non stava accadendo realmente. E, di lì a breve, egli avrebbe avuto a risvegliarsi all’alba delle nozze di suo figlio Be’Loome, accanto alla propria amata sposa, rimproverandosi per essere stato così stupido da aver creduto che qualcosa di così palesemente simile a un incubo potesse essere vero.
Sì. Doveva essere così.
Quello doveva essere soltanto un sogno, un incubo in effetti, magari in conseguenza a inconsce ansie a confronto con l’idea di quel matrimonio. Dopotutto, a differenza di Deeh’Od, lui aveva accolto sin da subito con naturalezza e spontaneità quell’evento. E, forse, ora, il suo inconscio stava pretendendo da lui un giusto tributo a confronto con la non vissuta emotività del momento.
« … devo svegliarmi… » sussurrò fra sé e sé, ora cercando di ignorare le due Rín, nell’aver deciso non avessero a doversi considerare reali e, in tal senso, non avendo a considerare ulteriormente necessario rivolgere loro attenzione di sorta.
Rín si rese immediatamente conto della confusione propria dell’amico. E non ebbe a essere felice per tutto ciò. Ma, d’altra parte, quanto stava accadendo era unicamente colpa di secondo-fra-tre, il quale, non pago per i danni già compiuti, era riuscito a comprendere la verità dei fatti dietro il proprio finto allontanamento da lui quando, dietro le mentite spoglie di Desmair, aveva provato a ingannarla per convincerla della morte di Be’Sihl… morte che, ovviamente, non poteva essere realmente occorsa, o ella non avrebbe avuto possibilità di ricordarsi di lui né, tantomeno, di meditare vendetta a suo riguardo.
Avrebbe avuto a dover rendere atto al proprio antagonista di essere riuscito, almeno inizialmente, a ingannarla: allo stesso modo in cui Be’Sihl era stato imprigionato in quella realtà artefatta, e in quella realtà all’interno della quale chissà quanti giorni, settimane o mesi doveva aver trascorso; ella era stata condotta a quell’improbabile momento di confronto con Desmair, e un improbabile momento di confronto al quale, pur, in primo luogo ella aveva creduto. Almeno fino a quando non era stato lo stesso Desmair o, per meglio dire, secondo-fra-tre, a tradirsi, concedendole occasione di ampliare i propri orizzonti all’interno del tempo del sogno e di superare a propria volta quella mera convenzione di una separazione fra mente, cuore, anima e corpo… separazione, entro quei confini, invero inesistente, per così come si era premurato lui stesso di farle scoprire.
Ovviamente non era stato facile trarlo in inganno: per non tradirsi, ella era stata costretta a credere realmente a tutto ciò che stava accadendo, ignorando l’evidenza di quanto pur aveva potuto constatare, obbligandosi a credere di star realmente confrontandosi con Desmair così come, di lì a breve, di star realmente assistendo a quel malinconico epilogo della vita di Be’Sihl. Nella sua mente, nel suo cuore e nel suo spirito, ella aveva realmente covato vendetta contro secondo-fra-tre, e si era realmente convinta a tornare da Maddie, per radunare tutto il clan prima di dichiarare guerra al vicario, allo scopo di punirlo per le proprie colpe. E soltanto all’ultimo ella si era riservata occasione di rammentarsi della nota realtà dei fatti, e di quella realtà a confronto con la quale, quindi, non avrebbe potuto andarsene di lì se non dopo aver recuperato Be’Sihl.
In effetti, ella aveva realmente sperato di avere più tempo per agire nel confronti del proprio amico. Ma secondo-fra-tre l’aveva anticipata, e aveva fatto propria una mossa decisamente arguta, nel proporsi, ora, nelle sue stesse vesti, al fine di precipitare Be’Sihl sull’orlo della follia. Un intento, il suo, che a quanto ella stava constatando, aveva avuto chiaramente successo, spingendo lo shar’tiagho a porre in dubbio quella realtà… ma non nei termini in cui ciò avrebbe dovuto accadere.
E per quanto, allora, ciò che avrebbe ella fatto difficilmente avrebbe potuto essere da lui perdonato, Nóirín Mont-d'Orb non riuscì a riconoscere altra possibilità se non quella.
« Perdonami amico mio… » sospirò quindi, costretta ad agire ancor prima di pensare, là dove, altrimenti, si sarebbe ritrovata troppo esposta a secondo-fra-tre.
Richiamando a sé un enorme cannone al plasma, un’arma simile a quelle che avrebbero potuto essere proprie di Midda e delle sue sorelle siderali, ma che, nella realtà, non avrebbe mai potuto avere a esistere, là dove obiettivamente impossibile da maneggiare nelle proprie dimensioni smisurate, ella ebbe allora ad aprire il fuoco verso secondo-fra-tre, certa di non avere a poterlo sconfiggere con qualcosa di così banale e, ciò non di meno, speranzosa quantomeno di riuscire a distrarlo.
E di distrarlo per il tempo utile a permetterle di balzare, subito dopo, in avanti, agguantare Be’Sihl e fare ritorno alla realtà, abbandonando la follia e tutti i pericoli propri del tempo del sogno.
Così fu… e in un fugace istante Rín e Be’Sihl ebbero a comparire, in un’esplosione di fuoco, dinnanzi a Maddie, al centro de “Alla signora della luce”.