11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

mercoledì 25 marzo 2020

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Se soltanto quegli sprovveduti figli di Y’Shalf avessero avuto occasione di essere avvertiti nel merito dell’identità di almeno una delle tre donne contro le quali, allora, si erano così schierati, e avessero avuto occasione di essere avvertiti, ovviamente, nel merito dell’identità della donna guerriero più famosa di quell’angolo di continente, la Figlia di Marr’Mahew, l’Ucciditrice di Dei, la Campionessa di Kriarya, essi avrebbero potuto riservarsi qualche fugace istante di dubbio nel merito dell’idiozia che, comunque, avrebbero allor probabilmente finito comunque per compiere.
Purtroppo per loro, in aggiunta a una quieta e innocente inconsapevolezza nel merito dell’identità della medesima donna guerriero, a loro discapito non avrebbe potuto mancare d’esser considerata l’altresì stolida e colpevole mancanza di riguardo nei riguardi di tre donne, le quali, semplicemente in quanto tali, non avrebbero potuto ovviare a essere giudicate, necessariamente, quali esseri inferiori, privi d’ogni reale possibilità di sfida non tanto per un gruppo di uomini loro pari, quanto e ancor più per anche e semplicemente una singola unità del loro schieramento. E così, allorché frenare i propri passi, nel gettarsi a testa bassa in direzione di una sicura sconfitta, essi non mancarono di entusiasmarsi nel confronto con tutto ciò, scioccamente certi che, senza particolare sforzo, avrebbero potuto rendere un servizio al proprio Paese, e al proprio sultano, degno di lode e di riconoscimento da parte dei signori di Y’Rafah, a minaccia dell’incolumità della quale, certamente, quelle tre donne stavano lì complottando. Quale logica, poi, vi sarebbe potuta essere nel considerare, al contempo, quelle tre figure quali minacciose per la sicurezza di un’intera capitale e, ciò non di meno, una sì banale ragione di sfida per tutti loro, difficile sarebbe stata a essere definita. Ma, del resto, ben poca razionalità avrebbe avuto a dover contraddistinguere simile attacco sotto molti altri punti di vista, come, per esempio, l’utilità di lanciare un grido di battaglia dopo esser riusciti a conquistare, con assoluta discrezione, un possibile effetto sorpresa, in misura tale da rendere la questione quantomeno irrilevante.
Quanto profondamente errata, comunque, avesse a dover essere intesa una qualunque presunzione di facile vittoria nel confronto con la sfida così da loro lì ricercata apparve evidente, al gruppo degli aggressori, nel momento in cui una delle tre donne ebbe a smontare da cavallo giusto in tempo utile a schierarsi in antagonismo a due di loro, andando a muovere un montante dritto al mento di colui alla di lei mancina, nel mentre in cui, con il destro, non mancò di bloccare un fendente da parte dell’altro: un fendente mosso, in verità, più per errore, reazione incontrollata all’inattesa azione di quella donna così piombata innanzi a loro, che per un qualche effettivo desiderio di morte nei di lei riguardi, e pur un fendente che, laddove non arginato nel proprio percorso, avrebbe potuto decisamente nuocere alla salute della stessa. E quando la lama di quella scimitarra ebbe a frenarsi, con clangore metallico, nell’incavo di quella destra, già palese avrebbe avuto a doversi intendere l’errore da loro così compiuto, per come anche una bestemmia, sussurrata a denti stretti dal proprietario di quella stessa scimitarra, non mancò di evidenziare…

« Già! » confermò la donna guerriero, annuendo divertita nel confronto con l’imprecazione così scandita innanzi all’immagine della sua destra, e di quella destra che, al di sotto del burqa, avrebbe avuto a doversi intendere di lucente metallo cromato, intenta a contenere una pesante lama come null’altro fosse che un ventaglio, e un ventaglio fastidioso l’aria del quale non avrebbe più avuto a desiderare esserle rivolta « Oggi non è propriamente il vostro giorno fortunato… »

Non soltanto quei due uomini, però, avrebbero avuto a doversi così riconoscere ormai qual impegnati nella mischia, laddove, per quanto in avanguardia, rispetto al resto dei loro compagni avrebbero avuto a doversi intendere avvantaggiati soltanto di un passo o due. Così, quanto lì occorso, non ebbe tempo di proporsi qual monito per tutti gli altri, e per gli altri che, in ciò, non mancarono di essere ingaggiati, a margine di quella prima azione, dalle altre due supposte prede, lì altresì rapidamente ridefinitesi nel ruolo di predatrici. E se Lys’sh non mancò di imitare la propria sorellona, smontando da cavallo per gettarsi, direttamente, addosso a un’altra coppia di antagonisti, travolgendoli, letteralmente, con l’impeto del proprio gesto e proiettandoli a terra; Duva volle dimostrare una maggiore indolenza rispetto alle compagne, utile, allor, a delegare al proprio equestre compagno l’onere, e l’onore, di occuparsi degli ultimi tre aggressori propri di quello schieramento, aggressori a discapito dei quali fece piombare gli zoccoli anteriori della possente bestia dopo averla fatta fugacemente sollevare sulle zampe posteriori.

« Chi o cosa siete, maledette…?! » domandò allora l’uomo l’arma del quale era stata bloccata dalla destra della Figlia di Marr’Mahew, cercando di ritrarla e, ciò non di meno, ritrovandosi ostacolato, in tal senso, dalla straordinaria morsa che le dita di lei vollero imporre al metallo della lama, impedendole qualunque movimento, fosse anche e soltanto in ritirata « Non potete essere tre semplici donne… »
« Per tua informazione nessuna donna è una “semplice” donna… » puntualizzò per tutta replica la sua antagonista, imponendo, ora, un secco strappo sul quella stessa lama, per disarmare il proprio antagonista e, nel ravvisare quanto, in quel mentre, la giovane donna rettile avrebbe potuto quietamente abbisognare di quella risorsa, per avere occasione di a lei fornirla, con un conciso, e pur utile, avviso al suo indirizzo « Al volo, Lys’sh! »

Non che Midda e Lys’sh fossero solite impiegare il proprio tempo libero nel passarsi reciprocamente delle lame al volo, non avendo certamente a volersi allenare per un qualche possibile futuro impiego in un circo o in qualche altra assimilabile attività d’intrattenimento popolare, Ma, obiettivamente, quel gesto estemporaneo, mai provato prima e mai preventivamente accordato fra le due, ebbe lì a risultare semplicemente perfetto e incredibilmente naturale nella propria esecuzione, tanto per il preciso lancio proprio della prima, quanto per la salda presa propria della seconda, in termini tali che, in effetti, entrambe altro non avrebbero potuto che offrire la parvenza di non essersi mai impegnate in nulla di diverso nel corso della propria vita.
E, a rendere il tutto ancor più epico, più spettacolare, non poté mancare di concedersi un mirabile tempismo nella scelta propria dell’occorrenza quell’azione, e di quell’azione che ebbe ad anticipare, dell’intervallo proprio di un semplice battito di ciglia, l’occorrenza di un tentativo di riscossa da parte dei due antagonisti della donna serpente a sua opposizione, dopo che, rialzatisi da terra, vollero cercare di risanare parte del proprio orgoglio ferito, e di risanarlo nel destinare, or senza inibizioni, le proprie lame a discapito di quella tanto esile, quanto pur agile, misteriosa figura femminile.

« Grazie! » affermò Lys’sh, nel mentre in cui, in virtù della propria nuova arma, ebbe a poter intercettare la traiettoria della prima delle due lame a suo supposto discapito rivolte, solo per ridirigerne il movimento a ostacolare anche l’avanzata della seconda, in un intreccio metallico sì violento da generare, addirittura, una piccola fontana di scintille in conseguenza all’attrito « State buoni voi due… » rimproverò quindi, sogghignando nel confronto con le espressioni esterrefatte di quella coppia, e di quella coppia di aggressori così posti a confronto con l’evidente inutilità dei propri sforzi.
« Lurida cagna! » ringhiò uno degli stessi, cercando di sfruttare l’occasione di quella loro vicinanza fisica per rivolgerle un altro affondo, e un affondo, or, in grazia alla violenza di un pugno, e di un pugno che, pur, gradevole non sarebbe stato nel momento in cui fosse riuscito a giungere a destinazione.

E se, in tutto ciò, la giovane donna rettile ebbe a dimostrare, ancora una volta, sufficiente agilità e prontezza per svicolare da quell’attacco in tempo utile a far scontrare tale pugno con il nulla che ella ebbe a lasciare in luogo alla propria presenza, uno sventurato incastro fra quell’intreccio di lame e la stoffa del suo burqa ebbe, inaspettatamente, a privarla della protezione del medesimo, facendo emergere la sinuosa e serpentina immagine innanzi agli sguardi dei propri antagonisti…

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