11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

www.middaschronicles.com
il Diario - l'Arte

News & Comunicazioni

E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

domenica 22 marzo 2020

3223


« Thyres… non immaginavo che avrei mai rimesso piede in questa dannata città! » sospirò amaramente la Figlia di Marr’Mahew, volgendo il proprio sguardo in direzione delle alte mura di Y’Rafah.

In quel del vasto regno di Y’Shalf, Y'Rafah avrebbe avuto a doversi riconoscere qual una delle sue capitali più prestigiose. Non che, rispetto alle altre grandi città del regno Y'Rafah avesse a poter vantare dimensioni maggiori, né, tantomeno, una più marcata presenza del sultano tale da giustificare, in qualche misura, tale sua posizione di privilegio: in effetti, nulla di più e nulla di meno essa avrebbe potuto vantare rispetto a qualunque altra capitale del regno e, ciò nonostante, ella avrebbe avuto a dover essere riconosciuta qual contraddistinta da una fama, da un’importanza tanto ingiustificabili, quanto e pur straordinariamente concrete.
Importanza, fama, quelle proprie di Y'Rafah, che erano solite riflettersi, in buona sostanza, su ogni aspetto della vita di quella città, e su ogni attività al suo interno.
L’accademia militare di Y'Rafah, giusto a esemplificazione ti tale concetto, non avrebbe avuto a dover essere intesa più ricca, più potente, o contraddistinta, per i suoi allievi, da qualche particolare privilegio di sorta maggiore rispetto a quello proprio di qualunque altra accademia in qualunque altra capitale y’shalfica: ciò nonostante, il prestigio del quale l’accademia di Y’Rafah si proponeva notoriamente contraddistinta avrebbe avuto a dover essere sì marcato da veder il meglio di tutti i rampolli delle famiglie più e meno nobili del regno contendersi il diritto di poter essere ammessi a tale accademia, quasi, di fatto, avesse a doversi intendere la sola in tutta Y’Shalf. E, in ciò, quando in tutta Y’Shalf ci si soleva riferire a una qualche accademia, tale accademia non avrebbe avuto a dover essere fraintesa quella propria di Y’Lohaf, sul confine con Kofreya, né quella di Y’Gjira, sul fronte opposto, né, tantomeno, quella della grande città portuale di Y’Moah, e neppure quella della sede principale del sultano e di tutta la famiglia reale, Y’Shalfirah: no… parlando di accademia, chiunque avrebbe avuto necessariamente a rivolgere il pensiero a quella di Y’Rafah, quasi essa, invero, avesse a doversi intendere la sola presente in tutta Y’Shalf.
Come l’accademia militare, anche la maggior parte di tutte le istituzioni presenti, in quel di Y’Rafah, avrebbero avuto a poter vantare lo stesso stato di grazia, lo stesso prestigio, per quanto obiettivamente immeritato. E in accordo con la più banale profezia che si auto-adempie, il prestigio proprio di Y’Rafah, nel corso del tempo, non aveva potuto ovviare a divenire reale, nel confronto con una costante crescita di ricchezza pro capite, via via che le famiglie più importanti di tutta Y’Shalf non ebbero a mancare di voler lì risiedere, lì soggiornare, lì condurre il proprio presente e avere a indirizzare il proprio futuro, e un futuro che lì, allora, avrebbero avuto necessariamente a intendere qual di gloria.
Così Y’Rafah era divenuta, nel corso del tempo, la città dei visir: un appellativo, quello in tal maniera riconosciuto a quella capitale, non gratuito, non fine a se stesso, ma motivato dal fatto che, in buona sostanza, tutti i più fedeli ministri del sultano, al pari di qualunque membro della sua corte, avevano finito per provenire, in virtù di tale logiche, proprio da quel di Y’Rafah, sancendo, al tempo presente, una consuetudine quasi valevole al pari di una legge a tal riguardo, tale per cui chiunque, mai, avesse desiderato riservarsi un futuro al seguito del sultano di Y’Shalf, necessariamente sarebbe dovuto passare da Y’Rafah.
Al di là, tuttavia, di tanta notorietà, di tanta fama, di tanta importanza, Y’Rafah, città dei visir, era, e sempre sarebbe rimasta, una città y’shalfica, una capitale del regno e di un regno, in particolare, contraddistinto, proprio malgrado da quelle leggi e da quelle regole di lontana ispirazione far’gharia, adeguatamente rivedute e distorte ancor più in negativo di quanto già non avrebbero potuto essere, che mai avrebbero potuto compiacere l’emancipante indole propria della Figlia di Marr’Mahew o delle sue sorelle d’arme, seppur ancor non scese a diretto confronto con tutto quello. E fra tutte le leggi e tutte le regole lì dominanti, la prima con la quale tutte loro non mancarono di avere a doversi confrontare, proprio malgrado, fu quella propria del burqa.

« Non so voi, ragazze… ma io sto morendo di caldo qui sotto. » protestò Duva, agitandosi al di sotto delle pesanti stoffe di quell’assurdo abito figlio, in quel di Y’Shalf, di una cultura fortemente patriarcale, e sì patriarcale da negare alle donne persino il diritto di mostrare il proprio stesso volto a chiunque non fosse un loro parente « Senza contare che, dietro questa retina, quasi non ci vedo… »
« Lei si lamenta… » commentò per tutta replica Lys’sh, la quale, come tutti i membri della propria specie, gli ofidiani, avrebbe potuto vantare un senso dell’olfatto, un senso dell’udito e un senso del gusto superiori a quelli propri di qualunque essere umano, a discapito, proprio malgrado, di una vista decisamente inferiore, e una vista che, in quella condizione, avrebbe avuto allor a doversi considerare potenzialmente ridotta al nulla « … io è da quando siamo state obbligate a mettere questo dannato abito che mi sto orientando soltanto grazie all’udito e all’olfatto. »
« Cerchiamo di agire in maniera rapida e discreta, e potremo liberarci di questi burqa in men che non si dica… » suggerì allora la donna guerriero dagli occhi color del ghiaccio e dai capelli color del fuoco, dettagli che, del resto, al pari della bruna carnagione propria di Duva, o dell’intero aspetto rettile proprio di Lys’sh, le avrebbero fatte immediatamente apparire quali straniere in terra straniera agli occhi di chiunque, non fosse stato per merito di quel castigato abbigliamento, e quel castigato abbigliamento che non concedeva loro neppure un fugace pollice di pelle scoperto dalla pesante stoffa del burqa « … ma, per intanto, teniamoceli ben stretti e ringraziamoli per darci la possibilità di muoverci in quel di Y’Shalf senza, necessariamente, dichiarare guerra all’intera nazione. Non che, in effetti, in quanto residenti in quel di Kofreya, non si abbia già a doverci considerare in guerra con l’intera nazione… »
« Sai che io non ho ancora ben chiara questa cosa della guerra fra Kofreya e Y’Shalf…? » intervenne Duva, approfittando di quell’accenno « Cioè… ho ben chiaro che sono in guerra e che sono in guerra praticamente da sempre. Ma non ho mica compreso il perché di tutto ciò… » questionò, personalmente interessata a tale aspetto, forse in conseguenza al proprio passato militare, e a quel passato del quale, comunque, ella aveva avuto di che pentirsi, non riuscendo obiettivamente a riconoscere più giusta la guerra che, molti anni addietro, si era ritrovata a combattere dall’altra parte dell’universo.
« Davvero credi che a qualcuno ormai interessi il perché…?! » minimizzò tuttavia Midda, stringendosi appena fra le spalle e scuotendo lievemente il capo « Anche ammesso che vi sia stata, un tempo, una qualche ragione, nel momento in cui questo conflitto ha trasceso i contendenti originali, proseguendo nel corso del tempo con i loro figli, e i figli dei loro figli, di generazione in generazione, è stata completamente perduta qualunque coscienza di una qualsivoglia motivazione. »
« Insomma, mi stai dicendo che Kofreya e Y’Shalf continuano a combattere perché non saprebbero in quale altro modo confrontarsi reciprocamente, altrimenti…?! » aggrottò la fronte l’altra, per quanto, simile espressione di perplessità, ovviamente non poté essere colta dalle proprie amiche e interlocutrici, completamente celata dietro al burqa.
« In pratica sì. » annuì l’altra, in una verità sicuramente disorientante, e pur, proprio malgrado, sincera espressione di quella situazione.
« Sai… » esitò allora Duva, non demordendo sull’argomento « … forse questa cosa dell’erede della regina Anmel, comunque, potrebbe essere d’aiuto in tal senso! » suggerì sorniona, consapevole di quanto alla propria amica non piacesse affrontare quel particolare aspetto della cosa e, ciò non di meno, francamente infischiandosene per il bene stesso della medesima, e di colei che, volente o nolente, non avrebbe potuto continuare a rifiutare le conseguenze delle proprie scelte passate, e di quelle scelte che, in particolare, l’avevano vista divenire, potenzialmente, la nuova Portatrice di Luce e la nuova Oscura Mietitrice, se soltanto avesse abbracciato effettivamente il proprio ruolo « Non hai mai pensato che, con i tuoi nuovi poteri, tu potresti quietamente imporre la pace su queste due nazioni e porre la parola “fine” su questo conflitto sempiterno…?! » esplicitò e, immediatamente, incalzò « E prima che tu possa opporti, vorrei sottolineare che, per quanto ancora forse mi sfuggano tutte le sfumature proprie della questione, credo sarebbe una cosa molto da Portatrice di Luce, restituire la pace fra i popoli… »

Nessun commento: