11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

sabato 31 luglio 2021

3719


« Allontanati da lui, cane maledetto! » esclamò improvvisamente la voce di Rín, ma non provenendo dalla Rín già schierata innanzi a Be’Sihl, quanto e piuttosto, da un’altra Rín, e una Rín che ebbe a fare il proprio più che mai inatteso ingresso in scena, avanzando di gran carriera in direzione dello shar’tiagho.
« …?! » esitò lo stesso, non soltanto non avendo possibilità di comprendere cosa stesse accadendo, e, soprattutto, perché stesse accadendo proprio in quel momento, ma anche, e persino, non avendo neppure possibilità di comprendere a chi, la “nuova” Rín, stesse allor rivolgendosi.
« Speravo di avere più tempo prima che tu mi raggiungessi…! » replicò prontamente la prima Rín a essere giunta a lui, storcendo le labbra con un gesto di disgusto verso l’altra se stessa « Non credi che questo sia un trucco un po’ puerile, secondo-fra-tre?! » domandò poi, appellandosi in direzione dell’altra se stessa, e definendola in ciò qual il vicario di Anmel Mal Toise con potere d’azione all’interno del tempo del sogno.
« Oltre a rubarmi l’identità, vuoi togliermi anche le parole di bocca…?! » protestò la seconda Rín, proponendo un disappunto non meno evidente nel confronto con quell’evidentemente inattesa presenza accanto a Be’Sihl « Ciao, Be’S. » salutò poi all’indirizzo dell’amico « Perdonami se arrivo soltanto ora… ma secondo-fra-tre non ha reso facile riuscire a trovarti! »
« …! »

Solo pochi momenti prima, quello avrebbe avuto a dover essere ricordato qual un giorno memorabile per Be’Sihl Ahvn-Qa.
Come non avrebbe potuto che esserlo al pensiero che suo figlio Be’Loome stava per convolare a nozze con la giovane da lui amata, per avere occasione di reiterare insieme a lei la vita perfetta che già era stata concessa a lui stesso e a sua moglie Deeh’Od…?
Eppure, in pochi attimi, pochi, fugaci istanti, tutto quello era stato spazzato violentemente via dall’arrivo in scena dell’ultima persona che mai egli avrebbe potuto immaginare di avere occasione di ritrovarsi innanzi. E, quasi come se quegli ultimi due decenni non fossero mai esistiti, eccolo nuovamente ripiombare in quell’incubo che per lui un tempo era stato quieta quotidianità, dovendosi confrontare con situazioni improbabili, con mostri disumani e, soprattutto, con il costante rischio di avere a perdere il senno.
Possibile che tutto ciò fosse vero…?!
Possibile che la sua vita, in quegli ultimi vent’anni, fosse stata veramente una sofisticata illusione? Che Deeh’Od non fosse Deeh’Od, che i suoi figli non esistessero, e che nulla di tutto quello fosse mai realmente accaduto…?!
No. Non poteva essere così.
Forse… forse, erano quelle due Rín a non esistere…?
Forse tutto quello non stava accadendo realmente. E, di lì a breve, egli avrebbe avuto a risvegliarsi all’alba delle nozze di suo figlio Be’Loome, accanto alla propria amata sposa, rimproverandosi per essere stato così stupido da aver creduto che qualcosa di così palesemente simile a un incubo potesse essere vero.
Sì. Doveva essere così.
Quello doveva essere soltanto un sogno, un incubo in effetti, magari in conseguenza a inconsce ansie a confronto con l’idea di quel matrimonio. Dopotutto, a differenza di Deeh’Od, lui aveva accolto sin da subito con naturalezza e spontaneità quell’evento. E, forse, ora, il suo inconscio stava pretendendo da lui un giusto tributo a confronto con la non vissuta emotività del momento.

« … devo svegliarmi… » sussurrò fra sé e sé, ora cercando di ignorare le due Rín, nell’aver deciso non avessero a doversi considerare reali e, in tal senso, non avendo a considerare ulteriormente necessario rivolgere loro attenzione di sorta.

Rín si rese immediatamente conto della confusione propria dell’amico. E non ebbe a essere felice per tutto ciò. Ma, d’altra parte, quanto stava accadendo era unicamente colpa di secondo-fra-tre, il quale, non pago per i danni già compiuti, era riuscito a comprendere la verità dei fatti dietro il proprio finto allontanamento da lui quando, dietro le mentite spoglie di Desmair, aveva provato a ingannarla per convincerla della morte di Be’Sihl… morte che, ovviamente, non poteva essere realmente occorsa, o ella non avrebbe avuto possibilità di ricordarsi di lui né, tantomeno, di meditare vendetta a suo riguardo.
Avrebbe avuto a dover rendere atto al proprio antagonista di essere riuscito, almeno inizialmente, a ingannarla: allo stesso modo in cui Be’Sihl era stato imprigionato in quella realtà artefatta, e in quella realtà all’interno della quale chissà quanti giorni, settimane o mesi doveva aver trascorso; ella era stata condotta a quell’improbabile momento di confronto con Desmair, e un improbabile momento di confronto al quale, pur, in primo luogo ella aveva creduto. Almeno fino a quando non era stato lo stesso Desmair o, per meglio dire, secondo-fra-tre, a tradirsi, concedendole occasione di ampliare i propri orizzonti all’interno del tempo del sogno e di superare a propria volta quella mera convenzione di una separazione fra mente, cuore, anima e corpo… separazione, entro quei confini, invero inesistente, per così come si era premurato lui stesso di farle scoprire.
Ovviamente non era stato facile trarlo in inganno: per non tradirsi, ella era stata costretta a credere realmente a tutto ciò che stava accadendo, ignorando l’evidenza di quanto pur aveva potuto constatare, obbligandosi a credere di star realmente confrontandosi con Desmair così come, di lì a breve, di star realmente assistendo a quel malinconico epilogo della vita di Be’Sihl. Nella sua mente, nel suo cuore e nel suo spirito, ella aveva realmente covato vendetta contro secondo-fra-tre, e si era realmente convinta a tornare da Maddie, per radunare tutto il clan prima di dichiarare guerra al vicario, allo scopo di punirlo per le proprie colpe. E soltanto all’ultimo ella si era riservata occasione di rammentarsi della nota realtà dei fatti, e di quella realtà a confronto con la quale, quindi, non avrebbe potuto andarsene di lì se non dopo aver recuperato Be’Sihl.
In effetti, ella aveva realmente sperato di avere più tempo per agire nel confronti del proprio amico. Ma secondo-fra-tre l’aveva anticipata, e aveva fatto propria una mossa decisamente arguta, nel proporsi, ora, nelle sue stesse vesti, al fine di precipitare Be’Sihl sull’orlo della follia. Un intento, il suo, che a quanto ella stava constatando, aveva avuto chiaramente successo, spingendo lo shar’tiagho a porre in dubbio quella realtà… ma non nei termini in cui ciò avrebbe dovuto accadere.
E per quanto, allora, ciò che avrebbe ella fatto difficilmente avrebbe potuto essere da lui perdonato, Nóirín Mont-d'Orb non riuscì a riconoscere altra possibilità se non quella.

« Perdonami amico mio… » sospirò quindi, costretta ad agire ancor prima di pensare, là dove, altrimenti, si sarebbe ritrovata troppo esposta a secondo-fra-tre.

Richiamando a sé un enorme cannone al plasma, un’arma simile a quelle che avrebbero potuto essere proprie di Midda e delle sue sorelle siderali, ma che, nella realtà, non avrebbe mai potuto avere a esistere, là dove obiettivamente impossibile da maneggiare nelle proprie dimensioni smisurate, ella ebbe allora ad aprire il fuoco verso secondo-fra-tre, certa di non avere a poterlo sconfiggere con qualcosa di così banale e, ciò non di meno, speranzosa quantomeno di riuscire a distrarlo.
E di distrarlo per il tempo utile a permetterle di balzare, subito dopo, in avanti, agguantare Be’Sihl e fare ritorno alla realtà, abbandonando la follia e tutti i pericoli propri del tempo del sogno.

Così fu… e in un fugace istante Rín e Be’Sihl ebbero a comparire, in un’esplosione di fuoco, dinnanzi a Maddie, al centro de “Alla signora della luce”.

venerdì 30 luglio 2021

3718

 

« Chi sei...? » domandò allora, ben conoscendo quegli occhi ma, proprio malgrado, non avendo possibilità di associarli in maniera univoca alla propria proprietaria, là dove, in effetti, egli conosceva almeno sei persone dotate di quel medesimo sguardo, nel contare Midda e Nissa, Maddie e Rín, e, addirittura, Mera Ronae e Namile, le due figlie di Nissa.

Al di là, infatti, del disorientamento iniziale, conseguente all’udire quella voce, egli non avrebbe potuto essere certo dell’identità della figura che gli stava di fronte, benché, in verità, indossasse gli stessi abiti indossati da Nóirín Mont-d'Orb in occasione della loro ultima avventura insieme. Ma da quell’avventura, per lui, erano passati ben vent’anni... e vent’anni pieni di nuovi ricordi, di nuove avventure, in una nuova realtà tutta da scoprire, da esplorare, tale per cui, obiettivamente, difficile sarebbe stato poter riassociare quell’immagine alla sua proprietaria.
Ciò di cui egli era certo, comunque, nell’assenza della cicatrice in corrispondenza al di lei occhio mancino e nella presenza del di lei braccio destro, nonché nell’assenza dei tatuaggi volti a ben definire la sua origine tranitha e il suo passato da marinaio, avrebbe avuto a dover essere considerato chi ella improbabilmente avrebbe potuto essere: Midda Bontor.

« Nóirín Mont-d'Orb... Rín... » si presentò ella, con un quieto sorriso verso di lui « Non ho idea di quanto tempo sia passato dall’ultima volta che mi hai visto... ma sono proprio io. » specificò, necessariamente incerta a tal riguardo, benché, in effetti, egli avesse ad apparire addirittura più giovane di quanto non lo ricordasse essere « Purtroppo nel tempo del sogno anche il concetto di tempo, come quello di spazio, sono tutt’altro che assoluti. E secondo-fra-tre ne potrebbe aver approfittato per cercare di... »
« Aspetta... aspetta! » la fermò egli, levando le mani innanzi a sé, necessariamente confuso a confronto con quelle parole « Che cosa stai dicendo...?! Questo non è il tempo del sogno...! »

Midda Bontor era rimasta intrappolata per mesi all’interno della sua mente per colpa di Desmair. Mesi che, dal punto di vista della medesima erano stati addirittura anni. E anni nel corso dei quali ella aveva dovuto rinunciare a credere che tutto ciò che aveva sempre considerato realtà fosse effettivamente tale, salvo poi ritrovarsi a confronto con Be’Sihl... ed essere da lui condotta a maturare la consapevolezza dell’inganno nel quale era stata violentemente precipitata dal proprio sposo.
Questo egli lo ricordava perfettamente. Anche perché in più di un’occasione, soprattutto nei primi tempi di quella propria nuova vita, si era posto necessariamente il dubbio nel merito di quanto stesse allor affrontando, nell’eventualità che anche tutto ciò potesse essere nulla di più e nulla di meno rispetto a un elaborato inganno. Tuttavia, alla fine, Be’Sihl era stato costretto ad accettare la verità dei fatti, e la verità dei fatti di non essere più all’interno del tempo del sogno, là dove, proprio malgrado, non avrebbe potuto vantare la benché minima opportunità di controllo su quella realtà.
Il ritrovarsi, pertanto, a confronto con l’immagine di Rín che, a distanza di vent’anni e più, si stava lì riservando occasione utile a ricomparire nella sua vita, non avrebbe potuto evitare di sconvolgerlo. E sconvolgerlo nel proiettarlo violentemente a confronto con la prospettiva che nulla di tutto quello che aveva lì costruito, emotivamente, spiritualmente e fisicamente, potesse essere vero. E, peggio ancora, che neppure i suoi tre figli lo fossero...

... no.

Non avrebbe potuto essere così. Quella doveva essere la realtà.
Per forza di cose, quella doveva essere la realtà.

« Invec... » tentò di replicare la sua interlocutrice, salvo ritrovarsi a essere interrotta sul nascere dallo stesso shar’tiagho, tutt’altro che pronto a confrontarsi con qualunque argomentazione ella avrebbe potuto riservare qual propria.
« Prima che tu possa parlare, devi sapere che sono passati più di due decenni da quando mi sono risvegliato in questo mondo. » la anticipò, a chiarire le condizioni a contorno « E, credimi, non è stato facile per me accettare che questa fosse la realtà. A lungo... a lungo ho provato a trasportarmi via da qui, o quantomeno a manipolare il mondo a me circostante, per ritrovare conferma del fatto di essere ancora nel tempo del sogno. Ma non vi è stato mai successo... né in un senso, né nell’altro. Questo senza trascurare il fatto che quasi mi sono ammazzato cadendo dalle scale, e che nessuna nanotecnologia è intervenuta a rimettermi in sesto, per così come avrebbe dovuto accadere se questo fosse il mio corpo originale. E così, alla fine, non ho potuto fare altro che accettare che questa sia la realtà. » continuò a spiegare, parlando quasi senza respirare, in uno stato di crescente ansia e nella necessità di convincersi di non aver sbagliato ad agire per così come aveva agito « Una realtà diversa da quella in cui sono vissuto... e ciò non di meno la realtà. E una realtà in cui mi sono ritrovato costretto a vivere e, soprattutto, a reimparare a vivere, reinventando me stesso in un modo completamente diverso da tutto ciò che sono sempre stato. »
« ... vent’anni...?! » sussurrò l’altra, sgranando gli occhi a confronto con quel dato, e quel dato semplicemente sconvolgente, pur nell’ottica propria del tempo del sogno.
« E ora, nel giorno del matrimonio di mio figlio, tu compari all’improvviso per dirmi che nulla di tutto questo è vero...?! » protestò egli, scuotendo il capo, a rifiutare perentoriamente ogni possibile argomentazione a tal riguardo « No. Non è così che può funzionare... » insistette, storcendo le labbra « ... non è così che deve essere... »

Che quella realtà avesse qualcosa di strano, in fondo, Be’Sihl Ahvn-Qa lo aveva sempre saputo. Lo aveva capito sin da subito.
Perché, pur ammettendo che Deeh’Od potesse essersi salvata, nulla nel corso di quegli ultimi due decenni era mai andato storto, nulla era mai stato meno che perfetto, per così come neppure in un sogno avrebbe potuto essere. Troppo bello per essere vero...
Eppure... eppure per lui quegli ultimi due decenni erano stati reali. Aveva vissuto realmente quella vita. Aveva realmente amato Deeh’Od, aveva realmente amato i suoi tre bambini, vedendoli venire al mondo, vedendoli crescere, diventare grandi e, ora, addirittura, ritrovandosi pronto a celebrare il matrimonio del primo dei tre. E tutto ciò che aveva vissuto non poteva essere ignorato, non poteva essere banalizzato qual una mera illusione.
No...
... non era giusto.

« Be’Sihl… io… » esitò Rín, non sapendo obiettivamente in che termini avere a confrontarsi con tutto ciò, e con qualcosa che, obiettivamente, non aveva previsto né avrebbe mai potuto avere a prevedere, una quieta resilienza da parte sua a confronto con la verità e con una verità che pur, egli stesso, non avrebbe potuto ignorare di conoscere.

Prima che, tuttavia, il discorso potesse trovare una qualche possibilità di evolvere, in un verso o nell’altro, qualcosa di sconvolgente avvenne. E nella propria stessa occorrenza ebbe ancor più a minare ogni senso di razionalità attorno a tutto ciò.

giovedì 29 luglio 2021

3717

 

Inutile negarlo: all’alba del matrimonio di suo figlio, del suo primogenito, Be’Sihl Ahvn-Qa si ritrovò a essere travolto da un carico di emozioni persino superiore a quello che avrebbe potuto vantare di aver vissuto in occasione del proprio.
Perché se all’epoca del proprio matrimonio, la sua mente era stata distratta da ogni esitazione, da ogni dubbio, da ogni timore in relazione a Midda Bontor e alla correttezza del suo agire così facendo; a confronto con l’idea del matrimonio di Be’Loome egli non avrebbe potuto riservarsi alcuna occasione di distrazione esterna, tale da impedirgli di vivere al pieno quel momento, e di viverlo nella consapevolezza che quel fagottino che un tempo era stato capace di sorreggere con una sola mano, ormai avrebbe avuto a doversi riconoscere un uomo fatto e finito, e un uomo che in quel giorno si sarebbe sposato e, forse, di lì a un anno avrebbe potuto anche diventare a sua volta padre... facendo di lui un nonno.

... nonno Be’S...

Contando tutte le primavere che ricordava di aver vissuto sino a quel momento, e non le quaranta scarse proprie del suo attuale corpo, Be’Sihl avrebbe potuto vantare più di settant’anni: un’età persino superiore a quella che, attualmente, contraddistingueva suo padre, e un’età nella quale, quindi, ritrovarsi a essere nonno non avrebbe avuto a doverlo sorprendere minimamente. Ciò non di meno, e benché ormai lo fosse da quasi vent’anni, egli ancora a stento era in grado di riconoscersi come padre... ragione per la quale identificarsi come nonno non avrebbe potuto che disorientarlo e, forse, persino spaventarlo, a confronto con la quieta consapevolezza di quanto, ormai, nulla avrebbe più potuto turbare quella sua felice esistenza.
Non che egli, ovviamente, desiderasse perdere ciò che aveva. Non che egli, ancora, avrebbe potuto essere meno che grato agli dei per tutto quello che avevano deciso di concedergli. Ciò non di meno, e a distanza di tanto tempo, egli non aveva ancora avuto occasione di comprendere perché fosse accaduto tutto ciò. E una parte di lui, una parte chiaramente sciocca e autolesionista, continuava a temere l’eventualità del momento in cui tutto ciò sarebbe finito, avendosi a trasformare in un orrendo incubo.
Inspirando profondamente aria nei propri polmoni e, successivamente, espirandola, però, egli non avrebbe potuto mancare di ritrovare la propria serenità, razionalizzando tutto ciò come semplice ansia, e quell’ansia che pur, a differenza di Deeh’Od, non si era mai realmente concesso di vivere all’idea che il proprio primogenito fosse ormai diventato un uomo.

« Ehi... » lo richiamò la voce della sua sposa, cogliendolo alle spalle nel mentre in cui egli, osservando l’orizzonte innanzi al balcone della loro camera da letto, sembrava attendere il sorgere del sole, smarrito nei propri pensieri « ... che ci fai qui fuori...?! » gli domandò, abbracciandolo dolcemente da dietro e appoggiando le proprie labbra la centro della sua schiena nuda, in un bacio carico di dolcezza « Credevo che fossimo d’accordo con il fatto che oggi ci saremmo concentrati soltanto sul matrimonio, lasciando perdere ogni altra faccenda. » nel coglierlo lì fuori, infatti, ella non aveva potuto che equivocare il senso di tutto ciò, interpretandolo qual la frenesia propria di chi abituato a svegliarsi prima dell’alba per iniziare di buon ora a lavorare « Dai... torniamo a letto. »
« Stavo soltanto assaporando questi ultimi momenti. » sorrise egli, quasi con malinconia.
« Ultimi momenti...?! » ripeté ella senza capire, ma spostandosi un po’ preoccupata accanto a lui, per poterlo ora osservare in volto « ... perché dici così?! »
« No no. Non fraintendermi. » scosse il capo Be’Sihl, riconoscendo un pessimo abbinamento di parole per descrivere quella situazione « E’ che, dopo oggi, Be’Loome smetterà di essere il nostro bambino... e, forse, non mi ero concesso l’occasione di riflettere adeguatamente su tutto ciò prima d’ora. »
« E’ chiaro. » annuì ella, rasserenata a confronto con quelle parole « Nel momento in cui finalmente io accetto la cosa, tu decidi di iniziare ad avere dubbi a tal riguardo... » ridacchiò, aggrottando appena la fronte e tornando ad abbracciarlo « Hai sempre questo vizio di arrivare tardi alla consapevolezza delle cose. » lo stuzzicò giocosamente ella, ironizzando su quell’apparente inversione di ruoli fra loro.
« Già! » confermò egli, alzando il proprio mancino solo per avere a ricambiare l’abbraccio di lei, stringendola con dolcezza al proprio corpo e restando ancora a contemplare il paesaggio innanzi a loro, nel mentre in cui i primi bagliori del nuovo giorno, finalmente, si mostravano all’orizzonte.

Ovviamente, e a dispetto di quanto suggerito dalla sposa, Be’Sihl non ebbe a tornare a letto. E, in effetti, neppure la stessa Deeh’Od, la quale, in fondo, avrebbe avuto a doversi riconoscere non meno abituata rispetto al marito ad anticipare il nuovo sole per dedicarsi, quotidianamente, a tutti i lavori necessari a compiersi. Così, nell’essere entrambi svegli, e nell’avere necessità, comunque, di assicurarsi che tutto potesse essere pronto per ospitare la grande festa che avrebbe fatto seguito alla celebrazione nuziale, i due capifamiglia ebbero a rivestirsi e a iniziare quella nuova, speciale giornata secondo gli orari consueti, seppur non secondo le consuete faccende.
E tre ore più tardi, quando ormai tutto era stato predisposto e verificato, nonché riverificato, almeno un paio di volte, non poterono fare altro che avere a prepararsi effettivamente alla cerimonia, salire sul proprio carro insieme a Be’Rishil e Ras’Nihca, ed avviarsi alla volta del tempio ove sarebbe stato celebrato il rito. Un rito che, per la cronaca, non sarebbe stato certamente più breve del loro, avendo a prevedere, in effetti, addirittura due divinità in più rispetto a quelle che avevano benedetto la loro unione, benché tanto Be’Loome, quanto Reh’ashja si sarebbero ben volentieri accontentati di qualcosa di decisamente più modesto.

« Be’Sihl...?! »

E fu nel mentre in cui egli attendeva in corrispondenza dell’ingresso esterno del tempio l’arrivo dei suoi genitori, di suo fratello Be’Dorth e di tutti i suoi altri fratelli e sorelle, nonché relativi genitori e parenti assortiti, che una voce ebbe a costringere il suo cuore a perdere un battito o due, sorprendendolo come neppure l’apparizione dell’intero pantheon dei propri amati dei avrebbe mai potuto riservarsi occasione di fare.
Perché erano obiettivamente passati più di due decenni dall’ultima volta che aveva avuto occasione di ascoltare quella voce. E, soprattutto, non avrebbe mai potuto attendersi di avere nuovamente possibilità di ascoltarla. Benché, non per questo, avrebbe potuto dimenticarla.
Una voce che, in un sol istante, sembrò in grado di strapparlo dal proprio presente, dalla propria vita attuale, e da tutto ciò che egli conosceva e riconosceva come vita, per precipitarlo nel proprio passato, e in quel passato mai dimenticato ma al quale, necessariamente, aveva dovuto rinunciare a confronto con l’evidenza del presente, e di un presente che non avrebbe potuto permettergli occasione per tornare indietro.
Una voce che egli aveva imparato ad amare. Che egli amava. E che, malgrado tutto, non aveva mai smesso di amare, malgrado quegli ultimi vent’anni e tutto il più sincero sentimento da lui provato nei riguardi di Deeh’Od Eehl-Ei e dei loro, meravigliosi figli.
La voce di...

« ... Midda...?! »

Un gemito, il suo, che, soffocato dalle emozioni, non riuscì a lasciare il limite proprio delle sue labbra, risuonando in ciò pressoché incomprensibile per chiunque, inclusa la figura alle sue spalle, verso la quale egli ebbe allora prontamente a voltarsi per incontrare quei due occhi color ghiaccio che tanto bene conosceva.

mercoledì 28 luglio 2021

3716

 

Secondo-fra-tre era rimasto sinceramente incuriosito dalla figura di Nóirín Mont-d'Orb.
La prima volta che quella donna era giunta nel tempo del sogno, richiamata in maniera più o meno involontaria dalla propria gemella Madailéin, suo originale obiettivo insieme a Midda Bontor, ella si era presentata come una figura estremamente debole, fragile addirittura, candidata potenziale al ruolo di prima vittima di quella trappola letale.
Ciò nonostante, e sin da allora, ella era stata la prima a dimostrare di essere in grado di comprendere le regole proprie di quella realtà primigenia, riuscendo addirittura a trovare il modo di impiegarle a proprio esclusivo vantaggio per così come nessuno, da eoni, si era più dimostrato capace di fare, nella sola e ovvia eccezione della Portatrice di Luce e dell’Oscura Mietitrice. Eppure ella non era né l’una né l’altra. E pur non essendo né l’una né l’altra, era stata non soltanto  in grado di sopravvivere, contro ogni aspettativa, ma, addirittura, di rafforzarsi, di guidare i propri compagni alla salvezza e, soprattutto, di uscirne persino rigenerata nel corpo, e in quel corpo prima infermo.
Non paga da tale risultato, e da tale, pur ammirevole, risultato, ella era stata in grado di trovare un modo per fare ritorno al tempo del sogno, e di farvi ritorno non soltanto un’altra volta, ma in maniera quasi regolare, sfruttando quella dimensione come punto di transito per accedere a qualunque tempo e luogo all’interno dell’intero multiverso, per così come nessuno, prima di lei, aveva neppure mai immaginato di poter fare. E sorprendente, in tutto ciò, non avrebbe avuto a dover essere semplicemente considerato il suo potere, e quel potere sorto dal nulla, quanto e piuttosto il suo intelletto, e quell’intelletto capace di scendere a patti, in maniera assolutamente naturale, con questioni ipoteticamente al di fuori della sua portata, e di ogni speranza di comprensione per lei e per chiunque altro.
La permanenza di quella donna nel tempo del sogno, tuttavia, era sempre troppo fugace per potergli concedere occasione di agire nei suoi confronti, di interagire con lei, motivo per il quale, sino a quel momento, non ne aveva avuto la possibilità. Ciò non di meno, l’arrivo di lei e di Be’Sihl alla ricerca di una scomparsa Midda Bontor, aveva rappresentato per lui l’occasione perfetta di agire, e di agire per cercare un contatto diretto con lei.
Così egli l’aveva isolata da Be’Sihl, verso il quale inizialmente non aveva alcun particolare interesse, e si era riservato occasione di interazione attraverso le mentite spoglie di Desmair, figura ideale da interpretare nella propria innata ambiguità, nonché nell’attuale estraneità nei confronti suoi e del resto del suo gruppo. E se da un lato, pur, egli non aveva mancato di trovare conferma, in tutto ciò, di qualcosa simile a un vivace intelletto da parte sua, parimenti aveva anche avuto modo di comprendere quanto, probabilmente, tutto ciò avesse a doversi intendere più fortuna che merito, nella di lei più completa incapacità a rendersi conto della realtà delle cose per quanto, in maniera obiettivamente rischiosa, le avesse fornito tutti gli strumenti utili a tal scopo.
Se ella fosse stata effettivamente la donna che egli aveva temuto potesse essere, in fondo, non avrebbe soprasseduto sull’incoerenza della morte di Be’Sihl rispetto alle regole proprie del tempo del sogno, così come, ancor prima, non avrebbe neppure avuto a credere realmente alla sua messinscena, nel dover constatare la verità delle cose al di là di ogni maschera: purtroppo ella, legata ai propri umani limiti, non era stata in grado di comprendere la vera essenza del tutto neppure ove posta innanzi a una chiara indicazione in tal senso, e aveva continuato a considerare mente, cuore, anima e corpo quali elementi distinti, separati, in termini tali non soltanto da cascare pienamente nel suo inganno ma, anche, da riservarsi occasioni di intima riflessione non comprendendo quanto nulla di ciò a cui ella avrebbe potuto pensare sarebbe stato effettivamente un mistero per lui. E dire che, per l’appunto, egli si era anche arrischiato a porla innanzi all’evidenza di ciò. In un azzardo comunque calcolato, e necessario per avere a comprendere in quale direzione fosse meglio avere ad agire nei di lei riguardi.
A confronto, tuttavia, con la delusione derivante dalla palese incapacità, da parte sua, di gestire tutto ciò, egli non aveva potuto fare altro che rimodulare il proprio scopo, il proprio interesse, e rivolgerlo a riprendere i primi ordini della propria padrona, e quei primi ordini, dopotutto, mai revocati: distruggere Midda e Maddie, e con loro chiunque avesse ad affiancarle. Motivo per il quale aveva creato quell’ennesima messinscena, e quella messinscena con la previsione della futura morte di Be’Sihl Ahvn-Qa, e quel fato al quale, comunque, presto sarebbe sopraggiunto, continuando a vivere inconsapevole la propria esistenza in quel costrutto di realtà creato al solo scopo di escluderlo dai giochi.

« Anche se, forse, una parte di me è persino delusa da tutto ciò... » riprese, storcendo appena le labbra, in una smorfia di disappunto « Come è possibile che il mio corrispettivo al servizio di Midda Bontor possa aver legato tanto con lei al punto di tollerare quell’assurdo nomignolo da lei affibbiatogli...? »

La delusione, in effetti, avrebbe avuto a dover essere riconosciuta, a tal riguardo, più per il comportamento tenuto dall’altro secondo-fra-tre, da Bob, ancor prima che da Nóirín o da chiunque altro. Perché pur comprendendo che il suo corrispettivo si era ritrovato, proprio malgrado, a essere ora legato a Midda Bontor, e, di conseguenza, alla sua insopportabile visione della realtà; il pensiero della complicità da questi dimostrata con quella donna non avrebbe potuto avere possibilità di giustificazione alcuna innanzi all’evidenza dell’assoluta banalità propria di quella figura, e di quella figura che nulla di più e nulla di meno avrebbe potuto vantare rispetto a un qualunque altro, inutile, essere umano...

« ... »


Già pronto a considerare, in tal modo, conclusa la questione o, quantomeno, conclusa per il momento la questione, nel doversi limitare ad attendere il momento in cui ella avrebbe fatto ritorno accompagnata da tutti coloro che si era ripromessa di avere lì a condurre soltanto per dichiarargli guerra; qualcosa ebbe a pretendere la sua attenzione. E nel pretendere la sua attenzione, ebbe a zittirlo, anche nel mentre di quel dialogo con se stesso.
Un silenzio che forse ebbe a durare una frazione di secondo, o forse un’intera eternità, concetti comunque fondamentalmente equivalenti in quella realtà priva di un qualche effettivo concetto di tempo, al termine del quale egli ebbe a ritrovarsi a esprimere un’emozione a confronto con la quale non avrebbe potuto avere a considerarsi abituato, nello sgranare gli occhi qual evidenza di sorpresa, e di intima e sincera sorpresa a confronto con qualcosa di inatteso, di imprevisto, di estraneo al proprio controllo.
Qualcosa che non avrebbe potuto essere frainteso, in ciò, qual normale, là dove nulla, abitualmente, avrebbe avuto a potersi intendere estraneo al proprio controllo, soprattutto all’interno di quella dimensione primigenia.

« ... non è possibile... » esitò, incerto di quanto pur stava percependo, e di quanto allora non avrebbe potuto razionalmente accettare per vero, non, soprattutto, al termine di quel monologo dispregiativo a discapito di Nóirín Mont-d'Orb.

Ma definire tutto ciò qual non possibile non avrebbe avuto a renderlo effettivamente tale. Motivo per cui, alla fine, egli dovette arrendersi all’evidenza di non aver sbagliato nel temerla, ma di aver sbagliato nell’aver creduto di averla sopravvalutata...

« ... è riuscita a ingannarmi! »

martedì 27 luglio 2021

3715

 

« Per quanto comprenda le tue ragioni, egoisticamente non posso negare che mi dispiaccia che tu te ne vada... » dichiarò Desmair, dopo che, insieme a Rín, ebbe a fare ritorno a quella propria inquietante sala del trono, chiudendo alle proprie spalle la porta dischiusa sulla triste sorte di Be’Sihl.
« Non vi è per me senso alcuno di restare ulteriormente qui. » sottolineò ella, scuotendo il capo con mesta rassegnazione « Lo hai detto anche tu, dopotutto: secondo-fra-tre può raggiungermi in qualunque momento, e senza il potere della regina Anmel... anzi, della regina Midda, tentare di affrontarlo sarebbe soltanto un suicidio. » argomentò, dimostrando di non aver rinunciato del tutto al proprio raziocinio « Meglio che abbia a fare ritorno alla sua dimensione, nella speranza che qualcuna fra le altre coppie sia riuscita a trovarla. E, a quel punto, dopo esserci ricompattati, potremo fare ritorno in massa nel tempo del sogno, ed esigere la giusta vendetta per la morte del nostro amico. »
« Come ho appena detto, comprendo le tue ragioni... » si ripeté il semidio, aggrottando appena la fronte innanzi a quell’inutile spiegazione di quanto pur obiettivamente retorico « Ciò non di meno, non mi capita sovente occasione di interloquire con un intelletto pur vagamente adeguato alle mie necessità, e, in questo, non può che dispiacermi avere a separarmi da te. »
« Avremo altre occasioni per chiacchierare, Desmair. » minimizzò la donna dagli occhi color del ghiaccio e dai capelli color del fuoco « Soprattutto dopo che secondo-fra-tre sarà stato distrutto, quando nel tempo del sogno potrà finalmente tornare a regnare la pace. »

In effetti, sin dalla prima volta che Nóirín era stata trascinata lì, insieme a sua sorella Madailéin, a Midda, e ad altri membri sparsi del loro clan, il tempo del sogno aveva avuto a rappresentare sempre una terrificante minaccia allorché quel luogo di meraviglia e di pace che, in effetti, avrebbe avuto a essere. E ciò era da sempre stato per colpa di secondo-fra-tre, e di quel secondo-fra-tre al servizio della regina Anmel Mal Toise per dare la caccia alla quale Maddie aveva iniziato a viaggiare attraverso il multiverso. E ora, proverbiale goccia utile a far tracimare il vaso, secondo-fra-tre aveva ucciso Be’Sihl, macchiandosi di un crimine che non avrebbe potuto restare impunito.

« Porta i miei saluti, e le mie condoglianze, a quell’infedele della mia sposa... » ebbe allora a concludere il semidio, accettando la posizione di Rín e tagliando corto ogni discussione con lei, nell’incamminarsi nuovamente verso il proprio trono.
« Non sono certa che potranno essere apprezzati. Ma riferirò. » annuì ella, iniziando a concentrarsi per richiamare a sé il proprio potere, e il potere allor necessario per fare ritorno a casa o, per la precisione, dalla propria gemella, in virtù del loro peculiare legame, lì adoperato come mirabile faro attraverso le caotiche nebbie del multiverso.

Nel mentre in cui Desmair giunse finalmente a sedersi, materializzando un nuovo calice nella propria destra, il corpo della donna iniziò a essere avvolto da pura energia, e un’energia apparentemente simile a un fuoco, e a un fuoco divampato dal nulla, o forse da lei stessa, l’intensità e la luminosità del quale ebbe a crescere rapidamente, annichilendo l’oscurità prima lì imperante e proiettando un’accecante luce su tutto ciò che la circondava, sì dirompente da veder costretto anche lo stesso semidio a sollevare la mancina innanzi al proprio volto, per proteggersi gli occhi da tutto ciò.
E nel giro di un istante, là dove pocanzi era Rín, nulla era più rimasto, lasciando solo il figlio di Anmel Mal Toise e del dio Kah.

« ... »

Tornate le tenebre a imperare su quell’ambiente, Desmair poté abbassare la propria mancina contemplando il vuoto innanzi a sé.
E dopo un attimo di quieta immobilità, egli scosse il proprio capo, lasciando comparire un sorriso a metà fra il divertito e il rasserenato sul proprio volto...

« ... mi ero preoccupato per nulla. » commentò, in un dialogo con se stesso « L’avevo chiaramente sopravvalutata, ma, alla fine, è soltanto una sciocca mortale come altri. »

A margine di quelle parole, di quell’affermazione contraddistinta da evidente soddisfazione, le grandi corna furono le prime a perdere nitidezza, quasi l’immagine delle medesime stesse andando fuori fuoco. E, subito dopo, il medesimo effetto ebbe a coinvolgere anche le sue nerborute braccia, e le sue gambe, partendo dalle estremità, incluso il calice appena materializzato e sorretto nella sua destra.

« Certo: è notevole che abbia appreso come viaggiare attraverso il multiverso. E abbia stretto alleanza con quel disgraziato del mio corrispettivo al servizio di quella Midda Bontor... » ammise, aggrottando appena la fronte « ... ma ciò non ha a dover essere chiaramente frainteso qual nulla di più di quello che, chiaramente, è: mera fortuna del principiante. »

Sfumati i contorni delle sue corna e delle sue estremità, tali appendici iniziarono a perdere di consistenza solida, letteralmente evaporando, nel tradursi in una sorta di nebbia, e di inquietante nebbia che, allorché disperdersi, iniziò a ricompattarsi attorno alla sua immagine. E nel mentre di ciò, anche i suoi connotati iniziarono a mutare, abbandonando le sembianze proprie di Desmair per ricondursi a una sorta di volto umano, seppur stranamente indistinto e indistinguibile, tanto nella propria età, quanto nel proprio stesso genere, contraddistinto da evidente androginia nelle proprie forme.

« Anche se, in effetti, mi ha dato un suggerimento interessante a cui, francamente, non avevo mai pensato: offrire alle mie vittime esattamente quanto avrebbero potuto avere ad attendersi di trovare, senza sforzarmi più di tanto di sviluppare scenari alternativi a partire dai loro ricordi passati. » evidenziò, riconoscendole nuovamente il merito di quell’idea, e di quell’idea assolutamente apprezzabile da parte propria « Avessi avuto io questa intuizione, mi sarei risparmiato la fatica di doverli dividere e di convincerli, offrendo loro esattamente quello che stavano cercando. »

Quando quella trasformazione ebbe a concludersi, di Desmair non rimase più nulla. E là dove, pochi istanti prima, era l’enorme e muscoloso corpo del semidio figlio di Kah e di Anmel, allora si stagliava soltanto l’inquietante immagine di un busto privo di gambe o di mani, privo di età e di genere, e privo di un qualche reale aspetto...
... l’immagine di secondo-fra-tre, vicario dell’Oscura Mietitrice.

« Poco male. » concluse, scuotendo il capo con aria serena « Vorrà dire che, quando tornerà per esigere vendetta, accompagnata da tutti i suoi compagni, mi premurerò di agire proprio in tal direzione, per intrappolarli per sempre entro questi confini, facendo loro qui consumare la propria energia vitale fino alla morte... e, finalmente, alla loro estinzione dall’intero multiverso. » sorrise, stringendosi appena fra le spalle, quasi stesse parlando di una sciocchezza, e non della cancellazione da ogni piano di realtà di quelle persone, di quelle vittime designate, condannate a morte per volere della propria signora e padrona « Dovrò solo ricordarmi di mantenere in vita lo shar’tiagho fino al loro ritorno... oppure sarà stato tutto vano, perché non avranno più ragione alcuna per tentare di vendicarsi contro di me. »

lunedì 26 luglio 2021

3714

 

Be’Sihl non riusciva a ricordare di aver mai vissuto un decennio migliore rispetto a quell’ultimo.
Ovviamente egli non avrebbe mai voluto cercare impropri paragoni fra Midda e Deeh’Od, così come fra la propria vita attuale e la propria vita passata, nel preferire, per amore e rispetto di entrambe le donne, considerare tutto ciò qual, in fondo, era: due evoluzioni alternative della sua vita, e due evoluzioni comunque ricolme di emozioni, di soddisfazioni, di traguardi e, soprattutto, di amore. Ciò non di meno, nel giungere al proprio ventesimo anniversario di nozze, e alla fine di quel primo decennio di vita condivisa completamente con la propria sposa, egli non avrebbe potuto che mentire a se stesso nel rifiutare di ammettere di non riuscire a ricordare di aver mai vissuto un decennio migliore rispetto a quell’ultimo.
Ovviamente all’inizio non erano mancati momenti di incertezza, più da parte propria, invero, che da parte di Deeh’Od: l’idea che ella potesse aver rinunciato a vivere la propria vita così come ella aveva sempre desiderato fare soltanto per concedergli quel pur magnifico dono non aveva potuto che far sorgere in lui sospetti e incertezze, dubbi ed esitazioni, tali da spingerlo a maturare un complesso senso di colpa nei di lei riguardi e un senso di colpa che, al termine del primo mese, aveva complicato non poco il loro rapporto, e lo aveva complicato, obiettivamente, tutto e soltanto per merito del suo personalissimo contributo. Fortunatamente, anche in tal frangente, Deeh’Od si era dimostrata la donna magnifica che egli già sapeva essere, proponendosi più che comprensiva verso di lui, aiutandolo, con pazienza, a superare tutti i propri timori, tutte le proprie ansie e tutte le proprie paure, e, soprattutto, permettendogli di arrivare a maturare la consapevolezza di quanto ella desiderasse tutto ciò quanto, e forse persino più, rispetto a egli stesso.
Perché, in fondo, ella non aveva mentito quando aveva dichiarato che, ormai, desiderava qualcosa di diverso dalla propria quotidianità rispetto a quanto la propria passata vita le avrebbe potuto offrire. E per quanto non avrebbe potuto essere più che grata al proprio meraviglioso sposo per averla assecondata in tutti i propri “capricci”, ormai l’unica avventura che ella avrebbe potuto bramare sarebbe stata quella di dimostrarsi una brava madre per i propri figli, e una buona moglie per il proprio straordinario sposo. Così, con la medesima passione con la quale, in passato, ella si era applicata al proprio impiego militare, la sposa di Be’Sihl era entrata all’interno della gestione della loro casa, dei loro terreni e dei loro allevamenti, dimostrandosi degna compagna del proprio marito e degna matrona per la comunità formata da tutte le famiglie che a loro, ormai, facevano riferimento per il proprio sostentamento quotidiano.
E superato il proprio blocco iniziale, Be’Sihl Ahvn-Qa non aveva potuto che arrendersi all’evidenza di quanto, obiettivamente, la sua vita avesse ormai a potersi considerare perfetta. In una condizione di soddisfacente appagamento che non si era esaurita né in una settimana, né in un mese, e neppure in un anno, e che, anzi, a distanza di un ulteriore decennio, non avrebbe potuto che colmargli il cuore di gratitudine verso gli dei tutti per la meravigliosa vita che gli avevano concesso...
... pur a prezzo della propria vita passata.

« Io continuo a pensare che sia troppo giovane... » protestò Deeh’Od, distraendolo dal proprio intimo flusso di coscienza, e da quel flusso di coscienza nel quale egli era precipitato nell’osservarla, benché, in quel particolare momento, ella stesse cercando di condurre una discussione sufficientemente seria, e un poco polemica « Non ha ancora compiuto neppure diciannove anni! »
« Tu e io non eravamo molto più vecchi di lui, vent’anni fa... e i miei genitori, addirittura, erano persino più giovani. » sorrise egli, scuotendo appena il capo con aria serena, tranquilla, quasi indifferente, nel non riuscire obiettivamente a trovare ragione di scandalo a differenza della propria adorata moglie.
« Che c’entra?! » sgranò gli occhi ella, con aria quasi scandalizzata da quel paragone « Tu e io, alla sua età, rischiavamo l’osso del collo in improbabili missioni in terra far’gharia: spero bene che non ti auguri che abbia ad arruolarsi! »
« Chi sei tu e cosa ne hai fatto di mia moglie...?! » domandò allora Be’Sihl, scoppiando poi a ridere innanzi a quella particolare argomentazione, per così come promossa da Deeh’Od « No. Dai. Non puoi illuderti di essere credibile con simili argomentazioni: ti devo ricordare che prima del quinto mese di gravidanza, per ognuno dei nostri figli, è sempre stato impossibile allontanarti dal pericolo...?! Ripeto: per ognuno dei nostri tre figli. Non per uno. Non per due. Ma per tutti i tre... »
« Che c’entra...? » storse le labbra con disappunto l’altra « Vuoi forse sottintendere che è colpa mia se ora Be’Loome si vuole sposare...?! »
« Ma figurati! » continuò a ridere egli, tanto più divertito da quel dialogo, tanto più ella si proponeva seria al confronto con tutto ciò « Cosa c’entri tu...?! »
« Sono sua madre. Io c’entro per definizione! » replicò tuttavia la donna, ancora una volta in totale contraddizione con se stessa.

Be’Loome e Reh’ashja si erano conosciuti per la prima volta quattro anni prima, quando lui aveva appena compiuto quindici anni e lei doveva ancora compierne quattordici. Era accaduto nel corso di un viaggio nel quale egli aveva accompagnato suo zio Be’Dorth fino a Teh-Eb, là dove la famiglia di Reh’ashja era proprietaria della locanda nella quale avevano trovato ospitalità durante il proprio soggiorno in città.
Come le cose fossero effettivamente andate, ovviamente, Be’Sihl non lo aveva mai domandato. Anche se, in fondo, non avrebbe avuto a dover essere considerato poi tanto complesso: un aitante ragazzo lui, un’incantevole giovane lei, era chiaramente nata una certa complicità fra i due. Al punto tale che, il mese successivo, cogliendo al volo la prima occasione utile, Be’Loome aveva insistito per tornare a Teh-Eb, per quanto, in effetti, non avesse mai dimostrato prima di allora interesse in tal senso e, quasi, quel primo viaggio, aveva dovuto essergli imposto dai suoi genitori, nella volontà di ampliare i suoi orizzonti, troppo limitati, a dir loro, ai confini delle terre di loro proprietà. E da quel secondo incontro in poi, fra Be’Loome e Reh’ashja le cose avevano iniziato a farsi decisamente più serie, con una fitta corrispondenza e sempre più visite del ragazzo in città, con ogni scusa possibile immaginabile, e non privo, in tal senso, tanto della complicità dello zio, quanto quella del padre, ben felici di aiutarlo a ricercare la propria felicità.
Alla fine, dopo un primo anno di continui viaggi, Be’Loome aveva preso la sua decisione. E in un’età più che adeguata per lasciare l’abbraccio protettivo della propria famiglia, era riuscito a trovare occasione di impiego nella bottega di un maniscalco di Teh-Eb, sicuramente aiutato in tal ricerca dalla stessa Reh’ashja, là dove, altrimenti, decisamente improbabile sarebbe stato per lui avere a riservarsi una tale opportunità di impiego a colpo sicuro probabilmente neppur immaginando che potesse esistere quella bottega e che il suo proprietario stesse cercando un nuovo apprendista.
E per quanto, a margine di tutto ciò, Deeh’Od non avesse mai avuto a dimostrare particolari ragioni di gelosia nei riguardi del proprio primogenito, pur necessariamente consapevole delle reali ragioni che lo stavano spingendo a lasciare la casa in cui egli era cresciuto e che, a rigor di logica, un giorno avrebbe anche dovuto ereditare, evidentemente ella non aveva mai avuto a considerare con particolare serietà la situazione. Od, obiettivamente, non vi sarebbe stata ragione, da parte sua, di dimostrarsi poi così sorpresa dall’annuncio che Be’Loome e Reh’ashja avevano loro offerto proprio durante i festeggiamenti per il loro ventesimo anniversario di nozze, in una scelta tutt’altro che casuale nel voler, chiaramente, ingraziarsi la benevolenza già dimostrata dagli dei nei confronti di quel tanto perfetto matrimonio, riservando anche per loro il medesimo, positivo, auspicio.

« E quindi...? » sorrise Be’Sihl, quietamente abbracciato alla propria sposa al centro del loro talamo « Cosa vuoi fare? Opporti al loro matrimonio...?! »
« Non ci penso nemmeno. » scosse il capo ella, escludendo radicalmente quella soluzione « Non voglio di certo farmi odiare da mio figlio per il resto della sua vita... ti pare?! »

domenica 25 luglio 2021

3713

 

Nóirín restò a lungo, in silenzio, a osservare il corpo morto di Be’Sihl. Inizialmente per incredulità nel confronto con quanto accaduto. Poi animata in tal direzione dal proprio stesso senso di colpa. E, infine, per il timore di vederlo svanire, e svanire non soltanto da innanzi al suo sguardo ma, anche e ancor più, dai propri ricordi, per così come avrebbe dovuto accadere nel tempo del sogno, in una terrificante e annichilente ridefinizione del concetto stesso di morte.
Ella non sapeva, ovviamente, cosa attendersi. Non aveva idea di come tutto ciò sarebbe accaduto. Ma, in termini probabilmente un po’ infantili, desiderava sperare che continuando a tenere il proprio sguardo fisso sul corpo dell’amico, questi non avrebbe avuto possibilità di essere cancellato da quella realtà, e con essa da ogni realtà e, soprattutto, dalle menti di tutti coloro che lo avevano conosciuto e amato.

« Non c’è più nulla che tu possa fare, ormai... » tentò di dissuaderla la voce di Desmair, sopraggiungendo alle sue spalle, con tono apparentemente premuroso verso di lei « Secondo-fra-tre ha vinto. »

Che secondo-fra-tre, o chiunque altro, avesse vinto, a Rín in quel momento non importava molto. L’unico pensiero era rivolto a chi aveva perso e chi, obiettivamente, aveva perso tutto quanto, nel vedersi sottratta persino la propria esistenza.
Certo: Be’Sihl sembrava essere morto in pace e, in questo, forse si sarebbe persino potuto considerare tutto ciò qual positivo. Ma come aver a poter intendere in maniera positiva la morte? E, soprattutto, una morte priva di significato, qual, in fondo, era stata quella a lui così imposta da quel crudele inganno?!

« Adiamocene. Non è bene che i vivi restino aggrappati ai morti. » la incalzò ancora la voce del semidio, cercando evidentemente di convincerla ad allontanarsi da lì « Senza contare che secondo-fra-tre potrebbe essere ancora nelle vicinanze... e potrebbe decidere di non essere ancor sufficientemente appagato da questa vittoria. » cercò di metterla in guardia, con un’argomentazione assolutamente condivisibile.

Nóirín non era Maddie. E, ovviamente, non era neppur lontanamente Midda. Ella non aveva ricevuto un addestramento come guerriera, né, obiettivamente, aveva mai desiderato avere a considerarsi una guerriera, pur non essendosi negata la possibilità di affiancare tanto la propria gemella, quanto la sua versione alternativa, nelle proprie avventure di quegli ultimi anni.
A frenarla, da tale punto di vista, avrebbero avuto a poter essere considerati due fattori: la morale figlia del mondo nel quale ella era nata e cresciuta, e nel quale, fatta eccezione per qualche pazzo esaltato animato da violenti rigurgiti figli di un’ideologia estremista, non avrebbe avuto a considerare normale pretendere la vita di un antagonista; e il timore dell’esistenza di un qualche sottile filo rosso a collegare i destini di tutte le versioni alternative di ognuno nel multiverso, in termini tali per cui, per esempio, Maddie avrebbe avuto a poter diventare una Midda e, parimenti, ella avrebbe potuto trasformarsi in una Nissa. E laddove, obiettivamente, Nissa Ronae Bontor non avrebbe potuto fraintendersi un esempio particolarmente positivo o edificante, meno ella avrebbe avuto a correre il rischio di risvegliarsi in quanto tale, e meglio sarebbe stata.
Ciò non di meno, per quanto ella non fosse Maddie, non fosse Midda, e, soprattutto, non desiderasse diventare una Nissa, Nóirín Mont-d'Orb, in quel frangente, avrebbe volentieri preteso la vita di secondo-fra-tre in nome di un qualche senso di giustizia. Comprendeva, ovviamente, quanto tutto ciò fosse sbagliato, non avendo mai creduto nella pena di morte e, anzi, nell’aver sempre considerato stolidamente barbaro avere a pretendere la vita di un assassino. Ma a confronto con quella salma, con quel corpo morto, e con l’evidenza delle condizioni in cui egli era morto, ella non avrebbe potuto ovviare a sentir crescere nel proprio cuore un tal desiderio. E un desiderio in termini tali per cui, se soltanto avesse avuto in quel momento, fra le mani, secondo-fra-tre, ella avrebbe compiuto tutto il possibile e anche l’impossibile per riuscire a ucciderlo, a cancellarlo dall’esistenza al pari di quanto egli aveva compiuto a discapito di Be’Sihl.

« Vorrei davvero che ci provasse... » sussurrò, forse e soltanto a titolo di sfogo, nella necessità di dover trovare una maniera per somatizzare il dolore della perdita di Be’Sihl, e di quella perdita che avrebbe potuto spingerla a perdere il senno se non fosse riuscita a liberarsene.
« Non dire idiozie. » la rimproverò Desmair, non approvando evidentemente la posizione da lei così assunta « Non stai parlando di un avversario qualsiasi. Né, tantomeno, di un avversario a confronto con il quale sperare di avere una qualsiasi possibilità di vittoria... » argomentò egli, per tutta replica « Stai parlando di un vicario dell’Oscura Mietitrice... un essere che esiste da prima che il tuo stesso mondo potesse raffreddarsi, sviluppare un’atmosfera e divenire adatto a ospitare la vita. »

Il semidio non aveva torto. E di ciò ella era perfettamente consapevole.
Ma la morte di Be’Sihl avrebbe dovuto comportare qualcosa: quell’evento non avrebbe potuto occorrere senza conseguenze... anche ove ciò avesse avuto a significare rischiare molto più della propria stessa vita.

« Non mi importa. » replicò quindi ella, storcendo le labbra verso il basso, ancora senza distogliere lo sguardo dal corpo morto di Be’Sihl « Questo delitto non deve restare impunito. Perché per quanto possa essere apparentemente morto di vecchiaia, al termine di una vita lunga e forse felice, Be’Sihl oggi è stato ucciso. Ed è stato ucciso da secondo-fra-tre. »

sabato 24 luglio 2021

3712

 

« E’ l’ora, mia cara. » sussurrò in un ultimo alito di voce, socchiudendo gli occhi nel mentre in cui la sua vista ebbe a offuscarsi sempre di più « Ti prego... guida il mio spirito innanzi agli dei. »

E, dopo aver pronunciato tali parole, quell’ultima richiesta in direzione della donna un tempo amata, Be’Sihl Ahvn-Qa spirò.
Per coloro l’esistenza dei quali avrebbe avuto a dover essere definita dalla sicurezza propria della morte, essere posti a confronto con la fine di una persona cara non avrebbe mai potuto essere fraintesa come un’esperienza piacevole, a prescindere dalle circostanze proprie di tale evento. Che la morte avesse a sopraggiungere nel bel mezzo di una battaglia per mano di un avversario, piuttosto che nel proprio letto alla fine dei propri giorni, morte comunque sarebbe rimasta e vano, in ciò, sarebbe stato tentare di avere a definirla bella piuttosto che brutta. Perché anche ove, come nel caso proprio di Be’Sihl, la morte a lui lì riservata avrebbe potuto essere indubbiamente considerata fra le migliori alle quali chiunque avrebbe mai potuto ambire, alla conclusione di una lunga vita contraddistinta da gioia e amore; essa non avrebbe potuto che essere comunque intesa qual, per l’appunto, un tragico evento, e un tragico evento volto a separare per sempre quell’uomo da tutti coloro che avrebbero potuto vantare di conoscerlo, di apprezzarlo, e, all’occorrenza, di amarlo. E a poco sarebbe potuta valere, in un momento come quello, una qualunque fede religiosa, e una fede all’occorrenza volta a considerarlo in viaggio verso un aldilà glorioso, prossimo a tutti i propri dei prediletti: perché, egoisticamente, l’unica possibile considerazione alla quale destinare un qualche valore, sarebbe necessariamente stata quella atta a riconoscerlo qual, ormai, irrimediabilmente perduto.
E per Nóirín Mont-d'Orb, proprio malgrado priva di una qualsivoglia fede religiosa alla quale appellarsi per cercare una qualche consolazione, tutto ciò non avrebbe potuto che risultare ancor più negativo, nell’assenza di quel forse vano palliativo a confronto con il quale, comunque, avrebbe potuto altrimenti esserle forse concessa una certa consolazione. Anzi, e al contrario, su di lei non avrebbe potuto ovviare a gravare un certo senso di colpa, e quel senso di colpa derivante dal pensiero di non essere stata in grado di fare di più per aiutarlo, di fare di più per preservarlo, malgrado i “poteri” che ella avrebbe potuto vantare di possedere, e di possedere, in particolare, lì... nel tempo del sogno.
A cosa era valso quel viaggio...? Non di certo a salvare Midda Bontor, la cui presenza entro quella dimensione primigenia avrebbe avuto ancor a dover essere accertata. No. Quel viaggio, con il senno di poi, avrebbe avuto a dover essere ricordato soltanto come l’ultima battaglia di Be’Sihl. E una battaglia che egli aveva combattuto a propria stessa insaputa e, peggio ancora, aveva perduto senza avere a poter minimamente immaginare quanto stesse allor accadendo: una battaglia combattuta e persa, quindi, contro secondo-fra-tre. Quello stesso, terribile vicario a confronto con in il quale si erano ritrovati a confrontarsi a più riprese e che, alla fine, su almeno uno di loro era riuscito a riservarsi la propria crudele e letale vittoria.
A confronto con tale tragedia, e con quella cupa consapevolezza, Rín non poté ovviare che a invidiare coloro i quali erano in grado di illudersi dell’esistenza di una nuova vita oltre la morte, un aldilà glorioso nel quale non avere a poter più provare nulla di male, per il resto dell’eternità. Se soltanto, infatti, ella avesse avuto la stessa quieta fiducia dimostrata nelle proprie ultime parole dallo stesso Be’Sihl, ora avrebbe potuto quantomeno immaginarlo al cospetto di tutto il proprio pantheon, impegnato a ricongiungersi a qualunque possibile persona cara morta prima di lui, e a vivere con loro in serenità il resto dell’eternità.
Purtroppo per lei, però, nessuna religione a lei nota avrebbe avuto occasione di giustificare quanto ella aveva scoperto in quegli ultimi anni, sul multiverso stesso: fosse davvero esistito un aldilà, infatti, come avrebbe avuto a poter gestire tutte le anime provenienti da infiniti universi paralleli? O, forse, avrebbero avuto a dover essere intesi infiniti aldilà, tanti quanti gli infiniti universi paralleli? No.
Per quanto si potesse sforzare, ella non avrebbe avuto a poter essere in grado di considerare accettabile tutto ciò: giustificabile certo, nell’umana esigenza di razionalizzare in qualche modo la morte non come una conclusione quanto e piuttosto qual un semplice passaggio; e pur in serio contrasto con ogni verità accertabile, comprensibile, per così come ella stessa aveva avuto occasione di comprendere da dopo il primo contatto con il tempo del sogno. E a poco avrebbero anche potuto valere le testimonianze proprie di chi, come Midda, lord Brote o i loro figli, avevano avuto occasione di varcare la soglia fra il regno dei vivi e quello dei morti, pur conservando la propria mortale esistenza: perché quanto la loro idea della realtà aveva razionalizzato come aldilà o, addirittura, come una sorta di anticamera per l’aldilà, un’inquietante zona d’ombra fra la vita e la morte, ella avrebbe potuto ridefinire serenamente come un’altra realtà, un’altra dimensione, e una dimensione, comunque, fra le infinite esistenti all’interno del multiverso.
Be’Sihl Ahvn-Qa era morto. E nessuna compassionevole favola avrebbe potuto convincerla del fatto che, ora, la sua anima, la sua coscienza o chissà cos’altro, avesse potuto essere semplicemente andata... oltre.

« Perdonami, amico mio. » sussurrò quindi ella, scoprendosi con il viso rigato da calde lacrime « Avrei dovuto proteggerti... e invece... »

In due si erano avventurati nel tempo del sogno nella speranza di rintracciare Midda. E soltanto una ne avrebbe fatto ritorno... sempre ammesso che secondo-fra-tre glielo concedesse, per così come non sarebbe stato assolutamente banale presupporre accadesse.

« Spero che tu sia soddisfatto, secondo-fra-tre...! » soggiunse poi, volgendo ora lo sguardo al cielo, benché una direzione avesse a valer l’altra, in un piano d’esistenza come quello « Goditi per poco la gioia di questa vittoria. Perché presto o tardi Midda Bontor tornerà a casa... e quando questo accadrà, scoprendo quanto è successo, ti scatenerà contro tutti i suoi poteri. E a quel punto persino il tempo del sogno sarà insufficiente a concederti occasione di sopravviverle. »

Non una minaccia a vuoto, quella così da lei scandita, dove, se qualcosa di vero avrebbe potuto considerare esistente, sarebbe stato l’incommensurabile desiderio di vendetta che avrebbe animato il cuore della Figlia di Marr’Mahew, l’Ucciditrice di Dei, nonché la nuova Portatrice di Luce nonché Oscura Mietitrice, e che l’avrebbe spinta a cercare la distruzione di un vicario, benché idealmente impossibile. E laddove la maggior parte delle gesta compiute da Midda Bontor avrebbero avuto a doversi intendere idealmente impossibile, improbabile sarebbe stato per secondo-fra-tre riuscire a sopravviverle.
Ma... Midda lo avrebbe mai saputo...?!
Giacché tale morte era avvenuta all’interno del tempo del sogno, infatti, essa avrebbe avuto a dover ricadere all’interno di quel teorema tale per cui egli sarebbe stato presto cancellato da ogni piano di realtà, non soltanto nel proprio corpo, ma anche nel proprio semplice ricordo, per così come non fosse mai esistito. E quando ciò fosse successo, nessuno avrebbe potuto più rimpiangerlo, o invocare per lui una pur giusta vendetta.

venerdì 23 luglio 2021

3711

 

« ... Midda...?! » esitò egli, scandendo quelle due sillabe con un filo di voce.

Comprensibile, in quel frangente, sarebbe stata l’emozione, e la confusione, proprie di Be’Sihl innanzi all’immagine offerta da Nóirín Mont-d'Orb.
In fondo, Nóirín era la copia spudorata di sua sorella Madailéin. Così come Nissa era la copia spudorata di sua sorella Midda. E allo stesso modo in qui Maddie altro non avrebbe avuto a dover essere intesa che una versione leggermente più giovane di Midda, parimenti Rín avrebbe potuto essere confusa per la medesima, nella sola eccezione conseguente, ovviamente, a quelle cicatrici e a quelle amputazioni che soltanto la Figlia di Marr’Mahew avrebbe potuto vantare qual proprie.
Ritrovarsi, pertanto e all’improvviso, innanzi a quei due occhi azzurri come il ghiaccio, e a quei capelli rossi come il fuoco, oltre che a quel viso a forma di cuore, a quelle labbra carnose, a quella fossetta sul mento, a quella carnagione eburnea appena disturbata dalla sparsa presenza di efelidi, non avrebbe potuto che spingere chiunque a pensare a Midda Bontor, soprattutto se il chiunque in questione, come Be’Sihl, aveva trascorso una vita accanto a lei.
E a poco, in effetti, sarebbero valse quelle piccole differenze estetiche innanzi ai suoi occhi. E a quegli stanchi occhi che, obiettivamente, non avrebbero potuto ovviare a fraintendere quell’apparizione qual, invero, una sorta di visione, e una visione giustificata dall’imminenza della propria fine.
In quale altro modo, altrimenti, giustificare la sua comparsa lì, in quel momento, nel pieno della sua bellezza, per così come a stento egli avrebbe potuto riuscire a ricordarla, ormai divenuta anche per lui più un personaggio di fantasia che una persona vera...?!

« Be’Sihl...? » gemette Rín, coprendosi la bocca con entrambe le mani, per cercare di contenere il proprio stupore dinnanzi a tutto ciò.

L’uomo disteso supino nel piccolo letto di fronte a lei era inequivocabilmente Be’Sihl. Il volto era il suo, gli occhi erano i suoi, la voce era la sua, benché tutto contraddistinto, ora, dal peso degli anni propri di una vita intera, in misura tale da segnare la sua pelle con innumerevoli rughe e da tingere di grigio e di bianco i neri capelli di un tempo, ancor e comunque ordinati in quella cascata di treccine, secondo la moda shar’tiagha.
L’uomo disteso supino nel piccolo letto di fronte a lei era inequivocabilmente Be’Sihl. Ma era un Be’Sihl ormai invecchiato. E invecchiato più di quanto sarebbe stato possibile riuscire a immaginare sarebbe potuto essere nei pochi minuti trascorsi, dopotutto, da quando si erano separati.

« ... che cosa?... come?... perché...?! » domandò confusamente ella, in una serie di sussurri che risuonarono muti alle sue orecchie ormai quasi sorde.

Dal punto di vista proprio dell’uomo, in effetti, da quando era stato separato dalla propria compagna d’armi, e da quella compagna d’armi ancor non riconosciuta qual presente al proprio capezzale, erano trascorsi ormai sessant’anni. Sessant’anni che, sommati ai venti per lui propri nel corpo nel quale si era ritrovato a vivere una seconda occasione accanto a Deeh’Od, lo avrebbero ora definito ottantenne, in un traguardo di assoluto rispetto in un mondo come quello.
Non solo padre, ormai, ma addirittura nonno e, persino, bisnonno, Be’Sihl Ahvn-Qa era il patriarca di una grande famiglia, nonché l’ultimo rimasto di tutti i suoi amici, di tutti i suoi parenti. Suo fratello Be’Dorth, nel pieno possesso di tutte le proprie facoltà mentali in questa versione alternativa della sua vita, aveva avuto occasione di vivere a sua volta una vita lunga e felice, superando i settant’anni ed arrestandosi poco prima dei settantacinque. Sua moglie Deeh’Od, non uccisa da Be’Dorth, aveva avuto altresì occasione di accompagnare Be’Sihl fino all’anno prima rispetto a quello, decidendo di anticiparlo di un poco nell’oltretomba per poter iniziare a predisporre tutto ciò che avrebbe avuto a dover essere predisposto per l’arrivo del suo sposo al cospetto degli dei. E Be’Sihl, in pace con se stesso, in pace con gli dei e in pace con l’universo intero, avrebbe ormai avuto a poter essere riconosciuto pronto a partire per quell’ultima, grande avventura, quel viaggio che pur, presto o tardi, tutti avrebbe veduto protagonisti. E, in effetti, ne era anche contento, là dove, in fondo, aveva già vissuto molto più di quanto a chiunque altro sarebbe mai stato concessa opportunità di vivere, non dimentico della propria doppia vita... e di quella doppia vita che pur, ormai, appariva così terribilmente lontana nel tempo.
Veder giungere, quindi, accanto al proprio letto di morte, colei che un tempo egli aveva avuto l’onore di poter amare, avrebbe avuto a dover essere considerato qual un dono dal suo punto di vista. E un dono che, forse, gli dei gli avevano voluto tributare, nell’individuare proprio lei come traghettatrice della sua anima nell’aldilà.

« Ti avevo detto che era stato intrappolato in un costrutto di realtà... » sospirò la voce di Desmair, raggiungendola da oltre la porta, e da oltre quella porta dove egli era rimasto, forse qual premuroso gesto di rispetto per il morituro, e per quell’uomo che non avrebbe mai voluto inquietare con la propria sicuramente poco gradita immagine.
« ... ma... sono passati pochi minuti... » tentò di controbattere vanamente ella, pur tristemente consapevole della verità delle cose.

Quello era il tempo del sogno. Non era una realtà come le altre: era l’origine di tutte le realtà, la dimensione primigenia. E nel tempo del sogno concetti come tempo e spazio non avrebbero potuto avere ragion d’essere, non al di là della volontà di chi avrebbe avuto a definire tanto l’uno quanto l’altro. Ragione per la quale, drammaticamente, i pochi minuti trascorsi per lei avrebbero potuto tradursi in una vita intera per l’altro... soprattutto ove crudelmente manipolato da secondo-fra-tre per credere che quella avesse a dover essere la sua realtà.

« Sono felice... che tu sia qui. » sorrise il volto invecchiato di Be’Sihl, con un’espressione carica di dolcezza che sciolse il cuore di Rín, colmandole gli occhi di lacrime « Lo so che... sei stata felice per me... nel giorno del mio matrimonio. Ma... rivederti ora mi conferma che... non mi odi. Malgrado tutto... »

Parole, quelle che egli ebbe a scandire in direzione di Rín, che alle di lei orecchie non poterono che risuonare quali prive di senso, e simili ai vaneggiamenti di un anziano confuso, qual, in fondo, egli era.
E parole, quelle che Be’Sihl ebbe a scandire in direzione di quell’apparizione, che avrebbero avuto a doversi intendere assolutamente sincere, soprattutto nella gioia che dietro alle stesse appariva celata, e la gioia propria di chi, pur avendo vissuto una vita intera con la prima donna mai amata, non era comunque stato in grado di dimenticarsi dell’ultima donna mai amata, e di colei con la quale, in fondo, non vi era mai stata una reale conclusione, avendo persino a ignorarne il fato dopo il rapimento a opera della Progenie della Fenice.

« Be’Sihl... » gemette Rín, con la voce soffocata dalle emozioni di quel momento, piegandosi su di lui e cercando la di lui mano con le proprie, solo per ritrovarla così... piccola... fragile... quasi non dissimile da quella di un bambino « Be’Sihl... ascoltami di prego... nulla di tutto questo è reale. » cercò di spiegargli.

Ma egli non comprese, o, probabilmente, non riuscì proprio a udire, le di lei parole, limitandosi a sorridere all’appropinquarsi di lei. E a sorridere con la dolcezza e la serenità proprie di chi, in fondo, non avrebbe potuto più avere ragione di angosciarsi per nulla.

giovedì 22 luglio 2021

3710

 

Per Nóirín Mont-d'Orb quanto suggerito da Desmair aveva perfettamente senso. Ovviamente nulla di tutto quello avrebbe potuto essere considerato ragionevole al di fuori del tempo del sogno, ma entro i confini di quella particolare dimensione primigenia la questione avrebbe avuto a dover essere riconosciuta quasi logica, se non, addirittura, banale, soprattutto nel considerare il coinvolgimento di secondo-fra-tre.
Che i poteri di secondo-fra-tre, entro i confini propri del tempo del sogno, avessero a dover essere intesi qual sensazionali, in fondo, era un fatto assolutamente noto e comprovato. Comprovato dall’evidenza del fatto che Bob era riuscito a ricreare l’intera civiltà dei Progenitori a partire dai ricordi di uno di loro. E comprovato dall’evidenza del fatto che lo stesso secondo-fra-tre loro antagonista era riuscito a dare origine ai ritornati, addirittura manipolando indirettamente i poteri di Midda al fine di permettere loro di materializzarsi nel di lei medesimo piano di realtà. Il fatto, quindi, che il vicario di Anmel potesse essere in grado di creare, all’interno del tempo del sogno, un qualche costrutto di realtà posto in essere a partire dai suoi ricordi non avrebbe potuto avere a sorprenderla in alcuna maniera... anzi. Dopotutto, all’interno del tempo del sogno erano state forgiate tutte le realtà esistenti: nulla di strano, quindi, nella prospettiva che potesse esserne creata una nuova. Sorprendente, al più, avrebbe avuto a poter essere giudicato l’inutile impegno da lui posto in tal senso, laddove, come da lei suggerito, una trappola migliore avrebbe potuto essere realizzata offrendogli esattamente quanto da lui desiderato e facendogli credere, in ciò, che tutto potesse essere andato così come da lui sperato, in quella che, all’occorrenza, ove imposta su entrambi, avrebbe potuto lì blindarli per il resto dei tempi o, quanto meno, per il resto delle loro esistenze giacché, nella convinzione di star vivendo nella realtà, certamente avrebbero avuto anche a invecchiare e, prima o poi, a morire per così come, effettivamente, avrebbe avuto ad accadere ovunque al di fuori di lì, e di quel luogo nel quale l’idea stessa di tempo avrebbe avuto a dover essere giudicata una mera convenzione.
Comunque, a prescindere dalla scelta compiuta da secondo-fra-tre nell’ordire la propria trappola, tale avrebbe avuto a dover essere comunque riconosciuta terrificante, crudele e potenzialmente letale, là dove, avesse anche permesso a Be’Sihl di vivere la migliore delle vite che mai avrebbe potuto desiderare di possedere, tutto ciò l’avrebbe comunque condotto inesorabilmente alla propria morte e, peggio ancora, alla propria cancellazione dall’intero multiverso. Ragione per la quale, necessariamente, ella non avrebbe potuto permettersi di indugiare un solo, singolo istante di più, nell’impegnarsi a intervenire, e a intervenire per cavarlo fuori da tale impiccio.
Persino la ricerca stessa di Midda Bontor, ormai, avrebbe avuto a doversi intendere posta necessariamente in secondo piano a confronto con tutto ciò: perché anche ove la Figlia di Marr’Mahew fosse stata veramente trascinata nel tempo del sogno, nessuno aiuto le sarebbe potuto essere destinato se fossero stati catturati e uccisi da secondo-fra-tre, ragione per la quale, ponendo il tutto in una giusta prospettiva, la prima e più importante mossa sarebbe stata quella atta a permetterle di ricongiungersi a Be’Sihl e, all’occorrenza, a tare presto ritorno alla loro realtà, alla loro dimensione, da sua sorella Maddie. E, solo dopo di ciò, al più, avrebbero potuto riservarsi una nuova possibilità utile a tentare quell’impresa, cercando nuovamente di ritrovare Midda ovunque ella potesse essere stata condotta dalla progenie della fenice.

« Sei in grado di portarmi da lui...?! » domandò ella, in un quesito che, in effetti, avrebbe avuto a poter essere inteso in ben altri termini, dovendo risuonare come “Hai voglia di portarmi da lui...?!”

Improbabile, dal di lei punto di vista, sarebbe potuto essere vedersi riservare una replica positiva a tale quesito. Che Desmair avesse qual proprio solo scopo quello di soddisfare il proprio piacere personale non avrebbe potuto essere posto in dubbio, motivo per il quale, con buona pace per lei, sperare di ottenere la sua collaborazione avrebbe avuto a dover essere considerato tutt’altro che semplice.
E proprio per tale preconcetto, per simile pregiudizio, ella non poté che restare spiazzata dalla risposta che, al contrario, il semidio ebbe a presentarle con quieta banalità.

« Nulla di più semplice. » confermò egli, stringendosi fra le spalle « Finisco di bere e ci sono... » incalzò, a dimostrare tutta la propria quieta volontà di collaborazione, sollevando il calice per porre immediatamente in essere tale proposito, svuotandolo poi in una lunga, continua sorsata.

E se pur, ancora, Rín non avrebbe potuto ovviare ad attendersi qualche nuovo trucco da parte sua, come il continuare a far ricomparire fra le proprie mani il calice qual pieno di liquido rosso, in qualcosa che avrebbe avuto a doversi giudicare a dir poco banale nel tempo del sogno, ciò non accadde e, al contrario, non appena finì di svuotarlo, come di parola, egli si alzò in piedi, per dimostrarsi pronto a partire, in un gesto che ebbe quantomeno a spiazzare la donna, pronta a tutto, da parte sua, ma non a quella proattività...

« Andiamo...?! » la incalzò egli stesso, gettando il calice a terra con aria distratta, prima di scendere qual paio di gradini che separavano il proprio trono dal livello del suolo, o di qualsiasi cosa avesse a poter essere identificata presente sotto i loro piedi, per poi allungare la mancina verso il fianco destro della sua interlocutrice, a indicare una porta improvvisamente apparsa in tale direzione, e della presenza della quale ella non aveva ovviamente maturato alcuna consapevolezza « Da quella parte. » la invitò quindi, con un quieto sorriso.

Possibile che fosse tutto così semplice...? O, piuttosto, possibile che egli stesse complottando qualcosa a suo discapito, fosse anche e soltanto per punirla per l’arroganza da lei dimostrata nel minacciarlo con la propria arma al plasma...?!
Difficile a discernersi. Ma laddove, in fondo, Desmair rappresentava in tutto ciò la propria migliore risorsa, controproducente, per non dire assurdo, sarebbe stato da parte sua avere a riservarsi tanta sfiducia a suo discapito. Ragione per la quale, sospirando, ella ebbe ad abbassare la propria arma e a volgersi nella direzione della porta.

« Una porta...? Davvero?! » non mancò comunque di obiettare, minimamente critica a suo riguardo.
« Avresti preferito un scintillante anello di fuoco? O qualcosa di ancor più scenografico, come un’enorme cerchio di pietra con incisi strani simboli riconducibili a improbabili costellazioni...?! » ridacchiò egli, citando, probabilmente in maniera più che volontaria, un altro prodotto cinematografico e televisivo estratto chiaramente dalla sua memoria « Ricordati dove siamo: questo è il tempo del sogno... e tutto può essere ogni cosa, anche senza troppi inutili orpelli. »

Su questo egli aveva ragione. E, del resto, nella follia propria del tempo del sogno, ove anche lo spazio, come il tempo, non avrebbe avuto a doversi riservare un qualsivoglia significato, Be’Sihl avrebbe potuto essere ancora esattamente al suo fianco, senza che ella potesse essere in grado di percepirne la presenza nel ritrovarsi immerso in una visione di realtà diversa da quella per lei attuale. Motivo per il quale, con un quieto sospiro, ella si preparò ad aprire quella porta, e quella porta apparentemente in piedi nel nulla, non avendo francamente idea di cosa potersi attendere di incontrare dall’altra parte...
... e per quanto ella avrebbe potuto attendersi qualunque cosa, difficilmente avrebbe mai potuto ipotizzare di ritrovarsi innanzi allo spettacolo che, allora, le venne offerto, in termini tali da lasciarla quantomeno disorientata, per non dire, in maniera più corretta, semplicemente sconvolta.

« Be’S...?! »

mercoledì 21 luglio 2021

3709

 

Le parole da lei pronunciate e, ancor più, il tono con cui ella aveva pronunciato tali parole, avrebbero potuto sottintendere una precisa verità che, se pur non avrebbe potuto che essere interpretata in maniera più che positiva dall’uomo, al tempo stesso non avrebbe potuto che essere considerata a dir poco improbabile, e improbabile nell’ordine di misura in cui egli non avrebbe mai potuto credere che ella arrivasse ad accettare un cambio così radicale della propria quotidianità, presente e, soprattutto, futura.
Ciò non di meno, e pur, per l’appunto, non avendo alcuna ragione per illudersi dell’eventualità positiva, egli non si concesse occasione per lasciar cadere nel vuoto quelle parole, domandando immediatamente lumi a tal riguardo.

« Cosa intendi dire...?! » richiese, pertanto, inarcando appena il sopracciglio destro, con fare critico non tanto nei confronti del possibile sottinteso di lei, quanto e piuttosto nell’eventualità che tale sottinteso potesse realmente essere considerato possibile.
« Tu come la vedi...? » replicò ella, sorridendo divertita, nell’aver ovviamente compreso la ragione di disorientamento del proprio compagno e, in tal senso, non desiderando accontentarlo immediatamente nel concedergli quella risposta da lui ricercata... non senza, per lo meno, avere a godersi quel momento nel giuocare un poco con lui.
« Come la vedo e come vorrei vederla, generalmente, non coincidono per questo particolare argomento. » sospirò egli, scuotendo il capo con aria rassegnata « Ma va bene così: non posso certamente dire che mi sarei aspettato qualcosa di diverso quando, dieci anni fa, ci siamo sposati... » sottolineò, piegando appena il capo di lato con fare ironico « ... anzi... in effetti, dieci anni fa, non avrei neppure scommesso sul fatto che tu saresti riuscita a sopportarmi tanto a lungo. »
« Non rubarmi le battute! » protestò ella, allungando prontamente una mano verso il fianco del suo costato, per andargli a imporre un pizzicotto giocoso, come abitudine fra loro « Quello sono io che dovrei dirlo... non tu! » incalzò, a sottolineare quanto, dal proprio punto di vista, avrebbe avuto a dover essere intesa proprio lei quella fortunata nella loro coppia, e fortunata per il semplice fatto che la loro coppia avesse ancora a esistere malgrado il fatto che ella non avesse rinunciato a vivere la propria vita così come l’aveva desiderata... almeno sino a quel momento.
« E allora?! » insistette quindi Be’Sihl, sottraendosi con aria divertita al pizzicotto di lei « Che cosa intendevi dire prima...?! »
« Intendevo dire che ho presentato richiesta di congedo permanente, stupidone che non sei altro! » confermò ella, traducendo in verbo la speranza che aveva animato il cuore e la mente di Be’Sihl, e alla quale pur egli non si era voluto aggrappare con vane illusioni « Fra tre settimane tornerò a essere semplicemente una civile. E, questa volta, sarà per sempre! »

Nel parallelismo esistente fra Deeh’Od e Midda, e in quel parallelismo confermato da più di un dettaglio in comune fra loro, semplicemente improbabile sarebbe stato per Be’Sihl riuscire ad accettare l’idea che, davvero, ella potesse desiderare ritirarsi a vita privata.
Quante volte aveva sentito Midda suggerire tale eventualità? Vuoi per i loro figli, vuoi per i propri nuovi poteri, vuoi per un’età ormai non più fanciullesca, innumerevoli erano state le occasioni in cui la Figlia di Marr’Mahew aveva suggerito il desiderio di abbandonare la propria leggendaria quotidianità, quell’avventurosa esistenza, in favore di qualcosa di più normale e, soprattutto, di meno rischioso nell’ottica di riservarsi una qualsivoglia ragione di indomani. Ma, per quanto già improbabile sarebbe stato immaginarla troppo a lungo all’interno degli stessi spazi, delle medesime aree geografiche, a complicare la situazione non avrebbe mancato di imporsi, puntualmente, qualche problema, e qualche problema atto a imporle di continuare la propria vita per così come era sempre stata, quasi non potesse esserle concesso nulla di diverso da tutto ciò.
Certo... Deeh’Od non era Midda. Ma i punti in comune fra loro erano tali da imporre, psicologicamente, all’una tutte le situazioni proprie dell’altra. E così come impossibile sarebbe stato riuscire a immaginare Midda Namile Bontor intenta a vivere una quieta vita domestica, e una quieta vita domestica al suo fianco; parimenti improbabile sarebbe stato riuscire a fare altrettanto nei riguardi di Deeh’Od Eehl-Ei, con buona pace di quanto da lei appena asserito.

« Non durerà... » sorrise egli, scuotendo appena il capo prima di allungarsi a cercare le labbra di lei con le proprie per un bacio sfiorato « Ciò nonostante, non posso negare di star apprezzando questo pensiero, questo dono da parte tua per festeggiare adeguatamente i nostri primi dieci anni come moglie e marito! »
« Non durerà...?! » protestò ella, un poco indispettita dalla mancanza di fiducia del proprio sposo « Non è carino che proprio tu appiana così poco entusiasta a confronto con questo mio annuncio! »
« Ma io sono entusiasta. » negò l’uomo, prendendo in braccio, nel contempo di ciò, il proprio secondogenito, nel riconoscerlo troppo stanco per reggersi in piedi « E scommetto che anche voi lo siete. Non è vero, bambini?! »
« Per la festa...?! » domandò Be’Rishil, il quale si era praticamente addormentato in piedi a margine di quel discorso, perdendo il senso dello stesso.
« No... per il fatto che la mamma si congedi! » spiegò Be’Sihl, schioccando un bacio sulla fronte del pargolo.
« Ma non è una cosa brutta che la mamma si congeli...?! » domandò Ras’Nihca, con aria preoccupata a quella prospettiva « Poi le viene il raffreddore! »
« Congedi... non congeli. » corresse Deeh’Od, divertita a confronto con il fraintendimento della bimba.
« Ed è buono...? » esitò la stessa, ancora evidentemente avendo problemi a confronto con quel concetto, come del resto sarebbe stato giusto avesse a essere « Cosa vuol dire...?! »
« Vuol dire che la mamma lascerà per sempre l’esercito, per passare tutto il proprio tempo a casa con voi e con il vostro papà. » esplicitò la donna, accarezzando il capetto della figlioletta « Niente più viaggi lontani. Niente più lunghe assenze. »
« Ma questo è buono! » confermò la bambina, aprendosi in un amplio sorriso « E’ molto buonissimo! »
« Non fare promesse che non puoi mantenere... o ci resteranno male. » sussurrò Be’Sihl, con tono di lieve rimprovero a confronto con l’illusione che così ella stava destinando ai loro bambini.
« Uomo di poca fede... » sgranò gli occhi ella, colta in sincero contropiede dalla sfiducia così da lui dimostrata innanzi all’idea che ella potesse essere pronta a cambiare vita « Mi hai saputo aspettare con pazienza per dieci anni e ora non vuoi accettare l’idea che, finalmente, tutto andrà come hai sempre desiderato...?! »

Be’Sihl si concesse un istante di silenzio per osservare l’amata dritta negli occhi, a cercare di comprendere quanto ella stesse davvero credendo alle parole che stava pronunciando. E, nella ferma fierezza del di lei sguardo, egli non ebbe a trovare la benché minima ragione per avere a temere sviluppi diversi da quanto allora promesso, da quanto così garantito.
Forse la cosa non sarebbe durata, ma, certamente, in quel momento ella stava credendo veramente all’idea di cambiare vita, e di iniziare una vita in tutto e per tutto al suo fianco...

« Lo vuoi davvero fare. » dichiarò egli, or concedendosi e, soprattutto, concedendole una certa sorpresa.
« E io che sto dicendo...?! » sorrise ella, divertita a confronto con quella sorpresa « La pacchia è finita, mio caro: d’ora in poi sarò sempre al tuo fianco, esattamente come hai sempre sognato... e chissà che alla fine non sia proprio tu a chiedermi di andarmene un po’ in giro, non riuscendo più a sopportarmi! » lo sfidò con fare provocatorio, prima di spingersi a lui per un nuovo, dolcissimo bacio.

martedì 20 luglio 2021

3708

 

Il primo a giungere era stato Be’Loome, a nove mesi esatti dal loro matrimonio: figlio della loro prima notte di nozze, in maniera evidente e inequivocabile, non avrebbe potuto essere frainteso in alcun modo qual una sorpresa, soprattutto a confronto con l’estremo impegno che, per l’appunto, in quella notte, li aveva visti coinvolti.
Un paio di anni dopo la nascita di Be’Loome, Deeh’Od si era vista costretta a concludere anticipatamente una missione in territorio far’ghario dopo essersi scoperta incinta di un secondo figlio. E un secondo figlio che, a differenza del primo, non avrebbe potuto essere considerato egualmente prevedibile, là dove, in effetti, pur non essendo venuti a mancare momenti di intimità fra lei e Be’Sihl, entrambi avevano cercato di riservarsi una certa prudenza, a tentare di minimizzare l’eventualità di una gravidanza, anche in considerazione, per l’appunto, della sua imminente partenza per un lungo viaggio in terra nemica. Evidentemente, però, gli dei avevano deciso diversamente per loro e, così, a cinque mesi dall’inizio della propria missione, e a un mese dalla conclusione pianificata, ella si era vista costretta a imporsi prudenza per non rischiare di attentare alla vita che le stava crescendo in grembo. E così giunse Be’Rishil.
Relativamente, invece, alla piccola Ras’Nihca, ella ebbe a essere frutto di un nuovo, intenso festeggiamento fra i due sposi, in concomitanza alla conclusione dei lavori per l’edificazione di quella stessa dimora. Non ricercata e, ciò non di meno, neppur ovviamente rifiutata, ella giunta a rinforzare la fazione femminile in una famiglia altrimenti dominata da maschietti, non senza una grandissima gioia per lo stesso Be’Sihl che, in effetti, non avrebbe potuto negarsi di desiderare anche una figlia femmina accanto ai propri due figli maschi. E se tre figli in dieci anni avrebbero avuto a dover essere intesi un numero di una certa importanza, soprattutto nel considerare che a crescerli era stato principalmente lo stesso capofamiglia, a non negare, in tal senso, alla propria sposa l’occasione di continuare a vivere la vita da lei desiderata; Be’Sihl avrebbe ben volentieri tentato la sorte con una quarta nascita se soltanto fosse stato loro possibile.
Purtroppo però, in una nuova e triste analogia fra Deeh’Od e Midda, dall’ultima missione ella aveva fatto ritorno con una nuova, spiacevole cicatrice all’altezza del basso ventre: una ferita che avrebbe potuto costarle la vita ma che, pur non giungendo a tanto, l’aveva lasciata impossibilitata a poter avere altri bambini. E così, Be’Loome, Be’Rishil e Ras’Nihca erano e sarebbero rimasti i loro unici tre figli, e tre figli che avrebbero avuto ad amare con tutto il cuore, con tutta l’anima, nel meraviglioso dono che, obiettivamente, essi avrebbero quindi avuto a rappresentare con la loro stessa presenza.

« Ecco papà. » annuì a titolo di conferma Deeh’Od, riconoscibilmente impegnata, con la collaborazione del primogenito, ad allestire la tavola da pranzo con una ricca colazione, e una ricca colazione che, in quel giorno speciale, ella si era premurata di voler offrire al proprio sposo « Credo che il tuo grido lo abbiano sentito fino alla capitale, piccola mia... »
« E stai zitta. » protestò allora Be’Rishil, apparendo chiaramente frastornato dal sonno prematuramente interrotto e, ancor più, dal baccano che aveva contraddistinto l’annuncio della sorellina, e un annuncio, effettivamente, gridato a squarciagola, con una vocina così acuta per cui, probabilmente, anche il gallo avrebbe avuto a che risentirsi, di essere stato così anticipato rispetto al proprio canto mattutino.
« La mamma ha detto di dire quando arriva papà! » replicò piccata la frugoletta, pronta a dare origine all’ennesimo battibecco con il proprio fratello mediano, in quell’attività che, tipicamente, riempiva loro le giornate, sotto lo sguardo sin troppo paziente del primogenito.
« “La mamma aveva detto di dire quando sarebbe arrivato papà.” » la corresse con dolcezza Be’Loome, andando a prenderla in braccio per interrompere sul nascere quella discussione, frapponendosi immediatamente fra i due.
« La mamma sarebbe detta di dire quanto aveva arrivato papà. » provò a ripetere la piccola, in una frase tuttavia ancora un po’ troppo complessa per lei, come ebbe a dimostrare il pasticcio che ebbe così a generare.
« Fate i bravi, bambini. » sorrise la madre, finendo di sistemare l’ultimo piatto sul tavolo prima di avere a muoversi in direzione del proprio sposo « E venite a salutare vostro padre... e a fargli gli auguri per questi primi dieci anni di matrimonio. » li invitò, definendo la questione quasi come avesse a dover essere considerato in tutto e per tutto soltanto un festeggiamento per lui e non, piuttosto, per entrambi o, meglio ancora, per tutti loro, qual pur avrebbe avuto a dover essere inteso.

Be’Sihl rinunciò a protestare e a cercare di correggere la moglie, là dove erano stati sufficienti i primi sette anniversari per arrivare a comprendere quanto ella si divertisse a voler rendere lui protagonista assoluto di quel giorno.
Il perché, in effetti, di questo capriccio da parte della donna non gli era mai stato particolarmente chiaro: ciò nonostante, però, egli aveva finito per accettarlo. Ed, esattamente come negli ultimi anni, anche in questa nuova occasione non ebbe a tentare di imporre alcuna correzione alle parole della sposa, limitandosi ad accoglierla a sé, abbracciandola e baciandola con dolcezza, al fine di ringraziarla di tutto quello.
Un abbraccio e un bacio che, ovviamente, ebbe poi a essere allargato anche ai tre piccoli, fosse anche e soltanto per cercare di far tacere Ras’Nihca, la quale, eccitatissima per quella festa a sorpresa, stava riprendendo a gridare con sin troppo entusiasmo, e un entusiasmo assordante non soltanto per il povero Be’Rishil, ma per tutti loro.

« Non c’era bisogno che vi svegliaste così presto per fare tutto questo... » specificò poi Be’Sihl, nel rendersi conto di quanto il figlio mediano stesse patendo tantissimo quella situazione, dimostrandosi più indispettito del solito verso la sorellina e, soprattutto, faticando a tenere gli occhi aperti « Avreste potuto organizzarmi un pranzo a sorpresa. »
« Un pranzo a sorpresa...?! » ridacchiò Deeh’Od, aggrottando appena la fronte « Divertente, marito mio... divertente. Come se in questa casa potesse esserci occasione di sorprenderti in qualche maniera. » puntualizzò, a porre l’accento su quanto, comunque, egli sembrasse sempre in grado di essere ovunque allo stesso momento, non per qualche paranoica smania di controllo, quanto e piuttosto per una proattività estrema, tale da non permettere a nulla di avvenire al di fuori del suo raggio d’azione « E’ già sorprendente che siamo riusciti a organizzare tutto questo senza che tu te ne sia accorto... perché non te ne eri accorto, vero?! » domandò poi, nel dubbio che, comunque, tanti sforzi fossero stati ancor vani.
« Non me ne ero accorto... non temere. » confermò egli, annuendo alle di lei parole « Siete stati bravissimi... e mi avete fatto una sorpresa bellissima. Tutti quanti! » ringrazio, rivolgendosi non soltanto alla sposa ma anche, e ovviamente, ai tre figlioletti, che pur, ognuno nei limiti delle proprie possibilità, si erano pur impegnati per tradurre tutto quello in realtà.
« Per fortuna... » sospirò la donna, sorridendo con soddisfazione « Ci tenevo a festeggiare in maniera adeguata questi primi dieci anni insieme. » soggiunse, correndo a cercare le sue labbra con le proprie per un fugace bacio carico di giocosa dolcezza.
« Allora ammetti che questa festa riguarda entrambi...?! » non si lasciò sfuggire occasione per tornare a insistere a tal riguardo, cogliendo al balzo la frase per così come da lei appena formulata.
« Certo che riguarda entrambi... » confermò ella, stringendosi appena fra le spalle « Semplicemente tu la meriti molto più di me, perché sei stato in grado di sopportare tutti i miei capricci per tanto tempo. » sottolineò poi, suggerendo forse il perché della sua passata reticenza ad accettare quella giornata qual una festa per entrambi « Comunque stai tranquillo: a partire da oggi, e per tutti gli anni a venire, farò in modo di farla essere veramente un’occasione di gioia comune... » soggiunse infine, con fare sibillino.

lunedì 19 luglio 2021

3707

 

Quando Be’Sihl si svegliò, quella mattina, il silenzio più assoluto avvolgeva la sua dimora.
 
Non un silenzio innaturale, in verità, in nulla fraintendibile qual espressione di una qualche ragione di allarme, nel considerare l’ora alla quale egli era solito svegliarsi. Perché se pur, quella sua seconda vita aveva preso una strada completamente diversa dalla prima, talune abitudini avrebbero avuto a doversi riconoscere qual dure a morire. E dopo che, per un’esistenza intera vissuta qual locandiere, egli si era abituato ad andare a dormire tardi la sera e a svegliarsi presto al mattino, improbabile sarebbe stato per lui avere a reinventarsi in maniera così radicale da mutare anche simili orari, benché, comunque, non fosse più un locandiere. Anzi... benché in quella realtà non fosse mai stato un locandiere.
Nel restare in quel della propria terra natia, e nel decidere, in questa nuova occasione, di porre lì radici, Be’Sihl era infatti divenuto un agricoltore e un allevatore, o, per meglio dire, un proprietario di terre e di bestiame. Sfruttando, infatti, la malizia negli affari che aveva avuto occasione di acquisire in una vita intera trascorsa come locandiere nella città del peccato, egli si era riservato la possibilità di far fruttare la dote offerta a lui e a Deeh’Od dalla sua stessa famiglia, nel giorno del loro matrimonio, per iniziare una serie di vantaggiosi investimenti, scambi e accordi che, nel giro di poche stagioni, gli avevano permesso di porre le mani su un amplio podere in un’ottima collocazione, nonché su qualche dozzina di capi di bestiame, a rappresentare una solida base sulla quale avere a edificare il proprio futuro.
Un futuro che, sempre in grazia a quello stesso acume retaggio della sua prima vita, egli aveva saputo costruire con attenzione e cura del dettaglio, e che, già e soltanto pochi anni più tardi, aveva visto diverse famiglie iniziare a vivere alle sue dipendenze, impiegati all’interno di quella neppur poi così modesta impresa rurale. E di quella neppur poi così modesta impresa rurale che, a distanza di dieci anni esatti dall’inizio di quel metaforico viaggio, avrebbe avuto a contare nel numero di trenta le famiglie che lavoravano con lui e per lui, in una realtà che, di buon grado, avrebbe potuto essere riconosciuta più prossima a un vero e proprio villaggio che non a una proprietà privata.

Malgrado, quindi, Be’Sihl fosse diventato a tutti gli effetti un possidente, e un possidente contraddistinto da una certa importanza all’interno del panorama di quella regione, egli non si era voluto concedere alcuna pigrizia, né mentale, né fisica, continuando a mantenersi attivo nel lavoro e nel lavoro quotidiano, allorché allontanarsi da esso per così come, pur, sarebbe stato normale per qualcuno nella sua posizione. E, così, egli era sempre il primo a recarsi nelle stalle al mattino e l’ultimo a lasciare i campi la sera, non per un mero ruolo di supervisione, ma, e piuttosto, per una cooperazione attiva nelle attività correnti, mostrandosi puntualmente con un qualche attrezzo fra le mani, e confondendosi in maniera assoluta fra i propri braccianti. Braccianti con i quali, per inciso, egli aveva voluto ovviamente instaurare un rapporto familiare, esattamente per così come, in quel della propria locanda a Kriarya, si era sempre premurato di fare nei confronti dei propri garzoni.
Nessuno fra quegli uomini o donne, infatti, avrebbe avuto a potersi considerare di fatto alle sue dipendenze, per quanto, in effetti, la loro sussistenza dipendeva in tutto e per tutto da lui: tutti loro si ponevano nei suoi confronti come nei confronti di un amico, se non, addirittura, di un fratello, di uno zio, di un padre, relazionandosi con lui nella maniera più spontanea possibile e provando reale affetto per colui che pur, fosse stato chiunque altro, sarebbe stato additato semplicemente qual “il padrone”. No: Be’Sihl non si comportava da padrone, non desiderava essere considerato un padrone. E tale impegno, simile volontà, non soltanto era da lui ben espressa in ogni propria decisione e in ogni proprio operato; ma, ancor più, era perfettamente colta da tutti loro, e da coloro i quali non avrebbero mai avuto a pensare, a parlare o ad agire se non per il suo bene. Suo e, ovviamente, della sua casa.

Quando Be’Sihl si svegliò, quella mattina, il silenzio più assoluto avvolgeva la sua dimora.

Quel silenzio, quindi, che per lui avrebbe avuto a poter essere considerato consueto, normale, anticipando di poco persino il sorgere del sole nella volontà di potersi mettere all’opera allo scopo di preparare la colazione per la propria famiglia.
Perché, per quanto la giornata che lo avrebbe atteso sarebbe stata lunga ed impegnativa, fisicamente e psicologicamente, egli non avrebbe mai potuto né voluto rinunciare alla possibilità di dedicare le proprie prime energie, la propria prima attenzione, a quell’attività. E a quell’attività forse faceta, ma che, dal suo punto di vista, avrebbe avuto a dover essere intesa qual una dimostrazione di affetto, di amore, per coloro ai quali avrebbe dedicato il prodotto di quegli sforzi.

Ma quella mattina, nel silenzio più assoluto, avrebbe avuto a dover essere riconosciuto qualcosa di diverso rispetto al solito. Perché il posto accanto a lui, nel letto, era stranamente vuoto.

Che il posto accanto a lui, nel letto, potesse essere vuoto, in verità, non avrebbe avuto a potersi fraintendere qual qualcosa di strano, di sconvolgente, di incredibile, non laddove, benché sposatisi, egli non aveva mai avuto a pretendere da Deeh’Od, da sua moglie, che ella avesse a modificare nulla del proprio stile di vita, in termini verso i quali, all’occorrenza, ella non sarebbe riuscita a riconoscersi realmente felice. Perché Deeh’Od, esattamente al pari Midda, non avrebbe avuto a poter essere fraintesa nata per la quiete propria della vita domestica: il suo animo, e quell’animo da avventuriera, non avrebbe potuto che ritrovarsi a essere soffocato all’interno delle mura di casa, e là dove Be’Sihl, in fondo, era innamorato di lei per così come ella era, con tutti i suoi pregi e, all’occorrenza, con tutti i suoi difetti, mai avrebbe potuto avere a desiderare che potesse mutare di una sola virgola... a meno che questo, ovviamente, non fosse suo desiderio. Per tale ragione, la carriera militare, per Deeh’Od, era proseguita dopo il matrimonio esattamente come se nulla fosse cambiato, vedendola proseguire nelle proprie missioni, nella propria vita, così come già prima del matrimonio.
Impreciso, tuttavia, sarebbe stato considerare una perfetta continuità fra il prima e il dopo. Perché se nel “prima”, Be’Sihl era stato sovente al di lei fianco nei propri viaggi, soprattutto nelle proprie peregrinazioni più lunghe; “dopo” egli aveva avuto a preoccuparsi, per l’appunto, di edificare la loro dimora e quanto attorno a essa così straordinariamente realizzato, riservandosi maggiore distanza da lei e, in ciò, indirettamente, costringendola a muoversi a sua volta verso di lui, in un più giusto equilibrio di forze fra loro, in un’amorevole ricerca di un punto d’incontro a metà strada fra due cammini apparentemente tanto distanti.
Così, alla fine, ella aveva preso l’abitudine di viaggiare in maniera stagionale, restando accanto a lui per metà dell’anno e allontanandosi da lui per l’altra metà...
... e laddove quel giorno, il giorno del loro decimo anniversario, aveva a ricadere nel periodo in cui ella era a casa, decisamente insolito sarebbe stato per lui non avere a poter incontrare l’immagine di lei nel proprio letto, al momento del risveglio.

Ma breve, in tutto ciò, ebbe a essere il suo possibile disorientamento, là dove, quando, dopo essersi rivestito, scese nella sala da pranzo, ebbe lì a ritrovare non soltanto ma, con lei, tutti quanti, in attesa del suo arrivo, per una sorpresa decisamente riuscita.

« Ecco papà! Ecco papà! » annunciò Ras’Nihca, la sua terzogenita, sopperendo evidentemente al proprio compito di vedetta, e a quel compito che, malgrado i suoi tre anni e poco più di età, ella doveva aver certamente abbracciato con assoluta serietà.