11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

mercoledì 31 marzo 2021

3597

 

Per Mera Ronae e per Namile non avrebbe dovuto essere ancor considerato emotivamente semplice avere a porsi a confronto con loro zia.
Se da un lato, infatti, osservandola in volto esse non avrebbero potuto ovviare a ritrovare l’immagine della loro defunta, e ormai rediviva, madre, la violenza della prematura scomparsa della quale ancora non avevano avuto realmente occasione di superare, malgrado molti anni fossero ormai trascorsi da allora, in termini tali per cui non avrebbe mancato di suscitare nel loro cuore un indubbio sentimento di affetto; da un diverso punto di vista esse non avrebbero potuto asserire, in fede, di essersi del tutto liberate dell’indottrinamento subito a opera della loro stessa genitrice, e di quella genitrice che le aveva cresciute educandole a provare soltanto odio verso quella parente, e quella parente da identificarsi, pressoché, qual il male assoluto. Ovviamente, allo stesso modo in cui esse avevano avuto occasione di comprendere quanto loro madre non avesse, purtroppo, a doversi considerare qual il bene incarnato, parimenti esse avevano avuto occasione di maturare confidenza con la verità del fatto che loro zia non avesse a doversi fraintendere qual il male assoluto: ma se tale avrebbe avuto a doversi considerare un discorso razionale e cosciente, una parte di loro, più profonda, subconscia e inconscia, non si sarebbe dovuta ancor considerare scevra dalle ombre del passato e, con esse, da quegli ingiusti pregiudizi che pur avevano contraddistinto la loro infanzia. E, non a caso, esse avevano deciso di lasciare la Jol’Ange per trasferirsi in quel di Kriarya, nell’intento di vivere più vicino possibile alla loro parente: ciò, speravano, avrebbe loro permesso di superare in tutto e per tutto ogni inibizione, arrivando a poterla giudicare per quanto ella effettivamente era, e non per una faziosa immagine mentale che era loro stata offerta a suo riguardo.
Nel contrasto, quindi, fra la loro parte conscia, e la loro parte inconscia, benché innanzi a simili parole esse non avrebbero potuto ovviare a pensare che sarebbe stato allor bello precipitarsi ad abbracciare la loro zia, a offrirle rassicurazione nel merito di quanto non avrebbe avuto a dover chiedere loro scusa per nulla di tutto ciò, al tempo stesso esse non avrebbero potuto mancare di frenare ogni entusiasmo al pensiero di quanto, in fondo, tutto quello altro non avrebbe potuto essere che giudicato qual emotiva risposta alla vista del volto di loro madre, qual pur ella non era. E, ancora, a complicare ulteriormente la situazione, non avrebbe potuto subentrare il dubbio nel merito di quanto, forse, quell’inibizione altro non avrebbe avuto a doversi intendere se non conseguenza di tutte le terribili storie loro narrate dalla loro genitrice, e tali da rendere ancora complesso per entrambe avere a confrontarsi con l’immagine della loro “terrificante” zia Midda Bontor.
Insomma: qualunque cosa esse avrebbero potuto fare, non avrebbe potuto mancare di risultare meno sincero di quanto non avrebbero desiderato poter rendere proprio in quel frangente, ragione per la quale, alla fine, si ritrovarono a restare ferme e mute, vittime di quell’assurdo stallo emotivo nel quale, in tal maniera, non avrebbero potuto che ritrovarsi a essere.

« Beh... » esitò allora la Figlia di Marr’Mahew, in necessario imbarazzo a confronto con quella che avrebbe potuto essere fraintesa qual freddezza da parte delle proprie nipoti, e di quelle nipoti che pur, per prime, avevano dimostrato desiderio di porsi a confronto con lei, venendola a cercare « Immagino che avremo molto su cui poter lavorare nei prossimi giorni. » ironizzò, con un sorriso tirato.
« Comunque considerate pure questa qual la vostra nuova, e probabilmente definitiva, stanza... e sentitevi pure libere di sistemarvi come meglio potete preferire. » riprese immediatamente, mutando direzione al discorso in corso « Nei prossimi giorni, quando sarete più tranquille, andremo a fare un po’ di compere. Mi hanno detto che l’ultima volta che avete tentato di farlo non è andata proprio proprio benissimo... e, credo, possa essere comunque necessario rifornire il vostro guardaroba, benché io, in linea generale, sia l’ultima a potermi esprimere a tal riguardo... » commentò non senza una certa autoironia, ben consapevole di essere solita indossare gli stessi abiti fino al termine fisico della loro esistenza, generalmente per consunzione.

Non desiderando avere a imporre ulteriore motivo di disagio alle proprie nipoti, e di imbarazzo a proprio riguardo, ella accennò quindi a voltarsi verso la porta, per lasciare la stanza.
Ma, prima che potesse effettivamente aprirla, avvertì un delicato contatto di una mano sulla propria spalla, a richiamarne l’attenzione...

« Aspetta. » la richiamò quindi Meri, invitandola a fermarsi ancora un attimo « Non devi chiederci scusa di nulla. » sancì quindi, ad assolvere la propria parente « Non per quanto hai compiuto ora... né per quanto hai fatto in passato. »
« ... » esitò ora la donna guerriero, or impossibilitata a immaginare i termini più opportuni nei quali avere a replicare a quelle parole.
« Non è ancor facile, per noi, rapportarci con te... » spiegò quindi Nami, scuotendo appena il capo « Nel considerare quanto effimeri siano stati, fino a oggi, i rapporti fra noi, benché tu sia la nostra parente più prossima, sei pressoché un’estranea. E un’estranea nel merito del quale ci è stato raccontato tutto e il contrario di tutto... tanto nel bene, quanto nel male. »
« ... capisco... » sorrise ella, necessariamente ancora tesa a confronto con tutto ciò « E mi dis... »
« Aspetta. » la interruppe allora la nipote, scuotendo il capo.
« E’ vero che tu non eri qui ad attenderci, quando siamo arrivate. E, del resto, non avresti avuto neppure ragione di attendere il nostro arrivo, non avendoti offerto alcuna comunicazione del medesimo... » riprese quindi la prima, cercando di trovare le parole migliori nelle quali esprimersi « ... ma è ingiusto che tu dica di non averci mai riservato alcuna premura. Anzi. »
« Da quando è morta nostra madre, non è passato un singolo giorno senza che vi sia stato chi si è impegnato a farci sentire quanto più possibile in famiglia... tanto a bordo della Jol’Ange, negli anni passati, quanto qui a Kriarya, nelle ultime settimane. » confermò Namile, accodandosi alle parole della propria gemella e proseguendo per lei « E saremmo delle stupide a non comprendere quanto tutto ciò che ci è stato riservato, tutto l’affetto, l’ospitalità, e quant’altro, è stato a noi destinato soltanto in tua grazia. »
« Dopo la morte di nostra madre, avresti potuto anche ignorare la nostra esistenza: dopotutto, come stava dicendo pocanzi mia sorella, ancora in questo momento possiamo considerarci pressoché delle estranee... » puntualizzò Mera Ronae, stringendosi appena fra le spalle « Ma non lo hai fatto. E benché tu avessi altre priorità, ti sei impegnata non soltanto ad assicurarci la presenza di qualcuno a prendersi cura di noi... ma ci hai anche lasciato all’interno di una grande famiglia, e di una famiglia che, in nessun momento, ci ha mai rinnegato, malgrado avrebbero potuto avere tutti ragione di imputare a noi le colpe di nostra madre. »
« E una donna capace di ispirare in tal maniera le persone a sé vicino... beh... può essere forse per noi un’estranea, almeno per il momento... ma, di certo, è una persona che merita di essere conosciuta. » concluse allora l’altra, quasi a presentare, in tal maniera, il manifesto alla base del loro trasferimento in città « E’ per questo che siamo qui, zia... perché desideriamo avere possibilità di conoscerti meglio. E di poterti apprezzare come chiunque a te vicino. »
« Diamine! » esclamò allora Meri, non mancandosi di concedersi una certa risatina divertita a un pensiero improvvisamente sortole alla mente « Hai appena dichiarato di aver ereditato i poteri della Portatrice di Luce e dell’Oscura Mietitrice... e praticamente nessuno di tutti coloro a te vicini ha avuto di che spaventarsi per questo! »
« In effetti... » ammiccò Nami, ridacchiando a sua volta.

E benché, sino a quel momento, Meri e Nami non avessero ancora offerto evidenza della volontà di accorciare maggiormente la distanza esistente fra loro e la loro parente, a confronto con tutto ciò Midda non avrebbe potuto trattenersi neppure volendo, ragione per la quale, con occhi lucidi per l’emozione, si slanciò ad abbracciare le proprie nipoti, stringendole a sé in un impeto di sincero affetto per loro.
Un abbraccio che, seppur inizialmente non mancò di sorprendere entrambe, non mancò di vederle, dopo un breve istante, ricambiare il gesto e il sentimento dietro allo stesso, cedendo per un istante alla possibilità, forse illusoria, forse errata nelle proprie ragioni, e pur umanamente giustificabile, di stringersi per un momento a una figura materna, reale o surrogata che avesse a doversi considerare.
Un abbraccio, quello fra la zie e le due nipoti, che si protrasse per un tempo di difficile discriminazione, ma che, alla fine, ebbe a sciogliersi trovando gli occhi di tutte loro ravvivati da piccole perle di intima commozione a confronto con tutto ciò.

« ... credo... credo che sia meglio che ora vi lasci... riposare. » esitò Midda, nello scoprirsi insolitamente esitante nel proprio altresì abitualmente sciolto incedere verbale « Del resto, se non ho capito male, sono passati circa sei mesi dall’ultima volta che avete avuto occasione di farvi una dormita... » scherzò, scuotendo appena il capo, accennando di nuovo a muoversi verso la porta.
« ... zia...?! » la richiamò Nami, prima che ella avesse ad aprire la porta e ad allontanarsi.
« ... sì? » domandò ella, voltandosi ancora verso di loro.
« Gr... » tentò di dire la ragazzina, salvo ritrovarsi anticipata dall’interlocutrice, la quale sollevò una mano per chiederle di non avere a proseguire oltre in quel ringraziamento.
« Aspettate a dirlo. » le invitò, ammiccando nella loro direzione « Concedetevi, e concedetemi, qualche giorno insieme... e se ora di allora avrete ancora voglia di dirlo, lo potrete fare. » richiese loro, in termini che sarebbero apparsi quantomeno eclettici se soltanto non fossero stati allor esplicitati dal proseguo del proprio intervento « Ho capito che mi considerate responsabile per tutte le persone meravigliose che avete avuto occasione di conoscere negli ultimi anni... ma, per favore, concedetemi la possibilità di meritarmi la vostra gratitudine per qualcosa che, effettivamente, possa aver fatto io, e non per ciò che altri hanno fatto in mia assenza. »
« ... d’accordo. » annuì allora Namile, accompagnata in tal senso dalla propria gemella « Per quanto assurdo, mi pare sensato. »
« Oh... » ridacchiò allora la Figlia di Marr’Mahew, a confronto con quell’ossimoro « Non vi preoccupate: vi renderete presto conto di quanto, frequentandomi, vi sia purtroppo molto sovente più assennatezza nell’assurdità rispetto a quanto follia non potreste mai essere portate a credere! » concluse, aprendo la porta innanzi a sé « Buonanotte, ragazze. »
« A domani... zia! »

martedì 30 marzo 2021

3596

 

Quando, quella sera, giunse finalmente l’ora di andare a dormire, Mera Ronae e Namile vennero accompagnate, finalmente, alla propria nuova stanza. E a una nuova stanza loro assegnata con buona pace per i timori sull’economia della locanda che, inizialmente, aveva contraddistinto Arasha a confronto la presenza di nuovi ospiti non paganti.
Dopotutto, accanto alla loro, anche altre stanze ormai non avrebbero più avuto a doversi intendere disponibili all’interno della locanda, quali quella di Duclar, che già da qualche mese lì aveva stabilito la propria dimora, e quelle che vennero allora destinate a lord Brote e a suo figlio Na’Heer, in conseguenza al loro ritorno, riducendo, in ciò, ancora e drasticamente la disponibilità stessa della locanda e trasformandola, seppur teoricamente in maniera sol provvisoria, in buona sostanza, in una sorta di abitazione comune per tutta quella loro eterogenea e complicata famiglia. Un questione che, sicuramente, a tempo debito, avrebbe dovuto essere affrontata, e affrontata con serietà, per comprendere effettivamente che cosa i proprietari de “Alla signora della vita” desiderassero realmente da quel luogo, ma che, per il momento, anche la stessa Arasha non ebbe interesse alcuno ad affrontare, nel preferire avere semplicemente a godersi la gioia dell’inatteso, ma mai insperato, ritorno della propria figlioletta.
A premurarsi di condurle sino ai propri nuovi, e idealmente definitivi, alloggi, si preoccupò in prima persona la loro unica, vera parente, Midda Bontor, la quale, dopotutto, non aveva ancora avuto un momento tranquillo da poter trascorrere in loro compagnia. E ben considerando quanto entrambe avevano affrontato sino a quel momento, in attesa del suo ritorno a Kriarya, quantomeno doveroso sarebbe stato per lei destinare loro una giusta attenzione... e non soltanto.

« Desidero ringraziarvi. » esordì la Figlia di Marr’Mahew, all’indirizzo delle nipoti, dopo che furono entrate all’interno della camera e dopo che ebbe accostato, per un momento, la porta alle proprie spalle, a concedere loro una certa riservatezza « Forse mi sbaglio, ma, se avete ereditato una minima parte delle meravigliose qualità di vostra madre, immagino che non foste assolutamente d’accordo a imbarcarvi in questa... fuga da casa, ma che abbiate deciso comunque di parteciparvi per prendervi cura di tutti gli altri. » sorrise, malinconicamente divertita a confronto con l’ironia della sorte, e di quella sorte che l’aveva allor posta nella stessa condizione nella quale, alcuni lustri addietro, ella aveva posto la propria famiglia, scomparendo nel cuore della notte e lasciando alle proprie spalle soltanto un breve biglietto di saluti e vane rassicurazioni « E non parlo in maniera ironica nel riferirmi a vostra madre... »

Sincera, in effetti, avrebbe comunque avuto a doversi ritenere l’ammirazione di Midda in favore di sua sorella Nissa. Certamente la vita, nella complessità dei propri sviluppi, aveva finito per porle in brutale contrapposizione l’una all’altra, e aveva macchiato le mani di Nissa del sangue di molte, troppe persone care a Midda per permetterle di avere a considerarla qualcosa di diverso da un mostro, e dal peggiore mostro con il quale si fosse mai ritrovata posta a confronto, e non che le mancasse esperienza a tal riguardo. Ma per quanto l’Ucciditrice di Dei non avrebbe potuto ovviare a colpevolizzare, e non a torto, la propria gemella per tutte le morti a lei attribuibili, e tutte le morti da lei causate nell’esplicita volontà di avere a ferirla, a tormentarla, per negarle ogni occasione di gioia; ella non avrebbe neppure potuto ovviare a riconoscere ogni mirabile qualità della stessa, finanche arrivare ad ammettere una di lei superiorità intellettuale a proprio riguardo, per così come ogni evento della loro comune storia avrebbe potuto avere a dimostrare.
A confronto con tutto ciò, e, proprio malgrado, con le conseguenze di diversi modelli d’ispirazione fra loro e i propri figli, tutt’altro che complesso sarebbe allor stato per lei arrivare a ipotizzare quanto, se proprio vi doveva essere stato uno sprone in favore di quella fuga notturna, tale non avrebbe dovuto essere attribuito alle figlie della propria gemella, quanto e piuttosto ai propri figli o, e ancor peggio, alla sua piccola omonima, la quale, così come Arasha avrebbe avuto certamente a confermare, stava crescendo con un eccessivo attaccamento al proprio primo nome, e a quel primo nome attribuitole dal padre qual una sorta di benedizione e che, ciò nonostante, ella avrebbe voluto augurarle non si avrebbe avuto a dimostrare, in qualche non ancor ben definito futuro, qual paradossalmente una sorta di maledizione, condannandola a essere troppo simile a lei.

« Abbiamo agito come gruppo. » decise di commentare dopo un fugace momento di esitazione, e di confronto visivo con la propria gemella, Nami, scuotendo il capo e rifiutando qualunque particolare merito di sorta « Tutto ciò che abbiamo fatto è responsabilità di tutti. Tanto nel bene, quanto nel male. »

Una risposta, la loro, che non poté ovviare a colmare d’orgoglio il cuore della loro interlocutrice, oltre che, ineluttabilmente, di ulteriore malinconia, e di malinconia a confronto con quell’improbabile parallelismo fra la loro vicenda e il proprio passato...

« Chissà cosa sarebbe potuto accadere trentacinque anni fa se soltanto, allorché fuggire in silenzio nella notte, mi fosse confrontata con Nissa... » sospirò pertanto, con un lieve sorriso tirato a confronto con tutto ciò « Chissà se, nei propri viaggi attraverso il multiverso, Maddie o Rín hanno mai avuto occasione di confrontarsi con una simile realtà. » si domandò, sinceramente curiosa nel merito di un’eventuale risposta a tal riguardo « All’epoca decisi di andarmene via discretamente perché convinta di quanto, in caso contrario, vostra madre mi avrebbe impedito di partire. E, sono sincero, fino a oggi non avevo mai preso in considerazione l’idea di quanto, al contrario, avrebbe potuto decidere di seguirmi, così come avete fatto voi con gli altri... »

Benché avessero appena sostenuto di non essersi mai esposte in posizione estranea alle scelte del gruppo, nel non voler rinnegare i propri amici, né Nami, né Meri, si vollero concedere occasione di ulteriore replica a confronto con quelle parole, e quelle parole che, ancora una volta, sembravano suggerire una loro estraneità morale a quanto accaduto.
In fondo, in quella riflessione, loro zia stava più guardando agli errori del proprio passato che a quelli eventualmente imputabili a loro o ai loro compagni di ventura.

« Comunque sia, sono felice che stiate tutti bene. E sono felice che voi due stiate bene. » riprese la Campionessa di Kriarya, scuotendo appena il capo quasi a voler scacciare quel senso di malinconia che si stava impossessando di lei « Visto che tutto si è risolto per il meglio, o quasi... » puntualizzò, non mancando di rivolgere un triste pensiero alla sorte della propria amica Nass’Hya, la cui storia aveva avuto una tragica conclusione tanto in vita, quanto in morte « ... questa vicenda si potrà pur considerare qualcosa di cui aver piacere di offrire ricordo in futuro, qual un’entusiasmante e inaspettata avventura. Ma non fosse stato così, vi assicuro che non mi sarei mai potuta perdonare per tutto questo. »
« ... » esitarono le due gemelle, non sapendo in che maniera avere a confrontarsi con quell’affermazione.
« Comprendo bene che una qualunque premura da parte mia nei vostri riguardi abbia ad apparire spiacevolmente tardiva, là dove, nel momento in cui mi sarei preoccupare per voi, assumendomi la responsabilità del mio ruolo, ho preferito partire... e partire per un viaggio che mi ha tenuta lontana ben cinque anni. » dichiarò ella, non cercando scuse per le proprie mancanze nei loro riguardi, e quelle mancanze che, ormai, non avrebbe più potuto sanare in alcun modo, non con belle parole, non con gesti più o meno eclatanti « Ma, nonostante questo, sono sincera nel dirvi che in questi ultimi mesi non è passato un sol momento in cui non pensassi a voi, oltre, ovviamente, a Tagae e Liagu, colpevolizzandomi per essere stata ancora una volta assente quando avete avuto bisogno di me, quando mi avete cercata e... mi dispiace. Mi dispiace davvero tanto. »

lunedì 29 marzo 2021

3595

 

Ritrovato quindi il biglietto di Mera Ronae, tutt’altro che semplice era comunque stato per la Figlia di Marr’Mahew riuscire a ricostruire l’ultimo passaggio mancante, e il passaggio di quel gruppetto di scapestrati dal loro a un altro piano di realtà. Tuttavia, anche in grazia a una testimonianza inizialmente ritenuta priva di particolare connessione al caso di loro interesse, e una testimonianza nel merito di un vero e proprio sciame di algul fugacemente comparso in città la sera successiva alla scomparsa dei ragazzi, Midda Bontor era riuscita ad arrivare a intuire quanto avvenuto e a farlo in misura utile a comprendere di non poter proseguire ad affrontare quella questione ricorrendo solo alle proprie forze di donna guerriero, avendo necessità, allora e per il bene dei propri figli e non soltanto, di ricorrere ai poteri della regina Anmel, della quale ella era divenuta erede in quanto nuova Oscura Mietitrice e Portatrice di Luce.

« Aspetta un momento... » esclamò lord Brote, a confronto con quell’ultimo dettaglio, non di certo il primo che lo stesse sorprendendo e, probabilmente, neppure l’ultimo che lo avrebbe sorpreso, ma, ciò non di meno, troppo sconvolgente per potersi trattenere dall’interromperla e dall’avere a pretendere un approfondimento ulteriore a tal riguardo «... che storia è questa?! »

Per quanto, all’interno di quella cerchia famigliare, Midda Bontor non fosse solita riservarsi occasione di segreti di sorta, soprattutto da quando uno dei segreti più importanti della sua vita, l’esistenza di una sorella gemella, aveva provocato tanto dolore nella vita dei suoi amici più cari; alcuni dettagli nel merito degli anni trascorsi fra le stelle del firmamento non erano stati del tutto condivisi con chiunque. E non per una qualche particolare mancanza di fiducia, quanto e piuttosto perché considerati dettagli troppo complessi da esplorare, soprattutto a confronto con chi, non per propria colpa ovviamente, non aveva avuto occasione di vivere in diretta determinati eventi, in termini tali da comprendere il perché di alcune scelte.
Così, al pari del fatto che Tagae e Liagu avessero a poter anche essere considerati un’arma di distruzione di massa, e al pari del fatto che Be’Sihl fosse morto e fosse stato riportato in vita in conseguenza all’uso di alcune avanzatissime tecnologie, e, ancora, al pari del fatto che il suo semidivino sposo Desmair fosse ancora da qualche parte nell’immensità dell’universo a vivere la propria vita immortale in un nuovo corpo; anche quel piccolo e non trascurabile dettaglio che ella avesse “sconfitto” Anmel Mal Toise accettandone il retaggio e, in buona sostanza, diventando ella stessa la nuova regina, per così come suo diritto sin dal giorno in cui, qualche lustro addietro, era arrivata a conquistarne la corona perduta, non era stato condiviso con alcuno, restando un dettaglio noto soltanto a coloro i quali quegli eventi si erano ritrovati a viverli in prima persona. Del resto, avere a condividere quell’informazione non avrebbe potuto che generare un certo sgomento... e quello stesso sgomento che, in quel frangente, non avrebbe mancato di essere identificato sul volto di Brote.

« E’ una storia molto lunga, in verità... » sorrise in evidente imbarazzo la donna guerriero, roteando gli occhi verso il soffitto « ... e una storia che, francamente, avrei preferito avere occasione di dimenticare, non potendomi portare altro che guai. » puntualizzò, scuotendo appena il capo « E, tuttavia, anche la storia in sola grazia alla quale mi è stato concesso di raggiungervi, attraverso terzo-fra-tre o, come ha preferito ribattezzarlo Rín, “Sam”. »
« Beh... visto il successo ottenuto nel chiamare Bob secondo-fra-tre, mi sembrava giusto offrire uno spunto anche ora. » minimizzò la versione alternativa di Nissa Bontor, stringendosi con noncuranza fra le spalle.
« Aspettate... quindi qualcuno sapeva già di questo fatto?! » domandò lord Brote, accusando dolorosamente il colpo nel ritrovarsi colto ulteriormente in contropiede da quello scambio di battute fra le due donne dai rossi capelli e dagli occhi color del ghiaccio, trasparente del fatto che tutto ciò, e non certamente qualcosa di poco conto, gli fosse stata deliberatamente tenuta nascosta quasi non avesse a ritenersi degno di fiducia.
« Solo chi era con me quando tutto questo è successo... » puntualizzò rapidamente la Figlia di Marr’Mahew, correndo con lo sguardo anche agli altri che, proprio malgrado, ignoravano tale verità « Come stavo dicendo, non è qualcosa di cui mi considero fiera. E, anzi, potessi avere occasione di liberarmi da tutto ciò, lo farei più che volentieri... » specificò, tornando con lo sguardo verso il proprio ex-mecenate e amico « Mi conosci, Brote: io non vado d’accordo con la stregoneria. Al pari di chiunque altro in questo mondo... »

Chiunque altro, facente parte della sua vita, fosse sopraggiunto a rivelargli una simile verità, e, soprattutto, di avergli taciuto una simile verità per diverso tempo, avrebbe certamente incontrato la disapprovazione di Brote, vedendo non soltanto incrinarsi, ma addirittura infrangersi, ogni rapporto di fiducia fra loro, in termini difficilmente sanabili.
Tuttavia, Midda Namile Bontor non era “chiunque altro”. E quanto più avrebbe avuto a far male al suo ex-mecenate avrebbe avuto a dover essere inteso non tanto il segreto in sé, quanto e piuttosto che ella non avesse ritenuto utile informarlo a tal riguardo, soprattutto nel considerare quanto già, in passato, i di lei segreti avessero avuto occasione di nuocergli e di nuocergli direttamente, portando, un esempio fra tutti, alla tragica uccisione della sua amata Nass’Hya per mano di Nissa Bontor.

« Per il momento è probabilmente meglio soprassedere sulla questione. » concesse, dopo un momento di silenzio, l’uomo, non negandosi un profondo inspiro, e conseguente espiro, a imporsi più serenità possibile a tal riguardo « Spero, tuttavia, che ora che il velo è strappato, tu vorrai spiegarmi meglio la cosa... »

Midda sorrise verso il proprio vecchio amico e, con lui, indirettamente, verso tutti gli altri lì presenti che, suo pari, avrebbero avuto a doversi intendere precedentemente del tutto all’oscuro di tale particolare.
Un sorriso tirato, il suo, non soltanto per la tensione del confronto psicologico con quel tema già per lei non piacevole, quanto e piuttosto con la consapevolezza di almeno un altro, enorme, smisurato, folle segreto a tal riguardo, e un segreto strettamente collegato a ciò, nel merito del quale, tuttavia, avrebbe volentieri preferito evitare di esprimersi.
Perché se pur, in quell’ultima, e inedita occasione, il ricorso ai poteri dell’Oscura Mietitrice, e alla sua influenza sui propri vicari, le aveva permesso di giungere a salvarli attraverso un provvidenziale accesso a quella sorta di anticamera all’aldilà, per mezzo di colui che, fra i tre, era preposto a tale dominio, nella stessa maniera in cui “Bob” era preposto al tempo del sogno e, ancora, primo-fra-tre, al loro originale piano di realtà; in passato le cose non erano andate altrettanto positivamente. Non, in particolare, quando, in maniera del tutto involontaria e incontrollata, ella era stata manipolata al fine di riportare in circolazione tutti coloro che mai erano caduti per mano sua, ossia niente poco di meno che l’intera nazione dei ritornati, per così come si erano voluti definire.
E se pur ancora accettabile avrebbe all’occorrenza potuto essere il pensiero che ella fosse l’erede di Anmel Mal Toise, e un’erede tutt’altro che entusiasta a tal riguardo; probabilmente meno positiva sarebbe stata la reazione non soltanto dell’amplio pubblico, ma anche e soltanto di quella schiera di amici fraterni innanzi a una simile verità, non soltanto nel considerare i morti che già, tragicamente, erano conseguiti all’avvento dei ritornati, ma anche, e ancor peggio, alla maniera imperscrutabile nella quale tutto il loro mondo, e tutto il loro concetto stesso di realtà, stava andando a mutare in conseguenza a simili figure, e soprattutto a coloro che, al pari di Korl Jenn’gs e Lora Gron’d, avevano lì condotto seco le proprie conoscenze tecniche e tecnologiche... conoscenze come quelle allor impiegate, giusto per non minimizzare le colpe a lei addebitabili, per realizzare il devastante attentato nel quale tutta la classe dirigente di Kriarya era stata violentemente spazzata via.

domenica 28 marzo 2021

3594

 

I momenti seguenti alla scomparsa di “Sam”, o per meglio dire di terzo-fra-tre, vicario dell’Oscura Mietitrice, furono fra i più concitati che mai Tagae e Liagu, Meri o Nami, la piccola Eli e, forse e persino, lo stesso Brote, avrebbero mai potuto immaginare di avere occasione di vivere.
Perché se in un primo momento, in quella camera, a offrire loro il bentornato a casa avevano avuto a essere presenti soltanto Duva e Lys’sh, qual evidente e necessario supporto psicologico per la loro amica dagli occhi color del ghiaccio e dai capelli color del fuoco; fu sufficiente che la voce della stessa Figlia di Marr’Mahew tornasse a farsi udire all’interno della stanza affinché la porta di divisione con la camera da letto di Tagae e Liagu avesse ad aprirsi e, da lì, avessero a sopraggiungere, o, piuttosto, avessero a riversarsi come un fiume in piena all’interno di quella stanza, tutti coloro che avrebbero avuto a potersi considerare coinvolti emotivamente nella questione, tanto in maniera giustificabilmente diretta, quanto non. E così, in un attimo, quello spazio divenuto improvvisamente troppo piccolo, si ritrovò a essere affollato dalla presenza di Arasha e Seem, che subito corsero, in lacrime, ad abbracciarsi alla propria figlioletta; dalla presenza di Be’Sihl, che immediatamente corse a Tagae e a Liagu, nonché alla propria amata Midda, per assicurarsi che stessero tutti bene, senza tuttavia dimenticarsi di Meri e Nami, lì accanto; dalla presenza di Duclar, il quale invocò i nomi di almeno tre diversi pantheon a confrontarsi non soltanto con l’immagine, svenuta, del giovane Na’Heer, ma, ancor più, con quella di un redivivo Brote; nonché dalla presenza di Maddie e di Rín, di Howe e di Be’Wahr, nonché di H’Anel e di M’Eu... in buona sostanza tutto il clan al gran completo.
In un simile affollamento, carico di emozioni, e di emozioni necessariamente positive nell’inattesa gioia per quel tanto a lungo atteso ricongiungimento, sarebbe stato realmente difficile riuscire a discernere qualcosa in maniera chiara. Ciò non di meno, la vocetta acuta di Midda Elisee Degangor non poté mancare di imporsi sulla folla dei presenti nel momento in cui, con palese stupore, ebbe a esclamare qualcosa...

« Ma non è vero! » gridò sconcertata, divincolandosi fra le braccia della madre, lì comprensibilmente in lacrime per il sollievo di poter riabbracciare la propria figlioletta « Siamo stati via un giorno e poco più! Non sei mesi! »

Il silenzio, così, si impose su tutti i presenti, a confronto con quella frase. E con una frase che non poté mancare di attrarre l’interesse tanto di coloro che avrebbero avuto a doversi censire all’interno del gruppetto di scomparsi, quanto di coloro che avrebbero avuto a doversi riconoscere in attesa del loro forse insperato ritorno. Perché se per i primi non vi sarebbe stata alcuna esitazione a considerare veritiera l’affermazione proposta dalla piccola Eli, non potendo dichiarare nulla di più di una giornata di assenza da casa; per tutti gli altri non avrebbe potuto mancare quieta certezza a confronto con la verità di quanto, allora, non fosse stato così... non, quantomeno, per il resto del mondo.

« E’ vero... » confermò quindi Liagu, prendendo la parola a titolo di tutto il gruppetto di amici nel silenzio così calato su tutti, a sostegno delle parole di Elisee « Siamo stati via non più di trenta ore... »
« Tenta ore...?! » strabuzzò gli occhi Arasha, evidentemente sconvolta a confronto con tutto ciò, non mancando di proporsi quasi tremante nella stretta ancora imposta alla propria bambina « Siete stati via quasi trenta settimane...! »

Fu così che, non senza un certo sgomento, si ebbe a scoprire quanto quelle che per i bambini erano state una manciata di ore, per il resto del mondo erano state settimane, mesi addirittura, e mesi necessariamente vissuti nell’angoscia per la scomparsa nel nulla di quei cinque ragazzini e di una bambinetta, fuggiti di casa con un breve messaggio infelicemente “degno” della Figlia di Marr’Mahew.

Più di sei mesi, infatti, erano trascorsi in quel di Kriarya, e nel resto del mondo, dal giorno dell’attentato che aveva cambiato per sempre il profilo della città. E tanto era lì cambiato in loro assenza.
I primi giorni, conseguenti alla loro scomparsa, erano stati i più duri da affrontare per Arasha, Seem, Be’Sihl e Duclar. All’ansia incommensurabile per quella partenza quasi malandrina, e della conseguente inconsapevolezza di dove potessero essere andati o di come potessero stare, si erano sommate le difficoltà derivanti dal dover tentare in qualche maniera di tenere le redini di una città sull’orlo di un altrettanto profonda crisi di nervi, conseguente alla completa estinzione di tutto il precedente sistema di governo. E purtroppo, benché in molti continuassero a invocare il nome della Campionessa come necessaria, seppur irreale, soluzione a tutti i problemi della città, ella non avrebbe potuto avere lì a doversi intendere qual presente, per aiutare nessuno.
Così, per quasi un mese intero, in quel di Kriarya era subentrato una sorta di governo straordinario di gestione dell’emergenza in atto, e un governo basato non sull’accentramento del potere all’interno delle mani di un singolo individuo, quanto e piuttosto sulla condivisione e la collaborazione fra tutti coloro che, in buona sostanza, avrebbero potuto vantare interessi di sorta all’interno della città, in quanto di più vicino a un’idea di democrazia diretta, così come ebbero a definirla, a posteriori, Duva e Lys’sh, ma anche Maddie e Rín, che mai avrebbe potuto essere ricordata in quel mondo. Un’esperienza tutt’altro che semplice, nell’enorme senso di responsabilità che ciò ebbe a pretendere da parte di tutti coloro così coinvolti, che pur tutti furono ben lieti di archiviare al ritorno, mai come allora atteso e osannato, di Midda Bontor, a distanza di quasi trenta giorni dagli attentati in città.
La Campionessa di Kriarya, dal canto proprio, non appena era stata informata degli eventi occorsi in Kriarya aveva deciso di interrompere la propria missione, sganciandosi dal resto del gruppo insieme a Duva e a Lys’sh per precipitarsi indietro, per tornare in fretta e furia alla città del peccato lasciando proseguire in autonomia gli altri loro alleati, purtroppo verso l’ennesimo buco nell’acqua, come ebbe a rivelarsi a posteriori. Purtroppo, fra il tempo necessario a poter essere raggiunta dalla notizia di quanto occorso, e il tempo necessario a tornare indietro, pur rischiando seriamente di far esplodere il cuore di almeno un paio di cavalli nella foga, un intero mese ebbe a trascorrere. Un intero mese al quale se ne sommarono ancora altri spesi vanamente nella ricerca in lungo e in largo dei ragazzini scomparsi, salvo, alfine, avere a scoprire per pura fatalità la collezione segreta di lord Brote all’interno delle mura della città e lì ritrovare, in maniera ancor più inattesa, un bigliettino, e un bigliettino provvidenzialmente a lei indirizzato da Mera Ronae.
In effetti, prima di lasciare quel loro estemporaneo rifugio, Mera Ronae aveva avuto la non sciocca idea di voler destinare un breve resoconto di quanto accaduto con l’Occhio, e di quanto pianificato per la sera seguente, all’attenzione della zia, nell’eventualità che qualcosa di spiacevole potesse loro accadere: non Liagu o Tagae, non Na’Heer, e, ovviamente, non la piccola Eli, incapace del resto a leggere o a scrivere, quanto e piuttosto la figlia di Nissa Bontor, la quale, sola, aveva dimostrato una straordinaria lungimiranza nel merito della tutt’altro che serena situazione nella quale ella e la sua gemella si stavano andando a cacciare. Una straordinaria lungimiranza, la sua, che sarebbe rimasta tuttavia spiacevolmente vana, nell’infausta collocazione scelta per simile messaggio, se il nascondiglio dei tesori di Brote non fosse stato alfine scoperto, e scoperto, paradossalmente, nel corso di un violento assedio a discapito della città di Kriarya. E un violento assedio mosso, prevedibilmente, dalla famiglia reale di Kofreya la quale, con l’apparente ascesa al potere di Midda Bontor all’interno della capitale, aveva visto tradursi in realtà ogni proprio timore, al punto tale da scatenare una vera e propria guerra interna, e una guerra nella quale, spiacevolmente, ebbero modo di confermare ogni sospetto a proprio riguardo nel merito della sistematica eliminazione di tutti i lord della città, nel fare ricorso a nuovi congegni esplosivi, quali quelli che, allora, ebbero ad aprire una breccia nelle mura della città, permettendo, al termine di tutto, la scoperta di tutte quelle ricchezze lì celate.

sabato 27 marzo 2021

3593

 

Che colei che era stata definita la Figlia di Marr’Mahew e l’Ucciditrice di Dei, che si era conquistata il titolo di Campionessa di Kriarya e di Lysiath, leggenda vivente al centro di un’infinità di storie narrate dai bardi e dai cantori in ogni angolo del continente di Qahr e probabilmente non solo, potesse essere capace di cose straordinarie, nessuno lo avrebbe mai potuto mettere in dubbio. E non di certo colui che era stato il suo mecenate per tanti anni, finanziando ogni sua impresa e lautamente ricompensandola per ogni suo successo, successi in conseguenza ai quali, dopotutto, anche lord Brote aveva ottenuto il proprio tornaconto, così come la sua smisurata collezione di reliquie, artefatti e, più in generale, trofei, avrebbe potuto dimostrare. Ma che ella, malgrado tutto, potesse essere capace di comparire lì, innanzi a loro, in quel momento e in quella maniera... beh... obiettivamente non avrebbe potuto ovviare ad apparire eccessivo anche innanzi al giudizio dello stesso Brote, lì colto così tanto psicologicamente in contropiede da spingersi a temere, per un istante, di poter star avendo un’allucinazione.
Nulla di allucinatorio, tuttavia, avrebbe avuto a dover essere considerato attorno a quegli eventi. Perché, per quanto incredibile sarebbe stato a giudicarsi, ella era lì, in quel frangente, innanzi a loro, immersa insieme a loro in quella strana nebbia luminescente, e, potenzialmente, a pochi, pochissimi passi anche dall’alfiere che stava per sopraggiungere a pretendere le loro vite...

« Bambini... state bene?! » apostrofò ella, rivolgendosi innanzitutto ai suoi figli ma, più in generale, a tutti i presenti, con sguardo più sollevato di quanto non avrebbe gradito essere in grado di mostrare in quel momento, là dove, dopotutto, si era ripromessa di non far mancare un rimprovero a loro discapito « Potete tutti considerarvi in punizione tipo da oggi sino alla fine dei tempi... » soggiunse poi, prima di aprirsi in un amplio sorriso di gioia e avanzare a braccia aperte verso Tagae e Liagu.
« Mamma! » esclamarono allora i due, i quali, dietro a lord Brote, non avevano avuto immediata occasione di cogliere la comparsa in scena della genitrice, salvo allora esplodere in quell’urlo di gioia, gettandosi verso di lei con gioia illimitata.
« Zia Midda...?! » esitarono Mera Ronae e Namile, sorprese non meno di quanto non avesse ancora a dover essere inteso lord Brote, non riuscendo a comprendere come la loro parente potesse essere stata in grado di giungere sino a lì, benché, in fondo, dati i suoi pregressi, non avrebbe avuto poi molto senso avere a stupirsi di ciò.
« La punizione vale ovviamente anche per voi... » sottolineò la Figlia di Marr’Mahew, scuotendo appena il capo in direzione delle nipoti, nel mentre in cui, con materno affetto, ebbe a chiudersi attorno ai suoi figli « E anche per te, piccola disperata... » soggiunse, rivolgendosi verso la propria piccola omonima « I tuoi genitori sono quasi impazziti d’ansia per la tua scomparsa. »

Che Midda fosse lì, per quanto assurdo e improbabile, avrebbe avuto a dover essere inteso qualcosa di estremamente positivo. Ma, in verità, neppure l’ingresso in scena della leggendaria Ucciditrice di Dei avrebbe potuto avere a risparmiarli dal triste fato peggiore persino rispetto alla morte al quale avrebbe condannato tutti loro l’alfiere, quanto lì fosse sopraggiunto.
Ragione per la quale, allora, Brote, riprendendosi dal necessario disorientamento conseguente a quell’apparizione in scena, ebbe a tentare di mettere in guardia la propria amica dal pericolo incombente...

« Non so come tu sia giunta sino a qui, Midda... » gemette egli, guardandola ancora con occhi sgranati per la sorpresa e con il corpo svenuto del figlio fra le proprie braccia « ... ma dobbiamo andarcene quanto prima da questo luogo. O saremo tutti condannati a veder persino le nostre anime distrutte! »

A confronto con le parole del proprio mecenate, la Figlia di Marr’Mahew aggrottò la fronte e, con aria inquisitiva, ebbe a voltarsi verso il proprio accompagnatore, quello strano e inquietante bambino dalle sembianze incostanti e dall’apparenza quasi evanescente all’interno di quella nebbia, come se quella stessa nebbia, in effetti, altro non fosse che parte del suo stesso io.

« “Sam”...? » si appellò a quell’insolita figura, per quanto riferirsi a lui in quella maniera ebbe a risuonare strano e forzato all’attenzione di tutti i presenti « Siamo in pericolo...?! »
« No, mia signora. » escluse categoricamente Sam, esprimendosi con tono formale e distaccato in risposta a quell’interrogativo.
« Ascoltate... » insistette lord Brote « Lì fuori è una... creatura definita alfiere. Una sorta di guardiano di questa zona di passaggio, e... » tentò di spiegare in maniera più dettagliata, salvo ritrovarsi a essere interrotto dalla voce di Sam, il quale, non palesando alcuna emozione e, ciò non di meno, non potendo ovviare a sembrare infastidito da quella mancanza di fiducia nei suoi riguardi e nei riguardi del suo giudizio, ebbe a esplicitare meglio la propria precedente affermazione.
« Nulla, in questo momento, potrebbe giungere a voi. » sancì egli, fermo nella propria posizione sull’argomento « Siete sotto la tutela di terzo-fra-tre, vicario dell’Oscura Mietitrice, la regin... »
« E’ sufficiente... Sam. » lo zittì prontamente Midda Bontor, non potendo fare a meno di lasciar emergere un certo imbarazzo a margine di quella situazione « Comunque sia, è giusto andarcene. » sottolineò, liberando i propri figli dall’abbraccio nel quale li aveva stretti per avere, allora, a rialzarsi in piedi « Facciamo ritorno a Kriarya. »
« Come tu desideri, mia signora. » annuì l’altro, senza la benché minima esitazione.

Ovviamente nulla di quell’ultimo, fugace scambio di battute avrebbe potuto passare inosservato tanto all’attenzione di lord Brote, quanto a quella di Mera Ronae e Namile.
Come avrebbero potuto, del resto, ignorare il fatto che quell’essere, presentatosi come un vicario dell’Oscura Mietitrice, uno degli appellativo con i quali la Storia era solita ricordare la regina Anmel Mal Toise, stava rispondendo in maniera quieta e remissiva ai comandi della donna guerriero dagli occhi color del ghiaccio e dai capelli color del fuoco? Eppure, per quanto a loro noto, ella avrebbe avuto a dover essere intesa, fra tutte le persone esistenti nell’universo, colei che più essi avrebbero avuto a dover odiare, e a dover odiare non soltanto in quanto antagonista della stessa regina Anmel Mal Toise ma, addirittura, colei che l’aveva sconfitta, e sconfitta definitivamente, durante il proprio viaggio fra le stelle del firmamento. O, per lo meno, tale era la versione che era stata loro concessa al di lei ritorno.
Qualcosa non quadrava. Ma, per quanto, allora, quella situazione non avrebbe avuto a poterli convincere pienamente, facendo loro comprendere quanto avesse a esistere una verità a loro ignota, semplicemente stolido, per non dire suicida, sarebbe stato per loro ignorare la provvidenzialità di quell’intervento, e di quell’intervento che, allora, avrebbe potuto condurli a casa...

... e che, effettivamente, li condusse a casa. E li condusse a casa ancor prima che, in verità, essi potessero avere a concludere il proprio ragionamento, vedendo improvvisamente la nebbia iniziare a dissiparsi attorno a loro per avere a rivelare non più l’architettura propria della torre di lord Brote, quanto e piuttosto le pareti di una camera da letto. E di quella che non avrebbero potuto ovviare a riconoscere, allora, qual la camera da letto di Midda e di Be’Sihl presso la locanda “Alla signora della vita”. Una camera all’interno del non amplio spazio della quale, allora, avrebbero avuto a doversi intendere in loro attesa due volti noti: quelli di Duva Nebiria e di Har-Lys’sha, alleate di Midda Bontor e sue sorelle d’arme e di vita da ormai diversi anni.

« Grazie, Sam. » sorrise la Figlia di Marr’Mahew, in direzione del vicario senza il quale nulla di tutto quello sarebbe stato allor possibile « Considerati libero di prendere congedo. »

venerdì 26 marzo 2021

3592

 

Nel corso della propria vita Midda Bontor aveva avuto diverse esperienze puntualmente spiacevoli concernenti l’apparentemente affascinante possibilità di sbirciare avanti nel futuro, o in vari futuri possibili: in ogni occasione, quanto pur inizialmente apparso un vantaggio, si era presto rivelato essere più simile a una maledizione, e a una maledizione a confronto con la quale tutto ciò che avrebbe potuto andar storto, in un modo o nell’altro, sarebbe allor andato storto.
Forte di tale esperienza pregressa, della quale, per ovvie ragioni d’età, i sei giovani guerrieri evidentemente difettavano, se soltanto ella avesse avuto una qualche occasione di interloquire con loro prima che avessero a ricorrere all’Occhio di Thonwa per cercare di trovare una soluzione alla scomparsa di lord Brote, certamente la Figlia di Marr’Mahew avrebbe loro suggerito di rispettare il monito presente nella didascalia lasciata dallo stesso Brote, ovviando anche e soltanto ad avvicinarsi a essa. E non soltanto per i pur palesi danni collaterali derivanti dall’utilizzo di quella reliquia stregata, quanto e piuttosto per l’indubbio pericolo al quale si sarebbero esposti muovendosi in tal senso. Un indubbio pericolo che, se soltanto essi non avessero mai agito per come avevano agito, probabilmente non avrebbe mai avuto a occorrere, e tutto si sarebbe comunque risolto, con buona pace d’ogni preoccupazione, nel momento in cui, alfine, Brote fosse stato rimandato indietro da Nass’Hya: forse non subito, forse dopo una settimana, un mese o un anno... ma, comunque, sarebbe ritornato, offrendo quieta ragione a Be’Sihl Ahvn-Qa e alle sue quantomeno profetiche parole nel merito del fatto che non ci si sarebbe dovuti preoccupare per la sorte dello stesso.
Purtroppo Midda Bontor non era stata presente accanto a quella nuova generazione di avventurieri per offrire loro la forza propria esperienza. E, in ciò, l’unica occasione che era stata loro concessa era stata quella di sbagliare, affinché dai propri errori potessero avere possibilità di imparare. Dopotutto, e non retoricamente, la stessa Ucciditrice di Dei era divenuta ciò che era divenuta non in grazia a qualche benevolenza divina, o a un approccio impeccabile a ogni difficoltà: al contrario, pochi al mondo avrebbero potuto affermare di aver sbagliato tanto quanto ella stessa, compiendo errori con le conseguenze dei quali non avrebbe mai potuto smettere di convivere, e, ciò non di meno, errori che erano per lei stati ragione di formazione, e di formazione utile a renderla la donna straordinaria che ella era diventata.
Solo un particolare, tuttavia, sarebbe stato necessario, inderogabilmente necessario, per permettere a un errore di tradursi in esperienza: sopravvivere all’errore stesso. Una possibilità che, purtroppo, non sembrava star venendo loro lì garantita.

« Cosa farebbe la mamma ora...?! » gemette Liagu, necessariamente in preda a un più che giustificabile panico a pochi istanti, qual si poneva, dalla fine della propria esistenza, mortale e immortale « Cosa farebbe...?! » ripeté, appellandosi all’immagine mentale della sua genitrice, sperando che ciò potesse essere sufficiente per concederle un’idea straordinaria in grazia alla quale il loro destino apparentemente segnato sarebbe stato ridefinito in meglio.

Purtroppo, però, cosa avrebbe mai fatto Midda Bontor ritrovandosi in quella situazione non venne concessa loro mai occasione di scoprirlo.
Quanto, al contrario, ebbero lì possibilità di esplorare fu, tuttavia, ciò che Midda Bontor ebbe straordinaria possibilità di compiere, in maniera del tutto imprevista e, obiettivamente, imprevedibile.

Fu nel momento stesso in cui il terrificante verso dell’alfiere ebbe a dimostrarsi sopraggiungere dal loro stesso piano, probabilmente a non più di un paio di porte chiuse dalla loro attuale posizione, che una strana nebbia luminescente ebbe ad alzarsi dal pavimento sotto ai loro piedi, forse offuscando, o forse, paradossalmente rischiarando, quello scenario crepuscolare, e quello scenario crepuscolare che, di lì a breve, brevissimo, avrebbe rappresentato per loro la fine di tutto.
Una nebbia che definire innaturale, in un contesto qual quello nel quale si trovavano, sarebbe stato a dir poco insensato, e che pur, ciò non di meno, avrebbe avuto a dover essere intesa proprio in quanto tale... innaturale. Non una nebbia pregna d’umidità, non una nebbia fredda sulla loro pelle, quanto e piuttosto apparentemente colma di una strana energia, un’energia che Tagae e Liagu non avrebbero esitato a definire elettrica, e un’energia a confronto con la quale, impropriamente, quella stessa nebbia non avrebbe potuto che risultare quasi calda, e non di un calore afoso, quanto e piuttosto di un tepore confortevole, come fosse un abbraccio.
E da quella strana nebbia che, nel giro di pochi istanti, tutto sembrò cancellare attorno a loro, lasciando scomparire quella soglia dalla quale stavano attendendo timorosi l’arrivo del loro infausto destino, e persino silenziando il grido della bestia bramosa di ghermirli e di distruggere le loro anime, ebbe allor a emergere una sagoma inizialmente luminescente e poi, via via, più nitida allo sguardo, benché, comunque, di difficile interpretazione nella propria stessa natura. Una sagoma, quella, che apparve loro simile a quella di un bambino, e di un bambino forse di poco più grande rispetto alla piccola Eli, e di un bambino nudo, l’identificazione di genere del quale, tuttavia, non sarebbe stata possibile, nella semplice assenza di un qualunque genere di attributo fisico, tanto maschile, quanto femminile. Una sagoma, quella di quello strano bambino luminescente come la nebbia attorno a lui, che si offrì priva di capelli, così come di sopracciglia o di ciglia, nonché di qualunque altra improbabile peluria, così come neppur un neonato avrebbe avuto a presentarsi. E una sagoma, ancora, la definizione delle effettive caratteristiche della quale non sembrava riuscire a trovare un’occasione di stabilità innanzi ai loro sguardi, quasi, continuamente, la sua fisionomia stesse mutando, instabile e irrequieta come le onde del mare. Una sagoma simile a quella di un bambino fu quanto apparve, quindi, innanzi a loro... ma che di certo non avrebbe avuto a doversi fraintendere in alcuna misura qual propria di un bambino.
E se, per un istante, le menti più sospettose fra le presenti, non poterono che avere a temere di starsi ritrovando esattamente al cospetto dell’alfiere, dell’aspetto del quale, in fondo, nulla sapevano; fu sufficiente un solo e fugace istante di razionalità per comprendere quanto quella creatura non fosse in alcun modo ricollegabile al mostro dal quale stavano scappando, fosse anche e soltanto per il fatto che non li aveva ancora aggrediti, pur non avendo distolto il proprio sguardo da loro sino dal momento della propria misteriosa apparizione in quella nebbia.

« Chi sei...?! » domandò lord Brote, ancora schierato innanzi a proprio figlio e a tutti gli altri ragazzini, pronto a essere per loro uno scudo umano innanzi alla minaccia dell’alfiere e di qualunque altra creatura avesse voluto far loro del male.

Il nuovo arrivato, tuttavia, non parve interessato a concedere una qualche risposta a quell’interrogativo, preferendo, piuttosto, avere chiaramente a contarli, per verificare il loro numero e, forse, per effettuare un censimento nel merito del quantitativo dei presenti. E quando, dopo aver contato i sei bambini, egli, o ella, fu certo di aver raggiunto il proprio obiettivo, quell’essere non mancò di spostarsi appena di lato, per permettere, da dietro di sé, di lasciar emergere una seconda figura dall’ammasso informe di quella misteriosa nebbia.
Una seconda figura l’identità della quale non poté, allora, riservarsi mistero di sorta alcuno nel confronto con gli sguardi dei presenti: non a confronto con i suoi occhi color del ghiaccio o con i suoi capelli color del fuoco, non a confronto con la cicatrice sul fronte mancino del suo volto o con il suo braccio destro in lucente metallo cromato. Perché, per quanto impossibile, quella nuova figura altri non era che...

« Midda...! »

giovedì 25 marzo 2021

3591

 

E prima che chiunque potesse tentare di fermarla, inclusa se stessa, ella si voltò e si fiondò in direzione delle scale verso il piano inferiore, verso il mostro in ascesa verso di loro, scomparendo rapidamente alla vista.
Il tutto avvenne in maniera così inaspettata che, per un istante, nessuno fu in grado di elaborare quanto appena accaduto. Quando, tuttavia, alla fine le loro menti riuscirono a offrire un senso a quanto appena veduto, soltanto un’incommensurabile senso di angoscia non poté che scaturire spontaneo nei loro cuori, a confronto con quanto appena occorso...

« Mamma! » gridò allora Na’Heer, con tono a dir poco straziato, nella quieta consapevolezza di quanto, allora e proprio malgrado, nella propria reticenza ad accettare quella donna nella propria vita, in quelle circostanze, in quella modalità, egli altro non aveva che perduto l’unica, reale possibilità di conoscere la propria genitrice, e la propria genitrice che, ciò non di meno, non aveva lì esitato a confronto con l’idea di svanire per sempre, cancellata dall’esistenza anche nel proprio spirito e, in ciò, privata per sempre della beatitudine che avrebbe avuto a dover attendere tutti nell’oltretomba in gloria agli dei.
« N’Hya! » gemette in contemporanea al figlio anche il padre, lord Brote, non potendo credere di star nuovamente perdendo la propria amata.

Il primo istinto, per il signore di Kriarya, fu quello di gettarsi furiosamente all’inseguimento della propria sposa. Ciò non di meno, così facendo, egli non soltanto avrebbe mancato di rispettare il di lei volere, ma, anche e peggio, avrebbe probabilmente vanificato ogni di lei impegno al fine di preservare la vita sua e di loro figlio, per così come già, molti anni prima, non aveva esitato a compiere, nel frapporsi fra lui e la lama della falsa Midda Bontor, poi scopertasi essere Nissa Bontor.
E per quanto, allora, semplicemente straziante avrebbe avuto a doversi intendere, per lui, costringersi all’immobilità a confronto con quel sacrificio, e con il sacrificio più estremo che mai ella avrebbe potuto compiere, qualcosa di ancor superiore persino a quello con il quale ella aveva donato loro la propria vita mortale, nel rinunciare ora anche alla propria esistenza immortale, scattato in avanti egli si costrinse, allora, a chiudere la porta, e quella porta che, se pur forse non avrebbe trattenuto fuori l’alfiere, quantomeno avrebbe potuto trattenere dentro i presenti, egli stesso incluso, a prevenire qualunque possibile e inconsulto gesto in soccorso a quella donna meravigliosa che, ancora una volta, gli stava venendo negata.
Una scelta non inutile, quella di Brote, laddove, in effetti, non fosse stato per il gesto del padre, lo stesso Na’Heer, a sua volta scattato in avanti dietro alle orme del genitore, non avrebbe allor esitato a muoversi verso le scale e a rincorrere la propria madre, e quella madre fra le braccia della quale, scioccamente, aveva rifiutato di gettarsi quando gliene era stata concessa l’occasione. Così, invece, allorché ritrovarsi sulle scale, il ragazzino si ritrovò a sbattere contro il genitore e contro la porta chiusa innanzi a loro, e quella porta chiusa che, necessariamente, non poté che odiare.

« Non possiamo lasciare che muoia! » gridò Na’Heer, ora palesemente disperato, animato in tal senso da un tardivo senno di poi, in una scelta di termini forse non propriamente appropriata e pur, lì, nata dal cuore, e da quel cuore allor colmo di rimorso per quanto compiuto o, in verità, per quanto non compiuto.
« Finché conserveremo il suo ricordo, non sarà mai veramente morta... » replicò lord Brote, con tono di voce duro ed espressione forzatamente impassibile innanzi al figlio, nella consapevolezza di non potersi permettere in quel frangente alcuna debolezza, alcuna esitazione, a confronto con la quale la loro fine sarebbe allor stata segnata « Dobbiamo tornare al nostro mondo, Na’Heer. Dobbiamo farlo per lei! Perché è questo che lei ci ha chiesto di fare. Devi farlo per amore suo e di tuoi amici. Sei l’unico che può salvarci, adesso! »

Se a confronto con la consapevolezza della morte del padre, l’angoscia nel cuore di Na’Heer era stata incommensurabile, innanzi al pensiero di un destino peggiore persino rispetto a quello della morte per sua madre, e di un destino che, proprio malgrado, avrebbe avuto a doversi intendere sua responsabilità, sua colpa, nell’aver egli attratto, seppur involontariamente, l’alfiere, e nell’averlo condotto sino a lì, egli ebbe a ritrovarsi semplicemente sopraffatto, al punto tale per cui, dell’alto grido nel quale si sarebbe voluto lì impegnare, a offrire voce a tutto il proprio dolore, soltanto un debolissimo gemito ebbe a fuoriuscire dalle sue labbra, prima che i suoi occhi avessero a ruotare all’indietro e il suo corpo avesse a cascare pesantemente a terra, come morto.

« Thyres! » gridarono in contemporanea Liagu, Tagae, Mera e Nami, a confronto con quell’immagine, e quell’immagine innanzi alla quale non poterono mancare d’essere evocati tragici scenari.

E se pur un rapido intervento da parte di lord Brote, chinatosi sul figlio per verificarne le condizioni, ebbe a tranquillizzare gli animi dei presenti, dichiarando quanto egli fosse ancora vivo, probabilmente svenuto in conseguenza alle troppe emozioni di quel momento, la notizia non avrebbe potuto essere comunque fraintesa qual positiva. Non laddove, con Na’Heer svenuto, la loro fine sarebbe comunque stata segnata...

« Presto! » comandò loro lord Brote, sollevando di peso il proprio ragazzo da terra e indicando, con lo sguardo, la direzione opposta rispetto a quella della porta chiusa alle proprie spalle « Nell’altra stanza! »

Pur costretti, per ovvie motivazioni architetturali, in spazi sufficientemente ristretti, le stanze che lord Brote aveva adibito in senso stretto a propria abitazione personale si estendevano, in verità, per diversi piani fra gli ultimi della torre. Ragione per la quale, per quanto, purtroppo, da lì non avrebbero potuto avere occasione di fuga senza, necessariamente, finire fra le braccia dell’alfiere, ammesso che l’alfiere avesse delle braccia fra le quali potersi ritrovare a finire; ciò non di meno avrebbero potuto concedersi la possibilità di guadagnare ancora qualche istante di tempo nel proseguire ancora verso l’alto, e verso l’ultimo piano, nella speranza, nel contempo di ciò, di riuscire a far riprendere Na’Heer e di vedersi tutti quanti portati in salvo per intervento delle algul.

« Le porte... » apostrofò ai ragazzini, lasciando la stanza nella quale essi l’avevano trovato abbracciato a Nass’Hya, solo pochi istanti prima benché, paradossalmente, una vita intera sembrasse trascorsa da allora, e una vita intera nel corso della quale tutto era terribilmente mutato, e mutato in peggio « ... chiudetele, presto! » raccomandò, incerto nel merito del fatto che avrebbero potuto trattenere il loro antagonista e, ciò non di meno, speranzoso di quanto, seppur in maniera effimera, sarebbero allor state in grado di rallentarlo.

Corsero tutti quanti, seguendo le indicazioni di Brote, davanti a lui, dietro di lui, conquistando rapidamente terreno verso l’effettiva e più alta cima della torre e, in tal senso, sperando di trovare un qualche barlume di speranza per il futuro, e per un futuro che, drammaticamente, sembrava essere ormai stato loro negato.
Purtroppo, e proprio in conseguenza a tutti i loro sforzi, a tutto il loro impegno per allontanarsi il più possibile dall’alfiere, presto le scale finirono. E con le scale finirono i piani. E con i piani finirono le stanze. E, tragicamente, i sei ragazzini e lord Brote si ritrovarono letteralmente con le spalle al muro, costretti ad ascoltare quell’osceno verso, promessa di morte, appropinquarsi a loro, avvicinarsi sempre più, malgrado tutti gli sforzi compiuto e malgrado il terribile sacrificio compiuto da Nass’Hya per offrire loro un’estrema occasione di salvezza.

« Dei... » gemette Brote, scuotendo Na’Heer e cercando di farlo riprendere, benché, purtroppo, simile a un bambolotto di pezza nelle mani di un pargolo, questi giacesse inanimato fra le sue braccia « Non può finire così. Non deve finire così! »

mercoledì 24 marzo 2021

3590

 

« Cosa diamine...?! » ringhiò Brote, agendo d’istinto e spingendo il figlio dietro di sé con un gesto della mancina, mentre con la destra cercava la propria spada al fianco, spada che, tuttavia, lì non era, essendosi egli privato della medesima praticamente un momento dopo il suo arrivo in quella torre « ... » imprecò mentalmente, correndo con lo sguardo all’ambiente circostante a ricercare l’arma perduta.

Per quanto avrebbe potuto valere, anche Meri e Nami, cogliendo il tentativo di Brote e lasciandosi ispirare dal medesimo, si dimostrarono pronte a estrarre le proprie corte spade dai rispettivi foderi, e quei foderi celati sotto ai propri mantelli. Ma per così come loro insegnato, esse ovviarono a sfoderare le proprie lame, posticipando la conclusione di quel gesto soltanto nel momento in cui, effettivamente, si fosse dimostrato necessario attuarlo: inutile e potenzialmente dannoso, del resto, sapevano sarebbe stato avere a mostrare la propria potenzialità offensiva là dove, ancora, non vi sarebbe stata evidenza di tale necessità.
Anche Na’Heer, non fosse stato sospinto dietro al padre in quel gesto di amorevole premura, si sarebbe probabilmente impegnato in maniera equivalente, nel porre mano alla propria lama e nel dimostrarsi, ora, pronto a combattere contro quella minaccia dalla quale, pur, pocanzi erano scappati. Ma se pocanzi erano scappati soprattutto perché disorientati da quanto loro circostante, e, soprattutto, animati dalla necessità di condurre a compimento la propria missione ancor prima che temporeggiare vanamente in futili scontri; ora, ritrovandosi accanto a suo padre, egli non avrebbe avuto la benché minima esitazione a compiere quanto necessario per difendersi e per difendere chiunque a lui caro, a incominciare dal suo stesso padre pur lì animato da egual interesse nei suoi stessi riguardi.
Tagae e Liagu, a margine di tutto ciò, non avrebbero potuto altresì proporsi in alcuna maniera fisicamente pronti allo scontro, là dove, a differenza dell’amico, e delle cuginette, non avrebbero potuto vantare alcuna arma al proprio fianco. Del resto, essi non avevano mai avuto occasione d’essere addestrati all’arte della guerra dalla loro genitrice. E non per una mancanza della medesima, eventualmente dimentica di prepararli alla battaglia in quanto distratta da altre priorità, quanto e piuttosto nell’esplicita speranza che ciò non avesse mai a dover loro servire: ben consapevole di quanto, infatti, la vita di quei due fosse già stata sufficientemente segnata dalle armi, e dal desiderio di trasformarli in armi, ella non avrebbe mai potuto avere desiderio di imporre loro altro in tal senso. E così, in quel frangente, essi nulla poterono fare se non trarre a sé la piccola Eli, pronti a proteggerla, ove necessario, a costo delle proprie vite.

« E’ inutile che vi prepariate allo scontro... » intervenne tuttavia Nass’Hya, ora con un tono di voce decisamente dimentico della serafica quiete precedente, induritosi prontamente in conseguenza a un’evidente crescendo di tensione in lei « ... neppure la stessa Midda Bontor potrebbe vincere contro di lui. »

E per quanto quella frase avrebbe potuto suonare ingenerosa, soprattutto a riguardo del suo sposo, Brote non ebbe in alcun modo a dimostrarsi offeso da simile avvertimento, quanto e piuttosto preoccupato dal medesimo, in conseguenza a un’obbiettiva consapevolezza di quanto, in fondo, Midda Bontor avesse a doversi riconoscere qual la misura normalizzata dell’umana possibilità. Là dove, del resto, quella donna si era dimostrata sempre in grado di tradurre l’impossibile in possibile, arrivando a sconfiggere creature invincibili e a uccidere mostri immortali, finanche un dio; il fatto che potesse esistere qualcosa giudicabile superiore persino alle possibilità della medesima avrebbe necessariamente vanificato qualunque loro possibile sforzo.

« Che cosa è?! » domandò allora egli, voltandosi appena a osservare con la coda dell’occhio l’amata, necessariamente turbato da quella prospettiva tutt’altro che a loro favore.
« Li definiscono alfieri. » rispose ella, avanzando verso lo sposo e il figlio, con incedere irrequieto, mostrandosi profondamente turbata per tutto ciò « Sono i guardiani di questa realtà crepuscolare. »
« I guardiani...? » insistette Brote, invocando maggiore dettaglio per comprendere meglio la situazione.
« Come vi ho già spiegato, questa zona di confine esiste soltanto come area di transizione, per concedere alle anime dei morti di trovare la pace sufficiente a proseguire oltre... »  replicò N’Hya, storcendo le labbra verso il basso nel mentre in cui ebbe a superarli, per sporgersi verso le scale a tentare di verificare la situazione nel mentre in cui si sforzava di comprendere come avere a confrontarsi con essa in maniera non necessariamente tragica « E’ capitato, talvolta, che potenti negromanti abbiano cercato di sfruttare questa possibilità per il proprio tornaconto, cercando di prolungare in maniera indefinita la propria condizione di permanenza, e, soprattutto, di aumentare il proprio potere, sfruttando alcune caratteristiche intrinseche di questo luogo. » spiegò, cercando di mediare fra la necessità di risultare chiara e quella di non dilungarsi eccessivamente in tal senso « Per questo, gli dei hanno stabilito delle regole molto severe. E per assicurarsi il rispetto di tali regole, hanno posto gli alfieri a custodia di queste lande. »
« Sta cercando te, madre...?! » questionò allora Na’Heer, ritrovandosi a pregare che non fosse così, ma, al tempo stesso, a sperare che fosse esattamente in tal maniera, laddove l’alternativa non sarebbe stata più piacevole... anzi.
« Quando ho condotto qui tuo padre ho violato le regole, sì. » confermò ella, in una risposta che avrebbe potuto rasserenare il figlio, se soltanto si fosse conclusa lì « Ma sino a questo momento non si era mai palesato alcun alfiere. » soggiunse, in una spiacevolissima nota che avrebbe necessariamente mutato la responsabilità sulla questione in maniera radicale « Temo che, ora, stia arrivando per voi... » concluse, voltandosi verso di loro, nell’invitarli a retrocedere, per quanto, in fondo, gli spazi non fossero particolarmente a loro favore in quel momento.
« Ma noi siamo esseri viventi. » protestò Liagu, cercando di arringare in loro favore « Non apparteniamo a questa realtà... e alle sue regole. »
« Se l’alfiere dovesse raggiungervi, non apparterrete più ad alcuna realtà... » gemette Nass’Hya, smarrendo anche l’ultima ombra di contegno dietro la quale sino a quel momento era riuscita a mascherarsi, nel non voler cedere al panico e, soprattutto, nel non voler imporre ragione di panico a loro discapito « E’ sufficiente il semplice contatto per distruggere un’anima. Sia che essa sia quella di un defunto, sia che sia quella di un vivente... »

Nessuno osò replicare a quelle ultime parole, e a quelle ultime parole che non avrebbero potuto essere declinate in alcuna maniera che apparisse meno che tragica. Parole a confronto con le quali la visione di Na’Heer, alfine, ebbe a trovare un senso compiuto... e un senso compiuto a confronto con il quale non avrebbero desiderato avere occasione di porsi.

« Dovete tornare immediatamente nella vostra Kriarya. » sancì allora la negromante, definendo quella qual la sola, e razionale, occasione di salvezza per tutti loro « Là non potranno seguirvi! »
« E come possiamo fare...?! » domandò Mera Ronae, approvando ovviamente l’idea, nel non desiderare ritrovarsi a morire in una maniera tanto assurda in quella situazione ancor più assurda.
« Na’Heer... » apostrofò l’altra, all’indirizzo di quel figlio che, ancora, non aveva avuto occasione di abbracciare, neppure di sfiorare, e che, purtroppo, non avrebbe potuto più rivedere dopo quell’infausto giorno « Posso comprendere quanto sconvolgente sia per te esserti appena scoperto un negromante... ma... è necessario che tu ora abbia a prendere il controllo del tuo potere per salvare te e tutti i tuoi compagni da questa folle situazione. »
« Io non so se ne sono in grado... » esitò egli, storcendo le labbra verso il basso « Non puoi farlo tu...?! »
« Non posso. » escluse ella, sforzandosi di offrirgli un sorriso tirato, affinché quella potesse essere l’ultima immagine che di lei egli avrebbe avuto a conservare nella sua memoria « L’alfiere è troppo vicino, ormai... » sospirò, con gli occhi colmi di lacrime, prima di sollevare lo sguardo verso il suo amato sposo, quell’uomo per il quale aveva vissuto e sarebbe morta mille volte se necessario... e per il quale, dopo essere già morta una volta, ora non avrebbe avuto esitazione a ripetersi « ... io vi amo! » sussurrò, straziata.

martedì 23 marzo 2021

3589

 

« Vedo che vostra madre vi ha informato bene a tal riguardo... » aggrottò la fronte Nass’Hya, non senza una certa sorpresa a confronto con l’approccio estremamente diretto della piccola « In effetti ho il potere di comandare le algul. Ed è grazie a loro che il mio sposo mi ha raggiunta qui, scampando a un altrimenti triste fato di morte. » confermò, annuendo a confronto con la particolare dinamica dei fatti per così come occorsi « Come già vi stavo dicendo, qui il tempo scorre in maniera estremamente soggettiva... ragione per la quale, quando ho avuto visione di ciò che stava accadendo in quel di Kriarya, ho avuto tutto il tempo utile a intervenire, richiamando a me le algul e comandando loro di condurre in salvo il mio sposo prima che la sua stessa torre potesse travolgerlo e ucciderlo. Il tutto in quella che, dall’esterno, sarebbe stata intesa qual una frazione di tempo infinitesimale. »
« Condurlo in salvo... qui?! » esitò la figlia di Midda, non comprendendo come quel luogo potesse essere considerato sicuro per un vivente, là dove un vivente non avrebbe neppure dovuto esservi presente.
« In effetti, ho commesso l’errore di non essere precisa nella mia richiesta alle algul. Anche perché, a dirla tutta, non è che abbia mai realmente imparato a gestire i miei poteri come, credo, anche vostra madre non avrà mancato di spiegarvi. » sospirò l’altra, or non priva di un certo imbarazzo a tal riguardo « Così le algul hanno liberamente interpretato la mia richiesta, trascinando Brote oltre la soglia del regno dei vivi, sino a giungere a me. »
« E così come lo hai portato qui, non avresti potuto riportarlo a indietro...?! » protestò Na’Heer, non riuscendo a elaborare l’evidenza di quanto, in effetti, suo padre fosse vivo soltanto per merito dell’intervento di sua madre, nel concentrarsi, piuttosto, sul pensiero di quanto, al contrario, suo padre fosse stato creduto morto per colpa di sua madre, e dell’evidenza di quella sorta di rapimento da lei perpetrato a loro discapito.
« Non prendertela con tua madre, figliolo... » intervenne allora lord Brote, scuotendo appena il capo « La responsabilità della scelta è stata anche mia. »
« Credevamo che saremmo stati in grado di gestire il tempo in maniera tale da non far passare più di qualche minuto... » si giustificò Nass’Hya, pur non tentando di negare la propria responsabilità nella questione, e nella questione per così come intesa dal loro figlioletto « ... purtroppo... la cosa ci è sfuggita di mano. »
« E, chiedo venia, noi cosa c’entriamo...?! » tentò di prendere voce in capitolo Namile, non sapendo esattamente in che maniera avere a esprimersi in quel frangente e, ciò non di meno, non potendo ovviare a proporre quell’interrogativo, non riuscendo a comprendere la logica per la quale, in quel discorso, tutti loro potessero essere stati condotti sino a lì.
« Assolutamente nulla. » confermò la negromante, stringendosi nuovamente fra le spalle « E, infatti, non sono stata io a condurvi sino a qui... »

La questione appariva estremamente sensata, soprattutto a confronto con la sorpresa dimostrata tanto da Brote, quanto da Nass’Hya, a confronto con il loro arrivo in cima alla torre.
Tuttavia, escludendo allora la responsabilità della donna per il loro trasferimento in quell’inquietante terra di confine, l’unica spiegazione utile a giustificare quanto accaduto sarebbe stata la prima da loro elaborata, e quella atta a vedere le algul rispondere a un comando, espresso in maniera più o meno cosciente, da parte dello stesso Na’Heer.

« ... temo che tu abbia ereditato da me molto più della sfumatura della tua pelle, o del colore dei tuoi capelli, bambino mio. » concluse quindi la donna, con un sorriso necessariamente tirato, nel comprendere quanto, proprio malgrado, la notizia non avrebbe avuto probabilmente a poter entusiasmare il ragazzino « E, in tal senso, probabilmente le algul hanno risposto a un qualche tuo particolare momento di turbamento emotivo in questa maniera, conducendo te e i tuoi amici là dove sapevano avresti avuto occasione di ricongiungerti a tuo padre. » argomentò, ancora una volta offrendo ragione alle analisi che, pocanzi, anche gli stessi ragazzini avevano compiuto in maniera autonoma « Purtroppo, in conseguenza del fatto che nessuno ci ha mai insegnato a gestire i nostri poteri, vi è molta più possibilità che questi abbiano a esprimersi in conseguenza ai nostri stati emotivi che non alla nostra volontà... »
« Come accadde a Kriarya quando tu...?! » esclamò Tagae, ritrovandosi a ricedere, tuttavia, un sonoro calcio sugli stinchi da parte della sua sorellina, a zittirlo prima che potesse completare la frase e quella frase nel merito di eventi che non era certa fossero noti agli altri e, soprattutto, allor stesso Na’Heer... non, per lo meno, in diretto riferimento a sua madre « Ahiu... »

Nass’Hya comprese, ovviamente, quanto il figlio della sua vecchia amica aveva appena cercato di domandare e, intuendo parimenti la ragione dell’intervento della di lui sorella, si limito allora semplicemente ad annuire verso i due, cercando di non offrire più importanza del dovuto alla questione.
Purtroppo Na’Heer non era uno sprovveduto e, anzi, era stato cresciuto da suo padre a dimostrare massima attenzione nei riguardi di tutto ciò che gli sarebbe mai potuto accadere attorno, in termini tali da non potersi permettere mai di lasciarsi cogliere di sorpresa da nulla. Ragione per la quale, ovviamente, egli non soltanto colse la domanda di Tagae, l’intervento di Liagu e la quieta risposta di sua madre, ma riuscì anche a colmare gli spazi vuoti a margine di quella questione, ricordando quanto, poco dopo la sua nascita, e nel periodo immediatamente seguente all’omicidio della sua genitrice per mano di Nissa Bontor, una terrificante piaga negromantica si era abbattuta sull’intera Kriarya, con la comparsa dei peggiori orrori che mai alcuno avrebbe avuto occasione di immaginare.
Orrori il senso dei quali, improvvisamente, ora gli risultava chiaro... così come chiaro non mancò di risultargli il tentativo, da parte dei suoi amici, di proteggerlo da quella terrificante verità.

« Sono anche io una minaccia per il mondo... » sgranò gli occhi egli, non privo di un certo orrore a proprio stesso discapito, all’idea di ciò che aveva appena avuto a scoprirsi essere « Così come il mio dolore ci ha condotti sino a qui, avrebbe potuto imporre su Kriarya morte e distruzione per mano delle algul o di qualunque altra creatura assetata di sangue. »

Né lord Brote, né tantomeno Nass’Hya, fecero allor caso alla particolare forma nella quale egli aveva voluto declinare la propria prima affermazione, e quell’affermazione atta a riconoscere “anche” se stesso qual una minaccia per il mondo. E non vi fecero caso, in effetti, ipotizzando quanto, a tal riguardo, egli stesse esprimendosi pensando alla propria genitrice, e a quanto orrore, in fondo, aveva involontariamente riversato su tutta Kriarya dopo la propria morte, e quella morte da lei neppure elaborata razionalmente, ma creduta, altresì, una tragica vedovanza. Tuttavia, ciò a cui egli stava lì offrendo riferimento non era sua madre, quanto e piuttosto i suoi due cari amici e compagni di studi, i due figli di Midda che, pocanzi, avevano avuto occasione di presentarsi, a propria volta, come un’arma di distruzione di massa.

« Non dire così, Na’Heer... » lo invitò il padre, avvicinandosi nuovamente a lui per rassicurarlo, fosse anche e soltanto con la propria presenza « Né tua madre, né tu, siete una minaccia per il mondo. Anzi. Voi siete tutto il mio mondo... e nulla potrà mai farmi cambiare idea a tal riguardo. »

A interrompere, tuttavia, l’evoluzione di quel discorso, ebbe nuovamente a pretendere l’attenzione dell’intero gruppo quel terrificante e stridulo grido disumano che già, prima, aveva sorpreso i sei ragazzini per strada, costringendoli a cercare rifugio all’interno della torre. Un grido che, purtroppo, ora stava sopraggiungendo da sotto i loro piedi, con intensità tale da presumere non avesse a essere più distante di un paio di piani da loro.

lunedì 22 marzo 2021

3588

 

Innanzi all’affermazione di Brote, la questione proposta da Tagae non poté che tornare prepotentemente all’attenzione di tutti i presenti, non avendo questi avuto alcuna risposta nel domandare: « Dove siamo finiti...? »
E nel ben comprendere la difficoltà di tutti i presenti a elaborare la situazione corrente, Nass’Hya non poté che concedersi un quieto sospiro prima di prendere voce e tentare di presentare loro la realtà dei fatti...

« Potete considerare questa qual una zona di confine fra il Creato e l’aldilà. » esordì quindi la donna, apparentemente senza alcuna motivazione utile a giustificare quella risposta e, ciò non di meno, venendo compresa da tutti qual in relazione all’interrogativo ancor rimasto in sospeso, e un interrogativo nel merito del quale sarebbe stato necessario fare chiarezza prima ancora di poter concedere una risposta al proprio amato « Non è tecnicamente né parte del Creato, né il traguardo ultimo delle anime dei trapassati, quanto e piuttosto quel grigio margine di transizione fra le due parti: ed è qui che le anime di coloro che hanno ancora degli affari in sospeso nel mondo dei vivi temporeggiano, non essendovi possibilità di tornare indietro una volta varcata la soglia dell’aldilà. »
« Sono confusa... » ammise Mera Ronae, cercando di seguire con attenzione quella spiegazione e, ciò non di meno, non trovando coerenza a sufficienza per comprenderla nelle proprie sfumature « Gli spettri che vagano nel nostro mondo cosa sono, a questo punto? E i non morti...?! »

Nass’Hya restò per un attimo incerta su come confrontarsi con quella ragazzina, e con quella ragazzina che mostrava il medesimo volto della sua più cara amica così come quello della sua assassina.
Ovviamente, anche in assenza di una presentazione ufficiale, aveva ben compreso chi ella, e la sua gemella, dovessero essere, avendo avuto già occasione di sentir accennare all’esistenza delle due figlie di Nissa Bontor da parte del proprio sposo. Ed era proprio nella consapevolezza di chi ella fosse che, più di tutto, avrebbe avuto a dover essere giustificata la sua incertezza su come proseguire, non potendo ignorare il fatto che per colpa della loro genitrice le era stata negata l’occasione di veder crescere il proprio bambino e, peggio ancora, era stata negata a proprio figlio l’occasione di conoscere sua madre, al punto tale da osservarla, in quel momento, quasi come una perfetta estranea... qual, in fondo, ella era.
Tuttavia, come già Brote e lo stesso Na’Heer, anch’ella non avrebbe potuto ignorare l’evidenza di quanto assurdo sarebbe stato volersi rivalere su quelle due ragazzine, là dove né l’una, né l’altra, avevano mai agito direttamente o indirettamente a discapito suo o della sua famiglia e, anzi, per quanto le era stato testimoniato dallo stesso Brote, si erano dimostrare rammaricate per le colpe della propria genitrice e per tutto il male che ella aveva compiuto. E così, dopo un necessario momento di esitazione, ella si impegnò in un sorriso tirato prima di concedere il maggiore dettaglio richiestole...

« I non morti sono corpi rianimati dalla negromanzia: semplici fantocci di carne che sono mossi in sola grazia al potere del negromante che li ha “risvegliati”, così come una gargolla è mossa in sola grazia al potere dello stregone che l’ha generata. Non possiedono lo spirito di coloro che erano un tempo, né, a tutti gli effetti, sono coloro che erano un tempo. » scosse il capo, escludendo, pertanto, qualsiasi riconnessione dei non morti, in senso lato, con il discorso in atto « Diverso discorso, invece, è quello dei fantasmi. Perché, in effetti, gli spettri sono proprio gli spiriti, o una parte degli spiriti, di coloro che non sono ancora riusciti ad andare oltre e che, per lo più, permangono in questo mondo crepuscolare incapaci ad accettare la propria sorte. »
« Nella maggior parte dei casi, per quanto inquiete e insoddisfatte, le anime dei trapassati riescono ad arrivare, con il tempo, a trovare la serenità sufficiente per andare oltre... » proseguì, cercando di essere più chiara possibile nella propria esposizione « Talvolta, però, questo non accade. E tali anime finiscono per... corrompersi. »
« ... corrompersi? » ripeterono quasi in coro la maggior parte degli ascoltatori lì presenti.
« Sì, corrompersi. » confermò ella, in assenza di un termine migliore per esprimere quel concetto « Troppo legati alla vita che ormai non appartiene più loro, perdono consapevolezza della propria condizione e, soprattutto, perdono la lucidità necessaria per gestirla. E, in questo, diventano gli spettri che infestano il Creato, sovente legati ai luoghi della propria vita passata, e così vittime del proprie egoismo e del proprio risentimento da diventare semplicemente pericolosi, per non dire letali, a discapito di qualunque malcapitato dovesse loro avvicinarsi... »
« E tu... mamma... perché non sei ancora andata oltre? » esitò allora Na’Heer, preoccupato all’idea che la sua genitrice potesse finire per corrompersi al pari di quanto appena spiegato.
« Verrà il giorno in cui proseguirò verso l’aldilà, bambino mio. » sorrise la donna, con amore infinito per lui, a confronto con quell’interrogativo che non avrebbe potuto che suggerire un certo interesse da parte sua in suo favore « Sto soltanto aspettando di ritrovare la mia famiglia... di ricongiungermi a voi. »
« Ma così... non rischi di corromperti...?! » insistette egli, mordicchiandosi il labbro inferiore.
« Oh no... non ti preoccupare. » scosse il capo, con trasparente serenità a confronto con tale pensiero « In effetti, come anche tuo padre ha già avuto occasione di rendersi conto, qui il tempo scorre in maniera molto differente rispetto a quello del resto del Creato. Diciamo che non è un tempo assoluto, quanto e piuttosto estremamente soggettivo, per così come viene percepito da coloro che lo sperimentano. Un giorno può durare come mille anni, e mille anni possono durare come un semplice battito di ciglia. »
« Già... » confermò lord Brote, ora comprendendo come fosse possibile che, dal proprio punto di vista, egli fosse lì da mesi, anni forse, benché, a confronto con la testimonianza di suo figlio, non fosse trascorsa che una manciata di ore.

Quel discorso, pur decisamente più completo e puntuale rispetto al precedente, non stava lasciando ancora Meri del tutto soddisfatta. Non, quantomeno, a confronto con l’eccezione dei ritornati: là dove, infatti, Nass’Hya sosteneva che i non morti non avessero anima, ciò avrebbe significato che i ritornati non avevano un’anima. Ma, ciò non di meno, erano perfettamente coscienti di loro, delle loro vite passate, capaci di provare ancora emozioni così come di ragionare. Insomma... un po’ troppo per dei semplici “fantocci di carne”, per così come Nass’Hya li aveva definiti.
E se i ritornati avrebbero avuto a poter rappresentare un’eccezione innanzi alla regola da lei loro presentata, quante altre eccezioni avrebbero potuto ancora esistere? E, soprattutto, quale senso avrebbe avuto ancora parlare di Creato e di aldilà, nonché di quella zona di confine nella quale ora si trovavano?
Domande ben più che esistenziali, quelle che turbavano i pensieri della figlia di Nissa, in lei motivate dalla necessità di comprendere che cosa la loro stessa madre fosse divenuta, a confronto con la consapevolezza che, presto o tardi, il destino le avrebbe ineluttabilmente guidate a porsi nuovamente a confronto con lei.  Tuttavia, e d’altro canto, Meri era anche consapevole di quanto quella questione non avrebbe potuto riguardare il contesto attuale, motivo per il quale fuori luogo sarebbe stato avere a concedersi opportunità di divagare in tal senso.

« E papà come è finito qui...? » domandò allora Na’Heer, confuso a tal riguardo « E’ ancora vivo. »
« Anche voi siete ancora vivi... » constatò la donna, stringendosi appena fra le spalle « ... voi come siete giunti sino a qui?! »
« Siamo stati trascinati qui da delle... algul. » rispose Liagu, sperando che effettivamente fossero delle algul, non avendo, dopotutto, nessuna precedente esperienza in tal senso « Anche se non abbiamo idea del perché. » puntualizzò, laddove, in fondo, quella che Na’Heer fosse un negromante avrebbe avuto a dover essere considerata soltanto un’ipotesi priva di fondamento in assenza di un qualche riscontro concreto a tal riguardo « Sei stata tu a comandarle in tal senso...? »

domenica 21 marzo 2021

3587

 

Difficile, per lord Brote, sarebbe stato quantificare il tempo trascorso dall’esplosione nella sua torre. In quella particolare dimensione crepuscolare, dopotutto, il concetto stesso del tempo avrebbe avuto a doversi intendere intrinsecamente falsato, in termini tali per cui sarebbero potuti essere passati poche ore, così come anche molti anni senza che, da parte sua, potesse esservi una differente percezione della situazione.
In effetti, sino a un momento prima dell’arrivo di suo figlio, e dei suoi amici, egli non avrebbe potuto escludere di essere lì da sempre, né, obiettivamente, gli sarebbe dispiaciuto... non laddove, in fondo, accanto a lui era la sua amata sposa.

Dal suo personalissimo punto di vista, l’ultima mattina da lui trascorsa nella propria dimensione d’origine, non era stata particolarmente dissimile da altre mattine.
Dopo aver fatto colazione, insieme a proprio figlio Na’Heer, si era brevemente intrattenuto con il mentore dello stesso, per un ultimo confronto con quello che avrebbe avuto a dover essere inteso il piano per quella giornata. Accolti, in tal maniera, Tagae e Liagu, dopo che Duclar, come di consueto, li aveva condotti sino alla sua torre; Brote si era intrattenuto per un momento anche con il proprio più fedele custode, giusto per ricordargli che, di lì a breve lo avrebbe desiderato accanto al figlioletto, e ai suoi compagni di studio, in quel piccolo viaggio di istruzione che li avrebbe attesi, e con lui un piccolo gruppo di guardie fra le migliori a loro disposizione: sebbene, dopotutto, non era previsto che Na’Heer si allontanasse dalla torre a sufficienza per perderla di vista, egli non desiderava correre rischi di sorta, soprattutto in considerazione dei recenti accadimenti occorsi ad animare la sua quotidianità, prima con l’attentato a opera di un paio di armi da fuoco, e successivamente con quel flauto incantato che, nella più totale inconsapevolezza, aveva rapito l’intera popolazione della città del peccato.
Solo dopo di ciò, Brote si era posto finalmente al lavoro, nella non così semplice, e certamente tutt’altro che noiosa, attività di amministrazione dell’intera urbe. Un lavoro che, da qualche anno, gravava ormai quasi integralmente sulle spalle soltanto di due lord: lui e il suo antico antagonista e alleato Bugeor.
Difficile, per chi privo di confidenza con tutto ciò, sarebbe stato immaginare quanto lavoro potesse richiedere la gestione di una capitale, e di una capitale vasta e frenetica come Kriarya. Una gestione che, se già dal punto di vista della mera ordinarietà avrebbe potuto già colmare le sue giornate in maniera più che sufficiente, in quell’ultimo periodo aveva avuto occasione di divenire addirittura frenetica, in grazia al carico straordinario di lavoro aggiunto dalla valutazione e dalla pianificazione di tutte le attività facenti riferimento alla radicale riforma della città stessa lo studio della quale stavano conducendo con l’instancabile e proficua collaborazione di Korl Jenn’gs e Lora Gron’d, quei due bizzarri ritornati provenienti da un mondo distante, e da uno di quei mondi visitati dalla propria mercenaria prediletta nel corso del lustro da lei speso fra le stelle del firmamento.
Dopo essersi ritrovato quasi sospinto a forza al cospetto degli dei per colma di un paio di rivoltelle, armi di cui non soltanto non aveva mai sentito parlare ma, addirittura, neppure avrebbe potuto immaginare avessero a esistere, e dopo aver ascoltato testimonianza dei risultati ottenuti da Korl e Lora in quel del villaggio di Korrynia, ormai, e grazie a loro, destinato a diventare, di fatto, una settima capitale nel regno di Kofreya; lord Brote aveva necessariamente abbracciato il pensiero della necessità di un’evoluzione, psicologica e, soprattutto, fisica, per tutti loro, onde non correre il rischio di ritrovarsi estinto a causa dell’incapacità a tenere il passo con i tempi e con un mondo ormai, evidentemente, destinato a mutare, anche e soprattutto in conseguenza alla comparsa di centinaia, migliaia di altre persone che, al pari dei “suoi” due ritornati, erano lì sopraggiunti recanti seco il ricordo di tecniche e di tecnologie per loro altresì inimmaginabili. Ma, per quanto egli fosse consapevole della necessità di quella scelta, al tempo stesso non avrebbe potuto ovviare a subire il peso dell’obbligatorietà quegli eventi, di quel “progresso” a confronto con il quale nulla, in futuro, sarebbe mai più stato come prima. E, per quanto gli pesasse doverlo ammettere, probabilmente, dall’alto di un’età tutt’altro che banale in un mondo come il loro, egli avrebbe avuto a doversi iniziare a riconoscere troppo vecchio per tutto ciò.
Tuttavia, a spronarlo a impegnarsi in tal direzione, e a voler trainare con sé l’intera Kriarya, fino a quando ancora ne avesse avuto la possibilità, non era certamente un personale egoismo, quanto e piuttosto l’amore per il proprio stesso figlioletto, il proprio unico erede, Na’Heer. Perché, sebbene ogni giorno di vita, per se stesso, ormai avrebbe potuto avere a riconoscersi obiettivamente regalatogli dagli dei tutti, non avendo mai potuto immaginare né credere di poter superare il mezzo secolo di vita, e di poterlo superare nel ruolo di lord della città del peccato; quel presente e, soprattutto, il futuro che presto sarebbe sopraggiunto, avrebbe avuto a doversi intendere completamente destinato a Na’Heer e a tutti gli altri giovani della sua generazione, come anche i due figli adottivi della sua amica Midda. E proprio per Na’Heer, quindi, egli non avrebbe potuto ovviare a impegnarsi a adeguare Kriarya al nuovo mondo nel quale, presto o tardi, si sarebbero ritrovati tutti a vivere. E un mondo che, se non fossero stati capaci di dominare, li avrebbe certamente dominati a sua volta.
Quasi profetico, in tal senso, avrebbe avuto a doversi intendere quel suo pensiero, quella sua linea di azione, a confronto con quanto, di lì a breve, sarebbe accaduto. E quanto sarebbe accaduto nel momento in cui, scuotendolo dai propri studi sull’ultimo incartamento ricevuto da Korl, un boato assordante lo aveva costretto a correre sino alla finestra, giusto in tempo per comprendere quanto, purtroppo, il futuro aveva deciso di bussare nuovamente alla loro porta, e di farlo nella maniera più violenta e distruttiva possibile...

« Na’Heer... perdonami. »

Scandire il nome di suo figlio era stata, quindi, l’ultima cosa che egli aveva potuto fare, nel momento in cui non uno, ma una moltitudine di nuove esplosioni avevano avuto a susseguirsi alla prima, non soltanto colmando l’aria ma, anche e terribilmente, scuotendo la terra sotto ai suoi piedi.
E poi...

... e poi egli si era ritrovato catapultato in quella strana dimensione, al cospetto del volto stupendo della sua mai dimenticata sposa, e di quella sposa che, a distanza di tanti anni, ancora non aveva smesso di amare, e di amare profondamente.
E lì tutto aveva perso obiettivamente di significato. Anche l’eventualità di essere morto in quell’esplosione. Perché, in fondo, l’eventualità della sua morte era qualcosa che egli aveva messo in previsione da tutta la sua vita, in termini tali per cui a poterlo sorprendere non sarebbe mai potuto essere scoprirsi morto, quanto e piuttosto scoprirsi ancora in vita.
E lì tutto aveva perso obiettivamente di significato. Almeno sino a quando, dalle scale, non erano sopraggiunti Na’Heer e i suoi amici, in una visione a confronto con la quale, necessariamente, egli non aveva potuto che ritornare improvvisamente a interessarsi di tutto ciò che sino a quel momento non gli era minimamente importato. E, ancora una volta, a interessarsi non tanto per se stesso, quanto e piuttosto per il proprio amato figlio.

« N’Hya... » riprese quindi voce Brote verso l’amata sposa, accogliendo l’invito di lei a non insistere ulteriormente con Na’Heer affinché andasse ad abbracciare quella madre per lui praticamente sconosciuta, in quell’occasione più unica che rara che, allora, stava venendo loro concessa possibilità di vivere « Se questa cosa riguardasse soltanto noi due, non esiterei minimamente a restare qui per l’eternità intera in tua compagnia. » premesse, con il cuore stretto in una dolorosa morsa al pensiero di doversi nuovamente separare da lei « Ma questa cosa riguarda, ora, nostro figlio... ed è per questo che dobbiamo trovare un modo per tornare indietro. »

sabato 20 marzo 2021

3586

 

« Papà...? » esitò Na’Heer, non sapendo non soltanto cosa poter rispondere a quella serie di interrogativi ma, neppure, in quali termini avere a confrontarsi con il genitore, non avendo ancora compreso se doverlo considerare già morto o cos’altro e, del resto, non avendo neppur ben compreso come dover giudicare se stesso in tutto ciò « Sei davvero tu...?! »
« E chi diamine dovrei essere, figliolo...? » replicò l’altro, avanzando con passi decisi verso il proprio erede, per avere poi a chinarsi su di lui e ad abbracciarlo fortemente, con palese emotività « Cielo... stai bene?! » si ripeté, evidentemente non meno confuso rispetto al figlio e a tutti gli altri astanti.

A imporre chiarezza sulla situazione, allora, ebbe a riservarsi occasione di subentrare una voce semplicemente soave, vellutata e carezzevole, che si impose sopra le menti di tutti loro con la delicatezza del primo, tenue raggio di sole di un nuovo giorno, all’aurora.
Una voce melodiosa che né Tagae né Liagu, né Mera Ronae né Namile, né, tantomeno, la piccola Eli avrebbero mai potuto avere occasione di aver udito in vita propria, e una voce che, seppur non ricordata, Na’Heer ebbe a scoprir allora di non aver neppure mai dimenticato, evidentemente impressa nel profondo della sua mente, e del suo cuore, sin dai giorni della propria più innocente infanzia, quei giorni di cui pur non conservava alcuna memoria cosciente.
La voce di Nass’Hya Al-Sehliot...

« Sono vivi. Sono tutti vivi e sono in perfetta salute. » dichiarò, intervenendo quieta nella questione all’indirizzo del proprio amato sposo e, ancor, non avanzando verso di loro, quasi con un certo timoroso rispetto nei loro riguardo « E anche Brote è vivo, se ve lo state domandando. » precisò, ampliando il discorso or in direzione dei ragazzini presenti.
« Io l’ho detto! » esclamò trionfante Midda Elisee, più che felice di riconoscere per vere quelle parole, seppur offerte da una donna che, in verità, avrebbe avuto a dover essere riconosciuta qual morta.
« Sì... tu lo hai detto. » sorrise Nass’Hya con dolcezza, annuendo in direzione di quella simpatica frugoletta, l’identità della quale ignorava, ma l’energico animo della quale, pur, non avrebbe potuto ovviare a ricordarle la propria amica Midda Bontor.
« ... ma... mamma...? » domandò allora Na’Heer, rivolgendosi per la prima volta direttamente all’indirizzo della genitrice, e non riuscendo francamente a capacitarsi di come tutto ciò potesse essere possibile « Io... io credevo che... » cercò di scandire, non riuscendo però a dar corpo alla frase, per le forti emozioni che, in quel frangente, stavano tempestando nel profondo del suo cuore.
« E’ così. » confermò ella, sforzandosi ancora di sorridere per quanto, improvvisamente, quell’espressione non poté che apparire tremendamente tesa « Purtroppo è così, piccolo mio. Da molti anni, ormai. »

Se la situazione in senso generale avrebbe avuto a doversi considerare confusa già prima di quell’ultima evoluzione degli eventi, a confronto con tutto ciò nessuno fra i sei nuovi guerrieri avrebbe saputo in che maniera potersi porre innanzi.
A partire dalla follia dell’attacco dinamitardo a discapito dell’intera Kriarya, sino ad arrivare all’apparizione degli algul e al loro trasferimento in quel luogo, ovunque esso fosse, tutte le vicende proprie di quegli ultimi giorni avrebbero avuto a doversi intendere così folli e surreali da non poter essere neppure credibili nell’ottica di un complicato incubo. E, qual proverbiale ciliegina sulla torta, la ricomparsa di Nass’Hya Al-Sehliot davanti a loro non avrebbe potuto che essere il giusto completamento di tutto ciò.
Un completamento a confronto con il quale, in particolare, Mera Ronae e Namile, figlie di Nissa Bontor, assassina di quella donna appena autoproclamatasi morta, non avrebbero potuto mancare di provare giustificabile ansia, nel timore di quanto, allora, avrebbe potuto loro accadere, nel caso in cui ella si fosse dimostrata, comprensibilmente, meno incline al perdono nei loro riguardi rispetto al suo sposo, o, per meglio dire, vedovo, e al suo orfano.

« Vogliate perdonarmi. » prese voce Tagae, non senza una certa inquietudine al pensiero di star parlando con una persona morta, benché, in effetti, tutto ciò avrebbe dovuto avere a riconoscersi semplicemente normale per loro, anche e soltanto prendendo come riferimento Korl Jenn’gs e Lora Gron’d, dei quali tutto si sarebbe potuto dire ma non che fossero vivi « Come è possibile tutto questo...? Dove siamo finiti...? »
« Tagae! » lo richiamò all’ordine Liagu, in verità condividendo ovviamente la curiosità a confronto con quegli interrogativi e, ciò non di meno, non potendo mancare di pensare quanto, in quel particolare frangente, avesse a doversi intendere quantomeno scortese avere a rivolgersi in quella maniera a... qualunque cosa l’antica amica di loro madre fosse ormai diventata.
« Lascia stare... » sorrise tuttavia Nass’Hya, scuotendo appena il capo e sollevando appena la destra, a minimizzare ogni possibile giudizio negativo attorno alla questione « Immagino che voi due siate i famosi figli della mia amica Midda, di cui Brote mi ha parlato in questi ultimi giorni... » soggiunse poi, a cercare di riportare quella situazione paradossale su un piano di normalità, per quanto nulla di normale potesse esservi in tutto quello « Tagae e Liagu... giusto?! »
« Sì... mia signora. » chinò appena il capetto la ragazzina, non sapendo se avere a poter considerare positivo o meno il fatto che quella donna avesse coscienza della loro identità « Il mio nome è Liagu Ras’Meen Bontor Ahvn-Qa. E questi è mio fratello Tagae Nivre Bontor Ahvn-Qa. E sono certa che, se mia madre ora fosse qui con noi, scoppierebbe in lacrime per la gioia di rivederti... »
« Oh... » esitò allora Nass’Hya, colta in contropiede da quelle parole e da quelle parole che, evidentemente, non mancarono di colpirla profondamente, nel rievocare l’immagine della sua perduta amica.
« Mamma...? » trovò la forza per ripetersi, allora, il figlio della stessa e di Brote, forse riuscendo a iniziare ad accettare l’idea di essere realmente a confronto con la propria defunta madre, per quanto assurdo tutto ciò avesse a doversi intendere.
« Vai da lei, figlio mio... » lo invitò allora lord Brote, spostandosi appena di lato per cedergli il passo in direzione della propria amata sposa « Donale la possibilità di stringerti ancora una volta fra le braccia e di apprezzare l’uomo che stai diventando... »

Per Na’Heer, tuttavia, la madre avrebbe avuto a doversi intendere più qual una sorta di figura mistica ancor prima che la genitrice che, allora, avrebbe sinceramente voluto sentire fosse nel proprio cuore. E se pur la gioia derivante dall’aver potuto riabbracciare il padre avrebbe dovuto riconoscersi priva di ogni possibilità di definizione, incommensurabile al punto tale da far perdere al suo cuore almeno uno o due battiti dopo tutto il terrore vissuto al pensiero di averlo perduto; l’essere posto innanzi a sua madre non avrebbe mancato che confonderlo, in termini tali per cui, ancora e malgrado l’invito paterno, egli non se la sentì di avanzare verso di lei.

« Non forzarlo, mio caro. » commentò quindi ella, non priva di una certa addolorata rassegnazione nel comprendere quanto, in effetti, avesse a doversi riconoscere pressoché qual un’estranea a confronto con il proprio stesso bambino « In fondo sono soltanto l’ombra della madre che non ha mai avuto occasione di conoscere... »
« A me sembra normale... » osservò con innocente e genuina sincerità la piccola Midda Elisee, scuotendo appena il capo « E se quella è la tua mamma, dovresti andare ad abbracciarla, sai?! » asserì, quasi a titolo di rimprovero, in direzione dello stesso Na’Heer « E’ bello abbracciare la mamma... » concluse, ad argomentare le proprie posizioni, e posizioni probabilmente conseguenti a un certo personalissimo desiderio in tal senso, non tanto in direzione di Nass’Hya, ovviamente, quanto e piuttosto della sua di mamma, Arasha, dalla quale non era mai stata separata tanto a lungo dal giorno della propria nascita.