11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

martedì 31 marzo 2020

3232


Le memorie che Midda Bontor, Figlia di Marr’Mahew, avrebbe potuto vantare nel merito di quel di Y’Rafah erano molti. E nessuna, in verità, degna di esser ricordata.
Solo di una cosa, riguardo Y’Shalf in generale, e Y’Rafah in particolare, ella avrebbe potuto provare nostalgia: il seksu di Rabah’Am. E, nell’offrire la giusta priorità all’evoluzione degli eventi, non appena superata la soglia della città, ella non poté ovviare a indirizzare il cammino delle proprie amiche verso la periferia nord-est della stessa, in direzione, per l’appunto, della taverna di Rabah’Am, animata dal più sincero, e quasi nostalgico, desiderio di riassaporare ancora una volta quella particolare delizia.
Ovviamente, del perché nel merito di tale non lineare percorso all’interno della vasta e affollata capitale, né a Duva, né a Lys’sh poté essere offerta, almeno nell’immediato, trasparenza. Ragione per la quale, in buona sostanza, le due donne si limitarono a seguire le indicazioni offerte loro dall’amica, rivolgendole la più completa e incondizionata fiducia, sospinte in tal senso dall’idea, tanto razionale, quanto allor infondata, di essere in qualche modo dirette alla ricerca di quell’ipotetica spada della misericordia oggetto della loro attuale missione. Una ricerca che, allorché condurle in qualche esotico tempio, in un oscuro sotterraneo, o sulla cima di una mistica torre, le vide giungere, alfine, all’ingresso di un edificio comune, e di quello che, al di là di ogni possibile fraintendimento culturale, altro non avrebbe avuto a doversi intendere se non qual…

« … una taverna?! » sussurrò a bassa voce Lys’sh, accanto a Midda, nel contemplare un po’ stranita quanto lì offerto innanzi ai suoi sensi, e, in particolare, al suo olfatto e al suo udito, giacché, per così come da lei lamentato, al di sotto del burqa la sua vista avrebbe avuto a dover essere purtroppo intesa qual posta ancor più alla prova rispetto al solito « E’ qui che troveremo la spada di Kila…?! » cercò lumi, ancora sussurrando e sussurrando, in effetti, non in kofreyota, quanto e piuttosto nella lingua franca che anche Midda aveva avuto occasione di apprendere nelle vastità siderali, e quella lingua che, allor, anche laddove improbabilmente udita da qualcuno, non avrebbe permesso ad alcuno di intendere quanto potessero star dicendo.
« Ovviamente no. » replicò la donna guerriero, egualmente sottovoce ed egualmente in lingua franca, obiettivamente divertita da quella domanda, e dal fraintendimento a essa conseguente « In compenso, qui troveremo la possibilità di un’ottima cena… » sottolineò, a offrire un senso alla loro presenza lì, in quel frangente.
« … capisco… » esitò per tutta risposta la giovane donna rettile, poco convinta del fatto soprattutto in riferimento a Duva, e al fatto che difficilmente ella avrebbe potuto accogliere con entusiasmo l’ipotesi di dover reggere ancora a lungo il giuoco proprio del ruolo così impostole.

Ma al di là di ogni timore proprio di Lys’sh, la scelta compiuta dalla mercenaria più celebre di tutta Kofreya, e di quell’intero angolo di continente, non ebbe a poter essere disapprovata a posteriori. E a posteriori, per la precisione, nel momento in cui, allora, le tre sorelle d’armi ebbero ad accomodarsi a tavola, e a vedersi servito, in un amplio tegame di terracotta, il seksu.
Il seksu, così come ebbero a scoprire Duva e Lys’sh, altro non avrebbe avuto a dover essere frainteso se non un piatto composto, principalmente, da granelli di semola di grano duro cotti al vapore, e accompagnati, nella propria offerta, da un’amplia varietà di carni e di verdure, abilmente miscelate, nella propria qualità e quantità, secondo le varie ricette e le varie interpretazioni personali dei cuochi. Nella versione propria di Rabah’Am, in particolare, e in accordo alla ricetta più classica della città di Y’Rafah per così come direttamente mutuata dal lontano regno di Far’Ghar, il seksu avrebbe avuto a prevedere un cosciotto d’agnello, di cui la polpa da utilizzare nella parte stufata e l’osso nel brodo, cipolle bianche, zucchine, carote, ceci e uva passa, tutto accompagnato da zenzero fresco, cannella, prezzemolo, pepe nero, sale e zafferano, in un tripudio di aromi e di sapori che non mancarono di deliziare i palati delle tre donne, offrendo ben ragione a Midda per la propria scelta, e la propria scelta volta a condurle, innanzitutto, fino a quel luogo.
Oltretutto, nel rispetto proprio delle leggi locali, quella taverna, al pari di qualunque altro luogo di pubblica aggregazione, accanto a un’area comune, il cui impiego avrebbe avuto a dover essere inteso più che altro qual destinato agli uomini, non mancava di prevedere anche una serie di salette riservate, ovviamente previo pagamento di un giusto sovrapprezzo, per le famiglie, a permettere anche alle donne, principalmente, di avere occasione di consumare il pasto senza, in questo, entrare in violazione con il divieto a mostrare il proprio volto a estranei: una norma sicuramente intollerabile dal punto di vista proprio delle tre amiche, quella propria a imporre un tale controllo patriarcale sulle donne, e, ciò non di meno, una norma allora quanto mai utile, a garantire loro quell’occasione di riservatezza che, altrimenti, non sarebbe stata loro garantita. Riservatezza utile, quindi, almeno per Midda e Lys’sh, a privarsi estemporaneamente dell’incomoda presenza dei propri burqa senza timore di essere scoperte in quanto straniere, e a Duva, seppur ancora impossibilitata a ritornare alle proprie più consuete sembianze, per avere la possibilità, quantomeno, di chiacchierare con le proprio compagne senza in questo compromettere la propria supposta identità maschile.
E così, gustandosi il seksu accompagnato da un leggero vino rosato, utile a ripulirsi la bocca dalla terra lì impastatasi dopo tante ore a cavallo, le tre sorelle d’arme poterono gustarsi quell’inatteso, e assolutamente piacevole momento conviviale, utile a conferire a quella missione il piacevole retrogusto proprio di un’allegra scampagnata, allorché un viaggio potenzialmente letale in una terra straniera e nemica, contraddistinta da leggi patriarcali, misogine e oppressive.

« D’accordo… lo ammetto! » sancì Lys’sh, aprendosi in un amplio sorriso, o, per lo meno, quanto nel suo caso avrebbe avuto a doversi intendere un sorriso, in assenza di labbra a meglio evidenziare tale espressione facciale « Ero dubbiosa nel merito dell’idea della taverna. Ma, in effetti, è stata un’ottima idea! »
« Assolutamente concorde… » confermò a sua volta Duva, con una lunga e splendida fila di denti ritornati del loro genuino e splendido candore originale, in conseguenza all’involontaria pulizia che quel cibo, e quel vino, le ebbero a offrire « Ma Be’Sihl non sa cucinare questo… sekus? »
« Seksu… » precisò Midda, non per dispiacere la propria amica quanto e piuttosto per aiutarla, e aiutarla a prendere confidenza con tutto ciò « … e no. Non, per lo meno, con questa ricetta. Diciamo che fra Shar’Tiagh e Far’Ghar i rapporti non sono mai stati particolarmente idilliaci e, in questo, sarebbe decisamente improprio chiedere a uno shar’tiagho di preparare il seksu secondo la ricetta far’gharia! »

Anche in quel frangente, sebbene la loro riservatezza avrebbe avuto a doversi considerare assolutamente garantita all’interno delle pareti proprie di quella loro stanza privata, le tre donne non si vollero negare l’occasione di continuare a parlare in lingua franca, sfruttando, in tal senso e a proprio peculiare vantaggio, la peculiare possibilità loro così offerta dal conoscere una lingua ignorata da chiunque altro in quell’intero pianeta, fatta ovvia eccezione per Be’Sihl, Tagae e Liagu, che pur, in quel contesto, non erano presenti. In questo, anche nell’improbabile eventualità che qualcuno potesse dimostrarsi interessato al loro dialogo, nulla di quanto avrebbero potuto avere a dirsi sarebbe potuto essere compreso, risultando, piuttosto, qual una successione di suoni del tutto privi di qualunque significato intelligibile.

« E la ricetta shar’tiagha dello… seksu… come è…? » domandò curiosa Duva, aggrottando la fronte all’idea di una possibile disfida culinaria fra due culture nemiche.
« Buona… ma diversa… » commentò l’altra, abbassando appena lo sguardo, quasi in imbarazzo a confronto con quell’indiretta critica a discapito del proprio amato « E poi, per quanto mi dispiaccia riconoscere qualcosa di buono a questa città dimenticata dagli dei, il seksu di Rabah’Am è obiettivamente qualcosa di straordinario, a prescindere dalla sua ricetta: non so quale sia il suo segreto, ma non potete comprendere quanto io sia felice di averlo ritrovato, dopo tanti anni, ancora in vita… e in attività! »

lunedì 30 marzo 2020

3231


« Il mio sposo dice: “Io sono Mu'Sah Al-Lisaen. Questa è mia moglie Nass'Hya. E lei…” » indicando Lys’sh « “… è nostra figlia Fath’Ma.” » presentò Midda, offrendo voce ai gesti privi di significato proposti da Duva e dando, agli stessi, un senso più che adeguato nel confronto con la domanda loro rivolta « “Sono un mercante di Y’Lohaf. E sono qui per tentare di ampliare la mia rete di vendita.” »
« Y’Lohaf… eh? » esitò la guardia, aggrottando appena la fronte « Il tuo nome è y’shalfico, ma la tua carnagione è un po’ troppo scura per essere tale. » denotò, in una considerazione non scevra di un certo, prevedibile razzismo di fondo, mascherato da scrupolo nell’assolvimento del proprio dovere « E dove sono le tue mercanzie… mercante?! Qui non vedo nulla al di fuori delle tue donne, a meno che tu non intenda vendere proprio loro… »

Ovviamente Midda non si lasciò cogliere impreparata da tali osservazioni.
Ben conoscendo la mentalità tanto di Y’Shalf, ma così come di Kofreya, Gorthia e di qualunque altro stato del sud, e una mentalità necessariamente pregiudiziosa nei riguardi di persone di etnie palesemente diverse, e di etnie provenienti dal nord e, in particolare, dai regni desertici centrali, non aveva escluso la possibilità che la presentazione di “Mu’Sah” potesse suscitare qualche reazione dubbiosa.
Ma ben conoscendo anche l’origine della gran parte dello stile di vista proprio di Y’Shalf, ella non avrebbe potuto neppure negarsi l’occasione di una facile replica a quell’osservazione. Così, dopo aver atteso che Duva compisse altri gesti, riprese a parlare a suo titolo…

« Il mio sposo dice: “Mia madre era una nobile figlia del regno di Far’Ghar, conosciuta da mio padre durante un viaggio a nord. La mia carnagione potrà essere più scura della vostra, ma il mio cuore, y’shalfico e far’ghario, è sicuramente più puro rispetto a tutti i vostri, nell’ubbidienza ai precetti dei nostri dei e nella fedeltà al nostro amatissimo sultano.” » sancì quindi Midda, prestando ben attenzione a non calcare eccessivamente i propri toni, da umile sposa y’shalfica, di una frase volutamente non priva di una certa orgogliosa arroganza, e un’arroganza che ineluttabile avrebbe avuto a dove contraddistinguere la figura di “Mu’Sah”, al di là della brutalità propria del suo aspetto.

Se, in quel di Y’Shalf, odio nella propria forma più pura avrebbe avuto a dover essere intesa per tutto ciò che avrebbe potuto riguardare Kofreya e i suoi abitanti, al contrario ammirazione nella propria forma più pura avrebbe avuto a dover essere intesa per tutto ciò che avrebbe potuto riguardare Far’Ghar, regno del lontano nord, sì, e pur origine ideale di tutta la cultura y’shalfica, che, nei propri aspetti peggiori, si era proprio ispirata a quel di Far’Ghar.
Poter far vantare, quindi, a Duva una discendenza far’gharia, in quel di Y’Shalf, sarebbe equivalso ad attribuirle un attestato di merito a confronto con il quale nessuno avrebbe avuto più a rivolgersi arrogantemente a suo discapito… non allora, né mai. E, della propria corretta valutazione in tal senso, ella ebbe a poter verificare gli effetti in maniera abbastanza immediata, nel momento in cui, a scandire semplicemente il nome Far’Ghar, un moto di eccitazione non poté ovviare a risultare evidente nei loro interlocutori, i quali non scattarono ovviamente sull’attenti ma, sicuramente, furono tentati di reagire in tal maniera, per l’improvviso, ma da lei tutt’altro che imprevisto, rispetto che si ritrovarono a provare nei riguardi di una sì eccellente figura.

« Il mio sposo dice anche: “Per quanto concerne le mie merci, vi posso assicurare che il genere di affari che io sono solito trattare non prevede grandi ingombri, ma soltanto grandi valori.” » soggiunse ancora Midda, a replica anche per il secondo punto, nel mentre in cui, ancora, le guardie stavano scendendo a patti con la rivelazione precedente « “E pur comprendendo il logorio psicologico e fisico che può essere proprio del vostro pur importante incarico di sorveglianza, non posso che essere francamente irritato dalla trivialità con la quale avete offerto riferimento a mia moglie e a mia figlia.” »

E se pur, ovviamente, Duva non aveva detto nulla di tutto quello, né tantomeno aveva neppur immaginato di poter dire nulla di tutto quello attraverso i propri gesti, ella non mancò di reggere il giuoco della compagna, offrendo un’altra smorfia di disgusto a discapito del proprio interlocutori, nell’intento di condannarli per la propria mancanza di rispetto, e quella mancanza di rispetto che, fosse dipesa da “lui”, sarebbe stata espiata a suon di frustate…

« P-perdonaci, nobile Mu'Sah… » si affrettò a replicare il portavoce delle guardie, subito piegando il capo e offrendo un vero e proprio inchino in favore di quel perfetto sconosciuto, e quel perfetto sconosciuto che, pur, in grazia alle parole scelte dalla Figlia di Marr’Mahew, era riuscito lì a risultare più che convincente nel proprio ruolo di gran signore « … avessimo saputo prima dell’arrivo tuo e della tua sposa e della tua figlia, avremmo agito diversamente. » tentò di giustificarsi, obiettivamente rammaricato di quanto pronunciato, sicuramente con troppa noncuranza.

Midda, ringraziando il burqa allor decisamente utile a celare l’espressione necessariamente divertita che altrimenti avrebbe contraddistinto il suo volto, tornò a indirizzare il proprio sguardo in direzione di suo “marito”, in attesa di un’eventuale nuova presa di posizione da parte del medesimo.
E Duva, ancora una volta ben interpretando il proprio ruolo, lasciò saggiamente trascorrere qualche interminabile istante prima di riprendere “voce” in capitolo, tornando a muovere le proprie mani e a gesticolare un qualche, ultimo e definitivo messaggio per i loro interlocutori.

« Il mio sposo dice: “Non intendo portarvi rancore.” » comunicò quindi la donna guerriero, ancora nel proprio ruolo di voce per la propria complice « “State soltanto assolvendo al vostro incarico, per la gloria di Y’Shalf e del nostro sultano: che gli dei possano custodirvi.” »
« Grazie, nobile Mu'Sah… » si inchinò nuovamente la guardia, subito ritraendosi, ovviamente imitata in tal senso anche da tutti i propri compari, per offrire libero passaggio al nobile signore « … grazie! » si ripeté, chinandosi ancora una volta « E che gli dei possano benedire te e tutta la tua nobile famiglia. » augurò, a beneficio suo e della sua sposa e della sua figlia, e di quella sposa e di quella figlia che pur, pocanzi, non aveva avuto esitazione a insultare gratuitamente nel non ravvisare la benché minima ragione per avere a offrire qualcosa di più a tre sconosciuti, apparentemente stranieri sol desiderosi di apparire quali y’shalfichi per trarli in inganno.

Ma per quanto corretta, in effetti, fosse stata quindi la prima impressione dell’uomo, la messinscena orchestrata dall’abilità verbale di Midda e dal trucco arrangiato di Lys’sh, nonché dall’interpretazione adeguatamente misurata e credibile di Duva, permise loro di guadagnare l’ingresso a Y’Rafah. E di guadagnarlo, in contrasto a ogni aspettativa iniziale, ovviando un insalubre passaggio attraverso le fogne della città, con i loro osceni miasmi che, certamente, poco avrebbero avuto a giovare a tutte e tre, e, soprattutto, alla giovane donna rettile; quanto e piuttosto attraverso l’ingresso principale e quell’ingresso che, così, ebbero a varcare a testa alta, in groppa ai propri equini sodali i quali, dal canto proprio, avevano così ovviato a ritrovarsi spiacevolmente abbandonati al di fuori della città dopo che pur, per tanto lungo viaggio, avevano avuto a comportarsi a dir poco egregiamente.
Ovviamente, però, lì entrate in quel di Y’Rafah, la loro avventura non avrebbe avuto a doversi fraintendere qual conclusa, quanto e piuttosto qual soltanto appena iniziata.

domenica 29 marzo 2020

3230


La straordinaria imponenza propria delle mura di Y’Rafah non poté mancare di sorprendere anche Duva e Lys’sh, le quali, pur, provenivano da mondi contraddistinti da strutture decisamente più incredibili rispetto a quanto mai avrebbe potuto essere realizzato lì dove, ora, si ponevano. Una meraviglia, la loro, più che giustificabile nel confronto con le primitive tecniche con le quali tutto quello avrebbe avuto a doversi così riconoscere realizzato, tecniche che, pur scevre di qualunque apporto tecnologico, avrebbero avuto invero a doversi riconoscere forse e persino più avanzate rispetto a quanto mai avrebbero potuto vantare gli altri mondi da loro conosciuti, là dove, con le medesime risorse, mai si sarebbe riusciti a realizzare tanto.
Non che, comunque, in quel di Kriarya fosse mancata loro l’occasione per sorprendersi nel confronto con la straordinaria cinta dodecagonale caratteristica propria della città del peccato: semplicemente tanto sorprendente, tutto ciò, avrebbe avuto a doversi riconoscere, dal loro punto di vista, da veder rinnovata, ogni volta, tutta la meraviglia così provata nel confronto con tutto ciò. E se già da lontano avrebbe avuto a doversi intendere più che perfettamente quella straordinaria imponenza, il ritrovarsi allor posti sotto quelle mura, a confronto con l’altezza titanica delle stesse, non avrebbe potuto ovviare a lasciarle sentire schiacciate sotto il peso di tanta colossale costruzione, non potendo, nuovamente, mancare di domandarsi come potesse essere stato possibile, per la popolazione autoctona di quel pianeta, ottenere tanto con così poco.

« Dannazione… da vicino sembrano ancora più alte. » sussurrò fra sé e sé Duva, in quello che avrebbe avuto piacere poter essere un commento condiviso con le proprie amiche, con le proprie compagne, e che pur, nella distanza allora esistente fra loro, non avrebbe potuto fare altro che restare confinato nell’intimo del suo cuore.

Nella quantità di otto avrebbero avuto a doversi riconoscere le porte ricavate lungo tale cinta muraria: quattro in corrispondenza alle quattro direzioni cardinali, e altre quattro in corrispondenza a misure mediane delle stesse, per garantire una più quieta gestione dei traffici, in ingresso o in uscita, dalla città. E, riferendosi all’ingresso e all’uscita, in effetti improprio avrebbe avuto a doversi intendere l’uso del singolare per riferirsi a una di quelle otto porte, giacché, in realtà, ogni singolo varco avrebbe avuto a doversi riconoscere costituito, a sua volta, da due diversi accessi, e due accessi regolamentati in termini tali da garantire, dall’uno, soltanto l’ingresso, e dall’altro, soltanto l’uscita: in ciò, quindi, molto più semplice avrebbe avuto a doversi intendere la gestione del movimento delle persone, del bestiame e dei carri, da e verso la città, senza rischi di improprie collisioni fra i due flussi.
Ponendosi quindi sulla colonna di sinistra, Duva, in versione omaccione barbuto, e le sue due compagne al seguito, attesero pazientemente il proprio turno, cercando di dimostrarsi quanto più possibile a proprio agio in quel frangente. E se per Lys’sh e Midda, in effetti, alcuna particolare ragione di disagio avrebbe avuto a dover essere intesa, per la loro obbligata caporione quell’attesa non avrebbe potuto che risultare psicologicamente scomoda, e psicologicamente scomoda nella misura in cui ogni sguardo, verso di lei, avrebbe potuto facilmente trasformarsi in una condanna a suo discapito. Paranoia a parte, tuttavia, ben pochi furono gli sguardi che ebbero a volgersi nella sua direzione e, in effetti, anche fra quei pochi nessuno ebbe a soffermarsi più di tanto, offrendole soltanto smorfie di disapprovazione decisamente lontane dagli sguardi ai quali, solitamente, avrebbe avuto a doversi considerare abituata.
Insomma: il travestimento arrangiato dall’abilità di Lys’sh, ancor prima che da quella di Midda che, in tal senso, si era limitata più a un ruolo marginale, radendo i loro prigionieri e spogliandoli di quanto necessario per rivestire l’amica, sembrava apparire convincente, almeno nel confronto con la folla distratta di coloro in ingresso, o in uscita dalla città. Quanto, tuttavia, avrebbe ancor dovuto essere dimostrato sarebbe stato se quello stesso travestimento avrebbe avuto successo anche nel confronto con le guardie, e quelle guardie preposte alla sicurezza di una delle più prestigiose capitali y’shalfiche.

« Avanti il prossimo. » fu loro ordinato, all’arrivo del loro turno.

Il momento della verità.

« Chi siete…? E che cosa vi porta in città…?! » domandò in direzione di Duva una delle guardie, nel mentre in cui altri cinque suoi compari circondarono, con fare diffidente, l’intero gruppetto, con un approccio tutt’altro che inedito, essendosi comportati così con ogni visitatore prima di loro.

Duva, che anche e soltanto per riuscire a comprendere il senso di quell’interrogativo scandito in termini assimilabili a quelli che stava imparando a utilizzare in quel di Kofreya, ma con una pronuncia, una cadenza e degli accenti sì estranei da risultare quietamente una lingua completamente diversa, rammentò alla perfezione il proprio ruolo e, in tal senso, senza scomporsi, levo la propria destra e, arricciando le labbra e mostrando il propri denti apparentemente marci, ebbe a indicare una delle due donne alle sue spalle… Midda, ovviamente.

« Perché non rispondi…? » insistette la guardia, aggrottando la fronte nel non comprendere il senso di quel gesto, o il perché del suo silenzio.

Fu Midda, tuttavia, a prendere voce in quel frangente, prendendo parola verso il loro interlocutori e offrendo, nella loro direzione, una quieta risposta, scandita con perfetta proprietà di linguaggio entro i termini propri di quella lingua e, soprattutto, con un tono sì volutamente sommesso tale da risultare quasi irriconoscibile, specie laddove psicologicamente confrontato con quello che, abitualmente, avrebbe avuto a doversi intendere il proprio consueto approccio verbale con qualunque interlocutore, fosse questi uomo o dio…

« Invoco il vostro perdono per il mio ardire… » premesse ella, in un’umile supplica in direzione dei propri interlocutori « … purtroppo il mio sposo ha perso l’uso della voce molto tempo fa, in conseguenza a una ferita di guerra. » spiegò quindi, giustificando il perché del proprio altresì insolito intervento nella questione e in una questione che non avrebbe dovuto concernere certamente una donna « Vi domando il favore di poter essere per lui voce, affinché egli possa rispondere a ogni vostra domanda. »

Il drappello di guardie ebbe, per un momento, a scambiarsi qualche sguardo sorpreso, più per l’inattesa novità in quella che, altrimenti, avrebbe avuto a doversi intendere un’ordinaria ed estremamente noiosa giornata. E dopo un fugace attimo di incertezza, il loro portavoce ebbe nuovamente a intervenire, e intervenire ora in inedita direzione della donna che, tanto audacemente, aveva preso la parola nei loro riguardi.

« Avanti… » annuì pertanto, facendole cenno di avanzare, e di avanzare fino a porsi in posizione utile a interloquire con il proprio sposo.

Midda, così invitata, ebbe ad avanzare con il proprio cavallo fino quasi ad allinearsi con Duva, pur mantenendosi, rispettosamente, almeno un piede arretrata rispetto a lei, prima di voltarsi verso il proprio così supposto marito e attendere che egli potesse offrirle una risposta da tradurre per i propri interlocutori.
E così come concordato, Duva ebbe allora a inventarsi, con sufficiente credibilità, una serie di gesti, con in quali esprimere un presunto concetto. Concetto la definizione del quale, altresì, sarebbe comunque rimasta completamente a carico dell’amica, nel ben conoscere, ella, cosa poter dire o meno in una situazione al pari di quella in cui si stavano così andando a infilare…

sabato 28 marzo 2020

3229


« E allora lo faccia Lys’sh… » protestò nuovamente la prima, ancora rifiutando qualunque possibilità di essere coinvolta in quella follia « … se deve essere una questione di misure, senza offesa, lei vince tranquillamente su entrambe! »
« … sei seria? » aggrottò la fronte proprio la giovane donna rettile, rientrando nella discussione nel ritrovarsi in tal maniera appellata, solo per indicarsi il volto con un movimento rotatorio dell’indice destro e, in ciò, porre il giusto accento sul fatto che, certamente, fra tutte e tre, ella avrebbe avuto a dover essere l’ultima a potersi permettere l’occasione di levarsi il burqa « Cioè… io?! » trattenne a stento una risatina divertita, all’idea di poter passare per un normale essere umano in grazia a una barba posticcia e a un cambio d’abiti.
« … » esitò Duva, rendendosi tardivamente conto della stupidaggine così promossa e, in questo, storcendo le labbra verso il basso, con aria di quieta disapprovazione a proprio stesso discapito « … ohh… dannazione! » sbuffò alfine, nel rendersi conto quanto, a meno di non voler tornare all’idea di un giro nelle fogne, forse, effettivamente, quella avrebbe avuto a doversi intendere la sola possibilità esplorabile « E d’accordo! » s’arrese, quindi, levando le mani al cielo a dimostrare quanto, allora, non si sarebbe opposta a tutto ciò.

E se un gridolino di esultanza non poté mancare di essere proposto da Lys’sh, più che lieta di non doversi sottoporre alla prova olfattiva che avrebbe comportato per lei un’eventuale peregrinaggio nel sistema fognario di Y’Rafah; Midda sembrò voler reagire in maniera più composta, limitandosi ad appoggiare la propria mancina sulla spalla dell’amica così votatasi a quel tutt’altro che volontario sacrificio, a dimostrarle, in tal senso, tutta la propria vicinanza e approvazione…
… salvo poi non avere a risparmiarsi l’occasione di restituirle il favore di una delle molteplici passate occasioni di dileggio a discapito della propria impropriamente abbondante circonferenza toracica.

« In questo momento ti dispiace, vero, avere dei seni di misura normale… eh?! » ironizzò pertanto, scuotendo appena il capo, quietamente divertita.
« Ne riparleremo quando, fra qualche anno, inizieranno a essere meno sodi e compatti… e dovrai stare attenta a non inciamparci mentre cammini! » replicò con aria volutamente stizzita l’altra, incrociando le braccia al petto, nel rifiutare, comunque e orgogliosamente, di accusare quell’affondo.

Convintesi della fattibilità del piano, le tre donne ebbero così a spendere l’ora successiva per tradurre in realtà il proposito suggerito da Lys’sh, lavorando con attenzione al fine di trasformare la pur indubbiamente splendida e femminile figura di Duva in qualcosa di più mascolino possibile.
E, per quanto nulla di tutto quello fosse mai stato provato prima, né, tantomeno, in quella particolare situazione avrebbero potuto vantare le condizioni migliori per operare, e per operare al fine di allestire qualcosa di credibile, il risultato finale, in effetti, non mancò di riservarsi una certa ragione di merito, nel veder scomparire l’apprezzabile, snella e affascinante figura di quella superba donna guerriero per presentare, in sua vece, un più robusto, quasi tozzo, omaccione barbuto, con il volto pesantemente ricoperto di polvere e terra, con i denti ingialliti, se non, addirittura, anneriti, e con uno sguardo sì carico d’odio che in pochi avrebbero potuto avere piacere a incrociare il proprio cammino con lui. Sguardo, quello di lei, divenuta lui, che, in effetti, non avrebbe avuto a dover essere accreditato, nella propria presenza, all’attento operato delle sue compagne nell’avere a conciarla in quel modo, quanto e piuttosto al genuino stato d’animo di lei, la quale, al termine di tutto ciò, ebbe a scoprirsi uomo… e, invero, neppure un bell’uomo, quanto e piuttosto uno di quegli uomini dal quale chiunque, ella per prima, si sarebbe ben guardata dall’avere a che fare.

« Per tutti le lune di Ronn-Ha’G… » strabuzzò gli occhi ella, posta innanzi a un riflesso utile a offrirle visione dell’opera conclusa, in un’imprecazione inedita e della quale sentì sinceramente il bisogno « … sembrò quasi il mio ex-marito! » protestò, se possibile infuriandosi ancor di più nei confronti delle proprie due amiche o forse non più presumibili qual tali.
« Naahh… » escluse tuttavia Midda, scuotendo il capo e sorridendo, sempre al di sotto del burqa, nel reggere la lastra di metallo entro la quale, ella, si stava allor riflettendo, nel mentre in cui Lys’sh terminava gli ultimi dettagli del travestimento « … Lange era molto più affascinante di quanto tu non lo sia in questo momento. » ridacchiò quindi, alimentando l’odio nello sguardo dorato della propria amica.
« Non so quando, non so come… ma prima o poi ve la farò pagare a entrambe! » promise quindi Duva, socchiudendo appena gli occhi e storcendo le labbra in maniera tale da far emergere, involontariamente, i propri nuovi e gialli denti dall’aspetto quantomeno malato « Oh… diamine! » commentò quindi, verificando quanto le avessero combinato in bocca « Ma che schifo… »
« Meno apparirai gradevole, meno sguardi si concentreranno su di te. E meno sguardi si concentreranno su di te, più possibilità avremo che quest’idea funzioni. » definì con assoluta serenità Lys’sh, nel comprendere la ragione di tale esclamazione e nel difendere la scelta così compiuta nell’avere anche a distruggere l’altresì splendido sorriso della compagna « Del resto, per quanto la resina sembri reggere la barba che ti abbiamo incollato al viso, se qualcuno si soffermasse troppo a guardarti, potrebbe capire che i conti non tornano… »

Tanto la barba, così come anche i vestiti che, allor, la nuova versione mascolina di Duva stava lì indossando, erano stati gentilmente forniti dai loro prigionieri, e da quei prigionieri che, in verità, non avevano potuto poi far valere la propria opinione a tal riguardo, dovendosi limitare ad accettare quietamente quanto quelle tre furie ebbero loro a imporre, nello sperare che, accanto a quanto già avevano loro preso, non avessero a richiedere anche le loro vite.

« E la questione della lingua…? Come pensate di sistemarla, intelligentone che non siete altro…?! » domandò Duva, aggrottando la fronte « A stento riesco a farmi capire in quel di Kriarya… non riuscirò mai a ingannare qualcuno, se mi dovesse essere posta una domanda. »
« A quello ci penserò io… » sancì Midda, annuendo quietamente e riponendo da parte quell’improvvisato specchio « Sebbene una donna in Y’Shalf non abbia diritto di parlare in presenza degli uomini, non senza essere stata quantomeno interpellata, sarà sufficiente far intendere che tu non possa parlare. » spiegò, condividendo non senza una certa soddisfazione una pronta risoluzione al problema « In questo sarò io a dover parlare per te, mentre fingeremo di comunicare a gesti… »
« Ohh… dei gesti per te ce li avrei anche in mente in questo momento… » quasi ringhiò l’altra, ancora storcendo le labbra « … ma non sarebbero molto carini a intendersi. » puntualizzò, non cercando in alcun modo di mistificare la propria sempre crescente contrarietà a quel piano.

Una manciata di minuti dopo, la nuova versione maschile di Duva aveva avuto occasione di rimontare a cavallo, nel mentre in cui, dietro di lei, nel rispetto della distanza minima necessaria da mantenere secondo le consuetudini locali, si ebbero a posizionare Lys’sh e Midda, pronte a seguirla nell’avanzare in direzione di Y’Rafah e della porta d’accesso alla città.
Prima di porsi in cammino, tuttavia, Duva volle voltarsi nuovamente verso le due amiche e, per la prima volta da un bel po’, ebbe loro a offrire uno sguardo animato da un sentimento diverso dall’astio e, in effetti, piuttosto definibile nei termini propri della supplica…

« Una cortesia: che questa cosa rimanga fra noi. » ebbe quindi a esplicitare verbalmente, con tono più che in accordo al suo sguardo « Non voglio che, se mai un giorno dovessero cantare la leggenda della nostra prima avventura insieme in terra di Y’Shalf, abbia a essere ricordato quanto la meravigliosa Duva Nebiria, dalla pelle bruna e dagli occhi dorati, fosse riuscita ad apparir credibile nei panni di un orrido bruto… » supplicò le amiche, dimostrandosi pronta a passare oltre a tutte le proprie minacciose promesse precedenti, se soltanto le avessero riconosciuto quel piccolo favore.

venerdì 27 marzo 2020

3228


Quella che era stata inizialmente ipotizzata qual una rapida e banale azione in contrasto a tre facili vittime, e che, pur, di lì a breve si era dimostrata degna di essere considerata al pari di una vera e propria battaglia, o quantomeno giudicata tale dai sette disgraziati, laddove, dal punto di vista proprio delle loro antagoniste, nulla di più di una quieta baruffa avrebbe avuto a doversi riconoscere in tutto ciò; ebbe lì a perdurare, invero, ancora per poco. E ben prima che tutti e sette gli uomini di Y’Shalf potessero maturare una qualche reale consapevolezza nel merito di come potesse essere occorso quanto, allor, accaduto, gli eventi ebbero a scemare nel nulla di un’indecorosa sconfitta, e un’indecorosa sconfitta che, pur, si offrì priva di apparenti vittime: contusi sicuramente, doloranti anche, necessitanti di un qualche genere di aiuto medico certamente, soprattutto fra coloro i quali avevano avuto la sfortuna di scontrarsi con gli zoccoli dell’animale di Duva, e, ciò non di meno, tutti ancora in vita.
Così, più o meno coscienti del mondo a loro circostante, quei sette furono allor saldamente legati in grazia a una forte corda, affinché non avessero a offrire alle tre amiche ulteriori noie. E fu proprio nel mentre di tale operazione che alla giovane donna rettile sopraggiunse l’idea per una nuova, e sicuramente creativa, soluzione al loro problema iniziale, e a quel problema iniziale che non sembrava poter loro offrire altre opportunità se non una poco piacevole visita alle fogne di Y’Rafah…

« Sbaglio o dicevamo che tre donne, da sole, non potrebbero mai presentarsi alle porte della città…? Né tantomeno soggiornare in una locanda…?! » domandò, aggrottando appena la fronte nel voltarsi in direzione delle proprie amiche, finendo di stringere gli ultimi nodi a discapito del gruppetto loro antagonista.
« Mmm… » esitò tuttavia Duva nel confronto con quell’idea, e quell’idea già sufficientemente chiara, per così come allor suggerita dall’amica, di sfruttare uno di quei disgraziati per proprio tornaconto personale « … per quanto non mi entusiasmi l’alternativa, non mi convince tantissimo l’idea di avere a doverci fidare di uno di questi fetenti. » storse le labbra, rendendosi conto sol tardivamente di avere ancora il burqa a coprirle il volto e, giacché tanto ormai il danno era già stato fatto, ed era già stato fatto con Lys’sh, togliendoselo, nel desiderare poter godere, anche solo per qualche istante, del piacere della fresca aria sulla pelle del proprio volto « Ohh… sì… così va decisamente meglio! » sospirò con soddisfazione, inspirando aria a pieni polmoni, quasi stesse lì emergendo da un lungo periodo di apnea.

Per coloro ancora non completamente tramortiti, fra gli y’shalfichi, non poté che essere una ragione di indubbia sorpresa ritrovarsi, allor, a confronto con il suo volto e, in ciò, nello scoprirlo tutt’altro che mostruoso, al di là di quanto potessero aver inizialmente supposto. Duva Nebiria, difatti, avrebbe avuto a doversi riconoscere qual una donna matura contraddistinta da una bellezza tutt’altro che banale.
Al centro di un viso deliziosamente tratteggiato in un profilo a forma di cuore risplendevano, mirabilmente risaltati dalla sua scura carnagione, due chiari occhi castani, contraddistinti da un riflesso giallo-arancione tali da offrir un’impressione dorata, accompagnati, poco più in basso, da un piccolo naso, leggermente schiacciato nella propria punta, e da una coppia di grandi, carnose labbra, che non avrebbero potuto ovviare a suscitare pensieri licenziosi all’idea dei baci che, da esse, avrebbero potuto scaturire. A contorno di tutto ciò, una cascata di lunghi capelli castano scuro, mirabilmente allineati al colore della sua stessa pelle, si presentavano sufficientemente ordinati, pur malgrado tutto palesando un’indole ribelle, in una folta schiera di sottili trecce, atte a richiamare alla memoria la più classica acconciatura propria di tutti i figli del lontano regno di Shar’Tiagh, per quanto, obiettivamente, la tonalità della sua epidermide avrebbe avuto a doversi riconoscere decisamente più intensa rispetto a quella abitualmente propria di quella regione, e decisamente più vicina, altresì, a quella di una figlia dei regni desertici centrali. Un’incoerenza, del resto, più che comprensibile laddove, per quanto impossibile a potersi credere sarebbe stato per qualunque osservatore, alla base delle origini di quella donna non avrebbe avuto a doversi intendere nessuna regione propria di quel mondo, quanto e piuttosto una realtà estremamente distante da essa, e sì distante da, necessariamente, trascendere qualunque possibile parallelismo con Shar’Tiagh o con i regni desertici centrali.
Insomma: quella propria di Duva avrebbe avuto a doversi intendere una conturbante bellezza esotica non inferiore a quella propria di Lys’sh e che pur, a differenza di quella della giovane donna rettile, non avrebbe potuto essere misconosciuta neppure nel confronto con il più ignorante sguardo possibilmente proprio di quei sette disgraziati… o, per lo meno, di coloro ancora sufficientemente coscienti del mondo a loro circostante per potersi rendere conto di tutto ciò.

« Invero, però, io non stavo pensando di fidarci di uno di questi fetenti. » puntualizzò Lys’sh, piegando appena il capo di lato con aria divertita nel confronto con l’effettiva idea che le stava rimbalzando in mente, e un’idea l’eventuale attuazione della quale si sarebbe dimostrata tanto ardita quanto e persino grottesca, e di un grottesco per avere la possibilità di assistere al quale pur sarebbe stata pronta a pagare a peso d’oro « In fondo a noi basta una presenza maschile… »
« … o quanto più possibile assimilabile a essa! » prese voce la stessa Midda Bontor nella questione, ben cogliendo al volo il suggerimento così formulato dalla propria sorellina, e non potendo ovviare a condividerne l’entusiasmo, e quell’entusiasmo che avrebbe potuto rasentare la follia nell’audacia richiesta loro dal proprio dettaglio.

E se, per un fugace istante, Duva restò a osservare perplessa le proprie amiche, nel mentre in cui chiaramente la propria razionalità stava rifiutandosi di accettare quanto allor entrambe stavano chiaramente suggerendo; quando l’evidenza propria di quel piano fu palese anche innanzi al suo giudizio, ella non poté ovviare a strabuzzare gli occhi con fare a metà fra lo scandalizzato e l’offeso, scuotendo vigorosamente il capo, nel ben intendere quanto, al di là di tutto, quell’idea si sarebbe inequivocabilmente rivoltata a proprio stesso discapito…

« Oh… no! » negò vigorosamente « Non mi piace per nulla quello che state suggerendo. » precisò, tirandosi appena indietro, a creare fra loro una distanza fisica utile a esemplificare la ben più amplia distanza psicologica lì così definita « Forse non sarò una gran bellezza… ma non sarei assolutamente credibile come uomo! » sancì, minimizzando il proprio valore, in termini nei quali, invero, nessun altro si sarebbe mai azzardato a spingersi… e non per rispetto, ma per semplice amore di realtà.
« Magari un po’ più di sporco in volto… una barba posticcia… e gli abiti giusti…  » sorrise la Figlia di Marr’Mahew, subito recuperando una delle scimitarre dei loro aggressori più che divertita all’idea di ottenere, proprio dagli stessi, quanto necessario per quell’improvvisato travestimento « … un po’ di materia grezza con la quale lavorare, dopotutto, qui non ci manca. » puntualizzò, nel puntare l’arma in direzione della folta barba di uno degli uomini da loro così legati.
« Se sei così convinta che possa funzionare, perché non lo fai tu?! » replicò tuttavia Duva, ancora respingendo al mittente tale prospettiva « Oltretutto io neppure parlo bene la lingua locale… »
« Scherzi vero…?! » protestò allora l’altra, inarcando il sopracciglio destro, per quanto tale espressione non poté essere colta dalle interlocutrici, ancor celata dal burqa « … e queste due montagne dove potrei mai nasconderle? » sottolineò, spingendo in avanti il petto e, in ciò, facendo emergere in maniera ancor più fiera, malgrado l’abbondanza della stoffa del burqa, la propria personalissima, e tutt’altro che ingenerosa, circonferenza toracica « E dire che, in genere, sei proprio tu che non perdi mai occasione per canzonarmi a tal riguardo! » puntualizzò, avendo a scuotere vistosamente i propri seni, per accentuare l’enfasi della questione nel trovare finalmente ragione di che vantarsi di quella propria peculiare, e sovente scomoda, conformazione fisica.

giovedì 26 marzo 2020

3227


« “Cagna” proprio non direi, dai… » puntualizzò quindi ella, offrendo buon viso a cattivo giuoco e, in tal senso, ironizzando nel merito dell’insulto lì rivoltole.

Per chiunque avesse avuto la sufficiente capacità di controllo delle proprie emozioni per superare l’impatto obbligatoriamente adrenalinico con l’immagine di quel volto, e di un volto contraddistinto da fattezze ben poco umane, nell’assenza di un naso, piccolo o grande che esso potesse essere, nell’assenza di morbide labbra a circondare la sua bocca, o tantomeno di orecchie ai suoi lati, così come nell’assenza di capelli a incorniciarlo gradevolmente; Lys’sh avrebbe potuto apparire quietamente gradevole nella propria immagine, e in quell’immagine che, per quanto pur distante da un qualunque senso di umanità, non avrebbe avuto a potersi negare il proprio equilibrio, la propria eleganza, e, perché no?, un certo fascino esotico di indubbia motivazione, fosse anche e soprattutto nelle brillanti sfumature di verde proprie della sua particolare epidermide, e di quell’epidermide costituita da milioni, miliardi di microscopiche scaglie, sì fini, sì delicate da non risultare, all’eventuale contatto, spiacevoli, quanto, e in effetti, assolutamente gradevoli, vellutate persino. Quei suoi grandi occhi gialli, contraddistinti da una pupilla verticale, così come la linearità propria del suo profilo, e di quel profilo appena turbato, nel proprio centro, da due sottili narici, quasi invisibili nell’insieme, e persino il contorno perfettamente delineato del suo capo; che a un primo impatto avrebbero potuto inquietare, offrendo l’evidenza più concreta della sua aliena natura; a un secondo sguardo non avrebbero mancato di vantare un certo valore, un indubbio pregio, e un pregio, tale, da poter giustificare sincera ammirazione per quella giovane donna, così splendida nella propria unicità.
Ma in quel particolare frangente, e nel frangente proprio di una battaglia, a nessuno dei loro aggressori sarebbe stata concessa la possibilità di affrontare la questione con sufficiente controllo emotivo, ragione per la quale, a confronto con l’improvvisa e inattesa sorpresa propria di quel volto, e di quel volto rettile prima celato dal burqa e ora, lì, al contrario, perfettamente visibile sotto la luce del sole, non poté mancare che spaventare tutti loro, spingendoli a invocare i propri dei più cari per essere protetti da quell’orrore…

« Per Gau’Rol! » gemette il compare di colui che aveva insultato Lys’sh dandole, in maniera doppiamente inopportuna, della cagna « Che follia è mai questa…?! »
« Sono dei mostri! » gridò un altro, in teoria impegnato nel confronto con Duva, e pur lì necessariamente distrattosi in conseguenza dell’evoluzione inattesa di quegli eventi, e di quegli eventi che, allora, non avrebbero potuto certamente essere ignorati nella propria più negativa evoluzione.
« Mostro lo sarai tu… » protestò Duva, indispettita da quell’appellativo, e da quell’appellativo rivolto a discapito di tutte loro ma, soprattutto, della propria amica Lys’sh, insulto che non fece cadere nel vuoto preferendo, piuttosto, lasciar cadere contro il petto di quel proprio avversario il pesante zoccolo anteriore del proprio cavallo, a offrirgli riprova di quanto stolido fosse così stato a distrarsi nel mentre di una pugna « Ma guarda un po’ che gente… » sbottò, storcendo le labbra verso il basso.
« Non te la prendere… » commentò per tutta replica Midda, scuotendo appena il capo « … questi disgraziati sono abituati a confrontarsi così poco e così male con le proprie donne da non aver sviluppato il minimo senso del gusto nei riguardi dell’intera categoria! »

Fedele al proprio impegno, e all’impegno che ella aveva preso con se stessa al momento in cui aveva abbracciato l’eredità della regina Anmel Mal Toise, la nuova, potenziale, Portatrice di Luce e pur, al contempo, anche Oscura Mietitrice, non poté ovviare a frenare i propri colpi, e a frenarli nella ferma volontà di non avere a mietere vittime fra i propri antagonisti, laddove, seppur disarmata, ella era ben conscia delle proprie potenzialità offensive e di quelle potenzialità che avrebbero potuto vederla estirpare con quieta banalità le vite di quegli uomini dai loro corpi, in grazia non tanto a chissà qual peculiare potere, né, tantomeno, al proprio destro braccio in lucente metallo cromato, quanto e piuttosto a una vita intera spesa sui campi di battaglia, e una vita intera in cui, pertanto, ella si era squisitamente raffinata nell’arte del combattimento e dell’uccisione.
In effetti, da che aveva fatto ritorno nel proprio mondo natale, e da che era divenuta succeditrice della regina Anmel e, di conseguenza, nuova regina, quello avrebbe avuto a dover essere inteso qual uno dei primi, veri scontri nei quali ella avrebbe avuto a potersi intendere allor impegnata. E, in tal senso, ancor maggiore avrebbe avuto a dover essere riconosciuto, in esso, il valore psicologico della situazione. Se infatti, in tutto ciò, ella fosse riuscita a dimostrare, a se stessa ancor prima che a chiunque altro, di essere in grado di gestire un simile, banale conflitto, anche senza lasciare, sul proprio cammino, sette nuove salme, tale risultato forse non avrebbe potuto vantare valenza pari a una quieta riprova della propria trasformazione, e della propria trasformazione in qualcosa di meglio dall’Oscura Mietitrice che, temeva, di essere destinata a diventare, ma, comunque, avrebbe potuto rendere proprio un certo, quieto segnale di speranza, di ottimismo e di positività nel merito del proprio immediato futuro. Ma se, al contrario, ella non fosse riuscita a frenare i propri colpi, non fosse riuscita a risolvere quella banalità senza circondarsi di morti, allor tale risultato sarebbe certamente valso come riprova di quanto, proprio malgrado, ella non avrebbe mai dovuto illudersi di poter ascendere al ruolo di Portatrice di Luce, al di là di quanto, pur, nel proprio cuore ella non avrebbe potuto mancare di desiderarlo.
E così, se pur, qualche anno addietro, in un simile contesto, quei sette disgraziati, per così come da lei stessa appena definiti, sarebbero probabilmente già stati destinati all’estinzione, fosse anche e soltanto nel voler escludere l’eventualità di doversi poi ritrovare costretta a pentirsi di averli lasciati sopravvivere a quell’incontro, nell’ineluttabile allarme che, presto o tardi, avrebbero potuto sollevare in quel di tutta Y’Rafah, tali tempi e tali approcci avrebbero avuto a doversi intendere qual ormai abbandonati da parte sua, e abbandonati nella misura utile a voler ricercare, per l’immediato futuro di quegli uomini, un destino diverso dalla morte.

« Taci, mostro! » ruggì l’antagonista della donna guerriero ancora in possesso della propria arma, nel cercare, ora, con piena convinzione, un’occasione di affondo a suo discapito.

Ma se, in contrasto a una donna qualsiasi, e probabilmente anche a un semplice mostro, quell’affondo non avrebbe mancato di riservarsi il proprio danno, e probabilmente anche un danno letale; nel confronto con la Figlia di Marr’Mahew, quell’attacco non poté invece che riversarsi nel vuoto, e nel vuoto che la stessa ebbe a lasciare in luogo alla propria presenza nel compiere una mirabile giravolta, quasi a filo di lama, per poter, al contempo, evadere da quell’offesa e ridurre lo spazio fra se stessa e il proprio antagonista, solo per arrivare ad afferrarlo per il bavero della casacca con la propria destra e lì avere a sollevarlo, di peso, da terra, senza fatica alcuna in grazia alla tecnologia propria della sua protesi, e imporgli una vivace scrollatina, in termini che, malgrado tutto, non poterono ovviare ad apparire quasi più motivati da un desiderio di giuoco con lui che di effettiva avversione a suo discapito…

« Basta ripetere quella parola! » ordinò quindi, riabbassando il proprio avversario in termini utili a permettere alla propria mancina di avere a schiaffeggiarlo sonoramente, per poi muovere, a evidente negazione, il proprio indice innanzi al suo volto « E’ una brutta parola, d’accordo?! Soprattutto se rivolta a un trio di adorabili giovanette come noi! »
« … eh? » esitò Duva, dall’alto del cavallo, strabuzzando gli occhi a quell’ultima affermazione « “Adorabili giovinette”…?! »
« D’accordo… di giovane, per la precisione, ce ne è forse una sola. » puntualizzò l’altra, sospirando appena e, ovviamente, riferendosi in tal senso a Lys’sh che, per quanto ormai non più certamente fanciulla, avrebbe ancora potuto vantare qualche anno in meno rispetto a lei e a Duva « Ma adorabili restiamo pur tutte e tre! » sottolineò, a non voler negare quel particolare aspetto della questione.

mercoledì 25 marzo 2020

3226


Se soltanto quegli sprovveduti figli di Y’Shalf avessero avuto occasione di essere avvertiti nel merito dell’identità di almeno una delle tre donne contro le quali, allora, si erano così schierati, e avessero avuto occasione di essere avvertiti, ovviamente, nel merito dell’identità della donna guerriero più famosa di quell’angolo di continente, la Figlia di Marr’Mahew, l’Ucciditrice di Dei, la Campionessa di Kriarya, essi avrebbero potuto riservarsi qualche fugace istante di dubbio nel merito dell’idiozia che, comunque, avrebbero allor probabilmente finito comunque per compiere.
Purtroppo per loro, in aggiunta a una quieta e innocente inconsapevolezza nel merito dell’identità della medesima donna guerriero, a loro discapito non avrebbe potuto mancare d’esser considerata l’altresì stolida e colpevole mancanza di riguardo nei riguardi di tre donne, le quali, semplicemente in quanto tali, non avrebbero potuto ovviare a essere giudicate, necessariamente, quali esseri inferiori, privi d’ogni reale possibilità di sfida non tanto per un gruppo di uomini loro pari, quanto e ancor più per anche e semplicemente una singola unità del loro schieramento. E così, allorché frenare i propri passi, nel gettarsi a testa bassa in direzione di una sicura sconfitta, essi non mancarono di entusiasmarsi nel confronto con tutto ciò, scioccamente certi che, senza particolare sforzo, avrebbero potuto rendere un servizio al proprio Paese, e al proprio sultano, degno di lode e di riconoscimento da parte dei signori di Y’Rafah, a minaccia dell’incolumità della quale, certamente, quelle tre donne stavano lì complottando. Quale logica, poi, vi sarebbe potuta essere nel considerare, al contempo, quelle tre figure quali minacciose per la sicurezza di un’intera capitale e, ciò non di meno, una sì banale ragione di sfida per tutti loro, difficile sarebbe stata a essere definita. Ma, del resto, ben poca razionalità avrebbe avuto a dover contraddistinguere simile attacco sotto molti altri punti di vista, come, per esempio, l’utilità di lanciare un grido di battaglia dopo esser riusciti a conquistare, con assoluta discrezione, un possibile effetto sorpresa, in misura tale da rendere la questione quantomeno irrilevante.
Quanto profondamente errata, comunque, avesse a dover essere intesa una qualunque presunzione di facile vittoria nel confronto con la sfida così da loro lì ricercata apparve evidente, al gruppo degli aggressori, nel momento in cui una delle tre donne ebbe a smontare da cavallo giusto in tempo utile a schierarsi in antagonismo a due di loro, andando a muovere un montante dritto al mento di colui alla di lei mancina, nel mentre in cui, con il destro, non mancò di bloccare un fendente da parte dell’altro: un fendente mosso, in verità, più per errore, reazione incontrollata all’inattesa azione di quella donna così piombata innanzi a loro, che per un qualche effettivo desiderio di morte nei di lei riguardi, e pur un fendente che, laddove non arginato nel proprio percorso, avrebbe potuto decisamente nuocere alla salute della stessa. E quando la lama di quella scimitarra ebbe a frenarsi, con clangore metallico, nell’incavo di quella destra, già palese avrebbe avuto a doversi intendere l’errore da loro così compiuto, per come anche una bestemmia, sussurrata a denti stretti dal proprietario di quella stessa scimitarra, non mancò di evidenziare…

« Già! » confermò la donna guerriero, annuendo divertita nel confronto con l’imprecazione così scandita innanzi all’immagine della sua destra, e di quella destra che, al di sotto del burqa, avrebbe avuto a doversi intendere di lucente metallo cromato, intenta a contenere una pesante lama come null’altro fosse che un ventaglio, e un ventaglio fastidioso l’aria del quale non avrebbe più avuto a desiderare esserle rivolta « Oggi non è propriamente il vostro giorno fortunato… »

Non soltanto quei due uomini, però, avrebbero avuto a doversi così riconoscere ormai qual impegnati nella mischia, laddove, per quanto in avanguardia, rispetto al resto dei loro compagni avrebbero avuto a doversi intendere avvantaggiati soltanto di un passo o due. Così, quanto lì occorso, non ebbe tempo di proporsi qual monito per tutti gli altri, e per gli altri che, in ciò, non mancarono di essere ingaggiati, a margine di quella prima azione, dalle altre due supposte prede, lì altresì rapidamente ridefinitesi nel ruolo di predatrici. E se Lys’sh non mancò di imitare la propria sorellona, smontando da cavallo per gettarsi, direttamente, addosso a un’altra coppia di antagonisti, travolgendoli, letteralmente, con l’impeto del proprio gesto e proiettandoli a terra; Duva volle dimostrare una maggiore indolenza rispetto alle compagne, utile, allor, a delegare al proprio equestre compagno l’onere, e l’onore, di occuparsi degli ultimi tre aggressori propri di quello schieramento, aggressori a discapito dei quali fece piombare gli zoccoli anteriori della possente bestia dopo averla fatta fugacemente sollevare sulle zampe posteriori.

« Chi o cosa siete, maledette…?! » domandò allora l’uomo l’arma del quale era stata bloccata dalla destra della Figlia di Marr’Mahew, cercando di ritrarla e, ciò non di meno, ritrovandosi ostacolato, in tal senso, dalla straordinaria morsa che le dita di lei vollero imporre al metallo della lama, impedendole qualunque movimento, fosse anche e soltanto in ritirata « Non potete essere tre semplici donne… »
« Per tua informazione nessuna donna è una “semplice” donna… » puntualizzò per tutta replica la sua antagonista, imponendo, ora, un secco strappo sul quella stessa lama, per disarmare il proprio antagonista e, nel ravvisare quanto, in quel mentre, la giovane donna rettile avrebbe potuto quietamente abbisognare di quella risorsa, per avere occasione di a lei fornirla, con un conciso, e pur utile, avviso al suo indirizzo « Al volo, Lys’sh! »

Non che Midda e Lys’sh fossero solite impiegare il proprio tempo libero nel passarsi reciprocamente delle lame al volo, non avendo certamente a volersi allenare per un qualche possibile futuro impiego in un circo o in qualche altra assimilabile attività d’intrattenimento popolare, Ma, obiettivamente, quel gesto estemporaneo, mai provato prima e mai preventivamente accordato fra le due, ebbe lì a risultare semplicemente perfetto e incredibilmente naturale nella propria esecuzione, tanto per il preciso lancio proprio della prima, quanto per la salda presa propria della seconda, in termini tali che, in effetti, entrambe altro non avrebbero potuto che offrire la parvenza di non essersi mai impegnate in nulla di diverso nel corso della propria vita.
E, a rendere il tutto ancor più epico, più spettacolare, non poté mancare di concedersi un mirabile tempismo nella scelta propria dell’occorrenza quell’azione, e di quell’azione che ebbe ad anticipare, dell’intervallo proprio di un semplice battito di ciglia, l’occorrenza di un tentativo di riscossa da parte dei due antagonisti della donna serpente a sua opposizione, dopo che, rialzatisi da terra, vollero cercare di risanare parte del proprio orgoglio ferito, e di risanarlo nel destinare, or senza inibizioni, le proprie lame a discapito di quella tanto esile, quanto pur agile, misteriosa figura femminile.

« Grazie! » affermò Lys’sh, nel mentre in cui, in virtù della propria nuova arma, ebbe a poter intercettare la traiettoria della prima delle due lame a suo supposto discapito rivolte, solo per ridirigerne il movimento a ostacolare anche l’avanzata della seconda, in un intreccio metallico sì violento da generare, addirittura, una piccola fontana di scintille in conseguenza all’attrito « State buoni voi due… » rimproverò quindi, sogghignando nel confronto con le espressioni esterrefatte di quella coppia, e di quella coppia di aggressori così posti a confronto con l’evidente inutilità dei propri sforzi.
« Lurida cagna! » ringhiò uno degli stessi, cercando di sfruttare l’occasione di quella loro vicinanza fisica per rivolgerle un altro affondo, e un affondo, or, in grazia alla violenza di un pugno, e di un pugno che, pur, gradevole non sarebbe stato nel momento in cui fosse riuscito a giungere a destinazione.

E se, in tutto ciò, la giovane donna rettile ebbe a dimostrare, ancora una volta, sufficiente agilità e prontezza per svicolare da quell’attacco in tempo utile a far scontrare tale pugno con il nulla che ella ebbe a lasciare in luogo alla propria presenza, uno sventurato incastro fra quell’intreccio di lame e la stoffa del suo burqa ebbe, inaspettatamente, a privarla della protezione del medesimo, facendo emergere la sinuosa e serpentina immagine innanzi agli sguardi dei propri antagonisti…

martedì 24 marzo 2020

3225


A dispetto del negativo commento che Duva Nebiria ebbe a rendere così proprio a discapito di Y’Shalf, in un fugace, e pur non completamente immotivato, momento di pregiudizio in contrasto a tutta la cultura propria di quella nazione per lei ancor estranea, per così come estranee avrebbero avuto, dopotutto, a considerarsi tutte le nazioni proprie di quel mondo; fu esattamente nel confronto con l’architettura tipica di una città y’shalfica che, allor, venne loro garantito addirittura il lusso proprio di una libertà di scelta sulla soluzione creativa da abbracciare allo scopo di penetrare all’interno delle possenti mura cittadine. Lusso che difficilmente sarebbe potuto essere proprio in quel di Kofreya, per così come Midda avrebbe potuto loro testimoniare nel rimembrare antiche e assimilabili vicende occorse in un passato sì remoto
Si fossero ritrovate, le tre compagne d’arme, innanzi a una capitale kofreyota, allorché a una y’shalfica, per entrare all’interno della città ovviando all’impiego delle porte della stessa, la sola possibilità utile, infatti, non avrebbe potuto che scoprirsi, più o meno spiacevolmente, esser quella dell’arrampicarsi lungo l’intera estensione verticale di quelle mura, con tutte le difficoltà e i rischi propri di una simile, e non semplice, impresa, per lì conquistare la vetta, ovviando a spiacevoli allarmi, e, alfine, ridiscendere sul fronte opposto, ancor una volta con tutte le difficoltà e i rischi propri di una simile, e non banale, seppur obbligata, scelta. Nell’essere in quel di Y’Shalf, tuttavia e al contrario, esse avrebbero avuto a poter allor vantare una possibilità alternativa rispetto alla scalata delle mura che, allorché prevedere un ingresso dall’alto dei cieli, avrebbe avuto a garantire loro un’opportunità di accesso dalle profondità della terra: perché in quel di Y’Shalf, a differenza di Kofreya, le città avrebbero avuto a dover essere considerate contraddistinte da veri e propri sistemi fognari, utile e interessante alternativa all’impiego diretto delle strade per lo smaltimento dei liquami prodotti dalle popolazioni delle stesse.
Ovviamente, al di là della sempre piacevole possibilità propria di una scelta, l’idea di avventurarsi attraverso le fogne di Y’Rafah, non avrebbe avuto a doversi fraintendere qual particolarmente allettante per nessuna di loro, per così come, nuovamente insoddisfatta, la donna dalla pelle bruna ebbe a voler evidenziare non appena Midda concluse una breve spiegazione nel merito di cosa avrebbe allor potuto comportare l’idea propria di una soluzione creativa al problema così loro posto innanzi…

« … fammi capire un attimo. » volle intervenire Duva, levando una mano a richiedere la parola alla fine dell’esposizione, da parte della propria amica sororale, di quanto avessero allor a doversi considerare fortunate dall’avere una possibilità di scelta, e una possibilità di scelta fra un’azzardata scalata e una discesa nelle feci… e non metaforicamente parlando « Davvero, ora come ora, la tua idea sarebbe quella di calarci nel mezzo dello schifo di quella città, pur nella quieta consapevolezza di quanto, una volta superata la prova, non avremo neppure la possibilità di riservarci un bagno…?! » aggrottò la fronte, in un’espressione, ineluttabilmente, priva di possibilità di esser colta dalla propria interlocutrice « No… perché, non so voi, ma questa mi sembra tutt’altro che una soluzione proponibile. » puntualizzò, trattenendo appena un conato di vomito all’idea di ciò a confronto con il quale si sarebbero potute ritrovare proiettate « Anzi… in effetti mi sembra veramente l’esemplificazione perfetta dell’idea di improponibile. »
« Beh… dai… in fondo non è nulla di più e nulla di meno di quello che affronti ogni giorni per le vie di Kriarya… » minimizzò Midda, stringendosi appena fra le spalle, a cercare di contenere la drammaticità propria del momento riportandola a una dimensione normale « Cioè… »
« Aspetta! » la bloccò tuttavia l’altra, aprendo la mano già levata e invocando un ulteriore momento di argomentazione della propria tesi « Il fatto che la tua amata Kriarya sia igienicamente discutibile non può essere addotto come scusante valida nel confronto con tutto questo. Anzi… » commentò, storcendo le labbra verso il basso « E comunque è vero che non ho molto diritto di rimostranza, giacché ci avevi ben avvisate della situazione in cui ci saremmo venute a trovare, però sto ancora facendo sinceramente fatica a confrontarmi con il fetore di cui l’aria che respiriamo dal mattino alla sera a cielo aperto, per potermi considerare pronta ad affrontare qualcosa del genere in un ambiente ancor più contenuto e claustrofobico. »
« Come avevo detto poco fa…? » sembrò domandarsi Lys’sh, senza rivolgersi ad alcuna interlocutrice in particolare, quanto e piuttosto proprio a se stessa « Ah, sì… “Lei si lamenta…” » si ripeté, scuotendo appena il capo e sospirando con mirabile dimostrazione di autocontrollo « Potrei sottolineare, ancora una volta, come il mio olfatto sia estremamente più sensibile rispetto al vostro… in termini tali che, quello che per te appare qual un fetore insopportabile, per me è un’esperienza prossima alla follia…?! » commentò, non animata da una qualche volontà di querimonia, quanto e piuttosto nell’intento di arginare la doglianza propria dell’amica, nel merito di temi per i quali ella avrebbe avuto decisamente molte più ragioni di sollevare reclamo, e a confronto con i quali, pur, si stava impegnando a sopportare stoicamente il tutto « Detto questo, anche io eviterei volentieri una visita guidata alle fogne della città… potendone fare a meno. » soggiunse poi, a esprimere il proprio parere a tal riguardo, e il proprio parere nel confronto con la prospettiva propria di una simile avventura « Anche se, francamente, potrei vedere complicato per tutte noi avere ad arrampicarci lungo le mura cittadine con questi assurdi abiti a ostacolare i nostri movimenti… »
« Siete consapevoli, vero, che continuando a discutere in questa maniera non sembriamo altro che tre vecchie megere…?! » ridacchiò per tutta risposta la Figlia di Marr’Mahew, scuotendo appena il capo « Per fortuna che pocanzi sono stata io a essere rimproverata per il mio atteggiamento negativo… » puntualizzò, divertita dall’ironia propria della sorte.

Fu, tuttavia, proprio la sorte, o forse l’interesse di un qualche dio o dea verso di loro contraddistinti da intenti più o meno benevoli, a voler offrire loro un’estemporanea distrazione da quel dibattito, e da quel dibattito nel confronto sull’approccio più sensato con il quale avere ad affrontare quella sfida.
Un’estemporanea distrazione la loro che allora ebbe a concretizzarsi, nella fattispecie, nella comparsa improvvisa, alle loro spalle, di un gruppetto di uomini, viaggiatori loro pari, i quali, cogliendo quelle tre figure femminili, non poterono ovviare a riservarsi necessari dubbi a tal riguardo, nell’assurdità propria che tale scena avrebbe potuto riservare nel confronto con i loro personali criteri di giudizio. Tre donne, da sole, a cavallo, a conversare in una lingua a loro completamente estranea, non avrebbero potuto sperare di passare inosservate, né di trarre in inganno il loro intelletto, per quanto eventualmente ridotto, neppure indossando tre burqa quali quelli con i quali, allora, stavano mistificando il proprio aspetto: ragione per la quale, senza riservarsi troppi dubbi, quegli uomini figli del regno di Y’Shalf non mancarono di estrarre le proprie lame ricurve, le proprie scimitarre, per ben predisporsi alla pugna, e alla pugna in contrasto a quelle tre infedeli, quelle tre spie, sicuramente, assassine, magari, certamente inviate lì da Kofreya per attentare al loro stile di vita. E se pur, in condizioni di normalità, in quel campo aperto e scevro di altre possibilità di distrazioni sensoriali, la presenza di quel drappello sarebbe stata rilevata da Lys’sh ad almeno una dozzina di miglia di distanza, nella gabbia impostale dal burqa, e dalla necessità di impegnare i propri sensi per sopperire alla necessità di orientarsi nella breve distanza, l’effetto sorpresa non mancò di essere concreto in quel frangente, tanto per la donna serpente, quanto per le loro amiche, non maggiormente agevolate da quelle antipatiche vesti.
Effetto sorpresa che, pertanto e in tutto ciò, non permise loro di anticipare l’assalto, ma, soltanto, di prenderne atto, in un misto di curiosità e divertimento per la possibilità di svago, così, loro riservata…

« Oh! » esclamò Duva, voltandosi in direzione dei loro aggressori nel momento in cui furono i loro cavalli a rendersi conto dell’agguato in corso, imbizzarrendosi per il timore di quanto in corso « E questi da dove sbucano…?! »
« Ricordiamoci di domandarlo loro, dopo che li avremo sistemati! » commentò per tutta replica la Figlia di Marr’Mahew, balzando a terra per potersi riservare maggior spazio di manovra, indipendentemente dal proprio equino sodale, giusto in tempo per accogliere quella carica, ritrovandosi potenzialmente travolta da due avversari armati.

lunedì 23 marzo 2020

3224


Che quella di Duva avesse a dover essere intesa qual una provocazione, piuttosto che qual un discorso serio, difficile sarebbe stato a potersi definire.
Quando, comunque, era accaduto in conseguenza dell’accettazione, da parte della Figlia di Marr’Mahew, del proprio ruolo di erede della regina Anmel Mal Toise, era stata, da parte della medesima, l’acquisizione del potere proprio della Portatrice di Luce e dell’Oscura Mietitrice: un potere che, obiettivamente, avrebbe avuto a doversi intendere sì devastante da poter eccellere, in accordo con le di lei scelte, tanto nella Creazione, quanto e ancor più facilmente nella distruzione, come, del resto, era stato per l’appunto per la stessa Anmel Mal Toise. E se, fino a quel momento, ella aveva evitato di far ricorso a tale potere, nel timore di poter seguire, più o meno involontariamente, i passi della propria predecessora, indubbia avrebbe avuto a dover essere riconosciuta la veridicità intrinseca in quella proposta, nella possibilità potenziale, per lei, di prendere in mano le sorti del conflitto kofreyota-y’shalfico e, in ciò, di definirne per sempre la conclusione.
Ma anche laddove ciò avrebbe potuto occorrere, ella non era certa del fatto che ciò avrebbe dovuto effettivamente accadere… non allora, né, forse, mai.

« Forse sì… forse, così facendo, agirei da Portatrice di Luce… » ammise la donna guerriero, non escludendo tale interpretazione dei fatti « Ma… siamo certi che la pace, quando imposta da un potere superiore, possa vantare egualmente il sapore proprio della pace, anziché quello dell’oppressione tirannica…?! » domandò ella, avendo, nel corso della propria vita, sempre perseguito la ricerca della libertà sopra a ogni cosa e, in ciò, non potendo ovviare a porsi legittime domande a tal riguardo.

Midda Bontor era nata figlia dei mari: non era stata una sua scelta, non vi era stata per lei possibilità di abbracciare razionalmente tale propria prerogativa di nascita, ma, ciò non di meno, ciò era quanto ella era… una figlia dei mari. E in quanto figlia dei mari, devota fedele della dea Thyres, signora delle acque, e del suo corrispettivo maschile Tarth, ella era cresciuta non concependo neppure da parte degli stessi dei la possibilità di aver a violare la propria libertà, imponendole di aver ad agire diversamente da come ella avrebbe mai potuto desiderare agire: tale, del resto, era la natura stessa dei mari, territori sconfinati e per lo più inesplorati, che mai sarebbero potuti esser soggiogati, essere piegati ai capricci di alcuno, per quanto potere, per quanta forza, questi avrebbe potuto dimostrare di avere.
In ciò, quindi, impossibile sarebbe stato, per lei, ipotizzare di agire in esplicito contrasto alla libertà propria di qualcun altro… o, addirittura, di due intere nazioni. Non, soprattutto, nel desiderio di perseguire uno scopo positivo, nel desiderio di riservar qual proprio un presente e un futuro che, se pur non magari ancor sufficientemente prossimi all’idea propria della Portatrice di Luce, si discostassero comunque e il più possibile dall’operato dell’Oscura Mietitrice, e quell’operato di cui, già troppe volte, nel corso della propria vita, ella si era più o meno inconsapevole araldo.
Anche in questa direzione, esempio forse più significativo rispetto a qualunque altro, avrebbe avuto a dover essere intesa la sua scelta di non affiancarsi, ancora, alcuna nuova arma dopo la perdita di quella spada bastarda che pur, per lustri, le era stata fedele compagna. Come anche, in maniera estremamente esplicita, alcuni suoi soprannomi, fra cui Figlia di Marr’Mahew, dea della guerra, o Ucciditrice di Dei, non avrebbero mancato di evidenziare, ella avrebbe potuto vantare una squisita e straordinaria predisposizione alla battaglia, alla pugna, al combattimento, e a un combattimento che, per lo più, non avrebbe mancato di concludersi con la morte della propria controparte. E avendo già, nel corso della propria lunga e avventurosa esistenza, sparso morte e distruzione in misura sufficiente, persino, da conquistare l’ammirazione della stessa Anmel Mal Toise, o di quell’ombra della regina d’un tempo rimasta impressa nel suo stesso potere, ella non avrebbe potuto mancare di volersi impegnare in una direzione nuova… e una direzione nella quale, per quanto difficile avrebbe avuto a essere, porre mano a un’arma sarebbe stata sempre l’ultima risorsa, l’ultima via, e neppur effettivamente riconoscibile qual tale.
No: ella non avrebbe mai potuto prendere in esame l’idea di imporre, con la forza, la pace.

« Sono concorde. » annuì Lys’sh, intervenendo nella questione « Non si può obbligare qualcuno alla pace. E neppure si può pensare di donare la pace a qualcuno: la pace è reale soltanto quando è una conquista… e una conquista consapevole da parte di coloro i quali, quindi, di tale pace ne potranno godere i frutti. » sancì la giovane donna serpente, da sotto il pesante e oppressivo burqa « Qualunque altro modo di giungere alla pace, creerà soltanto un’illusione della stessa… una pericolosa illusione che avrà a dimostrare tutta la propria fragilità al primo inconveniente. »
« Urca… quanta serietà. » commentò per tutta replica Duva, a evidenziare quanto, probabilmente, da parte sua tutta la questione avrebbe avuto a dover essere intesa, né più, né meno, qual un tentativo di giuoco, ancor prima che una qualche seria analisi attorno al problema « … è la stanchezza di tanti giorni di viaggio a cavallo, o veramente avete perso del tutto il senso dell’umorismo? » sorrise, al di sotto del burqa, in un sorriso, purtroppo, reso così completamente vano da quell’assurdo abito « Dove sono finite le mie amiche scanzonate…?! Le mie compagne di bevute e di risse…?! E dire che sono venuta su questo pianeta per non perdervi… »

E se il sorriso proprio di Duva, in quelle parole, non poté essere visto, per quanto quietamente intuito, allo stesso modo ebbe a perdersi l’espressione divertita della stessa Figlia di Marr’Mahew, la quale non poté ovviare a essere grata a Duva di essere lì presente, e di essere lì presente a ricordarle di non smettere di essere se stessa, laddove, soprattutto dopo quanto accaduto con Anmel, troppo facile sarebbe stato, per lei, avere a perdersi.
Così, a rendere più evidente la propria quieta approvazione verso la propria sorella d’arme, Midda non mancò di annuire, e annuire vistosamente al di sotto del burqa, a dimostrare tutta la propria più quieta approvazione nel merito di quanto da lei così domandato…

« Hai ragione, per Thyres! » dichiarò pertanto, con esplicito sprone a proprio stesso riguardo « Ci vuole qualche pensiero profondo in meno e qualche scazzottata in più… » propose, con sincero entusiasmo a tale prospettiva « Poi ci starebbe magari anche un bagno caldo, per togliersi un po’ di terra da dosso… ma temo che, ancora per qualche giorno, dovremo farne a meno! »
« In che senso…?! » domandò, ora con palese preoccupazione, Duva, già pregustando, sinceramente, l’idea di un bagno caldo, anche a garantire un po’ di riposo ai propri lombi, decisamente provati da quel viaggio contraddistinto da un’idea di comodità alquanto relativa.
« Nel senso che tre donne da sole, in quel di una città y’shalfica, non possono andare a soggiornare in una locanda… sarebbe impensabile nel confronto con gli usi locali. » replicò la donna guerriero, scuotendo ora appena il capo « Quindi, per quanto mi dispiaccia dirlo, dovremo arrangiarci in maniera creativa ancora per un po’… »
« … arrangiarci in maniera creativa…?! » ripeté Duva, sempre meno convinta da tutto ciò.
« Credo sia un modo carino per dire che non potremo farci il bagno. » tradusse allora Lys’sh, non potendo ovviare a sogghignare alla sola idea dell’espressione allor stampata sul volto dell’amica, e lì non visibile in sola conseguenza alla presenza del burqa.
« Ah… e dovremo arrangiarci in maniera creativa anche per entrare in città… » soggiunse allora la Figlia di Marr’Mahew, aggrottando la fronte « Tre donne da sole, in quel di Y’Shalf, non possono giungere alla porta di una città, come se nulla fosse. »
« Come?! » strabuzzò gli occhi l’altra, semplicemente sconvolta dal senso di tutto ciò « D’accordo… è ufficiale… » sbuffò poi, storcendo le labbra verso il basso « … credo di odiare Y’Shalf. »

domenica 22 marzo 2020

3223


« Thyres… non immaginavo che avrei mai rimesso piede in questa dannata città! » sospirò amaramente la Figlia di Marr’Mahew, volgendo il proprio sguardo in direzione delle alte mura di Y’Rafah.

In quel del vasto regno di Y’Shalf, Y'Rafah avrebbe avuto a doversi riconoscere qual una delle sue capitali più prestigiose. Non che, rispetto alle altre grandi città del regno Y'Rafah avesse a poter vantare dimensioni maggiori, né, tantomeno, una più marcata presenza del sultano tale da giustificare, in qualche misura, tale sua posizione di privilegio: in effetti, nulla di più e nulla di meno essa avrebbe potuto vantare rispetto a qualunque altra capitale del regno e, ciò nonostante, ella avrebbe avuto a dover essere riconosciuta qual contraddistinta da una fama, da un’importanza tanto ingiustificabili, quanto e pur straordinariamente concrete.
Importanza, fama, quelle proprie di Y'Rafah, che erano solite riflettersi, in buona sostanza, su ogni aspetto della vita di quella città, e su ogni attività al suo interno.
L’accademia militare di Y'Rafah, giusto a esemplificazione ti tale concetto, non avrebbe avuto a dover essere intesa più ricca, più potente, o contraddistinta, per i suoi allievi, da qualche particolare privilegio di sorta maggiore rispetto a quello proprio di qualunque altra accademia in qualunque altra capitale y’shalfica: ciò nonostante, il prestigio del quale l’accademia di Y’Rafah si proponeva notoriamente contraddistinta avrebbe avuto a dover essere sì marcato da veder il meglio di tutti i rampolli delle famiglie più e meno nobili del regno contendersi il diritto di poter essere ammessi a tale accademia, quasi, di fatto, avesse a doversi intendere la sola in tutta Y’Shalf. E, in ciò, quando in tutta Y’Shalf ci si soleva riferire a una qualche accademia, tale accademia non avrebbe avuto a dover essere fraintesa quella propria di Y’Lohaf, sul confine con Kofreya, né quella di Y’Gjira, sul fronte opposto, né, tantomeno, quella della grande città portuale di Y’Moah, e neppure quella della sede principale del sultano e di tutta la famiglia reale, Y’Shalfirah: no… parlando di accademia, chiunque avrebbe avuto necessariamente a rivolgere il pensiero a quella di Y’Rafah, quasi essa, invero, avesse a doversi intendere la sola presente in tutta Y’Shalf.
Come l’accademia militare, anche la maggior parte di tutte le istituzioni presenti, in quel di Y’Rafah, avrebbero avuto a poter vantare lo stesso stato di grazia, lo stesso prestigio, per quanto obiettivamente immeritato. E in accordo con la più banale profezia che si auto-adempie, il prestigio proprio di Y’Rafah, nel corso del tempo, non aveva potuto ovviare a divenire reale, nel confronto con una costante crescita di ricchezza pro capite, via via che le famiglie più importanti di tutta Y’Shalf non ebbero a mancare di voler lì risiedere, lì soggiornare, lì condurre il proprio presente e avere a indirizzare il proprio futuro, e un futuro che lì, allora, avrebbero avuto necessariamente a intendere qual di gloria.
Così Y’Rafah era divenuta, nel corso del tempo, la città dei visir: un appellativo, quello in tal maniera riconosciuto a quella capitale, non gratuito, non fine a se stesso, ma motivato dal fatto che, in buona sostanza, tutti i più fedeli ministri del sultano, al pari di qualunque membro della sua corte, avevano finito per provenire, in virtù di tale logiche, proprio da quel di Y’Rafah, sancendo, al tempo presente, una consuetudine quasi valevole al pari di una legge a tal riguardo, tale per cui chiunque, mai, avesse desiderato riservarsi un futuro al seguito del sultano di Y’Shalf, necessariamente sarebbe dovuto passare da Y’Rafah.
Al di là, tuttavia, di tanta notorietà, di tanta fama, di tanta importanza, Y’Rafah, città dei visir, era, e sempre sarebbe rimasta, una città y’shalfica, una capitale del regno e di un regno, in particolare, contraddistinto, proprio malgrado da quelle leggi e da quelle regole di lontana ispirazione far’gharia, adeguatamente rivedute e distorte ancor più in negativo di quanto già non avrebbero potuto essere, che mai avrebbero potuto compiacere l’emancipante indole propria della Figlia di Marr’Mahew o delle sue sorelle d’arme, seppur ancor non scese a diretto confronto con tutto quello. E fra tutte le leggi e tutte le regole lì dominanti, la prima con la quale tutte loro non mancarono di avere a doversi confrontare, proprio malgrado, fu quella propria del burqa.

« Non so voi, ragazze… ma io sto morendo di caldo qui sotto. » protestò Duva, agitandosi al di sotto delle pesanti stoffe di quell’assurdo abito figlio, in quel di Y’Shalf, di una cultura fortemente patriarcale, e sì patriarcale da negare alle donne persino il diritto di mostrare il proprio stesso volto a chiunque non fosse un loro parente « Senza contare che, dietro questa retina, quasi non ci vedo… »
« Lei si lamenta… » commentò per tutta replica Lys’sh, la quale, come tutti i membri della propria specie, gli ofidiani, avrebbe potuto vantare un senso dell’olfatto, un senso dell’udito e un senso del gusto superiori a quelli propri di qualunque essere umano, a discapito, proprio malgrado, di una vista decisamente inferiore, e una vista che, in quella condizione, avrebbe avuto allor a doversi considerare potenzialmente ridotta al nulla « … io è da quando siamo state obbligate a mettere questo dannato abito che mi sto orientando soltanto grazie all’udito e all’olfatto. »
« Cerchiamo di agire in maniera rapida e discreta, e potremo liberarci di questi burqa in men che non si dica… » suggerì allora la donna guerriero dagli occhi color del ghiaccio e dai capelli color del fuoco, dettagli che, del resto, al pari della bruna carnagione propria di Duva, o dell’intero aspetto rettile proprio di Lys’sh, le avrebbero fatte immediatamente apparire quali straniere in terra straniera agli occhi di chiunque, non fosse stato per merito di quel castigato abbigliamento, e quel castigato abbigliamento che non concedeva loro neppure un fugace pollice di pelle scoperto dalla pesante stoffa del burqa « … ma, per intanto, teniamoceli ben stretti e ringraziamoli per darci la possibilità di muoverci in quel di Y’Shalf senza, necessariamente, dichiarare guerra all’intera nazione. Non che, in effetti, in quanto residenti in quel di Kofreya, non si abbia già a doverci considerare in guerra con l’intera nazione… »
« Sai che io non ho ancora ben chiara questa cosa della guerra fra Kofreya e Y’Shalf…? » intervenne Duva, approfittando di quell’accenno « Cioè… ho ben chiaro che sono in guerra e che sono in guerra praticamente da sempre. Ma non ho mica compreso il perché di tutto ciò… » questionò, personalmente interessata a tale aspetto, forse in conseguenza al proprio passato militare, e a quel passato del quale, comunque, ella aveva avuto di che pentirsi, non riuscendo obiettivamente a riconoscere più giusta la guerra che, molti anni addietro, si era ritrovata a combattere dall’altra parte dell’universo.
« Davvero credi che a qualcuno ormai interessi il perché…?! » minimizzò tuttavia Midda, stringendosi appena fra le spalle e scuotendo lievemente il capo « Anche ammesso che vi sia stata, un tempo, una qualche ragione, nel momento in cui questo conflitto ha trasceso i contendenti originali, proseguendo nel corso del tempo con i loro figli, e i figli dei loro figli, di generazione in generazione, è stata completamente perduta qualunque coscienza di una qualsivoglia motivazione. »
« Insomma, mi stai dicendo che Kofreya e Y’Shalf continuano a combattere perché non saprebbero in quale altro modo confrontarsi reciprocamente, altrimenti…?! » aggrottò la fronte l’altra, per quanto, simile espressione di perplessità, ovviamente non poté essere colta dalle proprie amiche e interlocutrici, completamente celata dietro al burqa.
« In pratica sì. » annuì l’altra, in una verità sicuramente disorientante, e pur, proprio malgrado, sincera espressione di quella situazione.
« Sai… » esitò allora Duva, non demordendo sull’argomento « … forse questa cosa dell’erede della regina Anmel, comunque, potrebbe essere d’aiuto in tal senso! » suggerì sorniona, consapevole di quanto alla propria amica non piacesse affrontare quel particolare aspetto della cosa e, ciò non di meno, francamente infischiandosene per il bene stesso della medesima, e di colei che, volente o nolente, non avrebbe potuto continuare a rifiutare le conseguenze delle proprie scelte passate, e di quelle scelte che, in particolare, l’avevano vista divenire, potenzialmente, la nuova Portatrice di Luce e la nuova Oscura Mietitrice, se soltanto avesse abbracciato effettivamente il proprio ruolo « Non hai mai pensato che, con i tuoi nuovi poteri, tu potresti quietamente imporre la pace su queste due nazioni e porre la parola “fine” su questo conflitto sempiterno…?! » esplicitò e, immediatamente, incalzò « E prima che tu possa opporti, vorrei sottolineare che, per quanto ancora forse mi sfuggano tutte le sfumature proprie della questione, credo sarebbe una cosa molto da Portatrice di Luce, restituire la pace fra i popoli… »

sabato 21 marzo 2020

3222


« Non direi proprio “patologicamente incapace a vivere serenamente”… » tentò di giustificarsi l’altra, volgendo gli occhi verso l’alto, e aggrottando nel mentre di ciò la fronte, a dimostrare un certo intento di riflessione a tal riguardo « Più che altro ho una certa innata predisposizione a cercare nuovi stimoli. » sorrise poi, cercando di volgere la questione sull’ironico, a stemperare in tal maniera i torni potenzialmente drammatici « E in questo caso, sia chiaro, è anche per un intento più che condivisibile…! »
« Ah… capisco. » annuì egli, stringendo le labbra con fare pensieroso, a meglio soppesare il suo punto di vista « Quindi per te è del tutto normale l’idea di volersi porre alla ricerca di un pugnale che, per quanto ne sappiamo, non è mai esistito e, se anche esistesse, non è assolutamente detto che possa fare quello che racconta il mito e, ancora, se anche fosse in grado di farlo, non è assolutamente detto che possa effettivamente essere utile né con me, né tantomeno con Tagae e Liagu?! » domandò poi, aggrottando appena la fronte « Ah… e poi, per inciso, il piano quale sarebbe di preciso?! Infilarci questo pugnale nello stomaco con l’intento di guarirci…?! » soggiunse osservando sempre più critico la propria compagna.
« Uff… come sei disfattista. » protestò ella, sgranando gli occhi con aria di quieta sorpresa « Francamente ti ricordavo come una persona decisamente più allegra e positiva… »
« … e probabilmente lo ero prima di conoscerti… » puntualizzò il locandiere, storcendo appena le labbra verso il basso con palese disappunto.
« Allora… innanzitutto non è un pugnale ma una spada. » iniziò a cercare di puntualizzare ella, non desiderando che la questione potesse essere tanto spiacevolmente banalizzata « E, tu più di chiunque altro, dovresti ben sapere quanto io sia straordinariamente brava nel riuscire a recuperare oggetti perduti dall’epoca del mito. »
« Oh… davvero vuoi portare la discussione in questa direzione…?! » strabuzzo gli occhi egli, non credendo che ella potesse essere sì ingenua da servirgli su un proverbiale piatto d’argento simile occasione per rinfacciarle tutti i propri errori passati « Perché, se proprio vogliamo essere pignoli, il pregresso non depone esattamente a tuo favore! »
« Sì… lo so che con la corona perduta della regina Anmel non è poi finita nel migliore dei modi… » riconobbe ella, sospirando « … ma devi ammettere che, a prescindere da ciò, sono stata effettivamente brava a recuperarla! E anche a suo riguardo non vi era certezza alcuna della sua esistenza… »
« Brava…? » ripeté egli, scandendo ogni singola sillaba « Brava…?! » sorrise, con fare vagamente isterico a confronto con la scelta di quel particolare termine per descriverla « Sei letteralmente scomparsa nel nulla, nel tentare di recuperare la corona perduta! Al punto tale che anche i tuoi stessi amici ti hanno creduta morta! »
« … ma poi sono tornata! » tentò di giustificarsi la Figlia di Marr’Mahew, iniziando a rendersi conto di quanto, probabilmente, avesse scelto il modo peggiore di affrontare la discussione con il proprio amato « Uff… che diamine. » sbuffò quindi, decisamente insoddisfatta dalla piega presa da quel discorso « La prossima volta che dovrò parlarti di qualcosa del genere, aspetterò che tu stia dormendo, magari dopo averti stancato io per benino… » gli ripromise, non negandogli un sorrisetto sornione, alla prospettiva di qualche interessante maniera per stancarlo.
« Guai a te! » protestò egli, accigliandosi a quell’idea « Ti proibisco di usare il sesso come mezzo per forzarmi la mano! » proclamò, serio a tal riguardo « Anche perché è un giuoco che possiamo fare in due… e non credo che tu saresti meno insoddisfatta di me, se me ne andassi a dormire in un’altra stanza! »

Quello fra Midda e Be’Sihl avrebbe avuto a doversi riconoscere qual un rapporto tanto complesso quanto lungo, al pari, del resto, di qualunque lungo rapporto.
Inizialmente legati l’uno all’altra da un semplice rapporto locandiere-avventrice, poi cresciuto in amicizia e complicità, a distanza di anni era divenuto qualcosa di più, fino a quando, alfine, ella aveva accettato di correre il rischio di mettersi in giuoco con egli, per quanto ciò, potenzialmente, avrebbe potuto farle perdere un amico. E a distanza di ancora molti anni, e con molte, forse troppe vicissitudini affrontate, forse troppe avventure vissute, tanto in quel mondo, quanto in molti altri mondi, fra le stelle infinite del firmamento, essi erano ancora lì, insieme: uniti nelle difficoltà e pur, umanamente, in continua discussione, soprattutto nella necessità di conciliare due visioni del mondo fra loro molto distanti.
In tutto ciò, quindi, quel confronto fra loro, a metà fra l’alterco e la reciproca minaccia, non avrebbe avuto a doversi fraintendere qual evidenza di un qualche problema, quanto e piuttosto evidenza della volontà, da parte di entrambi, di affrontare i propri problemi, diversamente da quanto, al contrario, in passato non avevano sbagliato a fare, tacendo, soprassedendo, e lasciando lì a macerare ogni difficoltà.

« D’accordo. D’accordo. » levò le mani ella, in segno di resa, almeno su quel fronte « Colpa mia… quel commento mi è uscito veramente male. » ammise, scuotendo appena il capo « Lasciamo il sesso fuori da questo discorso… »

A prescindere dalla questione del sesso, comunque, il resto delle carte disposte sul tavolo non avrebbero avuto a doversi fraintendere qual atte a compiacere particolarmente Be’Sihl, il quale, proprio malgrado, avrebbe avuto a doversi pur intendere perfettamente conscio di quanto, che egli potesse volerlo o meno, ella avrebbe avuto comunque la libertà di agire secondo i propri desideri, giacché mai, in un rapporto di stima, di amicizia, di complicità e di amore come il loro, avrebbe avuto ragion d’essere un fermo divieto, da parte dell’uno così come dell’altra.
In ciò, quindi, il buon locandiere figlio del lontano regno di Shar’Tiagh, non avrebbe potuto mancare di riservarsi ragione di scontento per tutto ciò, certo di quanto, alla fine, ella sarebbe comunque partita. Motivo per cui, allorché continuare vanamente a opporsi, non poté allora che impegnarsi a tentare di scendere a patti con la cosa…

« Perché proprio ora…? » domandò quindi, cercando di trovare motivi utili a razionalizzare la cosa « Perché tiri fuori la questione proprio in questo momento…?! »
« Perché oggi ho finalmente ricevuto da Brote delle informazioni che aspettavo… e senza le quali sarebbe stato prematuro, per non dire inutile, tirare fuori l’argomento. » spiegò la donna guerriero, scuotendo appena il capo « Ora, invece, ho quantomeno la prospettiva di una direzione entro la quale iniziare ad avviare il mio cammino per tentare di ritrovare la spada di Kila. »
« Quindi Brote sapeva della cosa…?! » questionò Be’Sihl, non negandosi di apparire leggermente piccato a confronto con tale notizia.
« Beh… sarebbe stato difficile per lui riuscire a muovere le proprie risorse per aiutarmi, senza neppure sapere di avere a doverlo fare. » obiettò Midda per tutta risposta, sorridendo dolcemente « Non essere geloso di Brote… lo sai che fra me e lui non vi è mai stato nulla che un semplice rapporto d’affari. »
« Non sono geloso di Brote! » protestò egli, incupendosi « Mi disturba il fatto che, a questo punto, la questione avesse a doversi considerare nell’aria da già chissà quanto tempo, e tu, fino a ora, non me ne abbia mai fatto accenno. »
« Forse perché non desideravo avere a discutere della cosa prima del previsto…?! » si strinse ella nelle spalle, a minimizzare il perché della questione « E visto come stanno andando le cose, non credo che tu me ne possa riconoscere torto… »
« D’accordo… d’accordo. » sospirò egli, cercando di soprassedere sulla cosa, non desiderando risultare eccessivamente critico a tal riguardo « E, di grazia, potrei sapere per lo meno da che parte del mondo avrai a muovere i tuoi primi passi nella ricerca di questa leggendaria spada dei miracoli…?! »

venerdì 20 marzo 2020

3221


« Fin dal nostro ritorno a casa… o, forse, anche prima! » ammise la donna guerriero, in nulla tentando di mistificare della realtà dei fatti, nella quieta consapevolezza di non volersi prendere giuoco delle proprie amiche… né, tantomeno, di potersi prendere giuoco delle stesse, anche volendo.
« Capisco che essere rimasta senza la tua cara vecchia spada bastarda non ti entusiasmi… » commentò per tutta replica l’altra, storcendo appena le labbra verso il basso « … ma accontentarti di una delle tante spade in vendita al mercato sarebbe troppo banale per te?! » suggerì poi, piegando appena il capo di lato, con fare scherzosamente provocatorio verso di lei « Cioè… non per dire ma io ho ricordo di una volta in cui hai affermato di voler provare a vivere in maniera diversa la tua vita… »
« E’ inutile che ti lamenti… mi dispiace dirtelo, ma sei ben poco credibile vecchia mia! » puntualizzò Midda, trattenendosi a stento dal ridacchiare e strizzando l’occhio sinistro verso di lei, con incedere complice « Lo sappiamo entrambe che non sei venuta nel mio mondo per passare il tuo tempo a poltrire nell’angolo di una vecchia locanda, osservando la gente che entra e che esce: tu vuoi dell’avventura… e io sono pronta a offrirtene in abbondanza! »
« In effetti… » ammise Duva, levando le mani in segno di resa innanzi a quelle argomentazioni e a quelle argomentazioni obiettivamente corrette, giacché, in effetti, ella non avrebbe potuto allor desiderare nulla di meglio rispetto all’idea di un po’ di cara, sana e vecchia azione « … d’accordo. Mi hai convinta. Sono disposta a seguirti nel tuo mondo. » sancì, per poi colpirsi la fronte con la destra, come a evidenziare la propria sbadataggine « Ah no… quello l’ho già fatto! » puntualizzò, sorniona « E allora, sono pronta a seguirti alla ricerca di questa spada della misericordia…! Almeno diamo un senso alla nostra presenza qui! » soggiunse, includendo nel discorso anche Lys’sh, lì presente al proprio fianco, e stuzzicandola in tal senso con la punta del gomito mancino.
« Ma almeno sei sicura che questa spada possa veramente esserti d’aiuto…? » domandò Lys’sh, non desiderando certamente tirarsi indietro, ma non potendo ovviare a riservarsi qualche dubbio sull’effettiva utilità di quella ricerca, soprattutto nel confronto con gli scopi pocanzi annunciati dalla propria amica, per bocca della propria stessa figliuola « Cioè… per quanto ne sappiamo non c’è cura né per Tagae e Liagu, né tantomeno per Be’Sihl. »
« Forse la tecnologia con la quale siete nate e cresciute non può nulla contro quanto hanno fatto a Tagae e Liagu… o contro qualunque cosa ci sia nel sangue di Be’Sihl. » argomentò per tutta replica la donna guerriero, a giustificare il senso di quella propria idea, di quella propria iniziativa « Ma forse, al contrario, la magia potrà restituire loro una vita normale. E benché qui, nel mio mondo, non esista la tecnologia, quanto certamente non ci manca, purtroppo o per fortuna, è la magia. »
« E sia… » annuì Lys’sh, non avendo altro ad aggiungere a possibile confutazione di quanto dall’amica proposto « … se sei davvero convinta che ci possa essere una possibilità per quei due pargoli, o per il nostro buon locandiere, non vedo ragione per non aver a tentare! »
« Ottimo! » sorrise la Figlia di Marr’Mahew, più che soddisfatta di poter fare affidamento, anche in quell’impresa, sulle proprie amiche… non che, per carità, avesse avuto a temere il contrario.

Il legame di amicizia venutosi a creare anni prima fra quelle tre donne, così diverse fra loro, con storie così aliene l’una dall’altra, e pur ritrovatesi, fugacemente, tutte e tre nello stesso posto e nello stesso luogo, giusto per avere quell’occasione utile a incontrarsi e a conoscersi, avrebbe avuto a doversi riconoscere, dopotutto, sì saldo, sì assoluto, da aver veduto, anche e addirittura, Lys’sh e Duva tanto ferme nel proprio proposito di non lasciare l’amica al punto tale, persino, da essere state pronte, per lei, ad abbandonare le proprie vite, ad abbandonare quelle infinità siderali fra le quali erano nate e cresciute, per abbracciare qualcosa di completamente diverso, qualcosa di completamente estraneo, qual la vita in quel mondo primitivo, e in quel mondo che pur, sino a quel momento, avevano avuto ben misera occasione di esplorare, essendosi limitate, tuttalpiù, a prendere confidenza con quel di Kriarya, città del peccato.
In virtù, pertanto, sia del loro legame di amicizia, sia e forse maggiormente, della necessità di impegnarsi alfine in qualcosa di più rispetto al semplice peregrinare privo di meta all’interno di quelle mura dodecagonali, Midda Bontor non avrebbe potuto avere il benché minimo dubbio nel merito di quanto, tanto Duva, quanto Lys’sh, sarebbero state più che felici nel confronto con l’idea di un’avventura, e di un’avventura per riuscire a organizzare la quale, tuttavia, era stato necessario qualche tempo. Tempo, in effetti, utile per raccogliere più informazioni possibili nel merito di quell’arma leggendaria, mettendo a frutto tutti i contatti, tutte le risorse che ancora ella avrebbe potuto vantare di conoscere. O, per maggior amor di dettaglio, tutti i contatti e tutte le risorse che il suo amico, e mecenate, lord Brote avrebbe potuto vantare di conoscere, giacché, rimasta ella fuori dal giro per qualche anno, avrebbe avuto necessità ancora di qualche tempo prima di potersi nuovamente riconoscere al pari di un tempo… ammesso, ma non concesso, che effettivamente potesse tornare a essere al pari di un tempo, quando, in fondo, di avventure come quelle ella era solita viverne a dozzine, ed era solita viverle non per un qualche chiaro proposito, qual quello, per esempio, allor riservatosi, quanto e piuttosto per il puro e semplice piacere della sfida.
Giusto quella mattina, quindi, dopo lunga e giustificabilissima attesa, lord Brote era stato felice di informarla di aver finalmente ricevuto le informazioni da lei desiderate e, a margine di ciò, aveva anche tentato di contrattare per l’acquisizione, al termine di quell’avventura, della spada di Kila per i propri interessi, nel desiderare aggiungerla alla già ricca e straordinaria collezione di reliquie che, nel corso di lunghi anni di impeccabile collaborazione fra loro, Midda era riuscita a garantirgli. E pur non escludendo, necessariamente, tale eventualità, la donna guerriero aveva voluto comunque riservarsi un’occasione di prelazione sulla spada, laddove si fosse dimostrata effettivamente in grado di compiere i prodigi di cui narravano le leggende. Una prelazione, quella da lei invocata, non conseguenza a qualche particolare egoismo, a qualche genere di avidità o desiderio di possesso, quanto e piuttosto nel confronto con la consapevolezza della necessità per lei propria di dover effettivamente offrire una diversa svolta alla propria esistenza a seguito degli eventi che, proprio malgrado, l’avevano veduta divenire erede della leggendaria regina Anmel Mal Toise, colei che la Storia e il Mito ricordavano, al contempo e in maniera quantomeno contraddittoria, tanto come la Portatrice di Luce, quanto l’Oscura Mietitrice. E se, a margine di tale necessità, ella non aveva ancora, per così come anche giustamente ricordato da Duva, rimpiazzato la propria storica spada bastarda, quella mirabile lama che per lunghi lustri era stata per lei la più cara amica e la più cara alleata in ogni propria avventura, nel non volersi concedere l’occasione di cedere, in grazia a una qualche arma, o, per lo meno, a una qualche arma aggiunta a quanto già ella stessa non avrebbe, personalmente, avuto a doversi riconoscere al pari di un’arma; forse, e paradossalmente, una lama che, allorché dispensare morte, fosse in grado di offrire la vita, sarebbe stata quanto di più idoneo, per lei, per tentare di mutare il proprio destino, e quel destino che, dopo una vita intera dedicata alla guerra, alla distruzione e alla morte, troppo facilmente l’avrebbe potuta vedere evolvere nella terribile Oscura Mietitrice, ancor prima che in una fantomatica Portatrice di Luce.
Insomma: da qualunque prospettiva si fosse voluta analizzare la questione, per la donna dagli occhi color del ghiaccio e dai capelli color del fuoco, la ricerca di quella spada avrebbe avuto a doversi intendere, comunque, qual qualcosa di buono e giusto…

… peccato, però, che non del medesimo avviso sarebbe stato allor pronto a presentarsi il suo amato Be’Sihl, l’unico che, a margine di tutto, avrebbe ormai potuto vantare un inappellabile diritto di veto su qualunque propria iniziativa.

« Lo sapevo! » esclamò egli, quand’ella, quella sera, si impegnò a tentare di approcciare al discorso, e a un discorso volto a suggerire la possibilità, per lei, di partire per una nuova avventura « Che tutti gli dei mi siano testimoni se dico che lo sapevo! » ribadì, a meglio enfatizzare il concetto « Non ne ho mai avuto dubbio: tu sei patologicamente incapace a vivere serenamente la tua vita! »