Pur comprendendo ora il fine ultimo di quel giro di domande, Na’Heer volle ovviare a concedersi facili entusiasmi a confronto con l’indubbia, e forse persino inquietante, abilità di Meri a guidare la sua mente attraverso la confusione in essa allor imperante, per non rischiare di avere a distrarsi e a vanificare l’impegno profuso dalla sua interlocutrice in suo aiuto. Al contrario, egli mantenne i propri pensieri, e le proprie emozioni, quietamente stabili, ad assicurarsi maggiore occasione possibile di successo.
« Credo di sì... » annuì, dopo un momento di esitazione « E’ un ricordo un po’ confuso. Ma c’era mio padre... e c’eravate anche voi... tutti quanti... e io morivo prima che potessimo essere in grado di fuggire. »
« Fuggire da dove...? » cercò maggiore dettaglio Mera Ronae, con tono accomodante verso di lui.
Già... da dove? Na’Heer aveva compreso quanto la risposta a quella domanda avrebbe avuto a doversi intendere esattamente l’informazione da loro stessi ricercata, e, ciò non di meno, non era certo di poter avere un’informazione da offrire a tal riguardo. Non ove quanto da lui allor rammentato avrebbe avuto a doversi intendere obiettivamente impossibile.
« Dalla torre. » replicò alfine, consapevole di quanto ciò che stava dicendo non avrebbe potuto apparir sensato ai propri interlocutori « Dalla torre in cui sono nato e cresciuto. E da quella stessa torre crollata in conseguenza all’attentato dinamitardo. »
« Oh... » esitarono tutti loro, colti in necessario contropiede da quell’informazione.
Se già doversi confrontare con l’idea di poter avere ad assistere, in anteprima, a tutta una serie di futuri possibili, e di morti possibili, per così come proposte dall’occhio di un dio straniero non avrebbe avuto a doversi considerare di ovvia accettazione; ritrovarsi lì a ragionare su quanto, in una di tali visioni, avesse a doversi riconoscere ancora edificata una torre ormai abbattuta... beh... ciò non avrebbe potuto che sfociare quietamente nel delirio. O, per lo meno, tale avrebbe avuto necessariamente a dover essere considerato dal punto di vista proprio dell’intelletto razionale di un adulto.
Fortunatamente per loro, in quel frangente, nessuno avrebbe avuto a doversi ancora intendere essere tanto adulto da poter risentire di quella disincantata interpretazione della realtà che un giorno avrebbero imparato a rendere propria e che, ciò non di meno, ancora non apparteneva loro. Perché, per quanto le negative esperienze vissute avrebbero potuto averli fatti crescere, e crescere psicologicamente più velocemente rispetto a quanto non sarebbe stato sano accadesse, la loro visione della realtà sapeva ancora lasciarsi contraddistinguere da una certa fantasia di fondo a confronto con la quale anche l’impossibile sarebbe potuto essere realtà. O, forse, al di là di ogni possibile elucubrazione nel merito delle loro passate, e negative, esperienze di vita, ciò che lì avrebbe avuto a poter fare la differenza sarebbe stato il loro personale rapporto con Midda Bontor e con tutto il suo clan, e con quel clan del quale, probabilmente, avrebbero potuto già considerarsi tutti quantomeno di membri onorari, se non a pieno titolo: perché, in fondo, dimostrare quanto l’impossibile sarebbe potuto essere realtà, altro non avrebbe avuto a doversi intendere se non lo scopo di vita proprio della medesima Figlia di Marr’Mahew, là dove, dopotutto, l’impossibile avrebbe avuto a doversi intendere la base fondante di tutto il suo operato.
In questo, quindi, benché indubbiamente sorprendente, quell’affermazione non ebbe a risuonare necessariamente assurda dal loro punto di vista. E, anzi, dopo pochi istanti, ciò iniziò a ispirare, da parte loro, un certo interesse creativo...
« Come può, una torre crollata nel passato, essere presente nel futuro...? » questionò Tagae, esprimendo in tal senso l’interrogativo chiave attorno al quale avrebbe dovuto essere elaborata tutta la questione.
« Potrebbe non essere un’immagine del futuro, ma del passato...? » suggerì quindi Namile, aggrottando la fronte a quell’interrogativo.
« Improbabile. » negò Liagu, scuotendo appena il capo « Ha detto che eravamo tutti presenti. E voi non siete mai state a casa di Na’Heer, prima. » sottolineò, dimostrando grande attenzione per i dettagli.
« Potrebbe essere un’immagine del passato nel nostro futuro...?! » ipotizzo quindi suo fratello, riflettendo ad alta voce a tal riguardo.
« Un viaggio nel tempo...? E’ possibile...?! » domandò Mera Ronae, incerta a tal riguardo, pur avendo certamente avuto ad assistere a eventi decisamente più improbabili rispetto a quello.
« Secondo zia Midda sì! » rispose Eli, annuendo a quell’interrogativo « Lei dice che sulle ali della fenice si può viaggiare nel tempo e nello spazio... ovunque e quandunque... »
« Quantunque, magari. » sorrise Liagu correggendola, pur annuendo in direzione della bambina « Questo sottintenderebbe che dovremmo trovare un modo di entrare in contatto con la fenice, e convincerla a portarci nella torre, prima dell’esplosione, a salvare lord Brote. »
« Non credo... » escluse tuttavia Na’Heer, riprendendo ancora voce « Non credo che fosse il passato. O il futuro nel nostro passato. O il passato nel nostro futuro che dir si voglia. » espresse, non sapendo in quali termini potesse essere meglio espresso quel concetto « Era la torre. Ma c’era un’atmosfera strana. Crepuscolare... spettrale quasi. E mio padre sapeva quanto era accaduto: sapeva che la torre era crollata. O, per lo meno, così mi pare... »
« Aspetta un attimo. » lo frenò Nami, soffermandosi a riflettere sulla questione « Hai detto che stavamo cercando di fuggire... ma fuggire da cosa? »
Na’Heer si concentrò a lungo su quel particolare, arrivando persino a chiudere gli occhi per tentare di meglio focalizzare i propri pensieri, le proprie confuse memorie.
Purtroppo, però, la questione non avrebbe avuto a potersi intendere sufficientemente chiara. Anzi. Non avrebbe avuto a potersi intendere per nulla chiara. Nella sua mente, infatti, troppe erano le memorie, troppe le esperienze di vita accumulate in una tanto folle maniera, in misura tale da non concedergli reale occasione di soffermarsi su una di esse, cogliendo tuttalpiù sensazioni della medesima, insieme a fugaci immagini, ancor prima che un effettivo quadro d’insieme...
« Non ne sono certo. » ammise egli, decisamente confuso « Credo che vi fosse qualcosa desideroso di ghermirci... ma cosa potesse essere, di preciso, non lo ricordo. »
« Non un avversario umano, quindi...?! » insistette l’altra, piegando appena il capo di lato.
« Non credo. Ma non potrei neppure dichiararmi certo del contrario. » puntualizzò il figlio di Brote, insofferente per la poca collaborazione che stava riuscendo a offrire.
« Oltre all’idea del viaggio nel tempo, escluderei anche l’idea di un viaggio dimensionale... » propose allor Tagae, apparentemente esprimendo quel commento dal nulla e, ciò non di meno, ancor ricollegandosi all’analisi precedente, rimasta incompiuta « Anche ammesso, infatti, di riuscire a raggiungere il tempo della fenice e di convincerla ad aiutarci, cosa che a sentire mamma non sarebbe esattamente scontata, come potremmo mai giustificare il fatto che tuo padre sia balzato in un’altra dimensione? Nessuno a parte zia Rín sa farlo... »
« Intendete riferirvi alla versione più giovane di nostra madre...?! » domandò Namile, distratta per un momento da quel nome, associato nella sua mente a una figura con la quale le e sua sorella avevano avuto troppo poco tempo da trascorrere insieme, per quanto, comprensibilmente, sarebbero state curiose di approfondire la conoscenza « Nóirín Mont-d'Orb...?! »
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