« Vedo che vostra madre vi ha informato bene a tal riguardo... » aggrottò la fronte Nass’Hya, non senza una certa sorpresa a confronto con l’approccio estremamente diretto della piccola « In effetti ho il potere di comandare le algul. Ed è grazie a loro che il mio sposo mi ha raggiunta qui, scampando a un altrimenti triste fato di morte. » confermò, annuendo a confronto con la particolare dinamica dei fatti per così come occorsi « Come già vi stavo dicendo, qui il tempo scorre in maniera estremamente soggettiva... ragione per la quale, quando ho avuto visione di ciò che stava accadendo in quel di Kriarya, ho avuto tutto il tempo utile a intervenire, richiamando a me le algul e comandando loro di condurre in salvo il mio sposo prima che la sua stessa torre potesse travolgerlo e ucciderlo. Il tutto in quella che, dall’esterno, sarebbe stata intesa qual una frazione di tempo infinitesimale. »
« Condurlo in salvo... qui?! » esitò la figlia di Midda, non comprendendo come quel luogo potesse essere considerato sicuro per un vivente, là dove un vivente non avrebbe neppure dovuto esservi presente.
« In effetti, ho commesso l’errore di non essere precisa nella mia richiesta alle algul. Anche perché, a dirla tutta, non è che abbia mai realmente imparato a gestire i miei poteri come, credo, anche vostra madre non avrà mancato di spiegarvi. » sospirò l’altra, or non priva di un certo imbarazzo a tal riguardo « Così le algul hanno liberamente interpretato la mia richiesta, trascinando Brote oltre la soglia del regno dei vivi, sino a giungere a me. »
« E così come lo hai portato qui, non avresti potuto riportarlo a indietro...?! » protestò Na’Heer, non riuscendo a elaborare l’evidenza di quanto, in effetti, suo padre fosse vivo soltanto per merito dell’intervento di sua madre, nel concentrarsi, piuttosto, sul pensiero di quanto, al contrario, suo padre fosse stato creduto morto per colpa di sua madre, e dell’evidenza di quella sorta di rapimento da lei perpetrato a loro discapito.
« Non prendertela con tua madre, figliolo... » intervenne allora lord Brote, scuotendo appena il capo « La responsabilità della scelta è stata anche mia. »
« Credevamo che saremmo stati in grado di gestire il tempo in maniera tale da non far passare più di qualche minuto... » si giustificò Nass’Hya, pur non tentando di negare la propria responsabilità nella questione, e nella questione per così come intesa dal loro figlioletto « ... purtroppo... la cosa ci è sfuggita di mano. »
« E, chiedo venia, noi cosa c’entriamo...?! » tentò di prendere voce in capitolo Namile, non sapendo esattamente in che maniera avere a esprimersi in quel frangente e, ciò non di meno, non potendo ovviare a proporre quell’interrogativo, non riuscendo a comprendere la logica per la quale, in quel discorso, tutti loro potessero essere stati condotti sino a lì.
« Assolutamente nulla. » confermò la negromante, stringendosi nuovamente fra le spalle « E, infatti, non sono stata io a condurvi sino a qui... »
La questione appariva estremamente sensata, soprattutto a confronto con la sorpresa dimostrata tanto da Brote, quanto da Nass’Hya, a confronto con il loro arrivo in cima alla torre.
Tuttavia, escludendo allora la responsabilità della donna per il loro trasferimento in quell’inquietante terra di confine, l’unica spiegazione utile a giustificare quanto accaduto sarebbe stata la prima da loro elaborata, e quella atta a vedere le algul rispondere a un comando, espresso in maniera più o meno cosciente, da parte dello stesso Na’Heer.
« ... temo che tu abbia ereditato da me molto più della sfumatura della tua pelle, o del colore dei tuoi capelli, bambino mio. » concluse quindi la donna, con un sorriso necessariamente tirato, nel comprendere quanto, proprio malgrado, la notizia non avrebbe avuto probabilmente a poter entusiasmare il ragazzino « E, in tal senso, probabilmente le algul hanno risposto a un qualche tuo particolare momento di turbamento emotivo in questa maniera, conducendo te e i tuoi amici là dove sapevano avresti avuto occasione di ricongiungerti a tuo padre. » argomentò, ancora una volta offrendo ragione alle analisi che, pocanzi, anche gli stessi ragazzini avevano compiuto in maniera autonoma « Purtroppo, in conseguenza del fatto che nessuno ci ha mai insegnato a gestire i nostri poteri, vi è molta più possibilità che questi abbiano a esprimersi in conseguenza ai nostri stati emotivi che non alla nostra volontà... »
« Come accadde a Kriarya quando tu...?! » esclamò Tagae, ritrovandosi a ricedere, tuttavia, un sonoro calcio sugli stinchi da parte della sua sorellina, a zittirlo prima che potesse completare la frase e quella frase nel merito di eventi che non era certa fossero noti agli altri e, soprattutto, allor stesso Na’Heer... non, per lo meno, in diretto riferimento a sua madre « Ahiu... »
Nass’Hya comprese, ovviamente, quanto il figlio della sua vecchia amica aveva appena cercato di domandare e, intuendo parimenti la ragione dell’intervento della di lui sorella, si limito allora semplicemente ad annuire verso i due, cercando di non offrire più importanza del dovuto alla questione.
Purtroppo Na’Heer non era uno sprovveduto e, anzi, era stato cresciuto da suo padre a dimostrare massima attenzione nei riguardi di tutto ciò che gli sarebbe mai potuto accadere attorno, in termini tali da non potersi permettere mai di lasciarsi cogliere di sorpresa da nulla. Ragione per la quale, ovviamente, egli non soltanto colse la domanda di Tagae, l’intervento di Liagu e la quieta risposta di sua madre, ma riuscì anche a colmare gli spazi vuoti a margine di quella questione, ricordando quanto, poco dopo la sua nascita, e nel periodo immediatamente seguente all’omicidio della sua genitrice per mano di Nissa Bontor, una terrificante piaga negromantica si era abbattuta sull’intera Kriarya, con la comparsa dei peggiori orrori che mai alcuno avrebbe avuto occasione di immaginare.
Orrori il senso dei quali, improvvisamente, ora gli risultava chiaro... così come chiaro non mancò di risultargli il tentativo, da parte dei suoi amici, di proteggerlo da quella terrificante verità.
« Sono anche io una minaccia per il mondo... » sgranò gli occhi egli, non privo di un certo orrore a proprio stesso discapito, all’idea di ciò che aveva appena avuto a scoprirsi essere « Così come il mio dolore ci ha condotti sino a qui, avrebbe potuto imporre su Kriarya morte e distruzione per mano delle algul o di qualunque altra creatura assetata di sangue. »
Né lord Brote, né tantomeno Nass’Hya, fecero allor caso alla particolare forma nella quale egli aveva voluto declinare la propria prima affermazione, e quell’affermazione atta a riconoscere “anche” se stesso qual una minaccia per il mondo. E non vi fecero caso, in effetti, ipotizzando quanto, a tal riguardo, egli stesse esprimendosi pensando alla propria genitrice, e a quanto orrore, in fondo, aveva involontariamente riversato su tutta Kriarya dopo la propria morte, e quella morte da lei neppure elaborata razionalmente, ma creduta, altresì, una tragica vedovanza. Tuttavia, ciò a cui egli stava lì offrendo riferimento non era sua madre, quanto e piuttosto i suoi due cari amici e compagni di studi, i due figli di Midda che, pocanzi, avevano avuto occasione di presentarsi, a propria volta, come un’arma di distruzione di massa.
« Non dire così, Na’Heer... » lo invitò il padre, avvicinandosi nuovamente a lui per rassicurarlo, fosse anche e soltanto con la propria presenza « Né tua madre, né tu, siete una minaccia per il mondo. Anzi. Voi siete tutto il mio mondo... e nulla potrà mai farmi cambiare idea a tal riguardo. »
A interrompere, tuttavia, l’evoluzione di quel discorso, ebbe nuovamente a pretendere l’attenzione dell’intero gruppo quel terrificante e stridulo grido disumano che già, prima, aveva sorpreso i sei ragazzini per strada, costringendoli a cercare rifugio all’interno della torre. Un grido che, purtroppo, ora stava sopraggiungendo da sotto i loro piedi, con intensità tale da presumere non avesse a essere più distante di un paio di piani da loro.
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