Difficile sarebbe stato per Na’Heer avere a comprendere se potersi considerare più contento per quel particolare punto di vista sulla questione, per così come proposto dalle due gemelle dai rossi capelli, o più angosciato per il fatto di essersi scoperto, proprio malgrado, negromante.
Ad aiutarlo, tuttavia, a dirimere il dubbio, e a dirimerlo in favore dell’angoscia, come soluzione generale al problema anche se non necessariamente in sola connessione alla propria natura di negromante, intervenne allora Eli, la quale, pur forse non avendo ancora ben compreso cosa potesse star accadendo, ebbe a dimostrare d’essere stata decisamente attenta al resoconto della visione avuta dal figlio di Brote...
« Se siamo veramente nello scenario della tua visione... » premesse la piccola, dimostrandosi un po’ preoccupata « ... non dovrebbe esserci qualcosa pronto a garmirci? »
« ... garmirci? » ripeté Liagu, non riuscendo immediatamente a comprendere cosa intendesse dire la bambina, pur evidentemente in un chiaro errore nello scandire quell’ultima parola « Ah... ghermirci, intendi...?! »
« Quella cosa lì. » annuì la piccola, non avendo la benché minima idea di cosa significasse quella parola ma non avendo certamente a suonare come qualcosa di positivo « Na’Heer aveva detto che nella visione stavano tentando di scappare da qualcosa che voleva gar... ghermirci, no?! »
In effetti Midda Elisee non aveva tutti i torti. Anzi. Non aveva alcun torto. E per quanto, invero, si fossero appena ritrovati tutti quanti a essere ghermiti, e a essere ghermiti allo scopo di essere catapultati lì, ovunque avesse a doversi intendere quel “lì” in particolare, ingenuo sarebbe stato presumere che l’incognita minaccia della quale Na’Heer aveva avuto visione, e visione insieme alla propria stessa morte, potesse ricondursi, nuovamente, a quelle jinn vampire. Soprattutto nel voler parimenti avere a considerare il ragazzo come un negromante, e come il negromante che, allora, aveva involontariamente evocato quelle creature, forse in reazione diretta al proprio straziante dolore e alla propria incommensurabile frustrazione.
« Forse è meglio se andiamo a cercare tuo padre prima che, qualunque mostro si possa nascondere in questo strano luogo, possa raggiungerci... » suggerì allora Tagae, tutt’altro che entusiasta all’idea di doversi confrontare con un mostro e, soprattutto, di non avere accanto a sé la propria mamma a difenderlo come già avvenuto più volte in passato.
« E se fosse proprio questo a dare il via agli eventi che condurranno alla morte prevista da Na’Heer...?! » rifletté per tutta replica Nami, scuotendo il capo.
« Credo che sia ormai tardi per farci venire qualche remora a tal riguardo... » obiettò tuttavia il figlio di Midda, non desiderando che l’amico potesse avere a correre rischi di sorta ma, obiettivamente, non ravvisando allora alcuna particolare alternativa « ... a meno che qualcuno fra voi non abbia compreso ove ci troviamo e, soprattutto, come poter tornare indietro. »
« Non dico questo. » si corresse la figlia di Nissa, storcendo appena le labbra verso il basso « Ma se Na’Heer ha avuto una premunizione nel merito della propria morte, forse dovremmo impegnarci il più possibile a evitare di compiere quelle azioni che potrebbero portarci a simile, tragico esito. »
« In verità temo che ci stiamo ritrovando a confronto con un paradosso. » prese voce Liagu, accigliandosi innanzi a quelle parole « Perché nell’affermare quello che stai dicendo, stai partendo dal presupposto che nella visione noi si possa aver agito senza consapevolezza della visione stessa. Ma se noi ora siamo qui, è proprio in conseguenza a quella visione, e a tutti gli eventi che essa ha scatenato, in maniera più o meno diretta. »
« Eh...?! » esclamò Tagae, non essendo francamente riuscito a comprendere nulla delle parole della propria stessa sorella.
« Ho capito. » confermò altresì Meri, annuendo seria a confronto con quell’analisi più che sensata « Dal momento stesso che noi siamo qui per mezzo della visione, tutto ciò che è accaduto all’interno di quella visione ha da considerarsi vincolato alla nostra stessa pregressa conoscenza sulla visione stessa. Ragione per la quale, se per timore della visione noi ci comportassimo in maniera diversa da quella che vorremmo, potremmo finire con il giungere, ugualmente, a quella letale conclusione. »
« Questa è soltanto una teoria... » escluse allora Nami, non riuscendo a poter prendere per certa quella posizione « ... anche perché il discorso potrebbe egualmente valere in senso contrario. » sottolineò, decisamente poco soddisfatta da quello stallo psicologico nel quale si stavano andando a bloccare.
« Anche questo è vero. » annuì Liagu, a chiudere il cerchio e a offrire allor ragione alla propria cugina « In fondo, anche comportandosi in maniera consapevole rispetto alla visione, potremmo comunque ritrovarci a confronto con quell’esito, là dove, dopotutto, non ci è dato di sapere in quale maniera avevamo scelto di agire. »
« Una cosa la sappiamo... » obiettò tuttavia Na’Heer, riprendendo voce a tal riguardo « Nella mia visione eravamo tutti insieme: noi sei e mio padre. »
« Ergo... potrebbe essere sufficiente evitare di essere tutti insieme per scampare a quel fato di morte. » ipotizzò Tagae, cercando di tornare a seguire il discorso in maniera attiva.
Nessuno ebbe il coraggio di dirlo ad alta voce, per quanto tutti, a partire dallo stesso Tagae in primo luogo, in quel frangente non avrebbero potuto riservarsi dubbio alcuno nel considerare quantomeno assurda, se non addirittura autolesionista, l’idea di avere a dividersi, e a dividersi a confronto con una realtà che neppure erano allora in grado di comprendere.
Ma ove restare uniti avrebbe avuto a significare, necessariamente, la morte per Na’Heer, nessuno fra loro avrebbe mai potuto avere a desiderare egoisticamente anteporre i propri timori, le proprie paure all’idea di ritrovarsi reciprocamente isolati, nel confronto con il bene dell’amico. Ragione per la quale, allorché evidenziare la follia di quella proposta, tutti quanti si ritrovarono costretti a riflettere sulla medesima, e a riflettere su come poter affrontare al meglio la sfida lì loro presentata.
« Per evitare di essere tutti insieme non è necessario essere necessariamente tutti quanti separati... » osservò allora Meri, riprendendo voce dopo quella parentesi di intima riflessione a tal riguardo « Potremmo anche e soltanto dividerci in due squadre, in maniera tale da non avere essere completamente soli innanzi al nemico. »
« Concordo... » annuì Na’Heer, sostenendo la proposta così formulata, e una proposta assolutamente sensata sotto ogni punto di vista « Io, te e Liagu potremmo formare una squadra. Tagae, tua sorella ed Eli la seconda. » propose, spaccando a metà il loro gruppo e separandolo, allora, in maniera longitudinale ai legami di parentela, al fine di tentare di riequilibrare il più possibile le forze in giuoco.
« Ehm... » esitò Tagae, scuotendo allora il capo con fare nervoso « Liagu e io non possiamo separarci. Già è stato pericoloso quando sono sopraggiunte quelle algul a portarci fino a qui... »
« Pericoloso...?! » ripeté Namile, socchiudendo appena gli occhi a confronto con la particolare scelta di termini da lui resa propria in relazione all’idea di avere a distanziarsi dalla propria sorella... una scelta di termini tale da suggerire qualcosa di più rispetto a una mera questione psicologica, per quanto all’occorrenza morbosa « Cosa vuoi dire con “pericoloso”? » insistette.
Tagae e Liagu si osservarono per un istante negli occhi, non desiderando violare l’impegno al silenzio preso con la loro genitrice e, ciò non di meno, rendendosi conto di quanto, allora, sarebbe stato quantomai pericoloso non informare i loro amici della realtà dei fatti, e della realtà dei fatti concernente la loro personale dannazione, a confronto con la quale, sciaguratamente, avrebbero potuto morire tutti quanti fra atroci sofferenze.
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