Lungo fu il silenzio di Desmair. E un silenzio a confronto con il quale per Nóirín non avrebbe potuto che esservi la certezza di averlo quantomeno irritato con quel proprio commento. Una collera, quella propria di Desmair, a confronto con la quale era sufficientemente certa non avrebbe voluto ritrovarsi a essere: se non per l’incredibile esperienza che egli doveva aver comunque accumulato, nel corso dei secoli, su come imporre la sofferenza al proprio prossimo nei modi più brutali possibili; anche e soltanto per la sproporzione esistente fra loro, e per quella sproporzione tale per cui il suo intero corpo probabilmente avrebbe avuto a equivalere con un di lui braccio, o poco più.
Ma se irritazione era quanto ella non avrebbe potuto ovviare a temere di aver suscitato in lui; ilarità fu quella che egli ebbe a dimostrare, e a dimostrare gettando di colpo l’enorme capo all’indietro, per permettere a una fragorosa risata di emergere con maggiore violenza dalla profondità del proprio petto, attraverso il proprio collo taurino, sino alla proprio bocca ornata da bianchi denti affilati, simili a zanne. Una risata incredibilmente sentita, la sua, contraddistinta da un grande trasporto, e un trasporto che non poté ovviare a disorientare, inizialmente, la stessa Rín, per poi avere addirittura a contagiarla, e a contagiarla in termini tali per cui ella si ritrovò a ridacchiare senza neppure sapere il perché. O forse, e soltanto, per il sollievo di non avere a doversi scontrare contro quell’essere.
Dopotutto, benché ella fosse gemella di Maddie e versione alternativa di Nissa Bontor, nulla, al di là dell’aspetto, l’avrebbe potuto accomunare né all’una, né all’altra, e, tantomeno, a Midda Bontor, la sola che, pur senza mai realmente vincere, era riuscita nel corso del tempo a tenere testa a quel semidio immortale, malgrado tutta la sua forza e malgrado tutti i suoi poteri.
« Mi piaci, Nóirín Mont-d'Orb! » sancì egli, dopo qualche istante, quando quella risata ebbe a scemare in maniera naturare « Sei una donna sincera e diretta. E non hai paura di esprimere quello che pensi, malgrado ciò potrebbe condurre, come conseguenza diretta, a una violenta estrazione della tua colonna vertebrale dal tuo stesso corpo... »
L’immagine così evocata dal semidio, che pur avrebbe avuto ovviamente a doversi intendere qual evocativa di una terrificante minaccia, non poté comunque che ispirare una nuova risatina sulle labbra della sua interlocutrice, al pensiero di quanto quel suo impegno ad apparire minaccioso lo stesse rendendo grottescamente assimilabile a un personaggio di una nota e quantomai improbabile serie di videogiochi del suo mondo natale, nei vari episodi dei quali la più straordinaria varietà di uomini e mostri umanoidi si affrontavano in una serie di sfide all’ultimo sangue, un torneo la vittoria o la perdita del quale avrebbe, ovviamente, causato la fine non soltanto dell’intero mondo ma, addirittura, dell’intera realtà: videogiochi ben poco realistici e resi celebri, nel corso dei decenni, dalle sempre più truculente e improbabili scene finali di ogni combattimento, scene che il giocatore, attraverso varie combinazioni di tasti, avrebbe potuto controllare secondo i propri gusti e la propria brama di sangue.
L’idea, quindi, che Desmair arrivasse, le appoggiasse una mano sulla testa e l’altra sulle spalle, per poi strappare con forza tutta la sua intera spina dorsale dal corpo, oltre che assolutamente improbabile, non avrebbe potuto che risultare quindi quasi divertente nel paradossale confronto con quella fantasia videoludica.
« Per questa ragione, credo proprio che, questa volta, ti lascerò vivere. » definì, a conclusione di quella propria fugace arringa, ammiccando verso di lei.
« Questa notizia non può che rallegrarmi... » inarcò un sopracciglio ella, ironizzando nel merito della cosa benché, comunque, quella situazione non avrebbe potuto giustificare alcuna facile ironia « ... anche se, obiettivamente, non credo che tu arriveresti a uccidermi così banalmente. »
« Mmm...? » esitò egli, osservandola ora con curiosità, per cercare di comprendere cosa potesse ispirare in lei tanta sicumera a tal proposito, là dove in fondo, dal proprio punto di vista, non vi sarebbe stata alcuna ragione per rivolgerle una tanto particolare premura.
« Beh... sei stato proprio tu a spiegarcelo, in occasione del nostro primo viaggio nel tempo del sogno: morire qui equivarrebbe non soltanto a morire nella nostra realtà, ma in ogni possibile realtà, venendo repentinamente cancellati da ogni piano d’esistenza come se non si fosse mai vissuti. » rimembrò la donna dai capelli color del fuoco e dagli occhi color del ghiaccio « La mia morte, quindi, comporterebbe l’eliminazione di ogni altra Nóirín o Nissa esistenti nell’intero multiverso. E anche nell’ipotesi che tutto ciò non avesse a condurre, come comunque sarebbe logico, a una brutale riscrittura di ogni linea temporale, eliminando il fattore Nissa dalla vita di ogni Midda, e conducendo a presenti di ben difficile immaginazione; comunque anche e soltanto l’eliminazione di una Nissa in particolare, e della Nissa-ritornata che tanto fastidio può ancor creare alla tua ben poco amata sposa, rappresenterebbe un indubbio favore a vantaggio della “tua” Midda... in un omaggio che, credo, tu non avresti a volerle tributare così gratuitamente. »
La rapidità di pensiero e di elaborazione propria della sua interlocutrice ebbe a sorprendere genuinamente Desmair il quale, tutt’altro che abituato a menti così brillanti, ebbe a ritrovarsi sinceramente spiazzato a confronto con quella figura. Una figura che, contraddistinta da un’intelligenza così brillante e da un intuito così efficace, nonché dalla non banale possibilità di accedere al tempo del sogno, avrebbe potuto un giorno divenire una delle mortali più potenti di ogni realtà e di ogni tempo, in misura tale da far impallidire persino il ricordo della sua stessa genitrice, della terribile Anmel Mal Toise.
In effetti, anche in occasione del loro primo incontro, Nóirín era stata la prima a dimostrare di comprendere con reale cognizione di fatto ove avessero a trovarsi e le peculiari caratteristiche di quella dimensione primigenia, sfruttandole innanzitutto a proprio vantaggio personale e, poi, a vantaggio di tutti i suoi compagni di ventura, egli stesso incluso, con una confidenza, con una pacatezza straordinarie, a confronto con le quali difficile sarebbe stato riuscire a credere che tutto ciò avesse, realmente, a dover essere nuovo per lei. Neppure gli dei, che pur sin dal loro primo giorno di vita avevano la quieta possibilità di confrontarsi con molto più della comune concetto di tempo e di spazio proprio dei mortali, avevano mai avuto a dimostrare una tanto banale confidenza con concetti simili. Ed ella, al contrario, nata semplice umana in una realtà così distante da tutto ciò, si era dimostrata quietamente in grado di superare i confini del proprio raziocinio, per spingersi oltre... per spingersi sino a tali elucubrazioni multidimensionali con la stessa tranquillità con la quale avrebbe potuto condurre quattro chiacchiere in un’osteria, davanti a un boccale di birra.
Non vi era da sorprendersi, quindi, che Nissa Bontor fosse stata da sempre l’unica donna realmente capace di avere la meglio su quella leggenda vivente conosciuta con il nome di Figlia di Marr’Mahew, di Ucciditrice di Dei, di Campionessa di Kriarya e di Lysiath, e ancora altro. Perché la medesima lucidità di pensiero e di azione che Midda Bontor era solita dimostrare con squisita naturalezza nel confronto di una pugna; la sua gemella appariva altresì interessata a impiegarli in qualcosa di più grande, in un progetto ben più amplio, e un progetto come quello che, per esempio, l’aveva veduta costituire dal nulla una vera e propria nazione, e una potente nazione di pirati. E laddove, tuttavia, Nissa Bontor era onnubilata nei propri pensieri, nella propria ispirazione, dal risentimento a discapito della propria gemella, in termini tali da soffocare indegnamente il proprio potenziale, tutto ciò non appariva gravare malamente su Nóirín Mont-d'Orb, la quale, pertanto, avrebbe potuto non avere limiti di sorta alla propria crescita.
« Arguta... » osservò alfine Desmair, per non imporsi scena muta a confronto con le di lei parole, nel timore di quanto, allora, un suo qualsivoglia silenzio avrebbe potuto avere a spronarla a voler indagare oltre e, in conseguenza a ciò, ad acquisire nuove capacità... e nuove capacità che, obiettivamente, sarebbe per lui stato meglio ella non avesse mai a rendere proprie.
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