Per Mera Ronae e per Namile non avrebbe dovuto essere ancor considerato emotivamente semplice avere a porsi a confronto con loro zia.
Se da un lato, infatti, osservandola in volto esse non avrebbero potuto ovviare a ritrovare l’immagine della loro defunta, e ormai rediviva, madre, la violenza della prematura scomparsa della quale ancora non avevano avuto realmente occasione di superare, malgrado molti anni fossero ormai trascorsi da allora, in termini tali per cui non avrebbe mancato di suscitare nel loro cuore un indubbio sentimento di affetto; da un diverso punto di vista esse non avrebbero potuto asserire, in fede, di essersi del tutto liberate dell’indottrinamento subito a opera della loro stessa genitrice, e di quella genitrice che le aveva cresciute educandole a provare soltanto odio verso quella parente, e quella parente da identificarsi, pressoché, qual il male assoluto. Ovviamente, allo stesso modo in cui esse avevano avuto occasione di comprendere quanto loro madre non avesse, purtroppo, a doversi considerare qual il bene incarnato, parimenti esse avevano avuto occasione di maturare confidenza con la verità del fatto che loro zia non avesse a doversi fraintendere qual il male assoluto: ma se tale avrebbe avuto a doversi considerare un discorso razionale e cosciente, una parte di loro, più profonda, subconscia e inconscia, non si sarebbe dovuta ancor considerare scevra dalle ombre del passato e, con esse, da quegli ingiusti pregiudizi che pur avevano contraddistinto la loro infanzia. E, non a caso, esse avevano deciso di lasciare la Jol’Ange per trasferirsi in quel di Kriarya, nell’intento di vivere più vicino possibile alla loro parente: ciò, speravano, avrebbe loro permesso di superare in tutto e per tutto ogni inibizione, arrivando a poterla giudicare per quanto ella effettivamente era, e non per una faziosa immagine mentale che era loro stata offerta a suo riguardo.
Nel contrasto, quindi, fra la loro parte conscia, e la loro parte inconscia, benché innanzi a simili parole esse non avrebbero potuto ovviare a pensare che sarebbe stato allor bello precipitarsi ad abbracciare la loro zia, a offrirle rassicurazione nel merito di quanto non avrebbe avuto a dover chiedere loro scusa per nulla di tutto ciò, al tempo stesso esse non avrebbero potuto mancare di frenare ogni entusiasmo al pensiero di quanto, in fondo, tutto quello altro non avrebbe potuto essere che giudicato qual emotiva risposta alla vista del volto di loro madre, qual pur ella non era. E, ancora, a complicare ulteriormente la situazione, non avrebbe potuto subentrare il dubbio nel merito di quanto, forse, quell’inibizione altro non avrebbe avuto a doversi intendere se non conseguenza di tutte le terribili storie loro narrate dalla loro genitrice, e tali da rendere ancora complesso per entrambe avere a confrontarsi con l’immagine della loro “terrificante” zia Midda Bontor.
Insomma: qualunque cosa esse avrebbero potuto fare, non avrebbe potuto mancare di risultare meno sincero di quanto non avrebbero desiderato poter rendere proprio in quel frangente, ragione per la quale, alla fine, si ritrovarono a restare ferme e mute, vittime di quell’assurdo stallo emotivo nel quale, in tal maniera, non avrebbero potuto che ritrovarsi a essere.
« Beh... » esitò allora la Figlia di Marr’Mahew, in necessario imbarazzo a confronto con quella che avrebbe potuto essere fraintesa qual freddezza da parte delle proprie nipoti, e di quelle nipoti che pur, per prime, avevano dimostrato desiderio di porsi a confronto con lei, venendola a cercare « Immagino che avremo molto su cui poter lavorare nei prossimi giorni. » ironizzò, con un sorriso tirato.
« Comunque considerate pure questa qual la vostra nuova, e probabilmente definitiva, stanza... e sentitevi pure libere di sistemarvi come meglio potete preferire. » riprese immediatamente, mutando direzione al discorso in corso « Nei prossimi giorni, quando sarete più tranquille, andremo a fare un po’ di compere. Mi hanno detto che l’ultima volta che avete tentato di farlo non è andata proprio proprio benissimo... e, credo, possa essere comunque necessario rifornire il vostro guardaroba, benché io, in linea generale, sia l’ultima a potermi esprimere a tal riguardo... » commentò non senza una certa autoironia, ben consapevole di essere solita indossare gli stessi abiti fino al termine fisico della loro esistenza, generalmente per consunzione.
Non desiderando avere a imporre ulteriore motivo di disagio alle proprie nipoti, e di imbarazzo a proprio riguardo, ella accennò quindi a voltarsi verso la porta, per lasciare la stanza.
Ma, prima che potesse effettivamente aprirla, avvertì un delicato contatto di una mano sulla propria spalla, a richiamarne l’attenzione...
« Aspetta. » la richiamò quindi Meri, invitandola a fermarsi ancora un attimo « Non devi chiederci scusa di nulla. » sancì quindi, ad assolvere la propria parente « Non per quanto hai compiuto ora... né per quanto hai fatto in passato. »
« ... » esitò ora la donna guerriero, or impossibilitata a immaginare i termini più opportuni nei quali avere a replicare a quelle parole.
« Non è ancor facile, per noi, rapportarci con te... » spiegò quindi Nami, scuotendo appena il capo « Nel considerare quanto effimeri siano stati, fino a oggi, i rapporti fra noi, benché tu sia la nostra parente più prossima, sei pressoché un’estranea. E un’estranea nel merito del quale ci è stato raccontato tutto e il contrario di tutto... tanto nel bene, quanto nel male. »
« ... capisco... » sorrise ella, necessariamente ancora tesa a confronto con tutto ciò « E mi dis... »
« Aspetta. » la interruppe allora la nipote, scuotendo il capo.
« E’ vero che tu non eri qui ad attenderci, quando siamo arrivate. E, del resto, non avresti avuto neppure ragione di attendere il nostro arrivo, non avendoti offerto alcuna comunicazione del medesimo... » riprese quindi la prima, cercando di trovare le parole migliori nelle quali esprimersi « ... ma è ingiusto che tu dica di non averci mai riservato alcuna premura. Anzi. »
« Da quando è morta nostra madre, non è passato un singolo giorno senza che vi sia stato chi si è impegnato a farci sentire quanto più possibile in famiglia... tanto a bordo della Jol’Ange, negli anni passati, quanto qui a Kriarya, nelle ultime settimane. » confermò Namile, accodandosi alle parole della propria gemella e proseguendo per lei « E saremmo delle stupide a non comprendere quanto tutto ciò che ci è stato riservato, tutto l’affetto, l’ospitalità, e quant’altro, è stato a noi destinato soltanto in tua grazia. »
« Dopo la morte di nostra madre, avresti potuto anche ignorare la nostra esistenza: dopotutto, come stava dicendo pocanzi mia sorella, ancora in questo momento possiamo considerarci pressoché delle estranee... » puntualizzò Mera Ronae, stringendosi appena fra le spalle « Ma non lo hai fatto. E benché tu avessi altre priorità, ti sei impegnata non soltanto ad assicurarci la presenza di qualcuno a prendersi cura di noi... ma ci hai anche lasciato all’interno di una grande famiglia, e di una famiglia che, in nessun momento, ci ha mai rinnegato, malgrado avrebbero potuto avere tutti ragione di imputare a noi le colpe di nostra madre. »
« E una donna capace di ispirare in tal maniera le persone a sé vicino... beh... può essere forse per noi un’estranea, almeno per il momento... ma, di certo, è una persona che merita di essere conosciuta. » concluse allora l’altra, quasi a presentare, in tal maniera, il manifesto alla base del loro trasferimento in città « E’ per questo che siamo qui, zia... perché desideriamo avere possibilità di conoscerti meglio. E di poterti apprezzare come chiunque a te vicino. »
« Diamine! » esclamò allora Meri, non mancandosi di concedersi una certa risatina divertita a un pensiero improvvisamente sortole alla mente « Hai appena dichiarato di aver ereditato i poteri della Portatrice di Luce e dell’Oscura Mietitrice... e praticamente nessuno di tutti coloro a te vicini ha avuto di che spaventarsi per questo! »
« In effetti... » ammiccò Nami, ridacchiando a sua volta.
E benché, sino a quel momento, Meri e Nami non avessero ancora offerto evidenza della volontà di accorciare maggiormente la distanza esistente fra loro e la loro parente, a confronto con tutto ciò Midda non avrebbe potuto trattenersi neppure volendo, ragione per la quale, con occhi lucidi per l’emozione, si slanciò ad abbracciare le proprie nipoti, stringendole a sé in un impeto di sincero affetto per loro.
Un abbraccio che, seppur inizialmente non mancò di sorprendere entrambe, non mancò di vederle, dopo un breve istante, ricambiare il gesto e il sentimento dietro allo stesso, cedendo per un istante alla possibilità, forse illusoria, forse errata nelle proprie ragioni, e pur umanamente giustificabile, di stringersi per un momento a una figura materna, reale o surrogata che avesse a doversi considerare.
Un abbraccio, quello fra la zie e le due nipoti, che si protrasse per un tempo di difficile discriminazione, ma che, alla fine, ebbe a sciogliersi trovando gli occhi di tutte loro ravvivati da piccole perle di intima commozione a confronto con tutto ciò.
« ... credo... credo che sia meglio che ora vi lasci... riposare. » esitò Midda, nello scoprirsi insolitamente esitante nel proprio altresì abitualmente sciolto incedere verbale « Del resto, se non ho capito male, sono passati circa sei mesi dall’ultima volta che avete avuto occasione di farvi una dormita... » scherzò, scuotendo appena il capo, accennando di nuovo a muoversi verso la porta.
« ... zia...?! » la richiamò Nami, prima che ella avesse ad aprire la porta e ad allontanarsi.
« ... sì? » domandò ella, voltandosi ancora verso di loro.
« Gr... » tentò di dire la ragazzina, salvo ritrovarsi anticipata dall’interlocutrice, la quale sollevò una mano per chiederle di non avere a proseguire oltre in quel ringraziamento.
« Aspettate a dirlo. » le invitò, ammiccando nella loro direzione « Concedetevi, e concedetemi, qualche giorno insieme... e se ora di allora avrete ancora voglia di dirlo, lo potrete fare. » richiese loro, in termini che sarebbero apparsi quantomeno eclettici se soltanto non fossero stati allor esplicitati dal proseguo del proprio intervento « Ho capito che mi considerate responsabile per tutte le persone meravigliose che avete avuto occasione di conoscere negli ultimi anni... ma, per favore, concedetemi la possibilità di meritarmi la vostra gratitudine per qualcosa che, effettivamente, possa aver fatto io, e non per ciò che altri hanno fatto in mia assenza. »
« ... d’accordo. » annuì allora Namile, accompagnata in tal senso dalla propria gemella « Per quanto assurdo, mi pare sensato. »
« Oh... » ridacchiò allora la Figlia di Marr’Mahew, a confronto con quell’ossimoro « Non vi preoccupate: vi renderete presto conto di quanto, frequentandomi, vi sia purtroppo molto sovente più assennatezza nell’assurdità rispetto a quanto follia non potreste mai essere portate a credere! » concluse, aprendo la porta innanzi a sé « Buonanotte, ragazze. »
« A domani... zia! »