11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

venerdì 28 febbraio 2014

2204


In contrasto a ogni mia aspettativa, a ogni mia possibile attesa e a quella che, credo, potrebbe essere riconosciuta anche qual l’aspettativa, l’attesa, della maggior parte dei lettori o degli ascoltatori di questa narrazione, che pur temo non sarà facilmente riconosciuta, malgrado ogni mio sforzo in tal senso, qual una mera testimonianza di eventi da me vissuti, senza alcun romanzato valore aggiunto; Lange Rolamo non si premurò, a fronte delle mie parole di commiato, a intervenire in maniera forte, decisa, autorevole e autoritaria, imponendo la propria volontà al di sopra della mia e imponendomi di non abbandonare il mio ruolo, e, con esso, quell’equipaggio. Un intervento di tal genere, che pur perfetta integrazione, impeccabile complemento, potrebbe fornire al discorso per così come da me introdotto, e che, in ciò, sostanzialmente irrinunciabile avrebbe a considerarsi nel confronto con lo sviluppo proprio di un’opera di intelletto, ad assicurare un crescendo adeguatamente epico alla medesima, ispirando alla perfezione, nella mente del già citato lettore o dell’ascoltatore, tutti i più nobili valori che avrebbero avuto a considerarsi allor propri della vita del marinaio, fosse questi per mare, così come per le immensità siderali; evidentemente, non venne ritenuto, nel confronto con il raziocinio del capitano, qual risposta idonea alle mie parole… non nel confronto con il mio carattere, per così come sino ad allora palesato, tantomeno nel confronto con il suo carattere, per così come, egualmente, sino ad allora palesato.
Diversamente, quanto Lange Rolamo volle riservarsi occasione di scandire, riprendendo voce al termine di quel mio breve monologo, fu un intervento di ben diversa natura e che, obiettivamente, non prese neppure in ipotesi l’idea di scadere in un qualche più o meno melenso tentativo di richiamarmi indietro, di impormi di revocare la mia decisione facendo leva su qualche facile sentimentalismo. Al contrario. Tenendo piuttosto fede a se stesso, al proprio nome e al proprio spirito, egli scelse, quietamente, di accettare la mia decisione e di proseguire secondo le proprie idee, secondo il proprio intelletto, nei modi e nei termini che più avrebbe ritenuto opportuno, in nulla lasciandosi influenzare dalle mie azioni…

« E’ stato per noi un piacere averla a bordo, Bontor. » dichiarò, con tono di voce fermo, impostato e formale, qual nulla di meno da lui avrei potuto attendermi, soprattutto nel confronto con le ancor troppo recenti reazioni conseguenti alla nostra precedente discussione « Sarà, a breve, nostra premura scortarla fino a Loicare. Il tempo di organizzarci per sopperire adeguatamente alla sua assenza… » definì, con un’accurata scelta di termini, utili a coprire l’ambiguità per lui già implicita di quelle parole, nel confronto con la quale non avrei potuto tanto ovviamente essere, da parte sua, ingannata così come pur, già, stava accadendo proprio in quegli stessi istanti.
« Ti ringrazio… » annuii, in effetti non riuscendo a decidere in quale misura, effettivamente, essergli allor grata e in quale, piuttosto, avvertire una certa delusione nel confronto con la semplicità con la quale mi aveva appena liquidata, trattata, all’atto pratico, né più né meno qual una semplice mercenaria, qual pur ero, allorché un membro del suo equipaggio.

Inevitabile, infatti e in tutto ciò, non avrebbe potuto evitare che essere un confronto, un paragone naturale e irrefrenabile, con l’unica altra mia passata esperienza a bordo di una nave e con un equipaggio. Una nave, tuttavia, per la quale obiettivamente avrei potuto allor considerarmi di rappresentare quanto, sulla Kasta Hamina, era lì rappresentato da Duva Nebiria. E un equipaggio, di conseguenza, che si oppose in maniera ferma, con totale rifiuto, a ogni prospettiva in tal senso, impegnandosi in ogni modo, e con ogni mezzo, per cercare di dissuadermi da una decisione che, per quanto a malincuore, avrebbe avuto a doversi riconoscere anche all’epoca del tutto irrevocabile.
Tuttavia, al di là delle umane emozioni, e soprattutto forte di vent’anni di esperienza qual mercenaria, che mi avevano formata al rifiuto di qualunque emozione di facile affetto nei confronti di coloro con i quali avrei potuto collaborare, o per i quali avrei potuto lavorare, benché, comunque, eccezioni non ne siano poi mai mancate; la professionista che avrebbe avuto a doversi identificare in me ebbe a prendere il sopravvento e, in ciò, mi permise di celare ogni intimo contrasto emotivo dietro a una gelida maschera di indifferenza…
… una maschera che, comunque, ebbe a crollare di lì a pochi istanti, nel momento in cui, nuovamente, Lange riprese il discorso, a proseguire in quella che aveva banalmente introdotto qual una semplice riorganizzazione dell’equipaggio in mia assenza.

« Uomini e donne della Kasta Hamina… prepariamoci alla battaglia! » asserì, senza gratuita enfasi, ma con una serietà, con una freddezza, con un controllo che, a ben vedere, sarebbero indubbiamente valsi in misura maggiore di qualunque altro più retorico approccio « Duva… da questo momento riprenderai il compito di facente funzione di capo della sicurezza. Rani, Ragazzo, Har-Lys’sha e tu formerete la prima squadra d’attacco. Noi altri vi seguiremo, restando come supporto tattico e logisti... »
« Ehy! » interruppi la decisa “riorganizzazione” del capitano, non appena la mia mente fu in grado di accettare quanto, dietro a quelle parole, non avrebbe avuto a doversi intendere alcuna facile provocazione, quanto e piuttosto l’intento di un reale assalto… e un assalto che, senza particolare sprezzo dell’originalità, mi sarei potuta definire già più che certa di ben conoscere a quale indirizzo avrebbe avuto a doversi considerare destinato.

In verità, in tutto ciò, a convincermi dell’effettiva concretezza dell’approccio del capitano, non avrebbe avuto a doversi intendere né il suo tono, né le sue parole, quanto e piuttosto, la reazione del gruppo attorno a lui o, per amor di precisione, l’assenza di una reazione da parte del gruppo attorno a lui.
Perché, se pur, a confronto con un tale annuncio, ineluttabile avrebbe potuto essere considerata una reazione di sorpresa, di stupore, di disorientamento, finanche di spontaneo, istintivo rifiuto nei confronti con una prospettiva inattesa e, probabilmente, imprevedibile; non uno… non uno solo dei membri dell’equipaggio della Kasta Hamina ebbe la decenza di dimostrare una fra simili emozioni, limitandosi, semplicemente, a rinnovare tutta la propria fiducia verso il proprio capitano e verso la ragionevolezza delle sue scelte, delle sue decisioni. Anche Lys’sh, che pur fra tutti avrebbe avuto a potersi riconoscere qual l’ultima arrivata, paradossalmente collocabile, all’interno della gerarchia dell’equipaggio, anche in una posizione inferiore a quella di Ragazzo, pur avendo apparentemente conservato la dignità di un nome e pur non essendole, al momento, state attribuite funzioni da mozzo; pur non negandosi uno sguardo malinconico a me rivolto, ad affettuosa critica per la mia decisione, ebbe lì a volersi dimostrare in tutto e per tutto già integrata all’interno di una pur incredibilmente eterogenea collettività che, per quanto composta da individui fra loro indubbiamente unici ed evidentemente più che gelosi della propria unicità, non avrebbe rinunciato alla possibilità di agire qual il gruppo più omogeneo e compatto possibile.

« Bontor…?! » mi apostrofò il capitano, aggrottando appena la fronte nell’inarcare il sopracciglio destro, e, in quell’unico richiamo interrogativo, ricercando le ragioni alla base della mia intromissione del tutto priva di qualunque educazione e qualunque rispetto del mio ruolo o, meglio, del mio non-ruolo, avendo ormai rassegnato le mie dimissioni e, in ciò, non essendo più parte di quella squadra, motivo per il quale già la mia presenza in quella stanza avrebbe avuto a doversi considerare qual inappropriata.
« Non starete davvero pensando di attaccare Milah… Anmel… nella sua torre, spero. » dichiarai, conscia di quanto, invece, la realtà avrebbe avuto a doversi delineare proprio in direzione opposta « Questa guerra non è la vostra guerra… »
« Bontor… con tutta la stima e il rispetto che potrei provare nei suoi confronti, sinceramente lei sta iniziando a superare ogni limite. » replicò Lange, serio e del tutto privo di volontà di giuoco o, semplicemente, anche e soltanto di sfida verbale con me « Dal momento in cui non ho nessuna ragione di non credere alle sue parole nel merito della pericolosità di questa Anmel Mal Toise, e dal momento in cui, sfortunatamente, gli eventi hanno condotto questa nave e il suo equipaggio a sovraesporsi a sufficienza nei riguardi della medesima, non ho ragione alcuna per giustificare, da parte mia, una qualunque ignavia a confronto con il pensiero dei modi nei quali ella potrebbe scegliere di liberarsi di noi, fosse anche e soltanto a titolo preventivo, onde ovviare che, al di là della sua morte… » e qui ci misi un istante per comprendere che quel “sua” avesse a doversi intendere qual a me riferito « … si possa rappresentare per simile, pericolosa entità, ancora una qualche ragione di problema, tal da meritare d’essere estirpato alla radice. »

giovedì 27 febbraio 2014

2203


Scoperta banale? Verità scontata? Rivelazione ovvia?!
Non lo so. Forse. Probabilmente. Soprattutto a partire dalla non ovvia evidenza di quanto, da parte mia, avrei sinceramente preferito ritrovarmi a confronto con qualche concetto così sconvolgente da risultare assurdo, qual, a esempio, scoprire che Milah Rica Calahab avesse a doversi riconoscere qual una mia figlia perduta, una mia sorella mai conosciuta, piuttosto che giungere a pormi a confronto con l’idea di quanto, invece, ella avesse a doversi considerare la quarta ospite, almeno nei limiti del conteggio a me noto, di Anmel Mal Toise. Soprattutto al pensiero di quanto potere, in tutto ciò, sarebbe potuto essere offerto a disposizione di Anmel Mal Toise per mezzo di Milah Rica Calahab e, ancora, di quanto potere, in tutto ciò, sarebbe potuto essere offerto a disposizione di Milah Rica Calahab per mezzo di Anmel Mal Toise… in un’accoppiata a confronto con la quale, sinceramente, non mi sarei mai voluta poter trovare benché, anzi, spiacevolmente, mi ero allora già venuta a trovare, alla luce di tali, ultime e sconvolgenti deduzioni.
In effetti, innanzi a simile sviluppo, nell’essere scopertami sopravvissuta a tale incontro, benché sotto un certo profilo avrei potuto definirmi a dir poco meravigliata, addirittura sconvolta da tanta, incomprensibile, benevolenza nei miei confronti, su un fronte totalmente diverso, addirittura antitetico a quello, non avrei potuto evitare di pormi a ormai innegabile contrasto con l’idea di quanto, obiettivamente, la mia esistenza avrebbe avuto a doversi considerare segnata, dal momento in cui, ammessa, ma impossibile a poter essere concessa, l’esistenza di un qualche reale obiettivo alla base di tutto il percorso di torture al quale ero stata sottoposta nel corso della mia permanenza all’interno di quella torre, certamente la mia vita non mi sarebbe mai e poi mai stata quietamente restituita e, anzi, tutta l’affannosa ricerca di quelle ultime ore altro non avrebbe avuto a doversi considerare che l’ultima beffa di un’avversaria allor animata dall’unica brama di vedermi morta… e morta, possibilmente, fra atroci sofferenze e, soprattutto, nella consapevolezza di essere stata sconfitta, ed essere stata ingannata, da colei che pur tanto mi ero illusa di poter vincere, di poter domare, al punto tale da accettare, persino, l’idea stessa di quel viaggio siderale.
E per quanto, in tutto ciò, l’impegno proprio di quelle stesse, ultime ore, da parte di tutto l’equipaggio della Kasta Hamina avrebbe avuto, purtroppo, a considerarsi necessariamente vanificato, rendendo l’oggetto al centro delle nostre attenzioni, il fulcro di quella vicenda, qualcosa di potenzialmente inesistente e, comunque, fondamentalmente privo di significato alcuno; non avrebbe avuto allora alcun senso permettere a tale carosello, a simile giostra, di proseguire ulteriormente. Non per rispetto verso i miei stessi compagni di viaggio, ai quali sol beffa sarebbe stata imposta nel permettere loro di proseguire con i propri sforzi secondo le direzioni sino a quel momento intraprese, secondo gli obiettivi sino a quel momento eletti quali propri, a fronte, comunque, della semplice evidenza di quanto, quell’intera questione, avrebbe potuto forse mai risolversi. Non per rispetto verso me stessa, alla quale, ancora e come già chiarito, sol beffa sarebbe stata imposta nel vedermi, comunque, condannata a morte da qualunque maledizione ella potesse aver imposto su di me, e dal vedermi, in tutto ciò, sprecare le mie ultime ore di vita a rincorrere una qualche effimera chimera.
Di tali considerazioni, immediatamente palesi nel confronto con la mia mente, purtroppo e quindi, mi volli rendere subito promotrice innanzi all’intera assemblea lì riunita, in un intervento che, forse, alla luce di tutto ciò, avrebbe avuto a doversi considerare persino retorico, e che pur, almeno a chiusura degli sforzi, sciaguratamente vani, di quelle ultime ore, avrebbe avuto a doversi ritenere addirittura irrinunciabile…

« Capitano… amici tutti… » presi quindi voce, levandomi in piedi a evidenziare la solennità di quel mio intervento, che, così come speravo anche il tono potesse rendere inequivocabile, non avrebbe avuto a doversi considerare in alcun modo alla stregua dei precedenti, e, soprattutto, di quelli che mi avevano veduta assumere posizioni critiche in merito alle scelte strategiche compiuto da Lange, né nella propria importanza, né nello spirito che, in me, avrebbe avuto a doversi allora a doversi riconoscere necessariamente mutato… obbligatoriamente mutato « Vorrei poter vantare sufficiente confidenza con l’arte dell’oratoria al fine di esprimervi, con termini adeguati, tutta la mia più sincera gratitudine non soltanto per il, purtroppo breve, periodo che ci ha veduti alleati… ma ancor più per l’intenso sforzo, da tutti voi compiuto in queste ultime ore, nell’inseguimento di un obiettivo che, spiacevolmente, ha da potersi riconoscere ora qual un semplice pretesto. Perché il fatto che Milah Rica Calahab, effettivamente, si possa attendere qualcosa da me, o meno, perde necessariamente di significato, di importanza, nel confronto con l’evidenza di quanto, a prescindere, la mia vita abbia a doversi considerare segnata, ove, di certo, Anmel Mal Toise non mi permetterà di sopravvivere… non nella consapevolezza di quanto, se ciò avvenisse, il destino, non attribuitomi da una qualche antica profezia, ma dalla mia stessa volontà, da un mio irrevocabile voto, non mi offrirebbe altra alternativa che quella di spendere il resto della mia esistenza nel darle la caccia e, così facendo, nell’impegnarmi, con ogni mezzo e in ogni modo, a ricondurla alla condizione di inerme oblio dal quale, per mia complice responsabilità, è stata risvegliata anni fa. »

Non soltanto nello sguardo di Duva e di Lys’sh, che fra tutte le persone lì presenti maggiore tempo avevano avuto occasione di spendere in mia compagnia, condividendo insieme alcune piccole avventure, e che, per questa ragione, un più solido legame avrebbero potuto vantare nei miei confronti, ma anche negli occhi di ogni altra persona lì riunita, potei allora cogliere un ben poco velato sentimento di malinconia, nel confronto con quello che, evidentemente e correttamente, stavano riconoscendo aversi a dover giudicare, da parte mia, pressoché un addio, un discorso di commiato a seguito del quale, inevitabilmente, le nostre strade avrebbero avuto a separarsi, dal momento in cui non avrebbe avuto senso alcuno, né da parte loro proseguire in quella battaglia alla quale, pur, non appartenevano, né da parte mia permettere loro di lasciarsi coinvolgere in quella questione, in conseguenza alla quale soltanto una spiacevole promessa di morte avrebbe potuto essere loro garantita.
E se pur, in quegli sguardi, tanto da parte di Duva e Lys’sh, quanto di tutti gli altri, non mancai di cogliere anche evidenza di una certa brama di ribellione, tal da rifiutare ogni ipotesi di quieta accettazione di quelle mie stesse parole, nessuno, almeno in quel primo momento, si volle arrogare la possibilità di interrompermi, garantendomi rispetto sufficiente a permettermi di giungere al termine del mio messaggio… qualunque esso avesse a dover essere.

« Il nostro viaggio insieme, pertanto, finisce qui… » dichiarai, con tono che, forse, ebbe a risultare meno convinto di quanto non avrei preferito avesse a essere, complice, sicuramente, il fatto che anche io, sinceramente, avevo sperato in uno sviluppo diverso, avevo creduto in un futuro migliore, al quale, pur, non sarei mai potuta giungere « Per quanto possa dispiacermi venir meno all’impegno preso con tutti voi ancor prima di aver potuto, effettivamente, impegnarmi a dimostrare quanto la vostra fiducia in me non avesse a doversi considerare vana; rassegno ora le mie dimissioni dal mio incarico di capo della sicurezza della Kasta Hamina, e prendo congedo da questo equipaggio. » sancii, senza offrire margine alcuno di contrattazione in simili parole « Con il coinvolgimento di Anmel Mal Toise, il mio fato ha da considerarsi ormai spiacevolmente scritto. E se queste hanno da intendersi, mio malgrado, le ultime ore di vita che mi saranno concesse, allora le impiegherò vivendo nell’unico modo nel quale sono mai vissuta: combattendo. »
« Grazie a tutti… » conclusi, facendo atto di arretrare rispetto alla tavola attorno alla quale eravamo allora riuniti, non avendo, obiettivamente, null’altro da aggiungere alla questione, null’altro che valesse la pena di dire, non a prezzo, quantomeno, di preziosi istanti di una vita per me sempre più prossima al proprio termine e che, in ciò, come appena annunciato, stava allora richiedendo il mio impegno su un fronte ben diverso rispetto a quello lì offertomi, senza, in alcun modo, voler mancare di rispetto ai presenti « … è stato un onore conoscervi e servire, seppur brevemente, a bordo di questa nave. »

mercoledì 26 febbraio 2014

2202


« … il quale, nell’unica, nuova breve occasione di contatto concessagli, ha lamentato il fatto di essere stato colto impreparato. » riprese e proseguì il primo ufficiale, accodandosi alle parole del proprio capitano quasi come in un discorso precedentemente concordato, per quanto, allora, evidentemente tutt’altro che tale « Colto impreparato per cosa…? E perché il tempo concessogli, per comunicare con te, non avrebbe potuto essere molto…?! » domandò, con tono retorico, rivolgendosi direttamente a mio indirizzo nel ricercare, nel mio sguardo, quell’intesa che, purtroppo, avevo allora già perfettamente maturato… e scrivo purtroppo, laddove in tutto ciò utile a dare corpo a uno scenario tutt’altro che gradevole « Probabilmente Rula ha centrato perfettamente il punto, quando ha posto l’accento sulla bizzarra coincidenza temporale fra l’attacco alla torre dei Calahab e l’effimero momento di contatto che hai avuto con Desmair. » insistette e, a modo suo, concluse, nel concedere a me l’ultima parola, l’ultima voce, a esprimere la sola, logica conseguenza di tutto quel discorso, allor quando anche dal mio punto di vista ogni tassello avrebbe avuto a doversi riconoscere, in tal modo, perfettamente al suo posto.

E anche laddove, obiettivamente, avrei preferito suggerire qualunque altra alternativa al di fuori di quella, avrei preferito prendere in esame qualunque altra ipotesi al di fuori di quella, ove già Milah Rica Calahab avrebbe avuto a doversi riconoscere qual un’avversaria sufficientemente complicata da gestire senza necessità di renderla, in tal modo, persino peggio; insistere a tentare di celarsi dietro un dito, chiudendo gli occhi e facendo finta, in ciò, di non essere in grado di cogliere nulla, quasi tanta ignoranza da parte mia avrebbe, in qualche misura, potuto contribuire a salvarmi la vita, allorché a condannarla definitivamente, non avrebbe condotto ad alcun risultato, non avrebbe permesso di ipotizzare alcun genere di felice conclusione nel confronto con quella faccenda, anzi, al contrario, sol giustificando, in maniera impietosa e devastante, soltanto i peggiori scenari, tali da rendere ogni altra ipotesi sino ad allora formulata qual, forse, quanto di più preferibile al mondo.
Così, che la questione potesse ritrovarmi concorde o meno, non avrei potuto allora mancare di concordare con l’analisi collettiva in tal modo formulata, e dimostrare il mio assenso non soltanto tramite un qualche, tacito cenno di approvazione, quanto e piuttosto nell’esplicita dichiarazione di quell’ultimo, definitivo passo logico che, pur adeguatamente introdotto dalle domande retoriche di Duva, ancor mancava in tutto ciò di essere espresso, ed espresso apertamente. Un’incombenza, lì, soltanto a me riservata, nell’avermi a dover riconoscere, dopotutto, qual necessariamente io, in tutto ciò, la protagonista designata di quella faccenda, l’eroina prescelta di quella storia, per quanto, da sempre, la mia intera esistenza fosse stata dedicata alla dimostrazione pratica di quanto né predestinazione, né, più in generale, fato stesso, avrebbero avuto a doversi considerare concetti attinenti alla mia idea di libertà… e a quell’ideale di libertà per perseguire il quale ero da sempre vissuta e, a trascendere da ogni considerazione connessa a quel discorso, avrei continuato a vivere per sempre.

« Anmel ha trovato un nuovo corpo… » dichiarai, quasi sospirando nella più totale assenza di entusiasmo sotto un simile profilo, nella perfetta consapevolezza di cosa questo avrebbe potuto significare per tutti noi.

Avrei dovuto arrivarci da sola. Lo so. In quanto, lì a bordo, comunque e necessariamente massima esperta nel merito di simile figura, di tale sgradevole avversaria, non avrei potuto concedermi la benché minima possibilità di ovviare a maturare simile consapevolezza prima di chiunque altro, a costo, in tal senso, di apparire estremamente più paranoica rispetto anche ai miei consueti canoni, tali da mostrarmi già tanto diffidente verso la realtà, e chiunque al suo interno, da rendere estremamente complessa la comprensione di come o perché avessi potuto riservarmi l’opportunità di volgere un qualche sentimento di fiducia verso l’equipaggio della Kasta Hamina, soprattutto ove, senza errate, superficiali o fraintendibili opinioni, tutti, lì a bordo, Duva e Lys’sh incluse, avrebbero avuto a doversi considerare comunque pressoché degli estranei per me. Estranei a concedere fede ai quali, soltanto, non avrei potuto che commettere un’incredibile imprudenza, un insensato azzardo… così come, all’atto pratico, era in effetti stato.
Tuttavia, al di là dei miei precedenti con Anmel, e della mia natura squisitamente paranoica, non soltanto non ci ero voluta arrivare da sola ma, ancor più, anche in quel momento, in quel frangente nel quale, alfine, stavo venendo letteralmente costretta a maturare simile consapevolezza, tale visione della realtà, ancora, qualcosa, in me desiderava fortemente escluderla, bramava insistere a considerare tutto ciò qual comunque frutto di un’analisi errata, qual, purtroppo, non era né, alla luce di tutto quello, avrebbe potuto essere. Tanto più ove, in un’informazione, un dettaglio nel merito del quale soltanto io avrei potuto vantare obbligata confidenza, Milah Rica Calahab ricadeva in maniera sconvolgente e perfetta all’interno del profilo ormai giudicabile addirittura classico delle alleate, più o meno volontarie, delle ospiti, più o meno consenzienti, della stessa Anmel Mal Toise, almeno per quanto concernente il confronto con le uniche altre tre figure femminili con le quali avevo indubbia coscienza, o avevo ragione di considerare sostanzialmente certo simile pregresso, tale evento, di una passata collaborazione con lei.
La prima, lady Lavero di Kirsnya, avrebbe potuto essere riconosciuta, a modo suo, quasi un prototipo della stessa Milah Rica: ricca, aristocratica, nonché unica erede di una potente e influente famiglia, si era dimostrata una donna straordinariamente fredda e controllata, a modo suo persino spietata, nella definizione dei propri obiettivi e dei mezzi con i quali perseguirli. A sua volta parzialmente responsabile della liberazione della stessa Anmel, essendo stata la mecenate che ne aveva comandato, e pagato, il recupero della corona perduta, del diadema maledetto nel quale il suo empio spirito, la sua aura malvagia, erano state intrappolate, non mi sarei potuta dire certa della fine che ella avesse effettivamente fatto, dal momento che, almeno ufficialmente, ella risultava essere deceduta, per così come, io stessa, avrei potuto testimoniare avendone ritrovato il corpo spiacevolmente martoriato; benché, comunque, le concrete dinamiche degli accadimenti di quel particolare periodo della mia vita, non posso negarlo, avessero a doversi riconoscere ancora estremamente confuse nel confronto con il mio intelletto, complice l’allora non completa consapevolezza nel merito di una terza attrice coinvolta in scena, qual, appunto, la medesima Anmel avrebbe avuto a dover essere riconosciuta.
La seconda, Carsa Anloch, o, in effetti, Ah'Reshia Ul-Geheran di Y'Lehan, così qual avevo tardivamente scoperto realmente chiamarsi, era… è stata… o è… complicato a definirsi, una delle mie più care amiche, nonché una delle mie più insidiose avversarie. A sua volta unica erede di una potete e influente famiglia, benché successivamente scopertasi, in verità, soltanto adottata dalla medesima dopo che l’uomo da lei ritenuto proprio padre aveva avuto il pessimo gusto di massacrare la sua reale famiglia, Carsa… Ah’Reshia era leggermente uscita di senno, rinnegando non soltanto il proprio nome e la propria vita sino ai tragici eventi che avevano visto crollare il castello di carte dietro il quale le era stata celata la verità dei fatti, ma, persino, la propria intera identità, nell’assumere quella di Carsa Anloch, una mercenaria così come prima di lei era stata la sua madre naturale, e così come io stessa, sua inconsapevole ispiratrice, ero straordinariamente apparsa alle sue orecchie negli echi delle mie prime imprese. Anch’ella presente al mio fianco nel giorno in cui recuperammo la corona di Anmel, a sua volta selezionata da lady Lavero per simile incarico, era stata per un lungo periodo vittima della malevola influenza della stessa Anmel benché, complice la propria già distrutta psiche, la collaborazione fra le due non aveva evidentemente offerto i frutti sperati dallo spettro parassita.
Ben diverso discorso, alfine, era stato invece con Nissa Bontor, la mia gemella, regina dei pirati dei mari del sud e votata all’eterna vendetta a mio discapito, la quale, con Anmel Mal Toise, era riuscita a raggiungere una straordinaria intesa. Un’intesa che, a discapito della sottoscritta, era risultata mortalmente pericolosa…

« … Milah Rica Calahab è Anmel Mal Toise. » conclusi la sentenza già iniziata, riconoscendola, allora, qual una terribile sentenza di morte a discapito di tutti noi « E Be’Sihl e Desmair sono nelle sue mani. » soggiunsi, a includere, al danno, la proverbiale beffa.

martedì 25 febbraio 2014

2201


« Non ti è sembrato strano che quell’unico momento di contatto abbia seguito, in maniera tanto puntuale, l’attacco alla torre…?! » questionò, con incedere persino timoroso, voce ridotta a un flebile sussurro, quasi allora avesse ragione di temere di prendere parola, con il rischio, in ciò, di dire qualcosa di sbagliato, qualcosa di inappropriato, qualcosa di assolutamente fuori luogo in quel contesto, per la quale poter essere ripresa o, peggio, rimproverata, così come, evidentemente, desiderava scongiurare avvenisse.
« Spiegati meglio, te ne prego… » la invitai, volgendo a lei ogni attenzione, senza alcuna volontà critica a quella nota, a quell’accenno, quanto e piuttosto animata dalla sola brama di meglio comprendere in merito a cosa ella desiderasse offrire particolare occasione di riferimento all’interno di quel discorso, per così come propostoci, come suggeritoci « … cosa intendi dire? »
« Non so… » minimizzò ella, dimostrandosi, malgrado ogni possibile critica da parte di Duva, animata indubbiamente da motivazioni più che personali e atta a descriverla qual una maliarda approfittatrice sol desiderosa di sfruttare il proprio fascino per ottenere i favori degli uomini, ben lontana dal potersi effettivamente considerare animata da una qualche straordinaria e smisurata autostima, nel confronto con la quale, altresì, il suo approccio a tutto quello sarebbe stato indubbiamente diverso, sicuramente meno titubante rispetto a quello in tal modo dimostratoci « Non conosco questo… Desmair, e a conti fatti non riesco neppure a immaginarne realmente l’esistenza, ragione per la quale forse sto guardando la cosa da un punto di vista totalmente sbagliato. Ma il fatto che abbia parlato di una difficoltà oggettiva a prendere contatto con te… e che abbia detto “Lei è qui…”, riferendosi, come tu sospetti, a questa specie di spirito a cui state dando la caccia, non potrebbe essere inteso, in senso estremamente pratico, al luogo stesso ove anche tu ti trovavi nel momento in cui è riuscito a parlarti? » ragionò ad alta voce, esitante sostanzialmente a ogni singola parola proposta e, ciò non di meno, allor capace di sospingersi in un’analisi critica che a posteriori sarebbe apparsa quantomeno ovvia, addirittura banale, e nel confronto con la quale, purtroppo, io stessa non ero stata, sino a quel momento, capace di formulare alcun pensiero, alcuna ipotesi, al di là di tutta la mia più approfondita conoscenza dei fatti e dei soggetti in essi coinvolti.

E se, nel confronto con quell’ipotesi, con quell’idea così timorosamente esposta, per un momento non potei restare che in silenzio, ad analizzare dentro la mia mente quegli oggettivamente pochi tasselli in mio possesso di un mosaico decisamente vasto e complicato; alla luce di quel suggerimento, di quell’indicazione, essi parvero essere meravigliosamente in grado di assumere una giusta posizione nel quadro d’insieme, permettendo a ogni frase appena rievocata anche da parte della giovane Rula, di assumere un significato tanto corretto quanto, appunto, persino ovvio, in misura tale da costringermi a imprecare contro di me per non esserci arrivata da sola.
Un silenzio, il mio, che pur, in quel fugace istante, fu frainteso da parte della giovane donna, la quale, quindi, si premurò di prendere le distanze dal suo stesso pensiero, dalla sua stessa ipotesi, decidendo, a fronte di un’insicurezza che, persino, fu in grado di rievocare in me l’immagine dell’unico scudiero che avessi mai accettato al mio fianco, anch’egli sovente colto da intuizioni a dir poco geniali nella propria apparente semplicità, e alle quali, ciò non di meno, alcuno prima si era dimostrato capace di sospingersi…

« Comunque la mia era solo un’ipotesi stupida… una domanda stupida… » insistette a banalizzare il proprio stesso intervento, scuotendo appena il capo « Non ci prestate caso, per favore. »
« Rula… » presi nuovamente voce a quel punto, prima che chiunque altro potesse intervenire in suo sostegno o meno, aggrottando appena la fronte a dimostrarmi, lì, sì critica verso di lei, ma non tanto per quanto poteva aver affermato pocanzi, ma per quell’ultima, ritrosa asserzione atta a vanificare ogni precedente intervento « Ricordati sempre una cosa: non esistono domande stupide… ma soltanto risposte idiote. » scandii, lentamente, quasi con solennità, a non permettere a quelle mie parole di poter essere fraintese nel proprio significato « E, per quanto mi concerne, io credo che tu abbia appena trovato il fatidico bandolo della matassa… »
« … il dondolo della melassa? » ripeté Lys’sh, a evidenziare quanto, purtroppo, a vanificare ogni mio sforzo di solennità avesse lì scelto di intervenire in mia opposizione il traduttore automatico, fallendo nel comprendere quel modo di dire e producendo, soltanto, una sentenza del tutto priva di qualunque possibile significato, tale da rendere il mio intervento a dir poco incomprensibile, almeno dal loro punto di vista.
« Il bandolo della matassa… » insistetti, per poi arrendermi e levare le mani a evidenziare tale scelta, simile decisione « Lasciamo perdere. » dichiarai, non desiderando perdere tempo in sfida alla tecnologia nel momento in cui il suo contributo potenzialmente attivo e di supporto si impegnava ad apparire, altresì, di contrasto a mio discapito « Quello che intendevo dire è che credo proprio che Rula abbia ragione. »
« … davvero?! » domandarono, quasi in coro, non soltanto la diretta interessata, ma anche, accanto a lei, Duva, la quale, malgrado tutto, non poté negarsi una certa insoddisfazione all’idea di non poter aggredire, per così come sempre e comunque intimamente desiderato, la nuova sposa del suo ex-marito.
« Ha senso. » annuì il medesimo capitano, intervenendo, in tal senso, a dimostrazione di aver ritrovato, in tutto ciò, un allineamento con la sottoscritta, un nuovo fronte comune, al di là delle differenti opinioni che prima ci potevano aver colto su fronti fra loro antitetici « Per quanto, beninteso, anche io non possa evitare un certo sforzo di fede per riuscire ad accettare ogni discorso relativo a questo semidio che Midda afferma di aver sposato o, peggio ancora, alla madre del medesimo per inseguire la quale ella ha lasciato il proprio mondo, l’analisi compiuta da parte di Rula permette alla questione di assumere, istante dopo istante, la forma di un complotto… e di un complotto utile a offrire risposta a molte delle domande che, in queste ultime ore, ci siamo tutti posti. »
« In effetti… » non poté evitare di annuire anche Duva, in ciò concordando con il proprio ex-marito a difesa della di lui nuova sposa, non tanto per una questione di principio, laddove, fosse dipeso da ciò, probabilmente si sarebbe impegnata esattamente in senso opposto, quanto e piuttosto in nome di una irrinunciabile coerenza con se stessa, e, soprattutto, con quanto, in quelle ultime ore, ella aveva avuto occasione di scoprire insieme a Lange, nell’impegno da entrambi riservatosi a fare chiarezza in merito a come fosse possibile che, anche su Loicare o, più in generale, lassù fra le stelle, il mio nome, e la mia storia, seppur adeguatamente riveduta, potessero non essere del tutto sconosciute, così come pur, soltanto pochi mesi prima, al momento del mio arresto, era chiaramente risultato « Non abbiamo ancora avuto modo di condividere con voi quanto abbiamo scoperto nel corso delle nostre ricerche… ma, per farla breve, la fedina penale della nostra amica, perfettamente immacolata fino a prima del suo arresto e del suo trasferimento nel carcere là dove ci siamo conosciute, sembra aver iniziato misteriosamente a popolarsi nello stesso periodo in cui Midda, Lys’sh e io siamo… evase, vedendo, in corrispondenza a tale evento, non soltanto aggiungersi una semplice nota a margine alle informazioni sino a quel momento raccolte, ma l’intera storia per così come, poi, riferita anche da Milah Rica a Midda, inclusi, persino, dei mandati di cattura a suo nome qual principale indiziata per l’assassinio di Maric Calahab. »
« Informazione che non compare in alcuno dei nostri fascicoli. » volle puntualizzare Mars, cercando riscontro visivo in Ragazzo e, in tal senso, dimostrando di star iniziando a sua volta a seguire la nuova deriva di quel discorso, per così come, involontariamente, Rula aveva ispirato.
« Esattamente. » annuì Lange, storcendo appena le labbra verso il basso « E’ chiaro che quelle informazioni siano state lì piazzate a regola d’arte… da qualcuno in grado di poter accedere alle banche dati dell’omni-governo di Loicare e di modificarle a proprio uso e consumo, al fine di trasformare una perfetta sconosciuta, in attesa di processo per rissa e aggressione a pubblico ufficiale, in una delle mercenarie meglio pagate, e più ricercate, di questo e di altri mondi… » puntualizzò, tratteggiando un quadro che, entro certi limiti, avrebbe dovuto persino lusingarmi, se non fosse stato, spiacevolmente, la causa di tutti i miei problemi « E, ciò, è avvenuto proprio negli stessi giorni in cui Midda riferisce di aver perduto ogni contatto con il proprio demoniaco sposo… »

lunedì 24 febbraio 2014

2200


« Quarantacinque ore… » evidenzio Lange Rolamo, tornando ad accomodarsi sulla stessa sedia dalla quale si era poco prima alzato, e, in tal senso, scandendo a beneficio comune lo scorrere del tempo, utile a ricordarci… e a ricordarmi, quanto comunque, tutto quello ci stesse necessariamente richiedendo un investimento e un investimento che, in quanto tale, avrebbe dovuto alfine essere nostra premura dimostrare qual non vano, non fine a se stesso, e, in ciò, non, a tutti gli effetti, una semplice perdita, un mero spreco di risorse, utile, soltanto, ad avvicinarmi spiacevolmente al momento della mia dipartita.
« Cercherò di essere breve. » esordii, chinando appena il capo verso di lui, al contempo per dimostrare da parte ma comprensione nel merito di quel dettaglio, di quella nota per così come espressami, e, accanto a questo, anche nel desiderio di dimostrarmi desiderosa di sincero rispetto verso di lui, malgrado i dissapori che, soltanto poco prima, ci avevano addirittura reso necessario un momento di interruzione, di pausa, onde ovviare all’eventualità di uno scontro aperto, di un litigio senza mezzi termini.

Che da parte mia non desiderasse esservi ulteriore ragione di ostilità nei riguardi del nostro capitano, avrebbe avuto a dover essere riconosciuto qual un dato di fatto. Così come, obiettivamente, avrebbe avuto a dover essere riconosciuto qual un dato di fatto l’evidenza di quanto, da parte mia, non fosse mai sussistita, realmente, una qualche ragione di ostilità nei suoi confronti. Il nostro quasi diverbio, che pur tale non era neppure, sostanzialmente, stato, infatti, non avrebbe avuto a dover essere giudicato qual conseguenza di un’ipotetica inimicizia fra noi, tale da poter compromettere o, addirittura, di negare, aprioristicamente, ogni possibilità di rapporto fra noi.
Che, ciò non di meno, fra noi esistessero delle differenze caratteriali tali per cui, sotto un certo punto di vista, il capitano e io avremmo avuto a dover essere considerati del tutto antitetici, avrebbe avuto a doversi riconoscere qual una realtà, qual un’evidenza, sostanzialmente priva di particolari opportunità di argomentazione. Soprattutto laddove, a testimonianza di tale distanza fra noi, avrebbe potuto essere addotto un divorzio qual quello che lo aveva veduto rinunciare, molti anni prima del nostro incontro, alla compagnia di Duva Nebiria al proprio fianco. Duva Nebiria alla quale, come già detto e ribadito, la sottoscritta non avrebbe potuto ovviare a offrire riferimento continuo e costante, non per una qualche, esplicita, cosciente e desiderata volontà, quanto e piuttosto per una di quelle affinità elettive per le quali soltanto gli dei avrebbero potuto essere giudicati responsabili.
Alla luce di ciò, che fra noi sussistessero, e potessero sussistere persino in eterno, incomprensioni e, soprattutto, differenze di opinione, avrebbe avuto a doversi considerare un’evidenza a dir poco retorica, un dato di fatto con il quale prima fossimo riusciti a scendere a patti, e meglio sarebbe stato per entrambi, oltre che, probabilmente, per l’equipaggio intero che, in tal modo, non avrebbe più avuto a dover assistere a nostri, spiacevoli, confronti. Parimenti, al di là di incomprensioni e differenze di opinione, allo stesso modo in cui il capitano e la sua seconda moglie si stavano concedendo occasione di sopravvivere, in apparente armonia, a bordo di una stessa, comune nave, nel rinunciare, entrambi, a un po’ di orgoglio e nell’accettare, reciprocamente, quanto non avrebbero comunque mai potuto cambiare nella controparte; allo stesso modo anche Lange e io avremmo potuto sopravvivere, e vivere, a bordo della Kasta Hamina, se solo fossimo riusciti a impostare il nostro rapporto in egual maniera, in egual misura. Una scelta forse non semplice, forse non immediata, e, lo ammetto, probabilmente più sul mio personale fronte, dal mio punto di vista, ancor prima che dal suo, che pur avrei dovuto imparare ad abbracciare, superando di buon grado il limite allor rappresentato dalla mia stessa psiche nello stesso modo in cui, in passato, ero stata capace di violare ogni umano confine stabilito, fisicamente e psicologicamente.

« Proceda, Bontor… » mi invitò quindi, cercando, in accordo con quanto sopra, di trattenere per sé ogni precedente sentimento, l’irritazione che pur ero stata in grado di scatenare in lui qual conseguenza del mio approccio eccessivamente, e inutilmente, critico, in un conflitto che non avrebbe condotto ad alcun genere di risultato così come, del resto, quell’ultimo quarto d’ora avrebbe potuto quietamente dimostrare.
« Conoscete tutti, chi più, chi meno, la mia storia… o, più precisamente, la mia storia recente, le dinamiche degli eventi che mi hanno condotta ad abbandonare il mio pianeta e, con esso, la mia vita precedente, per spingermi qui con voi, fra le stelle, in un concetto di realtà per me prima del tutto ignoto e che, obiettivamente, non avrei potuto avere neppure possibilità di immaginare qual esistente. Non, per lo meno, a confronto con i limiti propri della conoscenza dell’universo per così come in possesso alla mia gente, a coloro che, mio pari, sono nati e cresciuti in quello che ho già sentito definire troppe volte qual un mondo… primitivo, barbaro, violento. » introdussi, ritrovandomi, qual sempre, in personale disappunto per una simile descrizione del mio pianeta d’origine e delle sue civiltà, e non per semplice campanilismo, quanto per mera osservazione dell’evidenza, dei fatti per così come anche in quegli ultimi giorni offertimi, e atti a mostrare come, “lassù”, le dinamiche degli eventi non fossero poi troppo diversi da quelle proprie della mia vita precedente, al di là di tutto il progresso tecnologico del quale avrebbero tutti potuto offrire vanto « In questo, ricorderete tutti come, alla base delle vicende che mi hanno vista presa prigioniera da parte di Milah Rica Calahab, altro non fosse che la mia personale ricerca volta a individuare il mio compagno, Be’Sihl, dal quale sono stata separata nel giorno stesso del mio arrivo su Loicare; così come, indirettamente, anche del mio… sposo… Desmair, la coscienza del quale, malgrado la sua morte fisica, continua a sussistere all’interno del corpo del mio amato. »
« … ecco… su questo punto in genere mi perdo sempre… » sussurrò Mars, rivolgendosi verso Roro, in una nota a margine di quel mio riassunto introduttivo che, necessariamente, non avrebbe potuto ovviare a sollevare dubbi e perplessità nei miei ascoltatori: dubbi e perplessità che, ero certa, avrebbero continuato ineluttabilmente a sussistere almeno fino al giorno in cui, in qualche modo, non si fossero ritrovati tutti a confronto evidente con Desmair e con il suo negromantico potere, innanzi al quale, necessariamente, avrebbero dovuto accettare senza ulteriori riserve tutta la mia storia, che essa potesse soddisfarli o meno.
« Sempre come ricorderete, dal giorno del nostro matrimonio, mio malgrado, mi sono spiacevolmente scoperta connessa, a livello mentale, psichico, a mio marito… il quale, prima limitatamente ai miei momenti di sonno, successivamente anche a quelli di veglia, ha iniziato letteralmente a perseguitarmi con immagini, visioni, distorsioni della realtà, nel confronto con le quali ho rischiato addirittura di perdere il senno. Almeno sino al giorno in cui, dopo averlo quasi ucciso, sospinta in tal senso da una serie di orrende immagini impostemi dallo stesso Desmair, ho ricevuto in dono da Be’Sihl un bracciale d’oro… un bracciale d’oro benedetto e dedicato, in tal senso, a una malevola divinità la quale, riconoscendo qual sua esclusiva quella propria degli inganni, è stata in grado di proteggermi per anni da qualunque genere di influenza da parte di Desmair. » proseguii, in quello che, forse, avrebbe potuto essere giudicato qual un discorso inutilmente ridondante, soprattutto alla luce di quanto già condiviso con tutti loro, e che pur, per giungere al centro della questione, sentivo necessità di compiere, a non permettere ambiguità alcuna nel merito di quanto, allora, stavo condividendo con loro « Purtroppo, al pari della mia spada, anche il bracciale d’oro mi è stato sequestrato al momento del mio arresto, all’arrivo su Loicare. E da quel momento, in teoria, mi sono ritrovata esposta a qualunque più o meno apprezzabile possibilità di contatto con Desmair… »
« Un contatto che, tuttavia, in questi ultimi tempi hai quasi sperato avvenisse, per permetterti, quantomeno, di individuare la possibile posizione di Be’Sihl su Loicare… no?! » intervenne Duva, ponendo corretto accenno su quel particolare, su quel dettaglio tutt’altro che trascurabile, soprattutto considerando quanto da da troppi giorni, troppe settimane, il mio per nulla amato marito si fosse apparentemente impegnato in una sorta di sciopero silenzioso, rifiutandosi sin dal momento della mia liberazione dal carcere, ogni nuova opportunità di contatto fra noi, in quella che, pertanto, non avevo potuto evitare di giudicare l’ennesima dimostrazione di una tutt’altro che reale volontà di collaborazione da parte sua nei miei riguardi, per non dire, esplicitamente, un impegno convinto al fine di mantenere Be’Sihl e io separati l’uno dall’altra, in ciò, forse e persino, riservandosi maggiore opportunità di manovra rispetto al mio amato.
« Precisamente. » annuii a quelle parole, per poi immediatamente soggiungere « Un contatto che, comunque, soltanto poche ore fa, ha avuto una brevissima occasione di ristabilirsi… »

A partire da ciò, quindi, assolsi allora al compito di riferire quanto accaduto nel corso della missione con Lys’sh, raccontando con cura di dettaglio, e pur senza inutili fronzoli, senza vani commenti, quanto accaduto in quelle ultime ore, a partire dal nostro impegno volto a conquistare l’ingresso alla torre dei Calahab; per proseguire con lo straordinario sforzo compiuto dalla mia giovane amica ofidiana per riuscire a insinuarsi in uno spazio incredibilmente angusto qual quello nel quale, pur, era riuscita a insinuarsi; sino a giungere all’attacco, inatteso e imprevedibile, all’edificio stesso, origine di una battaglia nella quale, mio malgrado, mi ero lasciata indubbiamente coinvolgere e nel corso della quale, ciò non di meno, mi era stata quindi concessa l’opportunità di quell’effimero, e forse inconsistente, incontro mentale con Demair.
Incontro che, per trasparenza, riportai parola per parola innanzi a loro, nella speranza, in effetti, che da quel momento di confronto, da quell’occasione di dialogo, potessero emergere delle idee utili a dare un senso logico a quanto avevo avuto occasione di ascoltare. O, in effetti, un senso logico più approfondito rispetto a quello che, autonomamente, ero riuscito ad attribuirgli…

« Ora… che il soggetto a cui Desmair stava desiderando riferirsi avesse a doversi riconoscere qual Anmel Mal Toise, sinceramente, non mi sento di poterlo porre in dubbio. Dopotutto, obiettivamente, ella è la sola ragione per la quale, fra noi, vi sia mai stata una qualche, più o meno fruttuosa, possibilità di collaborazione… » conclusi, condividendo con tutti quelle mie considerazioni finali « Tuttavia, anche a partire da questo punto di vista, il resto della sentenza resta egualmente poco chiaro, per non dire esplicitamente criptico, in misura tale da non concedermi possibilità alcuna di comprendere quanto egli potesse allor effettivamente desiderare condividere con me. »

E se pur, allora, decisamente più lungo mi sarei attesa avrebbe avuto a seguire un momento di intima riflessione per tutti, fu la giovane Rula Taliqua a prendere voce, e a intervenire, in effetti, con un’osservazione tutt’altro che sciocca, tutt’altro che superficiale o banale, per così come, in maniera stolidamente pregiudizievole, non mi sarei potuta evitare di attendere da parte sua, influenzata indubbiamente, in tal posizione critica, dal mio rapporto di amicizia con Duva Nebiria…

domenica 23 febbraio 2014

2199


« … la più importante… » ripetei, scandendo sillaba dopo sillaba quelle parole, quasi a volerle in ciò soppesare una a una, come avessero a doversi riconoscere per me nuove seppur ammantate da un’aura di familiarità che non avrebbe potuto mancare di renderle estremamente care nel confronto con il mio giudizio, con il mio intelletto, al mio orecchio e, ancor più, al medesimo cuore da lei appena invocato.

Ove questa avesse a doversi considerare non tanto una testimonianza il più onesta possibile degli eventi per così come da me allora vissuti, quanto e piuttosto l’ennesima versione romanzata di un episodio della mia esistenza, come già, in passato, è sovente avvenuto per molti altri, qual effetto collaterale della mia fama e dell’interesse di troppi bardi e cantori attorno alle mie vicende; non nego che, ora, potrei essere influenzata, nel descrivere tale analisi, simile valutazione, da una qualche, possibile necessità di voler appagare quella richiesta di romanticismo che, in fondo, in molti possibili lettori o ascoltatori di questa vicenda, potrebbe umanamente e comprensibilmente essere presente, al fine di suggerire una felice opportunità di ricongiungimento fra il mio amato Be’Sihl e me, e, perché no…?, magari la sempre desiderata possibilità di riuscire a liberarsi, nel contempo di ciò, dall’ingombrante, scomoda e tutt’altro che apprezzata figura del mio semidivino sposo Desmair. In ciò, quindi, potrei essere spinta a descrivere, qual mia scelta, qual mia preferenza, qual mia predilezione nell’individuare una sola, importante priorità nella mia vita, quella volta a garantire tutto ciò, a permettermi di affondare nuovamente il volto nell’incavo fra la spalla e il petto del mio amante e, nel suo calore, nel suo profumo, obliare ogni altra preoccupazione, ogni altra ansia, ogni altra angoscia, fosse anche quella propria della mia lì sempre più prossima morte.
Tuttavia, ove non l’appagamento della parte più romantica dell’animo di chiunque, ora, stia leggendo o ascoltando queste mie parole, ha da dover essere ricercata, sperando, malgrado ciò, di non riconoscere torto ad alcuno fra voi, quanto e piuttosto l’offerta di un resoconto quanto più sincero possibile, anche a costo di potermi esporre, in tutto ciò, a possibili critiche da parte dei più, soprattutto ove abituati ad avere a che fare con un’altra Midda Bontor, con il personaggio che da me hanno più o meno fedelmente ispirato, e che pur, con me, con la persona, nulla potrebbe mai avere a che fare; verso una ben diversa direzione ho necessità di riportare l’indirizzamento dei miei pensieri, per così come ebbero a svilupparsi allora. Pensieri che, pur nulla volendo negare all’importanza di Be’Sihl nella mia vita, o al mio desiderio di poterlo ritrovare, riabbracciare e, possibilmente senza Desmair nelle vicinanze, tornare ad amare, in quella che, pur e obiettivamente, avrebbe avuto a doversi considerare, di giorno in giorno, una sempre crescente frustrazione sessuale da parte mia, ponendomi ancora ben distante da qualunque, ipotetica, pace dei sensi; e che, pur nulla volendo negare all’allor non meno concreta bramosia di rientrare in possesso della mia spada e del mio bracciale dorato, proprietà negatemi al momento dell’arresto da parte della autorità di Loicare e, da allora, non ancora restituitemi; così come, ancora, pur nulla volendo negare al quasi ossessivo pensiero rivolto all’omicidio di Milah Rica Calahab, potenzialmente nei tempi più lunghi possibili, e nelle modalità più truculente auspicabili; non avrebbero potuto, comunque e alfine, evitare di poter essere rivolti, in maniera indubbiamente coerente, verso quello che, fra tutti i desideri, fra tutte le bramosie, fra tutti gli scopi, necessariamente avrebbe avuto a doversi considerare il primo e più importante. La famigerata priorità maggiore in direzione della quale impegnarmi a rivolgere tutti i miei sforzi.
Perché, al di là di ogni distrazione, al di là di ogni altra emozione, al di là, persino, del pensiero di quanto, ormai, la mia vita potesse essere in pericolosa prossimità alla propria conclusione, non avrei potuto ignorare, non avrei potuto trascurare, non avrei potuto dimenticare il solo, reale motivo per il quale, qualche mese prima, avevo abbracciato la forse insana decisione di varcare i confini stessi del mio mondo, dell’unico pianeta che, sino ad allora, non soltanto avevo conosciuto, ma, anche e ancor più, avevo avuto ragione di considerare qual esistente. Un motivo che, obiettivamente, alcuna correlazione avrebbe potuto vantare né con il mio amato Be’Sihl, che pur aveva accettato, forse ancor più folle di me, di seguirmi; né tantomeno con la famiglia Calahab, l’esistenza della quale non avrebbe potuto essere, da me, neppur supposta, al di là di tutto il potere da loro ipoteticamente incarnato. Potere, il loro, che, pur nulla desiderando banalizzare, avrebbe, per inciso, dovuto essere giudicato addirittura ridicolo nel confronto con quello della mia sola, reale e definitiva nemesi, Anmel Mal Toise, innanzi alla quale, mi spiace per lei, la stessa Milah Rica Calahab avrebbe potuto essere considerata contraddistinta dalla medesima pericolosità propria di un fuoco fatuo.
Per inseguire Anmel Mal Toise avevo accettato di abbandonare il mio pianeta natale. Per inseguire Anmel Mal Toise avevo accettato di gettarmi a capo chino in quella nuova avventura il ritorno dalla quale non avrebbe potuto essere considerato in alcun modo qual ovvio, qual banale o scontato. Per inseguire Anmel Mal Toise avevo letteralmente superato ogni limite, in misura ben maggiore rispetto a quanto non avessi già avuto occasione di compiere in passato. Ragioni per le quali, che potessi apprezzarlo o meno, e che chiunque altro potesse apprezzarlo o meno, il mio solo interesse, la mia unica, vera priorità, innanzi a tutto, avrebbe avuto a doversi considerare quella di riuscire a condurre a compimento il mio viaggio… ovunque esso mi avesse condotta, pur di giungere, alla fine, a rimediare al danno che avevo compiuto nel giorno in cui, sciaguratamente, avevo concesso nuova libertà a quell’anima inquieta.

« … d’accordo. » annuì pertanto, riprendendo alla fine di ciò voce e, così facendo, tornando a rivolgermi verso Duva, rimasta nel mentre di quella mia analisi introspettiva, di quella mia intima valutazione, in quieta attesa, nel mantenersi, come promesso, a me vicina, lì pronta a concedermi, ove ne avessi abbisognato, tutto il supporto che ella sarebbe mai stata in grado di riservarmi, allor sinceramente desiderosa di potermi aiutare a ritrovare un equilibrio di sorta che, evidentemente, avevo da troppo perduto, e che in maniera sovente incauta, mi stava spingendo troppo facilmente verso molte distrazioni, tali da privarmi, mio malgrado, quella lucidità di pensiero, e di azione, che pur, in un momento anche grave qual quello, non avrebbe dovuto essermi negato « Ci sono. »
« E…? » incalzò Duva, invitandomi, in tal modo, a offrire più spazio verbale ai miei pensieri, a condividerli con lei, non soltanto per un discorso di banale sostegno psicologico nei miei riguardi ma, anche, perché allora indubbiamente curiosa di comprendere cosa potessi aver a condividere con lei, cosa potessi avere da riferirle, a conclusione di quel momento di autoanalisi nel quale ella mi aveva indubbiamente guidata, mi aveva affettuosamente accompagnata.
« E credo che sia giunto il momento di chiamare il capitano e riprendere la nostra bella riunione… » dichiarai, per tutta replica, non perché non desiderassi offrirle le spiegazioni da lei attese, quanto e piuttosto perché, allora, cosciente di avere molte spiegazioni da dover condividere non soltanto con lei ma, ancor più, con tutti quanti.

E spiegazioni, quelle che, a tutti, avrei offerto, non tanto in merito al mio passato e alle motivazioni per le quali avevo lasciato il mio pianeta natale, dettaglio a riguardo del quale, pur, non avevo mancato di concedere, a tempo debito, una forse non approfondita, e pur trasparente, relazione; quanto e piuttosto, in merito al mio presente, e a quel breve, fuggevole momento di confronto onirico con il mio sposo.
Evento che, a confronto con la minaccia rappresentata da Milah Rica Calahab e dalla sua maledizione a discapito della mia vita, avrebbe sicuramente avuto a dover essere addirittura trascurato, minimizzato a un particolare del tutto privo di importanza; ma che, alla luce della definizione, per la sottoscritta, di una nuova direttiva prioritaria a dover seguire, quasi qual principio stesso di coerenza, non avrebbe potuto essere in alcuna maniera ignorato. Né, allora, lo sarebbe stato.

« Devo parlarvi. Devo parlarvi a tutti quanti. » ribadii, rivolgendomi nuovamente verso il primo ufficiale della Kasta Hamina, verso la mia amica che, non avendo forse colto l’urgenza di quel mio bisogno, ancora stava indugiando nell’osservarmi, e nell’attendere, probabilmente, nuove spiegazioni da parte mia « Durante l’assalto alla torre dei Calahab, ho avuto un fuggevole momento di contatto con mio marito… e qualunque cosa stia accadendo, a tal riguardo, non può che essere per me una priorità. E una priorità in termini assoluti. »

sabato 22 febbraio 2014

2198


« Tuttavia…?! » domandai, invitandola in ciò a proseguire, a non lasciar cadere la questione nel vuoto, anche laddove, eventualmente, avrebbe avuto a potersi considerare in mia aperta critica, in mio non velato rimprovero, non desiderando in alcun modo negare alla mia interlocutrice possibilità di intervento nei miei confronti, da parte sua pronta ad accogliere qualunque osservazione, qualunque genere di dubbio, anche ben distante a potersi considerare benevolo nei miei riguardi, così come, da sempre, mi ero voluta impegnare a essere innanzi a quelle poche, rare persone da me considerate realmente amiche e, in ciò, sempre e comunque rispettate, anche nel mentre dei più violenti conflitti d’opinione.
« Tuttavia, credo che sia il caso che tu possa prendere in esame l’eventualità di iniziare a concederti una scaletta di… priorità. Dal momento in cui ritengo obiettivamente difficile che tu possa realmente ipotizzare di affrontare tutto ciò che, ultimamente, stai cercando di affrontare senza riservarti, in tal senso, un qualche ordine di ordine pratico e psicologico… a non permettere ai tuoi sforzi, e alle tue energie, di disperdersi vanamente nell’ambiente. » definì, ricorrendo allora, qual evidente tributo di rispetto nei miei confronti, a tutta la diplomazia di cui avrebbe saputo dirsi abitualmente capace, nel non essere, mio pari, sostanzialmente abituata a rigirare eccessivamente attorno alla questione prima di giungere al punto e al punto che, in tutto ciò, avrebbe avuto a ritrarmi più che chiaramente qual una dannata cerca guai e, soprattutto, qual allora, ineluttabilmente, contraddistinta da un approccio effettivamente poco professionale, nel non star riuscendo a riservarmi, in quegli ultimi tempi, e prima ancora, un incedere effettivamente mirato nei confronti di una singola questione, di un determinato problema, dimostrando, al contrario, di preferire rimbalzare in maniera disordinata e, addirittura, disattenta, da un problema a un altro, da un nemico a un altro, da una sfida a un’altra.

E per quanto, innanzi a quell’osservazione, mi sarebbe piaciuto poter elevare obiezione volta a sottolineare quanto, tutto ciò, altro non avesse che a doversi considerare qual conseguenza del disorientamento impostomi dal confronto con un ambiente nuovo, con dinamiche nuove, con un intero universo obiettivamente per me nuovo; mio malgrado mi sarei dimostrata soltanto fondamentalmente falsa, o, peggio, stupida, a supporre di poter realmente difendere la mia posizione, i miei errori basandomi su un simile approccio. Un approccio per smentire il quale sarebbe stata sufficiente una qualunque mia esperienza di vita passata: e non propria di un passato remoto, di un’esistenza ormai lontana o dimenticata, quanto e piuttosto di un passato ancor estremamente prossimo, e, con esso, di sbagli che, mio malgrado, non avrei potuto dimenticare o, peggio, far finta di dimenticare a meno di non volermi, necessariamente, condannare a replicarli, e a replicarli in maniera ostinata e imperitura per ancora molto… e molto altro tempo ancora.
Perché, mio malgrado, quel particolare metodo d’incedere, quel disordine così sottolineato dalla mia amica e compagna d’avventure, tanto nel gestire l’aspetto pratico, quanto quello psicologico delle situazioni nelle quali mi sarei potuta ritrovare coinvolta, avrebbe avuto a doversi considerare caratteristico della mia intera esistenza e tale, più volte, in passato, da condurmi addirittura lungo percorsi decisamente imprevedibili a fronte di esigenze comunque sufficientemente chiare, di priorità che, in maniera ben distante dal potersi considerare argomentabili, opinabili, avrebbero avuto a doversi considerare addirittura retoriche nella loro trasparenza, nella loro evidenza. Così, se allora stavo impedendomi l’occasione di affrontare quella situazione, e ogni problematica a essa collegata, con un minimo di ordine, tale da poter riconoscere un tema sul quale dover fondamentalmente restare concentrata anche a ipotetico discapito di altri, non avrei potuto difendere la mia posizione proponendo con qualche riferimento al nuovo contesto nel quale mi stavo venendo a trovare. Non, quantomeno, volendo ovviare a mentire spudoratamente anche a me stessa.

« Dal tuo silenzio, credo di aver centrato il punto… » soggiunse Duva, per nulla soddisfatta da tale risultato, da simile conquista, quasi, obiettivamente, la sua non avesse a potersi riconoscere qual effettivamente tale, nel non poter essere giudicata, propriamente, tale in conseguenza all’evidenza di quanto, tutto ciò, altro non avesse a doversi additare qual una mia palese sconfitta… e di una mia sconfitta sotto ogni punto di vista « E non sono felice di questo. » precisò, a ovviare a qualunque possibile dubbio a tal riguardo « Anzi… se posso essere utile, in qualche modo, ad aiutarti a fare ordine, ti prego di considerarmi a tua disposizione. »

Un nuovo, breve, intervallo di laconicità mi vide allora protagonista in replica a quella proposta, a quell’invito, a quell’offerta, assolutamente amichevole e, obiettivamente, benvoluta.
Una quiete che non avrebbe avuto a doversi fraintendere qual evidenza né di fastidio né di indifferenza, né di bramosia di evasione dall’eventualità di una risposta a quella domanda, né imbarazzo nella formulazione della medesima; quanto e piuttosto di un attento e sincero impegno volto a cercare, quantomeno, di permettere alle idee che ella desiderava contribuire a rimettere in ordine di riemergere all’attenzione del mio intelletto, della mia mente, per così come, sino a quel momento, non sembravano essere desiderose di compiere, malgrado tutto. Non, quantomeno, tutte insieme.

« Sai… » sospirai, quando alla fine mi convinsi a cercare di ispirare i miei stessi pensieri attraverso l’azione della mia voce « E’ strano… ma l’idea di avere ancora così poche ore da vivere, non mi spaventa. Non, quantomeno, così come dovrebbe, soprattutto a confronto con l’elenco infinito di questioni che, se soltanto ora morissi, lascerei in sospeso alle mie spalle. » osservai, aggrottando appena la fronte, riservandomi io stessa un incedere critico a mio esplicito discapito « Non che non abbia a dover essere riconosciuto mio desiderio quello di concludere tutto ciò che ho iniziato. E non che abbia a dover essere, altresì, giudicata mia bramosia quella di morire per evadere da tutto questo. Ciò non di meno… mi sono trovata così tante volte intenta a danzare con la morte, da non essere più capace, ora, di riservarmi una qualche reale ragione di agitazione al pensiero della medesima, quasi, in essa, altro non stessi che ritrovando una mia cara, vecchia amica ancor prima che un’antica e feroce antagonista. E quasi, in ciò, che da essa non potesse derivarmi nulla di spiacevole, nulla di grave, così come, altresì e comunque, rischia ineluttabilmente di essere. Di avvenire per colpa di quella cagna di Milah Rica Calahab. »
« Beh… a modo suo anche questo potrebbe essere considerato un punto di inizio. » osservò la mia interlocutrice, desiderando dimostrarsi concretamente collaborativa nei miei riguardi, e nel confronto con quanto, allora, mi aveva invitato a impegnarmi a compiere per il mio stesso bene « Il fatto di non essere in agitazione all’idea della tua possibile morte, che pur, lo sai, faremo di tutto per ovviare, ti può sicuramente aiutare nell’evitare di importi quel panico entro i confini del quale indubbiamente difficile, se non impossibile, sarebbe riuscire a individuare un compito prioritario sopra ogni altro… nell’altrimenti, costretta necessità di dover cercare di chiudere tutto, salvo poi maturare consapevolezza di non essere più in grado di concludere con nulla. »
« Dici…? »
« Dico. » annuì ella, con un tono di voce che, se non fossi stata certa aversi a identificare qual originato attraverso le sue stesse, carnose labbra, avrei creduto essere derivato direttamente dal mio petto, nel rendere propria, in tutto ciò, non soltanto una risposta che avrei potuto annoverare fra le mie preferite, ma, ancor più, un incedere volto a garantire ferma sicurezza alla controparte qual, in genere, mi impegnavo a rendere puntualmente mio, in contesti eguali a quello, sebbene, abitualmente, a ruoli inversi « E giusto per avere riprova di ciò, per quanto l’idea di poter morire non ti spaventi, e per quanto, come ho già detto, faremo tutto il possibile, e anche l’impossibile, per evitare questo tragico evento; prova a pensare, fra tutte le questioni in sospeso della tua vita, fra tutto ciò che, nella tua mente e nel tuo cuore, sai che dovrai affrontare, quale avrebbe a potersi riconoscere la più importante… non per forza quella maggiormente impellente. No. La più importante. »

venerdì 21 febbraio 2014

2197


Vorrei potermi dire incerta nel merito delle ragioni per le quali, dopo quel composto diverbio fra noi, la riunione con l’equipaggio della Kasta Hamina ebbe a sospendersi estemporaneamente. Ciò non di meno, se solo lo scrivessi, non rischierei altro che apparir, nel migliore dei casi, indubbiamente ingenua. Se non, peggio, del tutto idiota. E, a oggi, provo ancora sufficiente amor proprio per potermi concedere una simile opportunità. Ammesso di volerla inopportunamente definire qual tale.
Sicuramente complice l’avverso contesto, indubbiamente correa la diffusa e crescente stanchezza, i già non ancor solidi rapporti intercorrenti fra me e il capitano avrebbero avuto, allora, a doversi riconoscere tutt’altro che nella propria fase positiva, nel proprio quarto migliore. E, a margine di tutto ciò, il mio carattere, da sempre, ben distante dal potersi definire semplice, tutt’altro che immediato da poter apprezzare, nel richiedere, anzi e puntualmente, un notevole sforzo di volontà, così come potrebbe ottimamente testimoniare il mio stesso, caro Be’Sihl; di certo non si riservò l’opportunità di favorire un clima di particolare distensione fra noi… al contrario.
Malgrado tutto ciò, e di questo devo rendergliene atto, Lange Rolamo si volle sicuramente impegnare all’unico scopo di mantenere il controllo della situazione, ragione per la quale, allora, malgrado quanto, da parte mia, mi concessi di apparire addirittura dedita in verso contrario, in direzione antitetica, egli evitò accuratamente di permettere a quel nostro estemporaneo dissidio di esplodere innanzi all’intero equipaggio. O, più in generale, di esplodere. Perché, allo stesso modo in cui ci richiese un quarto d’ora di interruzione, utile, formalmente, a rimettere in ordine i propri pensieri, e, sostanzialmente, a permettere a entrambi un momento di tregua, volto ad arginare preventivamente l’assurdo crescendo che, in tutto ciò, ci stava vedendo coinvolti; egli si premurò tuttavia accuratamente dall’invitarmi a proseguire il nostro confronto in separata sede, così come, probabilmente, nei suoi panni, non mi sarei ovviata occasione di suggerire… ammesso, per lo meno, di riuscire, comunque, a contenermi con la stessa grazia e la stessa compostezza, per l’appunto, dietro alla quale egli si volle schermare.
Così, innanzi alla difesa necessità di un’interruzione, interruzione effettivamente fu. E nel mentre di quell’interruzione, a richiedere un’occasione di dialogo con me, volto a mediare con le posizioni proprie del capitano, sorprendentemente, ebbe a essere, fra tutti, l’ultima persona che mai avrei immaginato essere pronta a impegnarsi in un tale ruolo, in quanto da subito dimostratasi fortemente critica nei suoi confronti, anche e soprattutto per ragioni di ordine squisitamente personale: Duva Nebiria, comproprietaria della Kasta Hamina, primo ufficiale a bordo della medesima e, soprattutto, ex-moglie del capitano.

« Ehy… sorella. » mi apostrofò, accostandosi a me non appena il gruppo iniziò a disperdersi, a seguito della concessione di Lange in tal senso « Che ne dici se ci prendiamo qualcosa da bere e facciamo due chiacchiere…?! »

In parte qual risultato di una serie di ricorrenti sogni premonitori atti a mostrarmi un possibile futuro allora sempre più prossimo, e tali da presentarmi, anticipatamente, la stessa Duva e un mio apprezzabilissimo rapporto di complicità con lei; in parte, sicuramente, qual frutto di una naturale, e innata, affinità fra noi, tali da renderci, sotto molti aspetti, quasi due incarnazioni di un comune spirito così come neppure al confronto con alcune versioni alternative di me stessa, provenienti da altri universi, mi sarei potuta obiettivamente riconoscere essere; e in parte, ancora, qual conseguenza del fatto che, per prima, proprio lei mi era stata offerta qual possibile amica e complice in quella nuova ed estesa concezione di Creato, nel ritrovarci a essere, addirittura, compagne di prigionia sulla terza luna di Kritone; il mio rapporto con il primo ufficiale della Kasta Hamina avrebbe avuto a doversi considerare quanto mai disteso e rilassato, in misura tale da non potermi concedere l’ipotesi di entrare in conflitto con lei. Neppure, persino, qual conseguenza di un vero e proprio scontro con lei, laddove anche la peggiore delle discussioni avrebbe potuto essere superficialmente fraintesa qual evidenza di un problema altresì inconsistente… e, ancor più, inconsistente.
A confronto con simili premesse, obiettivamente ovvia avrebbe avuto a doversi riconoscere la motivazione per la quale, fra tutti, all’interno dell’equipaggio, proprio ella avrebbe potuto essere considerata la migliore candidata a cercare un dialogo con me, in un contesto nel quale, comunque, non avrei ancora potuto vantare particolari, altri straordinari rapporti di confidenza con alcuno fra tutti coloro che pur tanto si stavano impegnando per la mia salvezza, eccezion fatta per Lys’sh che, tuttavia, avrebbe avuto a sua volta a doversi riconoscere qual non meno estranea, rispetto a me, nei innanzi al resto dell’equipaggio. Meno ovvia, invece, avrebbe avuto a doversi considerare la sua bramosia volta a supposto favore del proprio ex-marito, innanzi al solo pensiero del quale ella, dea sempre, si era dichiarata fortemente critica. Ciò non di meno, dietro a quella volontà di confronto con me, di dialogo con la sottoscritta, alcuna altra ragione avrebbe avuto a doversi ricercare, come, con intento di estrema chiarezza, ella ebbe immediatamente a sottolineare… in una trasparenza che, indubbiamente, non avrebbe potuto che essere riconosciuta semplicemente apprezzabile, lodevole, incoraggiabile, per quanto, potenzialmente, a mio discapito.

« Allora… mi vuoi dire che sta succedendo?! » domandò, non appena ci ritrovammo lievemente isolate dal resto del gruppo, quanto ipoteticamente utile a concederci un minimo di intimità, per assicurare discrezione a quel nostro momento di confronto, di chiarimento, e, in tutto ciò, a garantirmi massima libertà di pensiero o di parola, senza alcuna, ipotetica, ragione di imbarazzo « Dai toni del tuo battibecco con Lange, sembra quasi che tu sia interessata a difendere, per mio conto, il titolo di ex-moglie. C’è qualcosa che mi sono persa o, comunque, c’è qualcosa che mi sono persa più in generale, e tale da giustificare tanta animosità fra voi due…?! »
« Non è successo nulla. » la rassicurai, in effetti più con incedere retorico che concreto, nel non prendere neppure in esame l’eventualità di una qualunque ipotesi alternativa a quella in tal maniera appena proclamata « Semplicemente Lange e io abbiamo opinioni diverse su argomenti comuni, »
« Immagino che tu sia consapevole del fatto che, tutto quello che ha fatto o ha detto sino a ora, abbia a doversi intendere soltanto ed esclusivamente nel tuo interesse… » si concesse occasione di ricordarmi, seppur in tal senso avrebbe avuto a doversi considerare addirittura ben oltre il concetto proprio di retorica, nell’impedire, ciò non di meno, a simile evidenza di potermi sfuggire, di poter essere da parte mia superficialmente ignorata, fosse anche e soltanto qual conseguenza dell’impeto del momento, o della stanchezza, o di qualunque altra, possibile ragione « Così come quanto compiuto da chiunque altro a bordo di questa nave. » soggiunse, a estendere il concetto a tutta la Kasta Hamina « Mi dispiace che sia successo quello che è successo… ma, per quello che può valere, nessuno fra noi si potrà considerare appagato sino a quando tu non sarai salva. »
« Lo so… per quanto, obiettivamente, di istante in istante, parola dopo parola, rapporto dopo rapporto, in me non stia crescendo altro che un sostanziale senso di mancanza di appagamento nel confronto con l’idea stessa che qualcuno come Milah Rica Calahab possa sopravvivere ancora a lungo. » ammisi, nel riconoscere quietamente quello quale il mio primo e concreto limite, un limite psicologico che, allorché trovare sprone utile a essere superato, a essere ovviato, stava in effetti raccogliendo solo incentivi a doversi considerare un requisito indispensabile per permettermi non tanto di superare illesa quella prova, quanto e piuttosto per garantirmi di restare in pace con me stessa, in armonia con il mio animo e con il mio senso di coerenza che, nel garantire opportunità di evasione o, peggio, di perdono a quella donna, non mi avrebbe concesso tregua alcuna.
« E su questo non posso considerare di avere molto da obiettare… lo sai. » puntualizzò la mia interlocutrice, sorridendomi con incedere quasi sornione, nel condividere, evidentemente e sinceramente, quelle mie stesse emozioni, quei miei medesimi sentimenti « Tuttavia… »

giovedì 20 febbraio 2014

2196


« A quanto pare, purtroppo, i timori che avevi palesato non avevano a doversi considerare poi così privi di fondamento. » riprese Thaare, scuotendo appena il capo a meglio evidenziare il concetto in tal modo esposto, in quei termini annunciato « La famiglia Calahab deve effettivamente avere qualche solido aggancio all’interno dell’omni-governo, tale da poterle assicurare, ove possibile, ulteriore impunibilità rispetto a quella di cui già potrebbe avere piacere a menar vanto, dal momento in cui, sebbene il direttore sia stato comunque in grado di fornirci queste interessanti informazioni, ciò deve aver posto in allarme qualcuno. Qualcuno il quale, nel momento in cui egli ha cercato di approfondire e ampliare il raggio d’azione della propria ricerca, per offrirci ulteriori dettagli, anche e soprattutto nel merito delle attività delle famiglie rivali, ha agito allo scopo di tagliargli, metaforicamente, le gambe. »
« … che cosa è accaduto?! » domandò Lys’sh, anticipandomi soltanto di un fuggevole istante, nel cercare allora di ottenere maggiore chiarezza nel merito di quanto effettivamente metaforica avesse a doversi considerare quell’espressione e nel merito di quanto, altresì e invece, potesse essere concretamente occorso a discapito del nostro alleato, di quella nostra risorsa verso la quale, né Duva, né lei, né io avremmo avuto ragione di sentirci in debito, potendo, anzi, vantare un concreto credito e, ciò non di meno, a discapito della quale non avremmo neppur avuto ragione di voler esprimere augurio alcuno, né avremmo avuto ragione di dimostrare fredda indifferenza nel merito di un’eventuale sorte avversa per nostra responsabilità, diretta o indiretta, a lui imposta.
« Nulla di grave… nulla di grave. Sia chiaro. » intervenne a premurosa precisazione nuovamente Rura, forse sentendosi in quel mentre persino colpevole per l’eventuale agitazione che il loro resoconto poteva aver imposto a discapito della giovane ofidiana, benché, obiettivamente, non potesse esserle imputata alcuna colpa a tal riguardo « Tuttavia la sua indagine personale non è stata propriamente apprezzata e gli è stato informalmente richiesto di ovviare a perdere ulteriore tempo in tal senso, nel voler evitare, quantomeno, qualche monito ufficiale, atto a porre in dubbio il mantenimento del suo attuale stato. » esplicitò, in parole che, pur offrendo riferimento a un’organizzazione e a una burocrazia nel merito della quale non avrei potuto vantare particolare conoscenza specifica, risultarono ciò non di meno più che chiare anche nel confronto con la mia capacità di analisi, nel permettermi di comprendere quanto, pur non essendosi spinti a delle minacce esplicite, l’intimidazione rivolta a discapito del nostro amico non avrebbe avuto a doversi tuttavia considerare di ordine puramente retorico, di natura squisitamente teorica, ma, anche e spiacevolmente, pratica.

Soltanto in parte rassicurata da quella spiegazione, così come le si poté chiaramente leggere in volto, probabilmente, mio pari, ben distante dal potersi ritenere soddisfatta da quella rassicurazione che, proprio malgrado, ben poco rassicurante appariva essere; Lys’sh chinò appena il capo in direzione tanto della propria interlocutrice, quanto del capitano, verso la prima qual segno di gratitudine per la spiegazione fornita, verso il secondo qual richiesta di scuse per l’ennesima interruzione, in ciò, imposta a quell’incontro, seppur, da parte propria, per la prima, inedita occasione, senza aggiungere una sola, altra, singola parola.
Parola che, a dispetto di eventuali, possibili richiami, volli allora essere io stessa a riservarmi, accodandomi alla mia compagna d’arme e, allora, ricambiandole il favore, nell’esprimere per lei quelli che, sicuramente, avrebbero avuto a doversi considerare dubbi comuni esattamente come, un solo momento prima, era stata lei a farsi carico di tal intervento anche a mio nome…

« Per quanto, sicuramente, possa apprezzare la tua lungimiranza, capitano, nel prevenire quanto, porre domande nel merito dei Calahab avrebbe potuto provocare reazioni; permettimi di sottolineare quanto non possa essere in alcun modo soddisfatta dal fatto che tali reazioni siano in tutto ciò ricadute a totale discapito di Hadmar Am’h North e, potenzialmente, della sua famiglia. » osservai, ineluttabilmente critica per la freddezza con la quale egli aveva sostanzialmente decretato tale condanna a discapito del direttore del complesso carcerario che, sì, aveva avuto quali ospiti coatte sia Duva, sia Lys’sh, sia la sottoscritta, ma che pur, alla fine, si era dimostrato un uomo di indubbia onesta, coerenza e senso dell’onore, il primo che, in effetti, avessi avuto occasione di incontrare lassù, fra le stelle.

Un uomo, quindi, a discapito del quale difficilmente avrei potuto augurare la malasorte di ritrovarsi in rovina come conseguenza di una mia… o nostra sciagurata decisione, o, peggio, di ritrovarsi qual nemica, qual antagonista, la sadica psicotica rispondente al nome di Milah Rica Calahab, per così come la mia personale esperienza mi aveva già veduta, mio malgrado, esposta.
E un uomo che, ciò non di meno, avevo… avevamo esposto, indubbiamente, a tutto ciò, qual possibile ritorsione per un eccesso di curiosità. E di curiosità nei riguardi di un argomento nel confronto con il quale, evidentemente, non sarebbe stato salubre dimostrarne.

« La sua opinione è stata messa agli atti, Bontor. » commentò Lange, in tal senso non lasciandomi, sostanzialmente, comprendere in quale misura potesse star esprimendosi con serietà, e in quale, piuttosto, stesse semplicemente cercando di volgermi rimprovero in una maniera meno diretta rispetto alle precedenti, speranzoso, forse, di poter in tal senso riservarsi maggiore possibilità di riscontro, da parte mia, rispetto a quanto, chiaramente, non gli avessi offerto opportunità di soddisfazione sino a quel momento.
« In questi atti, aggiungici, allora, il fatto che, se prima della fine di questa storia sarò costretta ad ammazzare quella cagna di Milah, mi impegnerò in tal senso anche a beneficio del nostro amico. » insistetti, non potendo obiettivamente escludere quell’opportunità e, ciò non di meno, non desiderando che, a seguito della mia supposta morte, potesse permanere qualche dubbio sulle ragioni che potevano aver contribuito a muovere la mia mano in contrasto a chi, pur, già e soltanto nel proprio diretto confronto con me, aveva avuto occasione di accumulare motivazioni utili a giustificarne l’assassinio non soltanto una dozzina di volte, ma almeno una dozzina di dozzine di volte differenti, in misura tale da potermi eventualmente impegnare qualche anno della mia esistenza, se solo ne avessi ancora potuti vantare a sufficienza « E che non si abbia poi a dire che non l’ho dichiarato per tempo… »
« Nessuno lo dirà. » negò il capitano, in tal senso gettando verso di me uno sguardo tutt’altro che benevolo, pur, ancora, non permettendomi di apprezzare, di intendere, in quale misura il suo avesse a doversi considerare rimproverò per l’interruzione che stavo imponendo a quel momento d’incontro, piuttosto che per la prospettiva negativa che stavo in quel mentre prendendo in esame, già considerando lo sforzo che, in tutto ciò, stava vedendo coinvolto l’intero equipaggio della Kasta Hamina qual, potenzialmente, inutile, nel riconoscere il mio destino come segnato.

E per quanto, allora, la parte più polemica del mio spirito potesse considerarsi già pronta a proseguire nel confronto con il mio interlocutore, forse e addirittura sfogando in tutto ciò sentimenti di frustrazione repressa conseguenza di quella stessa, tutt’altro che piacevole, situazione; la metà più razionale di me riuscì, comunque e fortunatamente, a prendere il sopravvento, spingendomi letteralmente a mordermi la lingua per impedirmi di parlare, per riuscire a mantenere il silenzio e, in ciò, a lasciar cadere, in tal maniera, quella discussione nel nulla sul nascere.
Dopotutto, per quanto ciò potesse piacermi o meno, indubbio avrebbe avuto a doversi ammettere quanto Lange Rolamo stesse lì impegnandosi con tutte le proprie forze, e con tutte le energie di ogni membro del proprio equipaggio, al fine di preservare inalterato il mio stato di salute, in contrasto a ogni parere opposto da parte di Milah Rica Calahab o di chiunque altro in suo nome, in sua vece. Sprecare, pertanto, tempo e passione nel contrastare tutto ciò, non avrebbe potuto significare altro che incaponirmi in mia stessa opposizione… in un masochismo che, se pur, forse, avrebbe potuto inorgoglire la mia unica, e concreta, antagonista, non avrebbe potuto in alcun modo incontrare, coscientemente, il mio favore.

mercoledì 19 febbraio 2014

2195


« Sì. E no. » prese voce la giovane sposa del capitano, dopo aver cercato uno sguardo d’intesa nei confronti della cuoca, evidentemente ad assicurarsi riscontro, da parte sua, nel merito di quanto ella avesse a doversi considerare concorde con il fatto che intervenisse lei in replica a quell’interrogativo, a quella richiesta, almeno per iniziare « Sì per la prima parte. No per la seconda. » cercò di chiarire, salvo, in effetti, risultare se possibile ancor più criptica e, in questo necessitare di un ulteriore livello di dettaglio « Per iniziare, ci hai chiesto di prendere contatto con il direttore Am’h North per ottenere informazioni su quanto noto, da parte dell’omni-governo di Loicare, in merito alle attività lecite e, soprattutto, illecite, della famiglia Calahab, alle sue alleanze e ai suoi avversari. E, a questo proposito, abbiamo ottenuto un certo successo. » definì, tornando ancora una volta con lo sguardo alla compagna e, proprio verso di lei, alfine apostrofando, per lasciarle possibilità di intervento « … Thaare?! »
« Sì. » annuì l’altra, con espressione seria in volto, nel mentre in cui, facendo riferimento a un fascicolo stampato, iniziò a offrire maggiore sostanza a quanto, in tal modo, appena introdotto « Come già noto, la famiglia Calahab è attualmente a capo della più influente, e pericolosa, organizzazione criminale di quest’angolo di universo, oltre che di un paio di dozzine di diverse società perfettamente legali, operanti in ogni principale settore industriale e manifatturiero, oltre che di commercio di servizi, e fatturanti, da sole, un il sedici per cento dell’intera economia di Loicare. Queste società, oltre che a offrire una solida copertura alle attività illegali dei Calahab, e a permettere il riciclo dei proventi delle medesime attraverso un altro centinaio di annessi e connessi, in termini tali da rendere alfine del tutto vani gli sforzi condotti da parte dell’omni-governo al fine di raccogliere prove utili a incriminare Maric, prima, e Milah Rica, ora; hanno anche puntualmente assicurato loro una certa aura di immunità, dal momento in cui, considerando quanto danno avrebbe potuto comportare un qualunque procedimento a loro discapito, la maggior parte delle indagini ha finito per concludersi ancor prima di incominciare, nel ritrovarsi a essere giudicate più potenzialmente lesive che concretamente utili, in un’ottica d’insieme. »
« Ah… però… » non potei fare a meno di commentare, per poi mordermi il labbro inferiore a titolo di punizione per quell’intervento del tutto inopportuno e completamente privo di un qualche concreto apporto alla questione, a prevenire, in tal senso, qualunque intervento di rimprovero da parte del capitano, il quale, tuttavia, allora neppure ebbe ad accennare a voltarsi verso di me, forse comprendendo di non necessitare di simile necessità di richiamo o forse, e addirittura, condividendo le ragioni di quella mia nota sarcastica, qual, obiettivamente, quella avrebbe voluto essere.
« Considerando tanto gli affari legali, quanto quelli non propriamente tali… » riprese e proseguì, allora, nuovamente Rura, coordinandosi silenziosamente con la compagna al fine di evitare spiacevoli sovrapposizioni « … addirittura inevitabile ha da riconoscersi l’evidenza di una certa presenza di antagonisti, di rivali, desiderosi di poter prendere il posto attualmente occupato dalla famiglia Calahab all’interno della società di Loicare, tanto per ragioni di ordine squisitamente economico, quanto, e in misura non meno importante, per una mera, e affannosa, ricerca di potere. » specificò, forse evidenziando l’ovvio e, ciò non di meno, allora specificando anche ed esattamente tutto ciò che sarebbe stato necessario specificare, soprattutto nel rispetto della richiesta loro rivolta da parte del capitano « Con la morte di Maric, in particolare, tre sono state le famiglie che, per un breve periodo, hanno sperato di poter prendere il posto in tal modo ipoteticamente rimasto vacante, all’interno dell’ordine costituito su Loicare: i Lorne, i Kovach e i Tihannan. Tuttavia, per alcuna delle tre simile ascesa si è dimostrata possibile, soprattutto nel momento in cui la nostra amica Milah Rica ha scelto di prendere personalmente possesso del retaggio del padre e di proseguire nella direzione da lui soltanto accennata, e da lei più approfonditamente esplorata anche e soprattutto per merito di una politica tutt’altro che riconoscibile qual debole nei riguardi dei propri avversari. O, comunque, di chiunque supposto qual un problema da risolvere. E da risolvere alla radice… nella stessa misura che, purtroppo, anche Midda ha avuto spiacevole occasione di esplorare. »

Pur nulla all’epoca conoscendo nel merito delle succitate famiglie e pur nulla di positivo potendo presumere a loro riguardo, ove esposte, comunque, quali potenziali concorrenti dei Calahab e, in questo, sicuramente non animati da migliori intenzioni rispetto a Milah Rica o a suo padre prima di lei; al solo pensiero di quanto essi avessero a doversi riconoscere qual nemici della giovane e sadica rampolla di casa Calahab, non potei evitare di provare un certo sentimento di solidarietà nei loro confronti, alle stesse unita, mio malgrado, da quella particolare misura per così come allora appena accennata da Rura.
E per quanto, simile approccio psicologico da parte mia avrebbe dovuto dimostrare, mio malgrado, una visione sufficientemente ottusa, e atta a negarmi la possibilità di cogliere l’evidenza di un contesto nella propria complessità, nella propria pienezza, nell’attribuire, in tal modo, una sorta di preventiva fiducia a quei nomi soltanto in quanto scoperti quali ipotetici antagonisti della mia supposta mecenate; nessuno avrebbe in tutto ciò potuto accusarmi di incoerenza, dal momento in cui, pur non avendo mai desiderato altro che l’annichilimento del mio sposo, anche con lui mi ero trovata costretta a scendere a patti nel confronto con l’evidenza di un ostacolo maggiore, di una comune, e terribile, avversaria qual la stessa Anmel Mal Toise che, da sola, difficilmente sarei stata in grado di vincere. Non che l’avessi realmente vinta, in effetti, o, a posteriori, non avrei avuto alcuna esigenza di abbandonare i confini del mio pianeta sulle ali della fenice, per lasciarmi condurre sino a un remoto, e opposto, angolo di universo.
Ciò non di meno, l’antico adagio volto a suggerire come la guerra crei inevitabilmente strani compagni di letto, almeno nel mio caso, avrebbe avuto in tal senso a doversi riconoscere indubbiamente realistico. Per quanto, e sia chiaro, soltanto da un punto di vista di ordine metaforico, dal momento in cui non avrebbe mai avuto a dover essere considerato mio interesse quello di arrivare, neppur per sbaglio, a consumare il mio matrimonio con Desmair…

« E cosa siete state in grado di scoprire in merito a questi altri nomi…?! » incalzò Lange, costringendomi, non consapevolmente ovvio, a riportare l’attenzione a quanto stavano riferendo Thaare e Rura, lungi, almeno dal suo personale punto di vista, a doversi già considerare completo.
« Beh… qui arriviamo al no della seconda parte. » nicchiò, proprio malgrado, la sua giovane sposa, per poi volgere ancora una volta il capo verso la cuoca, quasi a cercare, in tal senso e da parte sua, non soltanto un qualche consenso quanto e piuttosto un supporto psicologico.

Una ricerca, la sua, che, se solo mi fosse stata concessa allora sensibilità a cogliere, a rilevare, avrei potuto probabilmente riconoscere quale una certa insicurezza di fondo, e un’insicurezza forse derivante dalla consapevolezza di essere stata, per la prima volta…?!, coinvolta realmente in una qualche attività a bordo della Kasta Hamina, e un’attività che non fosse quietamente relegata al contesto proprio dell’intimità matrimoniale sua e del capitano, in una responsabilità che, probabilmente, non avrebbe potuto evitare di porla in imbarazzo, di creale disagio, giustificato, in maniera ancor peggiore, dall’eventualità di un possibile confronto di ordine squisitamente pratico fra lei e la propria predecessora, Duva, la quale, avendo addirittura avuto occasione, anche nel corso di quelle attività, di collaborare nuovamente e direttamente con l’ex-marito, aveva forse avuto anche modo di porsi al suo sguardo sotto una migliore luce rispetto a quanto, lì, con quel proprio parziale fallimento, ella non avrebbe avuto a dover temere di essere giudicabile.
Tuttavia, in quel momento, in quel particolare contesto, non voglio negarlo, il mio interesse non avrebbe avuto a doversi riconoscere propriamente indirizzato a questioni di eventuale ordine psicologico ed emotivo di quella pur mia compagna di viaggio, di quella mia sorella a bordo della Kasta Hamina, all’interno della famiglia costituita da quell’equipaggio; e tutte queste considerazioni, tutte queste analisi nel merito del suo particolare incedere, e della sua continua ricerca di sostegno da parte della più carismatica, energica figura del nostro cambusiere, nulla possono essere riconosciute se non delle tardive riflessioni, contraddistinte, quasi retorico a dirsi, da quello stesso, onnipresente, senno di poi in grazia al quale ogni evento può finire per assumere connotazioni squisitamente diverse da quelle originali.

martedì 18 febbraio 2014

2194


« In verità non è che ci sia molto altro da aggiungere. » minimizzò il tecnico, stringendosi fra le spalle a evidenziare quanto fondamentalmente banale avesse a doversi considerare il suo possibile apporto alla questione, proprio malgrado « Esclusa la possibilità di un coinvolgimento diretto della figlia, qual conseguenza della solidità dell’alibi da lei addotto; vista e considerata la particolare natura della professione della vittima, la pista dell’omicidio su commissione non ha potuto che attrarre l’interesse degli inquirenti. Purtroppo, però, proprio a fronte della stessa particolare natura della professione della vittima, ipotizzare di riuscire a risalire sia al sicario, sia e ancor più al suo mandante, si è rivelata un’impresa vana, dato un numero incredibilmente elevato di persone che avrebbero potuto avere di che gioire in conseguenza a tale prematura scomparsa. »
« Persone fra cui, ovviamente, anche la figlia stessa. » puntualizzò il giovane mozzo, proseguendo in coda al compagno di missione, a voler offrire evidenza di quanto, comunque, anch’egli non avesse mancato di svolgere la propria parte, di offrire il proprio contributo nella raccolta e nell’analisi delle informazioni ottenute, così come, a mantenersi silenziosamente in disparte come aveva compiuto sino a quel momento, avrebbe potuto offrire immotivata e fraintendibile evidenza.
« Esattamente. » approvò Mars, riprendendo e continuando su quel medesimo fronte, in un agile palleggio con Ragazzo per il quale si avrebbe potuto avere a credere in un preventivo momento di confronto fra loro, tale da non affidare nulla, in quell’esposizione, al semplice caso « Purtroppo, per quanto riguarda lo stato dei suoi conti, almeno per i fondi legalmente riconosciuti qual a lei offerenti riferimento, non è stata evidenziato alcun particolare movimento che potesse essere ricondotto, in qualche misura, all’assassinio del padre. Non che, in verità, sia ipotizzabile che abbiano comunque a mancarle delle risorse alternative, tali da poter finanziare ogni genere di attività non propriamente lecita. »
« … ovviamente. » annuì, con espressione seria e concentrata, il capitano, analizzando la questione con straordinaria intensità, tale da rendere immediatamente evidente quanto, allora, avesse a doversi riconoscere tutt’altro che soddisfatto, che appagato, dalla fondamentale assenza di risultati sino a quel momento concessagli.
« Comunque sia… » riprese Ragazzo, quasi nell’intento di voler rimediare al fallimento in tal modo riportato, per quanto, obiettivamente, non per propria responsabilità, non per propria effettiva colpa, non avendo loro nulla compiuto al di fuori di riferire i risultati delle inconcludenti indagini condotte attorno all’assassinio del fu riferimento della famiglia Calahab « Secondo le sue disposizioni, è stata poi nostra premura quella di iniziare a raccogliere e analizzare anche tutte le registrazioni sequestrate da parte degli investigatori nel merito delle attività attorno al grattacielo nelle ore antecedenti la scoperta dell’omicidio, per verificare se, in tale materiale, possa essere celata la chiave per risolvere questo enigma. »
« Purtroppo, o per fortuna, soltanto in stretta contiguità con il perimetro dell’edificio, sono presenti più di una cinquantina di… » involontaria censura da parte del mio traduttore, il quale non fu in grado di individuare una parola adeguata all’interno del mio vocabolario « … tali da assicurare, certamente, un controllo pressoché assoluto sulla zona e, ciò non di meno, anche da rendere l’analisi di tale materiale pressoché improponibile, nell’enorme quantitativo di girato complessivo. » proseguì nuovamente il primo, ancora in perfetto coordinamento con il proprio compare, seppur, allora, per frenare, ancora una volta, eventuali entusiasmi conseguenti a prospettiva allora ipoteticamente sottintesa « Mi sento sufficientemente certo nell’ipotizzare quanto neppure gli inquirenti abbiano portato a termine simile attività, nel preferire considerare semplicemente la questione priva di una concreta possibilità di successo. Non che questo ci impedirà di proseguire in tal senso, se non ci chiederai di dedicare i nostri sforzi ad altro. » precisò, a scanso di ogni ambiguità, nel non volersi certamente dimostrare indolente nel compimento di quello che, allora, avrebbe avuto a dover giudicare il proprio dovere, per quanto, obiettivamente, estraneo ai propri consueti compiti a bordo della Kasta Hamina.
« Vedremo. » si limitò a commentare Lange, non volendo escludere, per principio preso, tale eventualità e, ciò non di meno, non desiderando neppure prendere in esame l’idea di ipotecare due risorse utili in un compito potenzialmente privo di qualunque concreta possibilità di risultato, laddove, a prescindere da ogni possibile considerazione, il nostro primo interesse non avrebbe avuto a doversi riconoscere quello di fare chiarezza nel merito dell’assassinio di Maric Calahab, quanto e piuttosto quello di riuscire a individuare la via utile a concedermi salva la vita, a dispetto di ogni maledizione scagliatami contro da Milah Rica.

Per quanto alcuno a bordo della Kasta Hamina avrebbe potuto vantare una qualche particolare confidenza con il genere di compiti, in tutto ciò, assegnati da parte del capitano, e volti a riuscire, in un modo o nell’altro, a ottenere maggiore chiarezza nel merito di quanto accaduto a Maric Calahab e, in ciò, nel merito di quanto mai sua figlia Milah Rica avrebbe potuto desiderare da me; ripensando ora, a mente fredda, a quei giorni, a quelle ore e, con esse, a tutti gli sforzi compiuti da ogni singolo membro dell’equipaggio in ciò coinvolto, mi sento sufficientemente fiduciosa di poter affermare come, se solo ci fosse stato offerto qualche giorno in più, se solo non avessimo avuto un intervallo di tempo tanto limitato a disposizione, tale da impedirci di concedere la giusta attenzione a ogni aspetto della questione, probabilmente… sicuramente, saremmo stati allor in grado di risolvere l’intrico di quella matassa che tutte le forze dell’ordine di Loicare, o, per lo meno, quelle coinvolte in simile questione, non erano state minimamente in grado di comprendere da che lato poter iniziare a sbrogliare, pur avendo avuto molto più tempo, molte più risorse, e, soprattutto, molta più esperienza nel settore rispetto a quanto, in tutto ciò, un gruppo di marinai nostro pari non avrebbe potuto fregiare, neppure animato da tutta la propria migliore buona volontà qual pur, in quel momento, certamente tutti noi eravamo.
In tutto ciò, nella consapevolezza derivante da un simile pensiero, pertanto, per Lange Rolamo avrebbe avuto a dover essere sfoggiata più ragione di soddisfazione, maggiore appagamento, rispetto a quanto, allora, non si sarebbe pur potuto riconoscere desideroso di ricercar occasione di ostentazione, per lo straordinario risultato che gli uomini e le donne da lui selezionati quali componenti del proprio equipaggio, della propria famiglia, avrebbero potuto essere in grado di raggiungere, anche in un contesto del tutto estraneo a ogni loro ipotetica, consueta capacità. E in tutto ciò, e nel confronto con quanto, tuttavia e invece, ogni pensiero, ogni attenzione, avesse allora a doversi considerare necessariamente dirottata in direzione della consapevolezza di come, qualunque insuccesso, qualunque ritardo, avrebbe potuto rappresentare, per me, la differenza fra la vita e la morte, pertanto, un vero peccato avrebbe avuto a dover essere considerato quanto una simile crogiuolo di straordinarie capacità non potesse essere adeguatamente riconosciuto da parte di colui che, anzi, per primo avrebbe avuto motivo d’orgoglio nel confronto con lo scenario che in tal modo si stava andando a delineare.
Uno scenario in aggiunta al quale, a seguito dell’apporto di Mars e di Ragazzo, avrebbe avuto a doversi considerare il turno utile per la coppia formata da Rura e Thaare a contribuire attivamente, riportando il risultato derivante dal loro confronto con il direttore Am’h North, nel merito di un quadro d’insieme della famiglia Calahab e, in particolare, della mia supposta mecenate…

« Kir Flann… Rura. » richiamò quindi Lange, volgendo la propria attenzione in direzione alla cuoca e alla propria attuale moglie, la terza a seguito di Kasta e di Duva « Spero che almeno sul vostro fronte vi sia stata maggiore opportunità di successo. » introdusse, con tono che, necessariamente sfiduciato in conseguenza ai primi risultati o, per maggior dettaglio, alla prima assenza di risultati, avrebbe avuto allora a doversi considerare del tutto retorico nel confronto con un simile augurio, con un tale auspicio, invero non riservandosi, in tal senso, alcuna concreta, alcuna reale speranza volta ad accogliere eventuali nuove con sguardo, alfine, positivo.