« Chi sei...? » domandò allora, ben conoscendo quegli occhi ma, proprio malgrado, non avendo possibilità di associarli in maniera univoca alla propria proprietaria, là dove, in effetti, egli conosceva almeno sei persone dotate di quel medesimo sguardo, nel contare Midda e Nissa, Maddie e Rín, e, addirittura, Mera Ronae e Namile, le due figlie di Nissa.
Al di là, infatti, del disorientamento iniziale, conseguente all’udire quella voce, egli non avrebbe potuto essere certo dell’identità della figura che gli stava di fronte, benché, in verità, indossasse gli stessi abiti indossati da Nóirín Mont-d'Orb in occasione della loro ultima avventura insieme. Ma da quell’avventura, per lui, erano passati ben vent’anni... e vent’anni pieni di nuovi ricordi, di nuove avventure, in una nuova realtà tutta da scoprire, da esplorare, tale per cui, obiettivamente, difficile sarebbe stato poter riassociare quell’immagine alla sua proprietaria.
Ciò di cui egli era certo, comunque, nell’assenza della cicatrice in corrispondenza al di lei occhio mancino e nella presenza del di lei braccio destro, nonché nell’assenza dei tatuaggi volti a ben definire la sua origine tranitha e il suo passato da marinaio, avrebbe avuto a dover essere considerato chi ella improbabilmente avrebbe potuto essere: Midda Bontor.
« Nóirín Mont-d'Orb... Rín... » si presentò ella, con un quieto sorriso verso di lui « Non ho idea di quanto tempo sia passato dall’ultima volta che mi hai visto... ma sono proprio io. » specificò, necessariamente incerta a tal riguardo, benché, in effetti, egli avesse ad apparire addirittura più giovane di quanto non lo ricordasse essere « Purtroppo nel tempo del sogno anche il concetto di tempo, come quello di spazio, sono tutt’altro che assoluti. E secondo-fra-tre ne potrebbe aver approfittato per cercare di... »
« Aspetta... aspetta! » la fermò egli, levando le mani innanzi a sé, necessariamente confuso a confronto con quelle parole « Che cosa stai dicendo...?! Questo non è il tempo del sogno...! »
Midda Bontor era rimasta intrappolata per mesi all’interno della sua mente per colpa di Desmair. Mesi che, dal punto di vista della medesima erano stati addirittura anni. E anni nel corso dei quali ella aveva dovuto rinunciare a credere che tutto ciò che aveva sempre considerato realtà fosse effettivamente tale, salvo poi ritrovarsi a confronto con Be’Sihl... ed essere da lui condotta a maturare la consapevolezza dell’inganno nel quale era stata violentemente precipitata dal proprio sposo.
Questo egli lo ricordava perfettamente. Anche perché in più di un’occasione, soprattutto nei primi tempi di quella propria nuova vita, si era posto necessariamente il dubbio nel merito di quanto stesse allor affrontando, nell’eventualità che anche tutto ciò potesse essere nulla di più e nulla di meno rispetto a un elaborato inganno. Tuttavia, alla fine, Be’Sihl era stato costretto ad accettare la verità dei fatti, e la verità dei fatti di non essere più all’interno del tempo del sogno, là dove, proprio malgrado, non avrebbe potuto vantare la benché minima opportunità di controllo su quella realtà.
Il ritrovarsi, pertanto, a confronto con l’immagine di Rín che, a distanza di vent’anni e più, si stava lì riservando occasione utile a ricomparire nella sua vita, non avrebbe potuto evitare di sconvolgerlo. E sconvolgerlo nel proiettarlo violentemente a confronto con la prospettiva che nulla di tutto quello che aveva lì costruito, emotivamente, spiritualmente e fisicamente, potesse essere vero. E, peggio ancora, che neppure i suoi tre figli lo fossero...
... no.
Non avrebbe potuto essere così. Quella doveva essere la realtà.
Per forza di cose, quella doveva essere la realtà.
« Invec... » tentò di replicare la sua interlocutrice, salvo ritrovarsi a essere interrotta sul nascere dallo stesso shar’tiagho, tutt’altro che pronto a confrontarsi con qualunque argomentazione ella avrebbe potuto riservare qual propria.
« Prima che tu possa parlare, devi sapere che sono passati più di due decenni da quando mi sono risvegliato in questo mondo. » la anticipò, a chiarire le condizioni a contorno « E, credimi, non è stato facile per me accettare che questa fosse la realtà. A lungo... a lungo ho provato a trasportarmi via da qui, o quantomeno a manipolare il mondo a me circostante, per ritrovare conferma del fatto di essere ancora nel tempo del sogno. Ma non vi è stato mai successo... né in un senso, né nell’altro. Questo senza trascurare il fatto che quasi mi sono ammazzato cadendo dalle scale, e che nessuna nanotecnologia è intervenuta a rimettermi in sesto, per così come avrebbe dovuto accadere se questo fosse il mio corpo originale. E così, alla fine, non ho potuto fare altro che accettare che questa sia la realtà. » continuò a spiegare, parlando quasi senza respirare, in uno stato di crescente ansia e nella necessità di convincersi di non aver sbagliato ad agire per così come aveva agito « Una realtà diversa da quella in cui sono vissuto... e ciò non di meno la realtà. E una realtà in cui mi sono ritrovato costretto a vivere e, soprattutto, a reimparare a vivere, reinventando me stesso in un modo completamente diverso da tutto ciò che sono sempre stato. »
« ... vent’anni...?! » sussurrò l’altra, sgranando gli occhi a confronto con quel dato, e quel dato semplicemente sconvolgente, pur nell’ottica propria del tempo del sogno.
« E ora, nel giorno del matrimonio di mio figlio, tu compari all’improvviso per dirmi che nulla di tutto questo è vero...?! » protestò egli, scuotendo il capo, a rifiutare perentoriamente ogni possibile argomentazione a tal riguardo « No. Non è così che può funzionare... » insistette, storcendo le labbra « ... non è così che deve essere... »
Che quella realtà avesse qualcosa di strano, in fondo, Be’Sihl Ahvn-Qa lo aveva sempre saputo. Lo aveva capito sin da subito.
Perché, pur ammettendo che Deeh’Od potesse essersi salvata, nulla nel corso di quegli ultimi due decenni era mai andato storto, nulla era mai stato meno che perfetto, per così come neppure in un sogno avrebbe potuto essere. Troppo bello per essere vero...
Eppure... eppure per lui quegli ultimi due decenni erano stati reali. Aveva vissuto realmente quella vita. Aveva realmente amato Deeh’Od, aveva realmente amato i suoi tre bambini, vedendoli venire al mondo, vedendoli crescere, diventare grandi e, ora, addirittura, ritrovandosi pronto a celebrare il matrimonio del primo dei tre. E tutto ciò che aveva vissuto non poteva essere ignorato, non poteva essere banalizzato qual una mera illusione.
No...
... non era giusto.
« Be’Sihl… io… » esitò Rín, non sapendo obiettivamente in che termini avere a confrontarsi con tutto ciò, e con qualcosa che, obiettivamente, non aveva previsto né avrebbe mai potuto avere a prevedere, una quieta resilienza da parte sua a confronto con la verità e con una verità che pur, egli stesso, non avrebbe potuto ignorare di conoscere.
Prima che, tuttavia, il discorso potesse trovare una qualche possibilità di evolvere, in un verso o nell’altro, qualcosa di sconvolgente avvenne. E nella propria stessa occorrenza ebbe ancor più a minare ogni senso di razionalità attorno a tutto ciò.
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