Che il chaturaji non avesse a doversi fraintendere qual un gioco per bambini, avrebbe avuto a dover essere inteso qual lontano da ogni possibilità di dubbio. Che, tuttavia, i presenti potessero avere delle personali ragioni di affetto nei riguardi del gioco del chaturaji, tale da permettere alla maggior parte di loro di saperlo giocare e, probabilmente, di saperlo anche giocare bene, avrebbe avuto a dover essere comunque inteso qual lontano da ogni possibilità di dubbio.
Midda Bontor, madre di Tagae e Liagu, aveva veduto per la prima volta giocare a chaturaji quando, ancora fanciulla, non era nulla di più di un semplice mozzo a bordo della Fei'Mish. Durante uno scalo in un arcipelago dei mari a sud di Y’Shalf, verso oriente, ella aveva veduto quattro persone attorno al tavolo di una taverna intente a tirare dadi e muovere pezzi su un’elegante scacchiera, o, per lo meno, elegante era apparsa ai suoi occhi pur essendo, in verità, sufficientemente semplice nella propria fattura, ritrovandosi a essere immediatamente attratta e incuriosita da essa. Ed era stato il suo maestro d’arme dell’epoca, Degan, a spiegarle per primo che gioco fosse il chaturaji e quanto, in effetti, potesse anche essere considerato un addestramento interessante all’arte della guerra. Così, prima che Midda potesse rendersene conto, un altrettanto giovane Salge Tresand, all’epoca già innamorato perso di lei, non aveva mancato di approfittare della prima occasione utile per procurarsi a sua volta l’occorrente per giocare, pagandolo persino più del necessario pur di tributarle tale regalo; e ben presto entrambi erano stati iniziati alle regole del gioco dal loro stesso maestro d’arme, appassionandosi parecchio alla sfida da ciò rappresentata.
Nissa Bontor, madre di Mera e Namile, dal canto proprio, aveva scoperto il chaturaji qualche anno più tardi rispetto alla gemella, benché, ovviamente, nessuna delle due aveva poi avuto occasione di entrare a conoscenza della condivisa passione con l’altra. Già allontanatasi, a sua volta, dalla loro isola natale, Licsia, e già conquistato il comando della propria prima nave pirata, nel corso di un abbordaggio a un elegante mercantile carico di beni preziosi ella aveva avuto occasione di incappare, per mera fatalità, in un’elegante e preziosa scacchiera, tale non soltanto ai suoi occhi, nella cabina del capitano. E così, ritrovandosi a essere incuriosita nel merito della sua natura, ella aveva deciso di graziare il disgraziato se egli si fosse dichiarato disposto a insegnarle il gioco. Questi, a confronto con la brutale uccisione di tutti gli altri membri del proprio equipaggio, aveva ovviamente accettato, forse e all’occorrenza anche animato dalla speranza di riservarsi, in un qualche futuro, un’occasione di vendetta a discapito di quella terrificante donna dagli occhi color del ghiaccio e dai capelli coloro del fuoco: una scelta, la sua, tutt’altro che fortunata, là dove, purtroppo, Nissa ebbe ad apprendere rapidamente le regole del gioco e a maturare altrettanto rapidamente, in grazia al suo squisito intelletto, una mirabile confidenza con il gioco stesso, in maniera tale che, presto, egli non fu più in grado di batterla in alcuna maniera, divenendo, in ciò, del tutto inutile e finendo, proprio malgrado, letteralmente qual cibo per pesci.
Relativamente a Nass’Hya Al-Sehliot, madre di Na’Heer, quello del chaturaji avrebbe avuto a doversi considerare qual un retaggio famigliare. Figlia di una delle più importanti famiglie nobiliari di Y’Shalf, principessa per diritto di sangue e promessa sposa al sultano fin dal giorno stesso della propria nascita, ella era stata educata sin da bambina a tutte quelle attività che più avrebbero potuto soddisfare il proprio futuro sposo, incluso, in effetti, anche il gioco del chaturaji, benché questo non avesse a doversi elencare, propriamente, nelle normali prerogative proprie per una futura moglie. E galeotto, in tal senso, ebbe a potersi considerare proprio il gioco del chaturaji per porre le basi di una inattesa amicizia fra lei e una giovane serva presentatale con il nome di M'Aydah: abile, abilissima giocatrice, N’Hya non avrebbe mai potuto immaginare di poter incontrare qualcuno in grado di batterla e, soprattutto, qualcuno in grado di batterla nelle vesti di una semplice serva. Eppur ciò accadde, e più di ogni altra cosa fu questo a motivare, in lei, un senso di stima e di fiducia nei riguardi di quella donna e di quella donna che, qualche tempo dopo, ebbe a rivelarsi per qualcosa di diverso da chi, inizialmente, aveva preteso di essere, presentandosi alfine come Midda Bontor, mercenaria al servizio di lord Brote di Kriarya. E se l’interesse di Brote nei confronti di quella figlia d’Y’Shalf era stato tale da chiedere alla propria migliore guerriera di infiltrarsi oltre il confine di quella nazione antagonista di Kofreya per rapire la principessa prima del proprio matrimonio col sultano; tale interesse non ebbe a dimostrarsi del tutto vano, nel ritrovarsi altresì più che ben corrisposto dalla stessa Nass’Hya, la quale, per quanto ciò avrebbe significato rinunciare a tutti i propri diritti di nascita e al destino per il quale era stata cresciuta sin dalla più tenera età, non ebbe esitazione ad accettare di essere rapita, in quella che, in effetti, ebbe a tradursi piuttosto in una fuga d’amore.
Insomma: tanto Tagae e Liagu, tanto Mera e Namile, quanto Na’Heer, avrebbero potuto vantare di aver ereditato dalle relative madri il proprio interesse per il chaturaji, e per quel gioco che, con la sola eccezione rappresentata proprio da quest’ultimo, tutti avevano così appreso proprio alla fonte. Na’Heer, in effetti, era stato il solo a non poterlo apprendere direttamente da sua madre, benché, a tale mancanza, non aveva mancato di sopperire suo padre, a non negargli quel suo retaggio, e quel retaggio che pur tanto importante, a modo proprio, avrebbe avuto a doversi intendere anche per la sua storia personale.
Anche riguardo a Elisee, infine, la chiave del suo rapporto con il gioco del chaturaji avrebbe avuto a dover essere riconosciuta proprio da parte di madre, là dove, in fondo, Arasha non avrebbe avuto a dover essere dimenticata qual figlia di Degan, e dello stesso Degan che, per primo, aveva iniziato la Figlia di Marr’Mahew alle regole di quel gioco. Purtroppo, però, a differenza dei propri compagni in quella scapestrata avventura, ella non aveva ancora avuto occasione di vedersi insegnate le regole del gioco, in termini tali per cui, proprio malgrado, non avrebbe potuto mancare di sentirsi un po’ esclusa dal discorso, per quanto lì condotto in termini meramente teorici.
« Beh... » si strinse fra le spalle Meri, a confronto con la protesta della piccola Eli « Considerando che non abbiamo molto da fare, potremmo anche iniziare a insegnarti qualche concetto. » propose, all’indirizzo della medesima « In questo modo, alla prima occasione utile, anche tu potrai subito giocare insieme a noi... »
« Così...? Senza neppure una scacchiera davanti agli occhi...?! » obiettò Nami, aggrottando appena la fronte all’idea della sorella.
« Ma sì. Giusto per ingannare un po’ il tempo... » ribatté Liagu, ritrovandosi d’accordo con la proposta della propria cugina « In fondo non abbiamo poi molto altro da fare, non ti pare...?! »
E fu così che il resto del pomeriggio venne speso dai gruppo nell’introdurre il loro membro più giovane al chaturaji, alle sue origini e alle sue regole, in un momento formativo che, in effetti, ebbe a essere più che interessante per tutti loro, giacché, in fondo, ognuno di loro avrebbe potuto vantare di conoscere alcuni aspetti della questione ma non, certamente, tutti quanti, in termini tali per cui, pertanto, tutto ciò non poté che finire con arricchirli reciprocamente molto più di quanto non si sarebbero potuti attendere sarebbe potuto avvenire.
Meri e Nami, per esempio, erano particolarmente edotte nel merito delle origini e della storia del gioco, nel merito del quale la loro genitrice avrebbe potuto considerarsi ben più che esperta. Na’Heer, dal canto proprio, avrebbe avuto a poter invece vantare una spiccata predilezione per i pezzi e le loro caratteristiche, che ebbe a illustrare con dovizia di dettagli alla piccola Eli aiutandosi anche con la collaborazione dei presenti a simulare le possibilità di movimento di ognuno sulle impolverate pietre squadrate del pavimento sotto ai loro piedi. E Tagae e Liagu, infine, si rivelarono decisamente attenti alle combinazioni e alle reazioni tattiche alle peggiori situazioni a cui il tiro di dadi avrebbe potuto spingere il giocatore, conoscenza mutuata da loro madre e dalla sua spiccata predisposizione mentale a trovare sempre un modo per cavarsi dagli impicci, anche più improbabili.
« Woah! » commentò alfine Eli, gettandosi a terra nel ritrovarsi psicologicamente e fisicamente sopraffatta da tante informazioni « Ma è un gioco immenso! » commentò, aprendo le braccia ai lati del proprio corpo, a dimostrare, in tal maniera, quanto vasto avesse a doversi intendere il chaturaji.
Nessun commento:
Posta un commento