Il primo a giungere era stato Be’Loome, a nove mesi esatti dal loro matrimonio: figlio della loro prima notte di nozze, in maniera evidente e inequivocabile, non avrebbe potuto essere frainteso in alcun modo qual una sorpresa, soprattutto a confronto con l’estremo impegno che, per l’appunto, in quella notte, li aveva visti coinvolti.
Un paio di anni dopo la nascita di Be’Loome, Deeh’Od si era vista costretta a concludere anticipatamente una missione in territorio far’ghario dopo essersi scoperta incinta di un secondo figlio. E un secondo figlio che, a differenza del primo, non avrebbe potuto essere considerato egualmente prevedibile, là dove, in effetti, pur non essendo venuti a mancare momenti di intimità fra lei e Be’Sihl, entrambi avevano cercato di riservarsi una certa prudenza, a tentare di minimizzare l’eventualità di una gravidanza, anche in considerazione, per l’appunto, della sua imminente partenza per un lungo viaggio in terra nemica. Evidentemente, però, gli dei avevano deciso diversamente per loro e, così, a cinque mesi dall’inizio della propria missione, e a un mese dalla conclusione pianificata, ella si era vista costretta a imporsi prudenza per non rischiare di attentare alla vita che le stava crescendo in grembo. E così giunse Be’Rishil.
Relativamente, invece, alla piccola Ras’Nihca, ella ebbe a essere frutto di un nuovo, intenso festeggiamento fra i due sposi, in concomitanza alla conclusione dei lavori per l’edificazione di quella stessa dimora. Non ricercata e, ciò non di meno, neppur ovviamente rifiutata, ella giunta a rinforzare la fazione femminile in una famiglia altrimenti dominata da maschietti, non senza una grandissima gioia per lo stesso Be’Sihl che, in effetti, non avrebbe potuto negarsi di desiderare anche una figlia femmina accanto ai propri due figli maschi. E se tre figli in dieci anni avrebbero avuto a dover essere intesi un numero di una certa importanza, soprattutto nel considerare che a crescerli era stato principalmente lo stesso capofamiglia, a non negare, in tal senso, alla propria sposa l’occasione di continuare a vivere la vita da lei desiderata; Be’Sihl avrebbe ben volentieri tentato la sorte con una quarta nascita se soltanto fosse stato loro possibile.
Purtroppo però, in una nuova e triste analogia fra Deeh’Od e Midda, dall’ultima missione ella aveva fatto ritorno con una nuova, spiacevole cicatrice all’altezza del basso ventre: una ferita che avrebbe potuto costarle la vita ma che, pur non giungendo a tanto, l’aveva lasciata impossibilitata a poter avere altri bambini. E così, Be’Loome, Be’Rishil e Ras’Nihca erano e sarebbero rimasti i loro unici tre figli, e tre figli che avrebbero avuto ad amare con tutto il cuore, con tutta l’anima, nel meraviglioso dono che, obiettivamente, essi avrebbero quindi avuto a rappresentare con la loro stessa presenza.
« Ecco papà. » annuì a titolo di conferma Deeh’Od, riconoscibilmente impegnata, con la collaborazione del primogenito, ad allestire la tavola da pranzo con una ricca colazione, e una ricca colazione che, in quel giorno speciale, ella si era premurata di voler offrire al proprio sposo « Credo che il tuo grido lo abbiano sentito fino alla capitale, piccola mia... »
« E stai zitta. » protestò allora Be’Rishil, apparendo chiaramente frastornato dal sonno prematuramente interrotto e, ancor più, dal baccano che aveva contraddistinto l’annuncio della sorellina, e un annuncio, effettivamente, gridato a squarciagola, con una vocina così acuta per cui, probabilmente, anche il gallo avrebbe avuto a che risentirsi, di essere stato così anticipato rispetto al proprio canto mattutino.
« La mamma ha detto di dire quando arriva papà! » replicò piccata la frugoletta, pronta a dare origine all’ennesimo battibecco con il proprio fratello mediano, in quell’attività che, tipicamente, riempiva loro le giornate, sotto lo sguardo sin troppo paziente del primogenito.
« “La mamma aveva detto di dire quando sarebbe arrivato papà.” » la corresse con dolcezza Be’Loome, andando a prenderla in braccio per interrompere sul nascere quella discussione, frapponendosi immediatamente fra i due.
« La mamma sarebbe detta di dire quanto aveva arrivato papà. » provò a ripetere la piccola, in una frase tuttavia ancora un po’ troppo complessa per lei, come ebbe a dimostrare il pasticcio che ebbe così a generare.
« Fate i bravi, bambini. » sorrise la madre, finendo di sistemare l’ultimo piatto sul tavolo prima di avere a muoversi in direzione del proprio sposo « E venite a salutare vostro padre... e a fargli gli auguri per questi primi dieci anni di matrimonio. » li invitò, definendo la questione quasi come avesse a dover essere considerato in tutto e per tutto soltanto un festeggiamento per lui e non, piuttosto, per entrambi o, meglio ancora, per tutti loro, qual pur avrebbe avuto a dover essere inteso.
Be’Sihl rinunciò a protestare e a cercare di correggere la moglie, là dove erano stati sufficienti i primi sette anniversari per arrivare a comprendere quanto ella si divertisse a voler rendere lui protagonista assoluto di quel giorno.
Il perché, in effetti, di questo capriccio da parte della donna non gli era mai stato particolarmente chiaro: ciò nonostante, però, egli aveva finito per accettarlo. Ed, esattamente come negli ultimi anni, anche in questa nuova occasione non ebbe a tentare di imporre alcuna correzione alle parole della sposa, limitandosi ad accoglierla a sé, abbracciandola e baciandola con dolcezza, al fine di ringraziarla di tutto quello.
Un abbraccio e un bacio che, ovviamente, ebbe poi a essere allargato anche ai tre piccoli, fosse anche e soltanto per cercare di far tacere Ras’Nihca, la quale, eccitatissima per quella festa a sorpresa, stava riprendendo a gridare con sin troppo entusiasmo, e un entusiasmo assordante non soltanto per il povero Be’Rishil, ma per tutti loro.
« Non c’era bisogno che vi svegliaste così presto per fare tutto questo... » specificò poi Be’Sihl, nel rendersi conto di quanto il figlio mediano stesse patendo tantissimo quella situazione, dimostrandosi più indispettito del solito verso la sorellina e, soprattutto, faticando a tenere gli occhi aperti « Avreste potuto organizzarmi un pranzo a sorpresa. »
« Un pranzo a sorpresa...?! » ridacchiò Deeh’Od, aggrottando appena la fronte « Divertente, marito mio... divertente. Come se in questa casa potesse esserci occasione di sorprenderti in qualche maniera. » puntualizzò, a porre l’accento su quanto, comunque, egli sembrasse sempre in grado di essere ovunque allo stesso momento, non per qualche paranoica smania di controllo, quanto e piuttosto per una proattività estrema, tale da non permettere a nulla di avvenire al di fuori del suo raggio d’azione « E’ già sorprendente che siamo riusciti a organizzare tutto questo senza che tu te ne sia accorto... perché non te ne eri accorto, vero?! » domandò poi, nel dubbio che, comunque, tanti sforzi fossero stati ancor vani.
« Non me ne ero accorto... non temere. » confermò egli, annuendo alle di lei parole « Siete stati bravissimi... e mi avete fatto una sorpresa bellissima. Tutti quanti! » ringrazio, rivolgendosi non soltanto alla sposa ma anche, e ovviamente, ai tre figlioletti, che pur, ognuno nei limiti delle proprie possibilità, si erano pur impegnati per tradurre tutto quello in realtà.
« Per fortuna... » sospirò la donna, sorridendo con soddisfazione « Ci tenevo a festeggiare in maniera adeguata questi primi dieci anni insieme. » soggiunse, correndo a cercare le sue labbra con le proprie per un fugace bacio carico di giocosa dolcezza.
« Allora ammetti che questa festa riguarda entrambi...?! » non si lasciò sfuggire occasione per tornare a insistere a tal riguardo, cogliendo al balzo la frase per così come da lei appena formulata.
« Certo che riguarda entrambi... » confermò ella, stringendosi appena fra le spalle « Semplicemente tu la meriti molto più di me, perché sei stato in grado di sopportare tutti i miei capricci per tanto tempo. » sottolineò poi, suggerendo forse il perché della sua passata reticenza ad accettare quella giornata qual una festa per entrambi « Comunque stai tranquillo: a partire da oggi, e per tutti gli anni a venire, farò in modo di farla essere veramente un’occasione di gioia comune... » soggiunse infine, con fare sibillino.
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