11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

www.middaschronicles.com
il Diario - l'Arte

News & Comunicazioni

E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

giovedì 31 ottobre 2019

3080


Dal punto di vista proprio della Figlia di Marr’Mahew, il riferimento allor offerto a Carsa Anloch non avrebbe avuto a dover essere frainteso qual contraddistinto da qualche possibilità di interpretazione alternativa, da qualche voluto doppio senso dietro il quale aver allora a ricercare una qualche particolare chiave di lettura sulla realtà. Semplicemente, dovendo offrire riferimento psicologico a una personalità necessariamente incostante e contradditoria, nessuno meglio di Carsa Anloch avrebbe avuto a poter essere scelto a titolo esemplificativo, nel ben ricordare quanto, in effetti, neppure avesse allor a esistere realmente una qualche Carsa Anloch.
Non che per Midda, Howe o Be’Wahr, Carsa non avesse a dover essere ricordata qual una persona vera. Al contrario: a tutti gli effetti, quasi irreale avrebbe avuto a doversi identificare, nel confronto con le loro menti, con il loro senso di realtà, l’aristocratica Ah'Reshia Ul-Geheran, la nobildonna y’shalfica unica, effettiva, identità dietro a Carsa Anloch, la coscienza della quale, in risposta a un grave trauma giovanile, aveva preferito spegnersi molti anni addietro, cedendo spazio a un’altra personalità, a un altro io a lei totalmente alieno, e a un io che potesse essere in grado di affrontare la violenza e la brutalità di un mondo all’interno del quale ella non riusciva a trovare la propria collocazione, il proprio posto. Così era nata Carsa… e così, squisitamente capace di nascondere il proprio vero io dietro a molte maschere diverse, a molte altre identità, tanto credibili nella propria stessa essenza in semplice conseguenza al fatto che ognuna di loro non avrebbe avuto a doversi riservare minor dignità rispetto a colei presumibilmente originale, e che pur, originale, invero, non era, né era mai stata. E quando, alfine, in conseguenza a un nuovo, terrificante trauma, qual quello proprio di un’esperienza di premorte, tutte le personalità alternative erano venute meno, costringendo al risveglio quella propria di Ah'Reshia, Carsa Anloch aveva cessato di esistere, non senza un certo nostalgico rimpianto a contraddistinguere i cuori di chi, comunque, a lei legati, quali Howe e Be’Wahr, così come, anche e soprattutto, la stessa Midda Bontor.
Un rimpianto, quello proprio dell’Ucciditrice di Dei, mai effettivamente sopito, mai effettivamente superato, al punto tale che, durante la propria recente esperienza all’interno del tempo del sogno, là dove il concetto stesso di realtà avrebbe avuto a doversi riconoscere decisamente più effimero rispetto a ogni altra dimensione, proprio la nostalgia, proprio il rimpianto della Figlia di Marr’Mahew avevano avuto occasione di rievocare, in loro aiuto, la “sua” Carsa Anloch, “sua” in quanto figlia dei suoi ricordi, figlia delle sue emozioni, per schierarsi al loro fianco nella lotta contro il terribile vicario di Anmel Mal Toise, vedendosi concesso, in tal senso, un nuovo, fugace momento in compagnia di quella vecchia amica, di quell’antica compagna d’arme, alla quale, addirittura, poter riconoscere quanto, all’epoca, non aveva mai voluto concederle, quel bacio, e quel bacio quietamente contraddistinto da un onesto sentimento d’amore per lei, che pur le aveva sempre rifiutato nel non voler alimentare in lei alcuna particolare illusione in favore di una relazione che, dal proprio, personale, punto di vista non avrebbe potuto riservarsi occasione di futuro, non avendosi, purtroppo per Carsa, a riconoscere all’interno dei propri gusti sessuali.
Nel tempo del sogno, quindi, Midda si era riservata occasione per dire addio alla propria antica amica, per chiudere in maniera adeguata il loro rapporto, la loro relazione, quel capitolo della loro comune storia. Ma quanto ella non avrebbe potuto mai immaginare era quanto, dopo quell’addio, e dopo la propria uscita dal tempo del sogno, Carsa non avesse cessato di esistere… e, proprio malgrado, si fosse ritrovata sola a confronto con non una, ma addirittura due Anmel Mal Toise.

“Sono io!” tentò di gridare Carsa Anloch, prigioniera nella propria stessa mente, spettatrice di tutto quanto allora stava accadendo senza, tuttavia, ritrovarsi in grado di intervenire in tali eventi, senza, proprio malgrado, essere capace di interagire con la realtà a lei circostante “Sono io, per tutti gli dei! Sono io!”
« Ancora cerchi di distrarmi, costringendomi dietro a qualche bizzarro flusso di coscienza…?! » protestò, tuttavia, Anmel, scuotendo appena il capo e dimostrando la futilità di tale impegno, di simile sforzo, con un nuovo attacco, con una nuova carica a discapito tanto dell’una, quanto dell’altra Midda, nel desiderio di porre a tacere, al più presto, quelle voci, e quelle voci che troppa agitazione stavano suscitando nel retro della propria mente, un’agitazione tutt’altro che positiva nel confronto con il rischio di quanto, allor, avrebbe potuto occorrere se soltanto l’altra avesse ripreso il controllo « Lascia riposare la tua amica nella tomba: qui non siamo nel tempo del sogno, e non potrà giungere ad aiutarti, come già in contrasto a secondo-fra-tre. »
“Ma io voglio aiutarla… io devo aiutarla!” protestò Carsa, incapace a farsi udire, incapace a interagire con il mondo a lei circostante, e pur ancora lontana dal volersi considerare sconfitta.

Ritrovatasi sola al cospetto di due Anmel Mal Toise, ombra della donna che un tempo era, o che, in effetti, mai era stata, Carsa Anloch si era vista purtroppo condannata a divenire un balocco fra le loro mani, ridotta proprio malgrado a nulla di più di una bambola con la quale potersi divertire a pianificare una via per permettere all’Anmel peregrina di giungere in soccorso all’Anmel autoctona senza, in ciò, avere a porre in allarme la fenice. E, nell’enfatizzare al massimo l’incostanza psicologica per lei un tempo propria, le due Anmel avevano trovato il modo di violare i limiti propri della dimensione spaziale, sfruttandola al fine di agire in nome e per conto dell’Anmel peregrina nel mentre in cui ella sarebbe comunque rimasta a distanza da tutti quegli eventi, e sarebbe rimasta a distanza quanto sufficiente, in ciò, da non veder spiacevolmente allarmata la fenice, e a non giungere, per così come lì si era comunque arrivati, alla riunificazione delle due Midda.
Per questo, le due Anmel l’avevano costretta a compiere quanto prima non aveva avuto il coraggio di fare, nel superare i confini del tempo del sogno per tornare alla realtà, e a quella realtà nella quale, in effetti, ella era morta pur senza morire realmente, degno epilogo per colei che, del resto, aveva vissuto la propria vita senza esser mai realmente viva. Ma, vittima di tale coppia di carceriere, e del loro sforzo a enfatizzare al massimo l’accento sull’incostanza della sua personalità, Carsa non era ritornata alla realtà, e a quella particolare dimensione di realtà, con un corpo imitazione del proprio… non laddove il tempo del sogno null’altro le avrebbe potuto donare se non l’immagine di quanto ella realmente avesse a percepirsi essere. E così, con un effetto collaterale imprevisto dalle stesse Anmel e pur tutt’altro che sgradito, Carsa si era ritrovata all’interno di un corpo che avesse a rispecchiare, al meglio, la sua duttile personalità: un corpo capace di rimodellarsi sul piano fisico con la stessa banalità con la quale ella era sempre stata in grado di riplasmarsi sul piano mentale.
Ma se, all’interno di quel nuovo corpo, ella era stata subito imprigionata, e imprigionata dall’arroganza di un’altra personalità, e di una personalità lì obbligatoriamente predominante qual quella realizzata a immagine dell’Anmel peregrina, ella non aveva cessato di esistere… né, tantomeno, avrebbe potuto cessare di esistere, con buona pace delle stesse Anmel. Ragione per la quale, se pur posta lì in secondo piano, se pur ridotta a un ruolo di mera sussidiarietà della propria ospite, ella non avrebbe potuto ovviare a tentare di opporsi, e di opporsi a quanto allora stava accadendo. In una lotta che, se pur non avrebbe magari potuto vincere, avrebbe per lo meno indebolito l’altra parte, costringendola, al contempo, a uno scontro sul piano mentale in aggiunta a quello già esistente sul piano fisico.

“Questo corpo è il mio corpo!” sancì, quindi, con fermezza, nel tentare di riaffermare la propria stessa personalità, e quella personalità così a lungo posta a tacere al punto tale che, quasi, aveva corso il rischio di estinguersi, annichilendosi all’interno della propria stessa mente “Il sono Carsa Anloch. Io sono una guerriera. Io ero nel gruppo dei quattro mercenari che hanno recuperato la corona perduta della regina Anmel Mal Toise… e non permetterò né a te, né ad alcun altro, di mettermi a tacere all’interno del mio stesso corpo!”

mercoledì 30 ottobre 2019

3079


Non fossero stati tutti troppo impegnati nel lottare contro le creature generate dal morbo cnidariano, di certo, quell’ennesimo cambio da parte del mutaforma non avrebbe potuto mancare di attrarre l’attenzione dell’intero gruppo, soprattutto laddove, allora, si stava lì offrendo inedito riferimento al reale aspetto della famigerata regina Anmel Mal Toise, un nome che, tanto per Lys’sh, quanto per Howe, Be’Wahr, H’Anel e M’Eu, non avrebbe potuto ovviare a risvegliare un certa, legittima curiosità, a suscitare un deciso, obbligato interesse, per colei in contrasto alla quale, già da troppi anni, l’una o l’altra versione di Midda si stavamo impegnando nella lotta. Per i quattro compagni di viaggio di Maddie, nonché coabitanti dello stesso pianeta d’origine di Midda e di almeno una Anmel, quel nome non avrebbe potuto ovviare a stuzzicare ulteriormente la fantasia nel ben rammentare quante leggende, quanti miti, avessero a dover essere riconosciuti legati a esso… gli stessi miti, le stesse leggende, dopotutto, che avevano motivato, più di dieci anni prima, non soltanto Midda, ma anche Howe e Be’Wahr, a rincorrere la conquista della corona perduta di quella stessa regina, e, in accordo con la Storia, di colei che, nel ruolo di Portatrice di Luce, prima, e di Oscura Mietitrice, poi, aveva segnato i secoli più oscuri della storia di Shar’Tiagh, figlia, in quei secoli lontani, in quelle ere dimenticate, dell’ultimo faraone di quello che, all’epoca, avrebbe avuto a poter vantarsi essere qual uno dei più straordinari e potenti regni del mondo, ben distante dalla morente caducità alla quale, per mezzo di lei, e dopo di lei, esso venne condannato. Per coloro, poi, a Midda, e alla sua storia personale, più vicini, come Howe e Be’Wahr, suoi antichi compagni di lotta, o come Lys’sh, sua attuale sorella d’armi, Anmel non avrebbe potuto mancare di rappresentare anche un altro, importante riferimento nell’aversi a riconoscere in quanto madre di Desmair, l’orrendo, semidivino sposo della stessa Figlia di Marr’Mahew, il quale, a sua volta, aveva giuocato molteplici ruoli, fra loro estremamente contrastanti, nella vita della stessa e, indirettamente, in tutte le loro vite, in quanto a lei così prossimi, con lei compartecipi di molte, troppe disavventure a lui riconducibili.
Che ella avesse quindi a dover essere intesa qual una terrificante minaccia per quanto occorso in quegli ultimi anni, che ella avesse a dover essere riconosciuta qual la madre del mostro conosciuto come Desmair, figlio mai amato e, anzi, da lei stessa esiliato in un piano estraneo a qualunque dimensione, o che ella avesse a dover essere temuta qual l’Oscura Mietitrice, nella memoria di quanto accaduto negli ultimi anni di gloria di Shar’Tiagh, centinaia, migliaia di anni addietro; il nome proprio della regina Anmel Mal Toise non avrebbe potuto ovviare ad attrarre l’interesse, l’attenzione generale di coloro lì presenti e, in qualche misura, relazionati a essa. Né, ancor più, avrebbe potuto ovviare ad attrarre la curiosità di tutti la possibilità di ritrovarsi, allora, a confronto con il suo aspetto fisico, con quello che, sotto molti punti di vista, avrebbe avuto a doversi riconoscere qual il volto del male…
… e un volto che, con buona pace di ogni pregiudizio, non avrebbe avuto a dover essere frainteso poi sì spiacevole. Anzi. Sotto ogni punto di vista, sotto ogni possibilità di interpretazione, l’immagine lì offerta dalla regina Anmel avrebbe avuto a doversi intendere qual contraddistinta da indubbio fascino, espressione di una bellezza esotica che, in altro contesto, associata ad altro nome, non avrebbe certamente contrariato il mascolino interesse di Howe, Be’Wahr o M’Eu.
Purtroppo per Howe, Be’Wahr e M’Eu, ma anche per Lys’sh e H’Anel, l’impegno che stava lì venendo loro richiesto in contrasto a quei mostri, e a quei mostri frutto dell’oscena contaminazione del morbo cnidariano, non avrebbe potuto garantire loro alcuna reale possibilità di distrazione, neppure nei riguardi del volto di Anmel. Non a meno di non volersi ritrovare, a loro volta, privati della propria vita e della propria identità, e tradotti, sgradevolmente, in una di quelle creature, finendo con l’essere quindi animati dall’unico interesse, dall’unica brama propria della morte dei propri stessi amici, di tutti i propri compagni e, più in generale, di chiunque avesse a volersi opporre ai folli piani della loro principale antagonista. E quella loro lotta, quel loro impegno, non avrebbe avuto a dover essere allor spiacevolmente frainteso qual semplicemente supplementare a quello delle due Midda in lotta contro Anmel, o chi per lei, giacché, obiettivamente, nessuna evidenza avrebbe avuto a poter legare il destino dell’una a quello degli altri, in termini nei quali, anche laddove l’una fosse stata sconfitta, gli altri avrebbero potuto quietamente condurre a compimento la propria sanguinaria opera. Complementari, quindi, ancor prima che supplementari, avrebbero avuto a doversi riconoscere quelle lotte parallele. E quelle lotte nelle quali, purtroppo, né su un fronte, né sull’altro, avrebbe avuto a dover essere riconosciuta particolare evidenza di successo.

« Di questo passo, vinceranno loro… » suggerì, priva di particolare entusiasmo alla prospettiva, la giovane ofidiana, costretta a eludere l’ennesimo attacco a proprio riguardo prima ancora di poter condurre a compimento il proprio altrettanto ennesimo tentativo a discapito di uno di quei mostri, e di uno di quei mostri che, purtroppo, soltanto pochi minuti prima, altro non avrebbe avuto a dover essere identificato se non qual una giovane militare di Loicare schierata sul loro fronte, e sfortunatamente a sua volta contaminata dal morbo « … abbiamo bisogno di una tattica migliore rispetto a questa disordinata mattanza. »
« Soprattutto abbiamo bisogno che questa mattanza non abbia a essere soltanto a nostro discapito. » osservò Howe, a sostegno dell’opinione della donna rettile « Idee a tal riguardo…?! » domandò, dimostrandosi più che aperto a qualunque suggerimento, senza ora particolare ragione di sarcasmo o ironia a margine di quell’interrogativo.

Purtroppo per tutti loro, la concitazione del momento non stava loro garantendo particolari occasioni di riflessione nel merito delle migliori alternative a rendersi proprie, in termini nei quali, allora, tutto ciò che avrebbero potuto riservarsi occasione di compiere sarebbe stato proseguire in quella già attuale direzione, pregando, ognuno i propri dei, di avere in ciò qualche speranza di resistere per più tempo rispetto ai propri nemici, a vendere quanto più possibile cara la propria pelle.
E così come, dal proprio personale punto di vista, Lys’sh, Howe, Be’Wahr, H’Anel o M’Eu non avrebbero avuto possibilità alcuna di interessarsi agli sviluppi del conflitto pur in corso lì a pochi piedi da loro; allo stesso modo Midda o Maddie non avrebbero potuto permettersi particolare occasione per seguire l’evoluzione del combattimento, o, forse, della mattanza, alla quale erano state costrette ad abbandonare i propri compagni, per tentare di tenere testa, in quel frangente, alla loro antagonista, chiunque ella avesse a doversi giudicare essere…

« Quando ci siamo scontrare nell’appartamento di Pitra Zafral… ti sei fermata in ubbidienza agli ordini dell’accusatore. » rievocò l’Ucciditrice di Dei, facendo riferimento al proprio primo momento di passato confronto con quel mutaforma « Fossi stata realmente Anmel, che ragione avresti mai avuto di frenare all’epoca l’incedere della tua mano?! Avresti potuto continuare a lottare e a lottare nella speranza di abbattere me e tutti i miei compagni lì schierati… »
“Perché non era lei!” tentò di gridare, in risposta a quell’osservazione, dall’interno della propria stessa mente, un’altra voce, e una voce che, purtroppo, ancor ebbe a restare inascoltata “Non era lei...!”
« Perché desideravo avere occasione di divertirmi ancora un po’ con tutti voi… » replicò tuttavia la voce di Anmel, rivolgendosi in risposta a quell’interrogativo « I tempi non erano ancora maturi. »
« Io non credo che sia per questa ragione. » escluse tuttavia la donna guerriero, scuotendo vigorosamente il capo e, a margine di ciò, ovviando alle negative conseguenze di un nuovo sgualembro a proprio discapito, con un agile balzo all’indietro « Il tuo comportamento è troppo incoerente, troppo incostante, per poter essere frutto di un solo intelletto… di una sola personalità. » rifletté, ad alta voce, percependo di essere squisitamente prossima alla verità, e a una verità alla luce della quale tutto quello avrebbe necessariamente avuto ad assumere un significato diverso « Thyres… non sapessi che è impossibile, direi proprio che sembri la mia vecchia amica Carsa! » concluse, storcendo le labbra verso il basso con disappunto, nel confronto con la futile assurdità propria di quell’affermazione, e di quell’affermazione che, purtroppo, nulla avrebbe mutato nello sviluppo di quegli eventi.

martedì 29 ottobre 2019

3078


A confronto con la primordiale essenza stessa della fenice, non una mera creatura mitologica, quanto e piuttosto l’incarnazione stessa del principio creativo dell’universo, della Portatrice di Luce, in opposizione al principio di distruzione proprio dell’Oscura Mietitrice; Midda non avrebbe potuto discriminare se, allora, per così come, nel multiverso, esistevano più versioni di se stessa, o di Anmel, avessero a esistere anche più versioni della stessa fenice oppure, eventualmente, essa fosse unica, e trascendente a qualunque piano di realtà. A prescindere, ciò non di meno, dal fatto che, allora, la fenice a qui Maddie stesse lì offrendo riferimento fosse a tutti gli effetti la “propria”, piuttosto che un’altra, indubbia avrebbe avuto a doversi riconoscere la fiducia che Midda, al pari di Maddie, non avrebbe potuto ovviare a destinare a quella figura… in termini tali per cui, allora, sol blasfemo sarebbe stato presupporre una qualsivoglia ragionevolezza dietro al discorso formulato da Anmel.
Ma se la fenice non aveva commesso errore di sorta con Maddie, nel depositarla nel proprio mondo natale perché lì avrebbe avuto ad attenderla Anmel; e se, ancora, la fenice non aveva trascurato la “fuga” di Anmel dal proprio mondo natale, là da dove altresì Maddie e tutti gli altri erano partiti non in virtù di un diretto intervento della fenice, quanto e piuttosto in conseguenza all’intervento, imprevisto e imprevedibile, della più giovane versione alternativa della propria defunta gemella Nissa, la brava Rín; una bizzarra incoerenza logica avrebbe avuto lì necessariamente a presentarsi alla loro attenzione. E una bizzarra incoerenza logica a soluzione della quale ineluttabile sarebbe stato arrivare a una conclusione che, per quanto assurda, avrebbe avuto a doversi riconoscere necessariamente qual vera…
… ossia che la creatura mutaforma lì innanzi a loro, a dispetto di ogni proprio proclama, non fosse realmente controllata da Anmel. Non, quantomeno, nell’idea più classica del termine, e in quell’idea alla base, per intenderci, del passato controllo di Anmel su Nissa o, in tempi presenti, del controllo di Desmair su Reel.
Ma se, davvero, quella creatura non avesse a dover essere giudicata qual vittima del controllo di Anmel, con chi stavano, allor, dialogando…?! Possibile che tutto quello avesse a intendersi, semplicemente, qual una messinscena orchestrata a loro uso e consumo…?! Eppure, a margine di tutto ciò, le vittime di coloro contagiati dal morbo cnidariano avrebbero avuto a doversi riconoscere più che reali, nella propria presenza accanto a loro, in quel momento.
No… qualcosa non tornava. Qualcosa ancora non quadrava in quel discorso. E non avrebbe potuto quadrare almeno fino a quando qualche altra zona d’ombra non fosse stata posta in luce, permettendo loro una maggiore visibilità su quel sicuramente complesso quadro d’insieme.

« Maddie… » richiamò allora l’attenzione della compagna, nel volersi rivolgere a lei e, ciò non di meno, nel volume proprio del tono da lei allor adoperato, nel non voler ovviare all’eventualità di essere ben ascoltata dalla loro comune antagonista « … questa non è Anmel. »
« Non è la “tua” Anmel… sì. » annuì l’altra, non comprendendo il senso di quell’intervento, laddove quel dettaglio era già stato precedentemente chiarito a sufficienza « E la cagna maledetta che sto inseguendo da anni attraverso il multiverso, responsabile della morte della mia mentore che, prima di me, si era già impegnata al fine di sconfiggerla, di ucciderla, anche a costo, in tale missione, di aver a rinunciare non soltanto alla propria vita, ma anche alla propria famiglia. » sancì, non priva di una certa rabbia, e di una necessaria rabbia nel confronto con l’elenco delle colpe di quell’empio essere, e di quell’empio essere che, avendo finalmente raggiunto, avrebbe avuto a dover uccidere, a qualunque costo, per porre finalmente termine alla follia di tutto ciò.
« Non è Anmel. » ripeté tuttavia Midda, escludendo fermamente tale analisi « Fosse Anmel, la “tua” Anmel, la fenice ti avrebbe condotta da lei, così come io sono stata portata sino a Loicare nell’inseguire la mia. » le illustrò, non esplicitando nulla di nuovo all’attenzione della propria interlocutrice e, pur, allora, ripetendole quanto da lei già saputo, per lei già noto, in termini tali da aiutarla a meglio confrontarsi con tale palese realtà.

Una realtà che, evidentemente, non ebbe a compiacere il soggetto in questione, il quale, evadendo dall’ennesimo attacco combinato delle due donne e slanciandosi all’indietro, si volle impegnare, ancora nel mentre di quello stesso combattimento, e di quello stesso combattimento così estemporaneamente posto in effimera sospensione, a mutare ancora il proprio aspetto, e a mutarlo, ora, innanzi ai loro interessati sguardi.
E in tal maniera, in termini a dir poco nauseanti, raccapriccianti, non soltanto nei propri effetti, ma anche, e ancor più, nelle proprie dinamiche, in conseguenza di una sorta di ribollire della propria carne al di sotto della pelle, e con l’inquieto suono, in sottofondo, di ossa infrante e immediatamente risaldate, quelle duttili membra ebbero ad abbandonare le sembianze proprie del capitano per assumere, ora, quelle di una giovane donna, e di una giovane donna dalla carnagione abbronzata, dai lunghi capelli nero-castani intrecciati un una cascata di sottili treccine, con occhi di un medesimo colore, lì straordinariamente intenso nel proprio apparire, al di sopra si alti zigomi ben marcati, di un sottile naso e di labbra delicate, in un quadro d’insieme indubbiamente non scevro di fascino nel proprio apparire e, ciò non di meno, non maggiormente identificabile, riconoscibile nella propria presenza, anonimo nella stessa misura in cui anonimo avrebbe avuto a doversi giudicare il volto canissiano da lei precedentemente assunto.

« Questa la conosci…?! » domandò, al termine di quello straordinario, e inquietante, processo, Maddie, cercando un qualche aiuto da parte della propria corrispettiva autoctona nell’identificazione di quella donna, e di quella donna che, alla propria memoria, non si poneva in grado di suggerire alcunché.

E se pur, d’istinto, la Figlia di Marr’Mahew avrebbe avuto lì a rispondere con un secco no, qualcosa, in quel volto chiaramente shar’tiagho, o, comunque, assimilabile a un volto di etnia shar’tiagha, non poté ovviare a stuzzicare il suo interesse, la sua memoria, suggerendo, attraverso un inquietante senso di déjà vu, l’idea di essersi già trovata a cospetto di quella giovinetta, di quella fanciulla di forse vent’anni, o poco più, benché, in verità, fosse ben consapevole di non averla mai veduta prima, di non avere la benché minima idea di chi ella fosse o, per meglio dire, di chi ella avrebbe voluto apparir essere, nell’escludere che, improvvisamente, il mutaforma avesse deciso di condividere la propria apparenza originale.
In silenzio, quindi, ebbe a restare Midda posta innanzi a quella donna, non potendo allor confermare alcuna relazione passata con la stessa e, ciò non di meno, non sentendosela neppure di negare tale occorrenza, in un dubbio che, proprio malgrado, non avrebbe potuto essere così facilmente liquidato per come avrebbe voluto poter compiere…

« Davvero…?! » protestò la creatura mutaforma, aprendo per un istante le braccia come a permettere di meglio rimirarla, al di là dei propri abiti, e di quegli abiti lì ormai divenuti di dimensioni imbarazzatamente grandi nel confronto con le esili proporzioni del proprio nuovo corpo, al punto di farla risultare persino più infantile di quanto non avrebbe voluto o potuto allor apparire, nell’offrire l’idea di una bambina intenta a provarsi gli abiti del padre « Mi mostro per la prima volta con il mio vero aspetto, e voi non vi degnate neppure di riconoscermi?! Che terribile mancanza di rispetto… » sancì, prima di tornare all’attacco, e di tornare all’attacco verso le proprie due antagoniste, e quelle due antagoniste ancor intente a cercare di comprendere con chi potessero star interloquendo in quel frangente.
« Anmel…?! » ipotizzò Maddie, arginando l’irruenza di quell’attacco con una ferma parata, e una parata che, speranzosamente, avrebbe potuto allor concedere, alla prontezza di riflessi della propria alleata, una fugace occasione utile per raggiungerla, e per porre finalmente fine a quell’assurdo confronto.
« Il suo aspetto, forse… ma questa non è Anmel! » insistette Midda, non rinnegando la conclusione già condivisa e, anzi, a essa appellandosi con forza, nel non voler riconoscere quella donna in quanto ciò che pur si stava tanto sforzando di apparire.

lunedì 28 ottobre 2019

3077


L’impegno dei due uomini, per aprire la via alla compagnia, fu rapido, puntuale e meravigliosamente efficace nella propria applicazione e nel proprio risultato. E laddove, un attimo prima, ella avrebbe avuto a doversi confrontare con una pericolosa barriera di creature generate dall’infausto contagio del terribile morbo cnidariano, nell’ineluttabile sfida alle quali avrebbe avuto non soltanto a doversi frenare nel proprio incedere ma, addirittura, avrebbe avuto probabilmente ragione di retrocedere, e retrocedere nella misura in cui non avrebbe avuto a desiderare aggiungersi a quel tanto empio schieramento; in grazia all’azione combinata di Be’Wahr e M’Eu, ella ebbe a riservarsi una quieta possibilità di passaggio al di là di quell’armata, per sospingersi senza ulteriore possibilità di indugio sino a raggiungere la propria versione più matura e, soprattutto, con lei, la sua avversaria… la propria avversaria.

« Anmel! » ruggì, giungendo a lei e pretendendo la sua attenzione in maniera diretta ed esplicita, che non avesse a riservarsi alcuna possibilità di fraintendimento « Che diamine stai combinando…?! » tentò di provocarla, nel rivolgersi a lei con un approccio volutamente confidenziale, benché, in verità, quella avrebbe avuto allora a doversi intendere qual la loro prima, reale occasione di confronto, e di confronto diretto, verbale, da sempre, avendo, sino a quel momento, soltanto combattuto un violento, un violentissimo conflitto a distanza.
« Mancavi giusto tu… » sospirò il falso capitano, scuotendo vigorosamente il capo « … la versione minore. » puntualizzò, rivolgendole quel titolo volutamente negativo, volutamente critico, che non avesse a riconoscerle alcun merito e che, anzi, si impegnasse a definirla qual nulla di più di un inatteso fastidio, per così come, anche, le parole successive ebbero a esplicitare « Sai… ancora non riesco a capacitarmi di come tu possa essere sopravvissuta tanto a lungo e, soprattutto, di come la fenice possa aver scelto te, fra tutte le Midda esistenti nel multiverso. Tecnicamente tu non sei neppure una Midda! » sorrise malevolmente, prima di volgere anche verso di lei un attacco, un’offensiva, accettando di coinvolgerla nel conflitto in corso, e nel conflitto nel quale, già, era coinvolta l’altra sua versione più matura.
« Stai davvero cercando di ricorrere allo scherno e alla provocazione come arma durante una disfida…?! » intervenne per tutta replica Midda, cercando di approfittare di quel presunto momento di distrazione della propria avversaria per portare a complimento un nuovo attacco, salvo, proprio malgrado, ritrovarsi nuovamente vanificata, nel proprio scopo, dalla vivace attenzione della stessa, la quale, pur impegnandosi allora in contrasto anche all’altra rossa, non volle mancare di offrirle parte della propria attenzione, del proprio tempo, per nullificare il senso di quell’ennesimo tentativo « Questa è una nostra tattica! »
« Non sto schernendo nessuno… » rifiutò tuttavia l’addebito l’altra, la quale, dopo aver evitato l’affondo della Figlia di Marr’Mahew, menò un rapido sgualembro in contrasto alla stessa, seguito, manco a dirlo, dal movimento utile a eludere il montante che, dal proprio fronte, anche Maddie cercò di dedicarle « E’ la pura e semplice verità dei fatti. E di quei fatti che, obiettivamente, escludono la tua nuova amica qual una reale minaccia per me… non laddove, in effetti, anche tu non puoi che essere considerata qual un puro e semplice momento di distrazione, di intrattenimento. » puntualizzò, a discredito, allora, anche della propria prima antagonista in quel duello « O, davvero, desideri illuderti di potermi sconfiggere…? Ho contemplato la morte di così tante Midda, ormai, da potermi meritare una certa sicumera nel mio approccio… »
« E’ strano che, a fronte di così tanta, proclamata, sicumera, tu abbia a dover ripetere così marcatamente il concetto… » osservò tuttavia Maddie, ancor tutt’altro che quietamente convinta dalla situazione, e dalla situazione nella sua generalità, nel suo complesso, motivo per il quale, sebbene avrebbe probabilmente fatto meglio a continuare a impegnarsi in contrasto alle creature frutto del morbo cnidariano, aveva lì deciso di cercare, a sua volta, un confronto diretto con la loro antagonista principale, a costo di interferire, in tal senso, con il duello della propria controparte « … sembra quasi che tu abbia a doverci convincere della tua identità. O, addirittura, abbia a dover convincere te stessa in tal senso… »
« Chissà… » ridacchiò il falso capitano, in risposta al tentativo di provocazione così riservatogli « … forse il ritrovarmi a confronto con un’altra me stessa sta riservandomi più occasioni di dubbio rispetto a quanto non avrei potuto ritrovarmi a credere possibile. » ammiccò, in quella che, ancor prima di una qualunque possibilità di conferma, volle ritrovarsi, in verità, a presentarsi più qual l’ennesima controbattuta a discapito della coppia, e di quella coppia che, in tutto e per tutto, avrebbe avuto lì a doversi riconoscere qual costituita da due versioni alternative della medesima figura « E’ una fortuna, per me, che l’altra Anmel non sia qui, in questo momento. O chissà a quali crisi di identità potrei mai andare incontro… »

Obiettivamente rallentata dal dolore al fianco, che pur, in tutto ciò, stava tentando di trascurare, e posta a confronto con un’antagonista decisamente degna di rispetto, a dispetto dei timori della propria versione più giovane e delle gratuite istigazioni della loro avversaria, l’Ucciditrice di Dei non avrebbe mai potuto riservarsi una qualche particolare occasione di critica a discapito di Maddie, non per la propria semplice esistenza in vita, né, tantomeno per essere intervenuta, e intervenuta, per inciso, a diretto contrasto di colei che, per quanto aveva inteso, avrebbe avuto a dover essere intesa qual una propria personale questione in sospeso. Non, soprattutto, a confronto con l’evidenza di quanto, benché in quel momento fossero addirittura in due in contrasto a quella mutaforma, essa si stava dimostrando in grado di reggere il confronto senza particolare evidenza di affaticamento e, anzi, con una certa esaltazione personale, e un’esaltazione personale probabilmente derivante dall’idea di avere, lì, addirittura possibilità di abbattere due di loro contemporaneamente. Dopotutto, per Midda, quella non avrebbe neppure avuto a dover essere fraintesa qual la prima, inedita occasione di confronto con una propria versione alternativa, essendosi ritrovata, in una bizzarra occasione, persino a schierarsi al fianco di un intero drappello di altre se stesse, in termini tali per cui, anche soltanto al fine di appellarsi reciprocamente l’una all’altra, avevano avuto a dover inventare una fantasiosa serie di soprannomi, e di soprannomi basati su particolari fisici differenti atti a poter permettere loro un’immediata identificazione.
In ciò, non soltanto Midda non volle riservarsi una qualche particolare occasione di critica a discapito di Maddie ma, anche, e ancor più, fu ben lieta di offrirle immediatamente una certa libertà d’azione in contrasto alla loro antagonista, cedendole volentieri le redini della situazione e lì riservandosi, a margine di tutto ciò, occasione per riflettere sulla questione, per così come presentata loro sino a quel momento. E su quella questione che, in effetti, avrebbe avuto a riservarsi così tante zone d’ombra da non poter in alcun modo aver a poter essere fraintesa qual banale. Anzi...
Zone d’ombra a incrementare l’annovero delle quali, a margine di tutto ciò, non mancò di riservarsi possibilità di intervento la stessa Maddie, aggiungendo un’altra domanda all’elenco delle proprie. E aggiungendo un’altra domanda che, in effetti, con la propria stessa formulazione, ebbe a stuzzicare in maniera più che positiva l’interesse della stessa Figlia di Marr’Mahew.

« A tal proposito… mi vuoi spiegare come accidenti hai fatto a eludere il controllo della fenice…?! » domandò la rossa più giovane, scuotendo appena il capo e la propria disordinata chioma « Tu, ora, dovresti essere a miliardi di anni luce di distanza da qui… dall’altra parte dell’universo: come hai fatto a giungere fino a qui senza che la fenice avesse ad accorgersi di ciò?! »
« La vera domanda è come quella vecchia gallina abbia potuto riuscire a inseguirmi fino a ora… » contestò l’antagonista, stringendosi appena fra le spalle, vanificando l’ennesimo, duplice attacco delle due controparti e subito impegnandosi per replicare, e per replicare con un tordo roverso che, con un po’ di fortuna, avrebbe potuto sventrarle entrambe in un sol gesto « Evidentemente, e fortunatamente, sta iniziando a perdere qualche colpo… e chissà che questa non sia la mia occasione d’oro, per chiuderla, una volta per tutte, non soltanto con te, ma anche con lei! »

domenica 27 ottobre 2019

3076


“Ehi… ci sono anche io, qui dentro!” protestò la diretta interessata, in risposta a quell’affermazione decisamente poco cortese nei suoi riguardi.

Una protesta, quella consumatasi all’interno della mente della mutaforma che, ovviamente, non ebbe a raggiungere la Figlia di Marr’Mahew, la quale, dal canto proprio, non poté ovviare a continuare a proseguire nella battaglia, nella più assoluta inconsapevolezza nel merito della reale identità della sua diretta antagonista.
Ma se inconsapevole di tale identità ella avrebbe avuto a doversi allor riconoscere, all’interno della mente della mutaforma qualcun altro avrebbe avuto, al contrario, a doversi definire decisamente più che consapevole dell’effettiva identità della propria avversaria, e di quell’avversaria a discapito della quale, in effetti, mai avrebbe desiderato rivolgere allora i propri attacchi, i propri colpi. E se pur, sino a quel momento, minima, se non nulla, era stata la sua possibilità di ribellione nei confronti di colei in quel momento in comando all’interno del proprio nuovo corpo, nel ritrovarsi così minimizzata nel proprio ruolo, nella propria importanza, al punto tale da essere in tal maniera schernita dalla propria carceriera, ella non poté ovviare a ritrovare una ferma volontà di ribellione, e una ferma volontà di ribellione utile, allora, a opporsi a quanto lì stava accadendo, e a rifiutare di poter essere realmente considerabile nei termini entro i quali, già, era allora stata considerata…

“Ombra a chi…? Insignificante donna…?!” ripeté, a non permettere a quell’effimera lucidità di smarrirsi, finendo soltanto per fare il giuoco dell’avversaria “Te lo faccio vedere io chi comanda qui dentro!”

Nel contempo di ciò, al di fuori di quella mente e di quel corpo, e al di là del duello in corso con l’Ucciditrice di Dei, l’altro conflitto, e il conflitto contro i mostri generati dal morbo cnidariano, stava proseguendo e stava, purtroppo, ritrovando anch’esso una certa situazione di stallo fra le due controparti. Perché se pur violenti e accesi avrebbero avuto a doversi riconoscere i colpi offerti dal fronte della resistenza, e di quella comune resistenza costituita tanto dagli amici di Midda, quanto dagli uomini e dalle donne della nave lì schieratisi al loro fianco, tali colpi, tale impeto, avrebbe avuto necessariamente ad apparire frenato nel giustificabile timore di poter essere a propria volta feriti da tali creature e, in conseguenza, finire, né più, né meno, come esse, non soltanto perdendo la propria vita, particolare decisamente già fastidioso, ma anche, e ancor più, ritrovandosi, proprio malgrado, a incrementare le schiere avversarie, per così come già a troppi, fra loro, era accaduto negli ultimi minuti.

« Maddie! » apostrofò Howe, rivolgendosi a colei che, allora, avrebbe avuto a dover essere considerata qual la più grande esperta nel merito di quei mostri, forse conoscendone ben poco ma, ciò non di meno, avendo avuto a che relazionarsi con essi in misura maggiore rispetto a chiunque altro lì presente « Ci serve un’idea risolutrice… o, di questo passo, non usciremo vivi di qui. » sottolineò, costretto, proprio nel contempo di tali parole, a ringraziare paradossalmente il proprio inerme braccio mancino in metallo dorato per la sua stessa esistenza, laddove utile, e utilizzato, come fermo blocco in contrasto all’assalto di una di quelle creature a proprio discapito, ovviando in grazia allo stesso a qualunque rischio di contaminazione nel contempo in cui, pur, non mancò di menare una serie di violenti affondi con la propria daga.
« Ti ringrazio per la fiducia che mi stai rivolgendo… » replicò quindi la più giovane versione della Figlia di Marr’Mahew, costretta a una bizzarra danza nel desiderio di non avere a concedersi ad alcuno fra i propri assalitori, nel saltellare agilmente da un lato all’altro e nel non riuscire, in tal senso, a portare a compimento un attacco sufficientemente violento da fare adeguatamente a pezzi almeno uno fra i propri antagonisti e, in tal senso, da ovviare a quell’insana rigenerazione cellulare che, a confronto con ogni attacco non mortale, ne vedeva nullificato ogni effetto nel giro di pochi minuti « … purtroppo in questo momento sono ancora ferma a “Non avrebbe dovuto essere nel nostro mondo…?!”. E, per quanto mi abbia a impegnare, non riesco a risolvere più di un problema alla volta! » sancì, continuando in quella danza, nell’arrestare la quale era consapevole, semplicemente, sarebbe morta.

Una battuta, quella allora promossa da Maddie, che pur non avrebbe avuto a dover essere fraintesa completamente qual tale, laddove, in effetti, una parte della sua mente ancora stava riflettendo nel merito della presenza di Anmel, e della “sua” Anmel, in quel luogo, in quel momento, a una tanto marcata distanza dal luogo ove la fenice l’aveva fatta giungere e l’aveva lasciata ormai non da giorni, settimane o mesi, quanto e piuttosto da anni.
Nella propria personale collaborazione con la fenice, nei propri viaggi da una dimensione a un’altra, il fattore chiave determinante era sempre stato quello proprio definito dalla necessità di inseguire Anmel, nel non volerle permettere di seminare ulteriore confusione attraverso la complessità propria del multiverso, non soltanto uccidendo varie incarnazioni di Midda, o Maddie, che dir si volesse, ma anche, e ancor più, creando delle sgradevoli interferenze fra realtà altrimenti estranee le une dalle altre, per così come, a titolo esemplificativo, lo stesso morbo cnidariano avrebbe avuto a dover essere considerato: nel proprio mondo natale, nella propria realtà originale, Anmel, addirittura, aveva condotto seco non soltanto quel morbo, con tutte le proprie spiacevoli conseguenze, ma anche, e addirittura, la stregoneria, e quella stregoneria che, al di fuori di lei, non avrebbe avuto a dover esistere e che, necessariamente, non avrebbe potuto che alterare lo stato d’equilibrio lì presente, in termini che, ove non arginati, ove non adeguatamente controllati, avrebbero potuto rivoluzionare completamente ogni concezione di realtà, precipitando le menti di coloro incapaci ad accettare tutto ciò nelle tenebre più oscure. Ma laddove, pur, sino a quel momento, la fenice si era sempre impegnata per esserle guida fra una realtà e l’altra, arginando l’incedere di Anmel e dei suoi malefici, tanto a discapito di altre Midda, quanto di altri mondi, in quell’ultima occasione, in quell’ultimo frangente, qualcosa doveva evidentemente essere mutato… permettendo ad Anmel di eludere il controllo non tanto suo, quanto della fenice, e, in tal senso, di muoversi sino dall’altra parte dell’universo senza che la fenice stessa giungesse ad avvisarla, a richiamarla all’ordine e a trasferirla là dove avrebbe dovuto essere, e là dove non sarebbe altresì mai sopraggiunta se non per una sorta di intuizione, o capriccio, della sua gemella Rín.
Perché la fenice non l’aveva condotta da Anmel? O, in alternativa, come accidenti era stata in grado Anmel di eludere tanto banalmente il controllo della fenice? E perché eluderlo salvo poi rivelarsi in maniera tanto banale, per così come, allora, stava compiendo…?!
Qualcosa non tornava. Non tornava nella mente di Maddie. Così come, invero, anche a confronto con il raziocinio di colei che pur, in quel frangente, si stava ritrovando a combattere quella battaglia in sua vece.

« Thyres! » bestemmiò, storcendo le labbra verso il basso « Be’Wahr… M’Eu… copritemi le spalle: voglio raggiungere Midda! » domandò ai propri fratelli d’arme, nel mentre in cui, modificando completamente l’ordine delle cose per così come mantenuto sino a quel momento, e quell’ordine conseguenza al quale soltanto uno sgradevole stallo si stava lì imponendo, nella speranza, in ciò, di riuscire a mutare il senso ultimo di quanto, allora, stava accadendo.

E nel clima di cieca fiducia e di fraterno cameratismo che, in quegli anni insieme, si era venuto a creare, né Be’Wahr, né M’Eu, a lei allor fisicamente più prossimi e, in questo e solo in questo, preferiti a Howe o H’Anel, ebbero a sollevare la benché minima obiezione nel merito di quella sua decisione, muovendosi immediatamente per così come richiesto loro e sostenendola, in quel frangente, per così come l’avrebbero sempre e comunque sostenuta in ogni momento.

sabato 26 ottobre 2019

3075


La figlia di Marr’Mahew non avrebbe avuto a poter essere fraintesa qual invincibile.
Benché il fatto che ella fosse ancora in vita ormai in prossimità ai propri nove lustri di vita, malgrado tutta la propria straordinaria esperienza di vita, e di una vita dedicata alla pugna e alla guerra, avrebbe avuto a dover essere riconosciuto qual la più viva testimonianza della sua mirabile abilità guerriera, e di un’abilità guerriera che non avrebbe avuto a dover fraintendere la possibilità d’eguali; proprio d’eguali ella aveva avuto molteplici occasioni di conoscenza nel corso della propria esistenza, ultime, ma non meno importanti, fra le quali, certamente anche Duva Nebiria e Har-Lys’sha: altre meravigliose donne, altre incredibili guerriere, in un confronto diretto con le quali, probabilmente, ella non avrebbe avuto a riservarsi facile giuoco e, anche laddove alla fine fosse riuscita a imporsi, ciò sarebbe accaduto più per la benevolenza di una sorte fausta ancor prima che per una propria, consapevole e inappellabile supremazia.
Pur, quindi, partendo dal presupposto di quanto ella non avrebbe avuto a dover essere fraintesa qual invincibile, e pur, ancora, partendo dal presupposto di quanto altre donne, e uomini, a lei pari in abilità non avrebbero avuto a dover essere esclusi arbitrariamente da ogni possibilità di naturale occorrenza, e di occorrenza all’interno della propria esistenza; coloro a lei pari, o superiori, non avrebbero avuto a doversi fraintendere in numero sì marcato, in un quantitativo sì elevato da poter essere intesi quali comuni… non laddove, se ciò fosse stato veramente tale, probabilmente ella non sarebbe riuscita a giungere né alla propria età, né alla propria particolare gloria, e, soprattutto, a quella notorietà per lei meritatamente propria nel proprio pianeta natale. E se pur, sotto molteplici punti di vista, Anmel, in ogni propria possibile incarnazione, avrebbe avuto a doversi riconoscere qual un’avversaria degna d’ogni rispetto, improprio sarebbe stato attribuirle, aprioristicamente, quell’abilità guerriera utile a tenerle testa… non laddove, nella propria esperienza passata, l’unica abilità guerriera propria della sua nemesi avrebbe avuto a dover essere riconosciuta, invero, qual direttamente conseguente all’abilità guerriera propria della di lei ospite di turno. Ospiti quali, per esempio, la sua gemella Nissa Bontor, nella comunione fra le quali, allora, Anmel Mal Toise era riuscita a raggiungere una pienezza di potere incredibilmente pericoloso. E pericoloso nella misura in cui, in effetti, Nissa Bontor avrebbe avuto a dover essere intesa, probabilmente, qual una delle poche persone a lei realmente superiori sotto il profilo guerriero.
Il ritrovarsi, pertanto, lì posta in una certa difficoltà dall’incessante sequenza di attacchi che il mutaforma, nelle sembianze del capitano della Rad Dak-Wosh, le stava imponendo, non avrebbe avuto a potersi giudicare qual qualcosa di atteso o previsto. Né, tantomeno, qualcosa di comune o prevedibile. Anzi. Tutto ciò avrebbe avuto a dover veder attribuito allo stesso mutaforma un profilo guerriero di indubbio prestigio… e quello stesso profilo guerriero che, del resto, ella aveva già avuto modo di constatare durante il confronto nell’appartamento dello stesso Pitra Zafral alcuni mesi addietro.

« Non so di chi sia il corpo di cui tu hai preso il controllo… Anmel. » riprese voce la donna guerriero, dopo aver schivato l’ennesimo affondo e aver visto il proprio ridoppio nuovamente fallire, quasi banalizzato nella propria stessa occorrenza « Quel che è certo è che questa creatura mutaforma è un abile guerriero. » sancì, con quieta convinzione nell’esprimere un tale giudizio « In che modo sei riuscita a piegarlo a te…?! Un combattente tanto esperto non dovrebbe essere sì facile da controllare… »
« Cerchi di farmi distrarre con le tue chiacchiere, Midda…?! » sorrise l’altro, scuotendo appena il capo « E’ un peccato, per te, che ormai io abbia ucciso così tante tue versioni alternative da ben conoscere ogni tua strategia. Anche in declinazioni che, probabilmente, tu stessa ignori. » dichiarò, con aria di esplicito scherno a suo discapito « Ergo… non illuderti di poter avere successo tanto facilmente nei miei riguardi, soprattutto facendo ricorso a trucchetti tanto banali. »
« Ehi… stavo soltanto cercando di far conversazione. » storse le labbra l’altra, a esprimere esplicito dissenso nel confronto con la supponente avversione della propria controparte « Mi incuriosisce davvero il tuo ospite… e, francamente, vorrei poterne sapere qualcosa di più: conoscere il suo nome, conoscere la sua storia… e comprendere come sia possibile che un guerriero di questa risma possa aver ceduto a te. »
« Non che avesse molte alternative, in realtà… » ridacchiò arrogantemente il falso capitano, scuotendo il capo « Già una qualunque, reale, creatura vivente potrebbe ben poco in contrasto a me. In questo caso, poi… beh… è già tanto per lei riuscire ancora a conservare qualche sporadico barlume di coscienza, nel ben considerare la sua particolare situazione. » dichiarò, dimostrando invero ben poco rispetto per la propria ospite, lì per la prima volta riconosciuta nell’impiego di una formulazione al femminile della sua identità.

Che le parole di quell’Anmel avessero ad apparire criptiche non avrebbe avuto a sorprendere la Figlia di Marr’Mahew… non laddove, in effetti, già più che sorprendente avrebbe avuto a doversi intendere la possibilità di un confronto diretto con una Anmel, in termini che, in passato, non le erano mai stati concessi, neppure in contrasto alla propria gemella e neppure nel momento in cui più, ella, aveva ceduto all’influsso negativo dell’Oscura Mietitrice.
Che le parole di quell’Anmel, tuttavia, avessero comunque a declinare al femminile l’identità del mutaforma avrebbe avuto a doversi intendere quantomeno bizzarro, soprattutto nel ben considerare quanto, in quel momento, ella stesse palesando qual propria un’identità maschile, così come, probabilmente, maschile avrebbe avuto a doversi supporre la sua identità già da lungo e per lungo tempo, quantomeno per tutto il tempo nel quale, a bordo di quella stessa nave, ella aveva dato loro la caccia dietro le mentite spoglie di Pitra Zafral. Perché, quindi, appellarsi a quella creatura ricorrendo proprio all’uso del femminile? O, per meglio dire, quale senso razionale avrebbe mai potuto avere definire al femminile una creatura in grado di mutare il proprio aspetto con la stessa facilità con la quale lì era stata loro offerta riprova essere in grado di compiere?!
Ipotizzando che quella creatura, sì aliena e sì estranea a qualunque comune conoscenza, non soltanto sua, ma anche di tutti i suoi amici della Kasta Hamina, fosse un esponente di qualche particolare specie aliena, magari ancor non conosciuta in quell’angolo di universo, o magari volutamente mantenutasi dietro le quinte, anche sfruttando tale proprio potere; semplicemente improprio sarebbe stato definirla al femminile. Soprattutto laddove, nella propria capacità di mutare aspetto, persino il proprio stesso genere sessuale avrebbe avuto a dover perdere razionalmente d’ogni valore. Ergo... quella creatura mutaforma non avrebbe avuto a dover essere fraintesa, effettivamente, qual originariamente tale. Ed, evidentemente, in un qualche passato, avrebbe avuto a doversi intendere qual una donna…

« E’ forse vittima di qualche altro esperimento…? » domandò Midda, continuando a combattere, continuando a menare colpi e a evitare ogni assalto della propria antagonista e, ciò non di meno, impegnandosi a ragionare per meglio comprendere la natura del proprio avversario, non per un qualche sfizio personale, quanto e piuttosto, ovviamente, per poterne cogliere, all’occorrenza, qualche fronte debole, qualche punto, fisico o non, sul quale poter fare leva per rivoluzionare quella situazione attualmente non a proprio vantaggio « Qualcuno si è divertito con lei come già è stato con i miei figli…?! » questionò, non potendo ovviare a riportare il pensiero a Tagae e Liagu, e all’atroce maledizione che su di loro era stata gettata da coloro i quali avevano deciso di impiegarli come cavie da laboratorio, per trasformarli in armi di distruzione di massa, in termini poi non così diversi da come, in un altro momento, in un altro contesto, qualcun altro di era dedicato ad alterare la natura dell’uomo un tempo conosciuto come Reel Bannihil, fornendogli quel corpo immortale ora sede della coscienza immortale di Desmair.
« Ma cosa te ne cale?! » scosse il capo Anmel, ancora disprezzando quel vano impegno nel quale ella stava lì volgendo la propria attenzione, e stava volgendo la propria attenzione nel compreso interesse, nel tutt’altro che originale intento di distrarla « Preoccupati di me, e lascia perdere quell’ombra insignificante della donna che un tempo era, senza mai essere stata! »

venerdì 25 ottobre 2019

3074


Ovviamente Midda Bontor non restò quietamente inerme ad attendere un sì tragico destino e, con un movimento deciso della propria destra, e di quella destra in lucido metallo cromato, si mosse a intercettare la lama dell’avversaria, bloccando con fermezza la risalita della stessa lungo le proprie carni.
E, sfruttando quel fugace momento di stallo, quel breve istante in cui al falso capitano non avrebbe potuto essere concessa ulteriore possibilità di danno a proprio discapito, la donna guerriero si riservò l’occasione di ben studiare la propria controparte, di ben tratteggiarla, a distanza ravvicinata, in essa nulla cogliendo che non avesse a potersi ritrovare, eguale, nell’originale Potr Lomic, sfumatura degli occhi e odore della pelle incluso, in termini tali per cui, obiettivamente, impossibile sarebbe stato avere a distinguere quella creatura mutaforma dall’originale… benché, ormai, a quella mutaforma fosse stato finalmente concesso un nome. E un nome privo di qualunque sfumatura positiva.

« Perché sei qui…? Perché ti sei intromessa in una guerra non tua…?! » le domandò, desiderosa di comprenderne le motivazioni, avendo l’occasione più unica che rara, mai concessale con la “propria” Anmel, di un confronto verbale, e di un confronto verbale, allora, con la sua reale coscienza, e non con la coscienza propria dello sventurato ospite di turno.

Ma prima ancora che il falso capitano potesse aver a ipotizzare di formulare una qualunque replica a suo discapito, la Figlia di Marr’Mahew non poté ovviare a rimproverarsi per la propria stolida superficialità. E per quella stolida superficialità che, per un istante, l’aveva portata a identificare la mutaforma qual, a tutti gli effetti, l’Anmel nemica di Maddie, senza considerare la realtà dei fatti, e quella realtà in grazia alla quale, esattamente come la “propria” Anmel e, ormai, così come anche Desmair, paradossalmente divenuto molto più simile alla propria genitrice rispetto a quanto, probabilmente, non avrebbe mai potuto desiderare essere, anche quell’Anmel avrebbe avuto a doversi riconoscere qual puro spirito, e, in ciò, un parassita, e un parassita che, per esistere, e per esprimersi in quanto tale, per interagire con il mondo, avrebbe avuto necessità di un qualche ospite, più o meno consapevole di quanto stesse accadendo, più o meno conscio della propria situazione.
Un ospite che, nel caso proprio di quella creatura mutaforma, a tutti gli effetti avrebbe avuto a doversi identificare nella stessa creatura mutaforma… e in una creatura mutaforma che, per qualche ragione ancor non meglio esplicitata, era lì finita per ospitare lo spirito di Anmel Mal Toise, finendone completamente soggiogata. In termini, purtroppo, non poi così diversi dal fato a cui ella stessa aveva egoisticamente condannato Reel Bannihil nel giorno in cui lo aveva destinato a diventare il nuovo corpo del suo sempre odiato, e pur ancor alleato, marito Desmair.

« A chi hai rubato questo corpo…?! » soggiunse quindi, a dimostrare di aver colto, sicuramente in maniera tardiva, la realtà dei fatti, e la realtà del fatti tali da veder, celati dietro a quella maschera, due volti… e due volti l’identità dei quali, in quel momento, non avrebbe avuto a doversi ancor considerare completamente chiarita, non, quantomeno, nell’ignoranza nel merito di chi, realmente, avesse a doversi considerare quella mutaforma.
« Ti importa davvero…?! » replicò l’altro, scuotendo appena il capo, prima di liberare la propria spada dalla presa di lei nel tentare di raggiungerla con un calcio, e con un calcio che, comunque, non le sarebbe risultato lì gradito, soprattutto a confronto con le costole già incrinate in conseguenza allo scontro con il tauriano.

Nuovamente distanti, i due contendenti, i due duellanti, restarono tali solo per il tempo proprio di un battito di ciglia, tempo sufficiente allora per constatare la propria posizione e tornare, ancora una volta, a cercare una reciproca carica, e una carica in conseguenza della quale, ancora una volta, il clangore delle loro armi ebbe a riempire l’aria all’interno del contenuto spazio di quella pur amplia sala mensa.
Una sala mensa nella quale, allora, Midda e l’“altra” Anmel non avrebbero avuto a doversi riconoscere qual le sole impegnate in una battaglia, quanto e piuttosto il fulcro centrale di un ben più amplio conflitto, e un più amplio conflitto nel quale, ancora, avrebbero avuto a doversi riconoscere impegnati tutti gli alleati dell’Ucciditrice di Dei, più qualche militare di Loicare, in contrasto al purtroppo sempre crescente numero di orride creature figlie del morbo cnidariano che, lì attorno, stavano continuando a mietere vittime, e a incrementare, di conseguenza, le proprie fila, i propri ranghi. E laddove incredibilmente chiara aveva avuto a riconoscersi immediatamente la minaccia rappresentata da quei mostri, dopo il pur comprensibile momento di panico inizialmente venutosi a creare fra le fila degli uomini e delle donne della Rad Dak-Wosh lì presenti, una buona parte di coloro ancora rimasti in zona, e non già scomparsi lungo i corridoi della nave, si erano così riorganizzati, e riorganizzati per muoversi in aiuto a coloro i quali, solo un istante prima, avrebbero avuto a doversi riconoscere in aperto contrasto. Perché ormai, in quel momento, in quel frangente, la questione non avrebbe avuto a doversi fraintendere qual semplicemente relativa a un confronto fra due diverse schiere, fra loro antagoniste, quanto e piuttosto una più primordiale lotta per la sopravvivenza… e una lotta per la sopravvivenza entro i confini della quale ben poco sarebbe potuto allor importare ogni carico pendente a discapito di quei ricercati, non laddove quegli stessi ricercati avrebbero lì avuto a doversi identificare qual i soli intenti, proprio malgrado, a tentare di contenere quella mortale minaccia.

« Mi fa piacere che abbiate cambiato opinione… » sottolineò Lys’sh, accogliendo con una certa soddisfazione, accanto a sé, due fra coloro i quali, poco prima, avrebbe avuto a dover riconoscere in proprio aperto contrasto « … attenti solo a non farvi ferire: qualunque cosa sia questo morbo cnidariano, è estremamente virulento nella propria diffusione. » lì raccomandò, nel non desiderare ritrovarsi, allorché con due nuovi aiuti, con eventualmente due nuovi avversari, e due avversari che, avrebbero reso ancor più complicato quel già non semplice confronto.
« Avevate ragione! » ammise uno dei due, un giovane apparentemente umano, dal fisico dinoccolato e dai rossi ricci, il sangue del quale, evidentemente, avrebbe avuto a dover prevedere anche qualche antenato chimera, nella presenza di piccole branchie ai lati del suo collo, per così come ci si sarebbe potuto attendere da un ichthisiano « Qualunque cosa si quella creatura, non è certamente il nostro capitano. » sancì, in riferimento al mutaforma, e a quel mutaforma le parole del quale, in quel mentre scambiate con la donna da dieci miliardi di crediti, non avevano potuto ovviare a giungere anche all’attenzione sua e dei suoi compagni, rendendoli edotti nel merito dell’imperdonabile errore di giudizio da loro stessi compiuto pocanzi, nell’affidarsi ciecamente agli ordini di colui erroneamente identificato qual Potr Lomic.

Nel riservarsi occasione di tale ammissione, tuttavia, il giovane mezzosangue ebbe a riservarsi un fugace momento di distrazione, e un momento di distrazione che avrebbe potuto costargli molto caro se, a margine di ciò, non fosse intervenuta prontamente H’Anel, ergendosi a sua protezione dalla carica di una di quelle creature e lasciando calare, al di sopra della stessa, non una, ma addirittura due daghe, in un duplice fendente che, se pur non ebbe ad aprire completamente in due quel mostro, ne raggiunse la vita, in una violenta esplosione di sangue e di altri maleodoranti fluidi corporei che, in quel contesto sempre più crudo, non avrebbero potuto ovviare ad accumularsi sui pavimenti, sulle pareti e, persino, sui soffitti della sala mensa, a riprova di quanto, ormai, i canoni concordati per quella battaglia avessero a doversi intendere decisamente diversi da ogni precedente convenzione.

« Meno chiacchiere, rosso… » lo rimproverò dolcemente la giovane figlia di Ebano, respingendo con un calcio il corpo ancor in agitazione del proprio avversario, e, in ciò, liberando le proprie due lame, per essere pronta a tornare a calarle su di esso, a completare il lavoro così iniziato « O il prossimo corpo che dovremo smembrare sarà il tuo, dopo che questi mostri lo avranno fatto proprio! » suggerì, in parole che avrebbero avuto a poter essere fraintese qual minacciose a suo discapito e che pur, altresì, avrebbero avuto semplicemente a dover minimizzare l’occorrenza di una ben più grave ombra lì allor proiettata, da quelle oscene creature, sul destino di tutti coloro presenti a bordo dell’intera nave.

giovedì 24 ottobre 2019

3073


Ovviamente, al di là del naturale incanto che avrebbe potuto conseguire nell’osservare all’opera la Figlia di Marr’Mahew, e nell’osservarla all’opera al pieno delle proprie potenzialità offensive, pur probabilmente, e proprio malgrado, frenata dal dolore conseguenza dei colpi ricevuti da parte del tauriano, nessuno dei suoi amici, nessuno dei suoi compagni d’arme, avrebbe potuto limitarsi allora alla mera contemplazione degli eventi, delegando soltanto a lei l’intera questione. Ragione per la quale, seguendo il suo esempio, in rapida sequenza, anche Lys’sh, M’Eu, H’Anel, Howe, Be’Wahr e, infine, Maddie, presero posizione in opposizione alle creature figlie del morbo cnidariano, animati dalla volontà di sterminare quei mostri prima che potessero incrementare eccessivamente il proprio numero, prestando, ineluttabilmente, importante attenzione a non commettere imprudenze tali per cui, a incrementare quello stesso numero potesse avere sciaguratamente qualcuno di loro.
Ma l’alto grido di Midda non ebbe a scuotere soltanto le coscienze dei suoi compagni, o di una parte degli uomini e delle donne della flotta di Loicare, quant’anche l’attenzione, l’interesse, di qualcun altro. E qualcun altro che, sino a quel momento, era lì stato presente senza, pur, avere possibilità di intervenire…

“… Midda!...” esclamò silenziosamente, entro i confini della propria stessa mente, osservando attraverso i propri stessi occhi, e quegli occhi che ormai non controllava più da molto, da troppo tempo, l’evolversi di quegli eventi, e quegli eventi nei riguardi dei quali, in verità, sarebbe stato difficile mantenere a lungo l’attenzione, in quel non dove nel quale si era ritrovata a essere intrappolata, e dal quale, allora, proprio quel grido, e quell’alto grido di battaglia, era riuscito comunque a giungere, pretendendo la sua attenzione.

Eccola lì: la sua amica, la sua sorella d’arme, la sua compagna di mille e più avventure, e, comunque, la sua avversaria, la sua rivale, l’unica donna che non era mai riuscita a vincere, o tantomeno a conquistare, né fisicamente, né emotivamente.
Era cambiata. Era molto cambiata in quegli ultimi anni. Per carità: probabilmente sempre meno di lei, e di lei che, ormai, non avrebbe neppure più avuto a potersi riconoscere padrona del proprio stesso corpo, e di un corpo che, a tutti gli effetti, improbabile sarebbe stato definire qual effettivamente il proprio. Però anch’ella era cambiata. Gli anni erano comunque stati gentili con lei, e, all’antica chioma nera, aveva deciso di sostituirne una rossa; così come all’antico e rozzo braccio artificiale, animato in grazia di qualche mai meglio definita stregoneria, ora aveva preferito un nuovo arto, più snello, più elegante nelle proprie forme e proporzioni, che in luogo al nero metallo dai rossi riflessi di un tempo, or mostrava una superficie chiara e lucida, cromata nella propria apparenza…
… no. Non era cambiata di molto. L’aveva già veduta così!
Era difficile, per lei, riuscire a riordinare i propri pensieri, le proprie idee, relegata qual si poneva in un remoto angolo della propria stessa mente, laddove, a farla da padrona, avrebbe avuto a doversi riconoscere una coscienza a lei aliena, e una coscienza che pur, su di lei, stava allor predominando, costringendola a vivere una vita che non era neppur realmente sicura di voler o di poter vivere, e, sicuramente, ad agire, in essa, secondo percorsi che non avrebbe mai voluto abbracciare.
O forse sì…?!
In fondo tale era da sempre stato il suo rapporto con Midda: amiche e nemiche, alleate e avversarie, nella misura in cui, mercenarie entrambe, si fossero ritrovate a dover rivolgere fedeltà a diversi mecenati e, in questo, pronte a menar battaglia anche all’ultimo sangue… e pur, invero, a un ultimo sangue che, fra loro non era mai giunto. Vuoi per un’abilità guerriera praticamente equivalente, vuoi per il reale disinteresse, per entrambe, a giungere a tanto, nel preferire, piuttosto, la provante sfida a qualunque più drastica, e irrimediabile, conclusione.
Però ora a voler combattere contro di lei non avrebbe avuto a doversi riconoscere ella stessa, quanto e piuttosto la creatura a lei aliena che aveva preso il controllo della sua mente, e di quel suo corpo. E che alcun riguardo, che alcuna grazia avrebbe avuto a rivolgerle, nel ricercare, nell’invocare solo e unicamente la prematura conclusione della sua esistenza mortale…

“… Midda… sono qui! Sono io!” tentò di gridare verso l’amica, benché mute le sue labbra o, per meglio dire, le labbra del falso capitan Lomic ebbero quindi a restare, preferendo, anzi, allorché aprirsi in un qualsivoglia genere di nostalgico sorriso, piegarsi verso il basso, in una smorfia carica di disappunto nel confronto con la rinnovata energia che, in tutto quello, l’Ucciditrice di Dei stava riuscendo a dimostrare… e a dimostrare nell’abbattere il proprio primo antagonista, squarciandolo, letteralmente, in due, nel dividere longitudinalmente due metà speculari di quel corpo e nel lasciar precipitare a terra, quindi, due tronconi ancor, per qualche istante, animati nelle proprie membra, benché allor già destinati all’oblio.

E laddove, tutt’altro che in entusiastico favore della Figlia di Marr’Mahew, avrebbe avuto a doversi riconoscere, nel ritrovarsi innanzi all’evidenza di quanto, malgrado tutti i combattimenti già affrontati, tutte le battaglie nelle quali già si era dovuta impegnare sino a quel momento, la donna guerriero avrebbe avuto a doversi considerare tutt’altro che destinata a una quieta sconfitta per mano dei mostri lì evocati; la coscienza predominante all’interno della confusa identità della creatura mutaforma decise di non riservarsi, ulteriormente, possibilità di evasione da quel già troppo a lungo procrastinato scontro, nel valutare esser giunto alfine il momento di aggiungere l’ennesima Midda alla propria già lunga lista di vittime, e di vittime collezionate attraverso molteplici dimensioni alternative, molteplici realtà fra loro parallele.
E senza che a nulla potesse valere l’opinione dell’altra coscienza lì presente, e di quella coscienza altresì partigiana per la donna guerriero, Potr Lomic, già Pitra Zafral, abbandonò il proprio ruolo di distaccato osservatore degli eventi, e manipolatore degli stessi, per ritornare ad agire all’interno dei medesimi, riservandosi la propria possibilità di intervento, e di intervento diretto, e pretendendo il proprio posto all’interno di quel conflitto, nel precipitarsi, non senza palese insoddisfazione, in contrasto a quella propria imprevista antagonista principale.

« Anmel Mal Toise… suppongo. » constatò Midda Bontor nel levare la propria daga a protezione del proprio stesso corpo, per arginare, e deviare, l’irruenza propria del fendente che, sopraggiungendole alle spalle, avrebbe potuto riservarle una sorte non dissimile da quella del mostro da lei appena abbattuto e, invero, una sorte che non avrebbe potuto apprezzare qual eventualmente propria.
« Se preferisci chiamarmi in questo modo… » si strinse fra la spalle il capitano della Rad Dak-Wosh, minimizzando il valore di quell’informazione, e dell’informazione che, nella quieta fierezza con la quale era stata lì scandita, avrebbe potuto essere fraintesa qual celante un qualche importante segreto, e un segreto che, altresì, da parte della medesima, non volle essere esaltato nella propria stessa natura.
« Non l’originale. » escluse tuttavia l’altra, scuotendo il capo e cercando di ricambiare la cortesia tributatale in quel fendente con un violento sgualembro roverso, e uno sgualembro roverso che, speranzosamente, avrebbe avuto occasione di ben sorprendere l’antagonista, sancendo l’immediata conclusione della sua fastidiosa esistenza.
« Hai una visione quantomeno provinciale dell’esistenza e del multiverso, se ti vuoi mettere realmente a parlare di originali e di copie. » sottolineò, per tutta replica, l’uomo, aggrottando appena la fronte e reagendo con quieta naturalezza a quel colpo, nell’arginarne l’impeto e nel ridirigerlo verso il nulla, a ovviare a qualunque possibilità di danno per sé in conseguenza di ciò « E dire che, da come ti hanno descritta, mi sarei aspettata un’avversaria di altro livello. » puntualizzò, trasformando la parata nella quale si era appena impegnata in un montante, e un montante che, ove fosse giunto a compimento, avrebbe letteralmente sventrato la propria interlocutrice, senza che, da parte sua, vi fosse il benché minimo battito di ciglio.

mercoledì 23 ottobre 2019

3072


« Quindi stiamo lottando, ancora una volta, contro la “tua” Anmel…?! » osservò, forse con ingenuità, e pur con mirabile precisione, il buon Be’Wahr, ponendo l’accento su quella questione non poi così di secondaria importanza, e rilevando quanto, nella palese presenza di quei mostri, ancor prima che la “loro” Anmel, autoctona di quella realtà, facile sarebbe stato ipotizzare l’intervento dell’altra Anmel… e di quella stessa Anmel che già aveva attentato alle loro esistenze all’interno del tempo del sogno, per interposto intervento del proprio vicario, secondo-fra-tre.
« Non avrebbe dovuto essere nel nostro mondo…?! » domandò Howe, una volta tanto non attaccando il fratello per quella propria opinione, e quella propria opinione invero estremamente sensata, e, anzi, partendo dal presupposto di quanto, effettivamente, egli avesse lì allora ragione, e avesse ragione nel definire l’identità dell’Anmel lì schierata in loro opposizione, in totale contrasto rispetto a qualunque ipotesi compiuta sino a quel momento.
« E’ lì che la fenice mi ha lasciata… ergo… » commentò, non senza una certa, intima e personale confusione, la stessa Maddie, nel non poter trovare ragione di argomentare in senso contrario l’ipotesi allor formulata dal proprio biondo compagno e, ciò non di meno, non potendo neppure comprendere le ragioni di quanto lì potesse star accadendo, e della presenza, fra le stelle dell’immensità siderale, della propria nemesi, della propria antagonista, là dove, in effetti, in opposizione a un’altra Anmel avevano valutato di sospingersi nel muoversi in aiuto alla Figlia di Marr’Mahew, alla propria corrispettiva locale.
« Scusate se non mi riservo il tempo di sconvolgermi al pensiero di quale dannatissima Anmel possa essere in questo momento in nostra opposizione… ma tu hai già affrontato questi mostri, quindi?! » intervenne in maniera decisamente brusca la stessa Midda Bontor, che sino a quel momento aveva concesso ai propri compagni quel breve confronto, salvo, a margine di ciò, mantenere sotto controllo l’evoluzione del fenomeno, e di un fenomeno che, loro malgrado, era in rapida, rapidissima crescita, nel presentare, ormai, già una mezza dozzina di quei mostri innanzi al loro sguardo… una mezza dozzina che, in breve, avrebbe sicuramente raggiunto la dozzina e anche più, se non fossero usciti da quel momento di stallo per prendere posizione a loro discapito « Come li fermiamo? »
« Sono estremamente coriacei… » puntualizzò Maddie, stringendo maggiormente le dita della mano destra attorno alla daga che, in quel momento, si stava ritrovando a impugnare, sbiancando completamente le proprie già eburnee nocche, nel prepararsi psicologicamente, ancor più che fisicamente, a quell’empio confronto « … ma possono essere fatti a pezzi e uccisi, come ogni creatura vivente! »
« Beh… il fatto che non siano degli zombie, o simili, è già qualcosa. » constatò con una certa soddisfazione l’altra donna dagli occhi color ghiaccio e dai capelli color del fuoco, per quanto, a sua volta lì potenzialmente armata solo con una delle daghe sottratte ai militari di Loicare, non avrebbe potuto ovviare a sentire la mancanza, al proprio fianco, della propria storia spada, di quell’arma bastarda che ormai da quasi quindici anni la stava accompagnando, condividendo con lei straordinarie storie di incredibili successi così come anche, talvolta, spiacevoli sconfitte, e, ciò non di meno, essendo sempre pronta a gettarsi nella mischia all’occorrenza « Facciamoli a pezzi e uccidiamoli, quindi, prima che abbiano a crescere ancor in numero! » sancì, inspirando profondamente aria nei propri polmoni prima di impegnarsi in un alto grido.

Un alto grido quello nel quale l’Ucciditrice di Dei, la Campionessa di Kriarya, volle allor impegnarsi che, in quel particolare frangente, non avrebbe avuto altra funzione se non quella di proclamare la ripresa del conflitto dopo quell’estemporanea interruzione, e la ripresa del conflitto, allora, non tanto in contrasto agli uomini e alle donne, umani e chimere, della Rad Dak-Wosh, quanto e piuttosto in opposizione a quella nuova minaccia, e a quella minaccia lì comune, a confronto con la quale, tuttavia, colti alla sprovvista, i militari di Loicare altro non avrebbero potuto riservarsi occasione di compiere se non fuggire, e fuggire in maniera disordinata, con buona pace per ogni orgoglio guerriero.
Ma se naturale panico non aveva potuto ovviare a sorgere fra le fila di Loicare a confronto con l’oscena minaccia rappresentata da quelle bestie immonde, e da quelle bestie immonde che stavano venendo sgradevolmente originate dai corpi stessi dei loro compagni e delle loro compagne, quegli uomini e quelle donne che loro conoscevano bene e che, in rapida successione, stavano cadendo sotto i colpi dei mostri divenendo a propria volta nuovi mostri assetati di sangue; quel grido, quell’alto grido di battaglia del quale la donna riconosciuta qual loro principale antagonista sino a quel momento si stava quindi rendendo protagonista, non poté ovviare a richiamare la loro attenzione, a pretendere la loro attenzione, imponendo a una buona parte fra loro di fermarsi, di arginare la propria fuga, per voltarsi a guardare cosa sarebbe accaduto, e cosa sarebbe accaduto nel momento in cui la terribile donna da dieci miliardi di crediti si fosse ritrovata a confronto con quelle creature mostruose, la cui sola esistenza in vita stava apparendo priva di ragion d’essere ai loro stessi sguardi.
E se, con il proprio alto grido, ella non avrebbe potuto essere meno che consapevole di star attirando a sé l’attenzione comune, pretendendo qual proprio un ruolo da protagonista in una situazione potenzialmente avversa, colei che aveva reso della guerra la propria stessa ragion di vita, non in maniera sterile e fine a se stessa, ma per offrire alla propria vita un significato attraverso la propria stessa affermazione fisica al di sopra di ogni avversario, mortale o no che questi potesse essere, non mancò lì di offrire spettacolo, e di offrire il più mirabile spettacolo che mai sguardo avrebbe potuto immaginare d’aver occasione di contemplare, e di contemplare in un tale contesto. Perché la Figlia di Marr’Mahew non avrebbe avuto a doversi fraintendere qual una semplice donna guerriero: rendendo onore a quell’appellativo, e a quell’appellativo a lei tributato dagli abitanti di una piccola isola del proprio mondo, ella avrebbe avuto a doversi riconoscere piuttosto qual la figlia della dea della guerra, se non, addirittura, guerra ella stessa. E in ogni propria movenza, in ogni proprio gesto, allora più che mai, la concretizzazione di tale concetto non avrebbe potuto ovviare a ritrovare la propria espressione più piena.

« … Thyres… » sussurrò in un alito di voce la stessa Maddie, semplicemente rapita dalle movenze della propria corrispettiva, e da quei gesti, quelle azioni, capaci di rendere proprio l’incanto stesso della Creazione nel contempo della più spaventosa e violenta distruzione.
« Devo ammettere che tutto questo mi era mancato. » annuì Howe, per tutta risposta, rimembrando allora più che mai le ragioni per le quali egli non avrebbe potuto ovviare ad amare quella donna, pur consapevole di quanto mai sarebbe potuta essere propria, e amarla, in ciò, con lo stesso sentimento, con la stessa ammirazione con la quale si sarebbe potuto amare lo splendore delle stelle del firmamento, l’incanto di una nuova alba o di un rosso tramonto, nella consapevolezza dell’immensità propria di tutto ciò, e di quanto, necessariamente, tutto ciò sarebbe sempre e comunque rimasto a una distanza troppo elevata da sé, e dalla propria semplice, umana mortalità.

Ove, infatti, sino a quel momento, in contrasto agli uomini e alle donne della Rad Dak-Wosh, e persino in contrasto all’enorme tauriano che, contro di lei, tanto si era avventato, imponendole anche notevole e doloroso danno, ella non aveva mancato di frenare i propri colpi, di moderare la propria piena espressione guerriera; innanzi a quei mostri, e a quei mostri che altro destino non avrebbero avuto allor a potersi riservare se non la morte, e non qual espressione di brutalità, quanto e piuttosto in difesa all’idea stessa della vita in contrasto alla quale, altrimenti, ogni azione, ogni gesto di quelle empie creature non avrebbe potuto mancare di agire, in piena ubbidienza alla folle e omicida brama di sangue della loro creatrice, ella non avrebbe potuto avere ragione di moderarsi, non avrebbe potuto trovare motivo utile a frenare i propri colpi. E, anche in assenza della propria spada bastarda, e di quella lama che, altresì, non avrebbe potuto mancare di completare in maniera naturale la propria stessa essenza, non qual un arma, quanto e piuttosto qual una vera e propria estensione del suo corpo; ella non poté ovviare a sfiorare la magnificenza propria della perfezione nel proprio agire… e nel proprio agire in contrasto a quegli immondi antagonisti.

martedì 22 ottobre 2019

3071


« Grazie per il consiglio… » sussurrò fra sé e sé il falso capitano, sfoderando un corto pugnale soltanto per andare a conficcarlo, in profondità, nella schiena della prima persona che ebbe a capitargli a portata di mano, non un avversario, non un antagonista del gruppo di Midda, quanto e piuttosto un supposto alleato, un membro della flotta di Loicare, il quale, in tal maniera, ebbe a scoprire nel peggiore dei modi possibili quanto, in effetti, la donna dagli occhi color ghiaccio avesse ragione nel merito di quanto lì stava occorrendo, e di quanto, loro malgrado, fossero stati tutti estremamente sciocchi a non riservarsi alcun dubbio in favore di quanto da lei suggerito, di quanto da lei proposto.

Ma se a dir poco plateale fu quell’assassinio a sangue freddo, decisamente indifferente a tutto ciò ebbe a dimostrarsi la folla lì circostante, non tanto per disinteresse nei riguardi della sorte del loro compagno, quanto e piuttosto in conseguenza della concitazione esistente, e di quella concitazione in grazia alla quale l’unica minaccia, l’unico pericolo sarebbe stato inteso provenire dal fronte anteriore, dalla donna da dieci miliardi di crediti o dai suoi compagni, e non, certamente, dal loro capitano, e da quel capitano che non perdeva occasione per incalzarli, per entusiasmare le loro fila e incitarli a quella pugna.
E di lì a pochi istanti, le conseguenze peggiori di quella morte ebbero a manifestarsi, e a manifestarsi in conseguenza a un’evocazione, e a un’evocazione che, sussurrata nell’orecchio del moribondo, vide lì richiamato alla luce un male antico, un male orrendo, proveniente da un altro mondo, da un’altra realtà, e che pur la regina Anmel avversaria di Maddie era riuscita, in qualche modo, a incanalare nella propria magia, a veicolare con la propria stregoneria, allo stesso modo in cui, abitualmente, la regina Anmel avversaria di Midda avrebbe avuto a doversi riconoscere confidente con orde di zombie, forse e proprio per un qualche genere di affinità elettiva di tali due terribili piaghe, di tali due orrende maledizioni, e di tali piaghe, tali maledizioni, atte a negare, in morte, qualunque identità fosse stata propria in vita, e a diffondersi, a spargersi a macchia d’olio attraverso le proprie stesse vittime, attraverso nuove uccisioni, in un osceno crescendo a confronto con il quale persino la terrificante nomea propria della Sezione I avrebbe probabilmente avuto ragione di essere posta in secondo piano. Così, colui che soltanto pochi attimi prima avrebbe avuto a dover essere riconosciuto qual un uomo umano, dal fisico aitante e dai biondi capelli, vide il proprio volto, e il proprio intero capo, dischiudersi in due parti, quasi fosse, su di lui, calata un’enorme spada invisibile, atta a spaccarlo esattamente lungo il proprio asse longitudinale, salvo, da quella supposta ferita, non veder fuoriuscire sangue, o interiora, quanto e piuttosto due lunghe, lunghissime file di sottili e aguzzi denti, a circondare quella nuova e oscena bocca che, in tal maniera, avrebbe avuto a dover essergli attribuita, e quell’oscena bocca che, senza esitazione alcuna ebbe a liberare nell’aria un alto grido, prima di avventarsi, famelica, sulla prima persona innanzi a sé, priva di qualunque motivazione se non un qualche viscerale odio in contrasto alla vita, e alla vita nella sua totalità.
Ma se pur l’atto all’origine di tutto ciò era riuscito a passare inosservato, nella confusione caotica di quella battaglia, gli effetti di tale atto non ebbero, egualmente, a essere ignorati da coloro lì presenti, i quali, in maniera improvvisa e inspiegabile, si ritrovarono così aggrediti alle spalle da una… anzi due creature uscite dal peggiore degli incubi, creature che, senza alcun perché, ebbero ad avventarsi contro di loro, travolgendoli con devastante foga e mietendo, rapidamente, nuove vittime.

« Per la miseria… » gemette Maddie, sgranando gli occhi a confronto non tanto con l’immagine di quanto stava lì già occorrendo, ancora troppo distante da lei per esserle chiaro, quanto e piuttosto con il raccapricciante grido proprio delle creature figlie del morbo cnidariano, quel grido che, nella sua mente, non avrebbe potuto che essere impresso a fuoco, con tutto il proprio carico d’orrore « … non può star succedendo davvero! »
« … cosa?! » domandò Midda, non comprendendo, e non avendo, del resto, chiavi di lettura utili a comprendere quanto stesse accadendo.

Ma prima di qualunque possibile risposta, un’onda di panico non poté ovviare di generarsi nelle schiere innanzi a loro, vedendo retrocedere improvvisamente qualunque possibile percezione di minaccia a loro attribuibile, nel confronto con qualcosa di più impellente, di più pericoloso, per quanto difficile, un istante prima, sarebbe stato immaginare qualcosa di più pericoloso della stessa donna da dieci miliardi di crediti.
E dalle retrovie, coloro i quali pocanzi sgomitavano nella volontà di giungere a loro, e di ingaggiare con Midda e con i suoi alleati battaglia, si videro lì sgomitare con ancor più foga, con ancor più urgenza, non più animati da quell’intento, quanto e piuttosto dalla volontà di sfuggire all’orrore che li stava raggiungendo alle spalle, nell’essere travolti dal quale, allora, avrebbero avuto soltanto a vedersi condannati a divenirne parte integrante, in un fato sicuramente ben peggiore di qualunque altro fato mai Midda Bontor, o chi per lei, avrebbe potuto loro assicurare.

« Per Lohr… che accidenti dovrebbero essere quei mostri?! » commentò Howe, osservando con disgusto quelle creature, e quelle creature, per carità, non peggiori di altre già affrontate nel corso della propria vita, ma quali mai avrebbe potuto lì attendersi di incontrare, e di incontrare nel mentre di una battaglia qual quella che lì stavano conducendo per appropriarsi della nave, in un concetto sufficientemente generico da poter essere ben apprezzabile, e apprezzato, persino da loro, così estranei, così alieni a tutto ciò che li stava lì circondando.
« Vi ricordate quando vi ho parlato della terribile fine della Midda che è stata per me salvatrice, nonché mentore…?! » tentò di rievocare Maddie, in direzione di Howe e Be’Wahr, ma anche di H’Anel e M’Eu, suoi compagni di ventura già prima di quel momento, e con i quali, nel merito delle proprie vicissitudini passate aveva già avuto amplia occasione di confronto « Ecco… quelli sono gli effetti del morbo cnidariano! » puntualizzò, per nulla entusiasta di essere posta a confronto, ancora una volta, con tutto quello.

In verità, nel corso degli ultimi anni, e di quegli ultimi anni nel corso dei quali, prima, ella era stata peregrina attraverso le più varie dimensioni parallele e, poi, ella si era ritrovata a colmare il vuoto lasciato dalla Midda titolare di quel piano di realtà nel di lei mondo natale, Maddie aveva avuto molteplici occasioni utili a ritrovarsi a confronto con orrori decisamente peggiori, e più coriacei di quanto mai quei mostri avrebbero avuto a dover essere intesi, in termini tali per cui, allora, non avrebbe avuto a dover realmente temere la sfida che lì stava venendo loro offerta dall’insorgere di quelle creature… non, quantomeno, in misura maggiore rispetto ad altre sfide, ad altri avversari affrontati nel corso del tempo.
Ciò non di meno, la visione di quei mostri, di quelle creature, non avrebbe potuto ovviare a rievocare in lei ricordi della propria vita passata, della giovane donna che era un tempo, e di quella figura debole, ingenua, impacciata che, certamente, sarebbe morta, e sarebbe morta in maniera decisamente raccapricciante, quella sera nel proprio appartamento, se soltanto una Midda Bontor, anch’essa viaggiatrice dimensionale, non fosse sopraggiunta per tempo nel suo appartamento, e non avesse avuto a prendere il controllo della situazione nel momento in cui una creatura in tutto e per tutto simile a quelle lì, allora, ricomparse, aveva fatto la propria apparizione con il solo, evidente intento di porre prematura conclusione alla propria vita. E nel ricordo di quanto, tuttavia, proprio quella stessa Midda Bontor, alcuni mesi più tardi, aveva a sua volta trovato prematura conclusione alla propria esistenza trasformandosi in una di quelle creature, in uno di quei mostri, e costringendo, di conseguenza, lei, sua allieva, a porre fine all’esistenza della propria insegnante, della propria maestra d’arme e di vita; Maddie non avrebbe potuto ovviare a provare un profondo senso di angoscia, di smarrimento, ogni volta che tali mostri sarebbero tornati a presentarsi nella propria quotidianità, facendola improvvisamente precipitare, a livello psicologico, nell’abisso del tempo, in una regressione emotiva priva d’ogni possibilità di controllo razionale, per quanto, pur, ella avrebbe desiderato riuscire a superare quel consapevole trauma.

lunedì 21 ottobre 2019

3070


La seconda battaglia per la Rad Dak-Wosh, se possibile, risultò ancor più violenta rispetto alla prima. Anche e soprattutto perché, con il progredire del tempo, e il credere della stanchezza, soprattutto sul fronte di Midda Bontor e dei suoi compagni, i loro colpi iniziarono a divenire, ineluttabilmente, più violenti, in termini tali per cui, proprio malgrado, ogni buon proposito da parte della stessa Figlia di Marr’Mahew risultò presto vano… seppur, ancora, il sangue di nessun morto ebbe a ricoprire il pavimento della sala mensa. Ma l’amplio ventaglio di possibilità fra l’assenza di qualsivoglia morto e l’assenza di qualsivoglia danno avrebbe avuto a dover essere riconosciuto qual allora meglio esplorato, soprattutto nella direzione delle ferite non letali e, ciò non di meno, neppur gradevoli. Così come, obiettivamente, nella direzione di coloro che, pur non ancor morti, avrebbero avuto a dover iniziare a sperare di avere presto a morire, fosse anche e soltanto per non provare più il dolore che, in quel negativo crescendo, iniziò a essere dispensato da parte del fronte dei prigionieri ribelli. Non che, di tutto questo, la stessa donna dagli occhi color ghiaccio e dai capelli color del fuoco avrebbe avuto a doversi considerare particolarmente soddisfatta… anzi.
Purtroppo, in una vera e propria bolgia di persone e di persone armate di lame, difficile, estremamente difficile, sarebbe stato riuscire a commisurare i colpi. E non tanto i propri stessi colpi, quanto e piuttosto i colpi antagonisti, quei colpi che, necessariamente deviati per non vederli raggiungere le proprie carni, da qualche parte avrebbero avuto a dover andare a parare e, in ciò, con estrema frequenza, non avrebbero potuto mancare di andarsi a sfogare contro le carni di chiunque altro lì attorno presente… ossia, nella più alta percentuale possibile, le carni di altri militari di Loicare.

« Volete smetterla con queste dannate lame…? » sbottò, a un certo punto, la stessa donna da dieci miliardi di crediti, francamente stanca di veder ogni proprio precedente impegno volto a tentare di contenere i danni così spiacevolmente vanificato e, anzi e addirittura, ritrovandosi, a ogni nuovo affondo, a ogni nuovo fendente o montante, tondo o roverso, a lei rivolto, costretta ad andare a imporre indirettamente danno a qualcuno, in un crescendo di grida e di sangue che, in verità, avrebbero avuto a tratteggiare uno scenario ben più grave di quanto, pur, non fosse, anche e soltanto, per l’appunto, nell’assenza, o quanto meno nell’assenza accertata, di un qualche morto « Non vi rendente conto che vi state imponendo più danno da soli rispetto a quanto non possiamo starvene riservando noi altri…?! »

Ma, a rincarare la dose, in senso contrario, non mancò di imporsi la voce del capitano della nave, di quel falso Potr Lomic che, con ben evidente disinteresse per la sorte degli uomini e delle donne del proprio equipaggio, non si negava occasione per incalzare gli stessi a discapito dei prigionieri, con voce tonante per esigere che quella pugna proseguisse, e proseguisse sino all’arresto, o, all’occorrenza, all’uccisione dei loro antagonisti…

« A chiunque di voi fermerà quella dannata vacca, prometto un avanzamento di grado. E un periodo di licenza pagato di sei mesi! » sancì, in tal senso, il mutaforma, rincarando la dose e, in ciò, cercando di alimentare ulteriormente il conflitto, spingendo la questione sul piano personale « Facciamo nove mesi! » insistette, con tono entusiasta, nel tentare, in tal senso, di coinvolgere al meglio i propri uomini « Non mi interessa se dovrete farla a pezzi per fermarla… l’importante è che ci riusciate! »

Una strategia disinteressatamente autolesionista, quella così da lui, o lei, proposta, laddove, razionalmente, al crescere della furia sul fronte dell’equipaggio della Rad Dak-Wosh, non avrebbe potuto ovviare, ineluttabilmente, anche a crescere il rischio di maggiori danni per gli stessi uomini e donne di quell’equipaggio, per quei militari che, in tal maniera spronati a tentare approcci sempre più violenti, avrebbero necessariamente finito per rischiare di riversare tanta violenza in contrasto ai propri stessi compagni, nell’abilità guerriera che pur, non soltanto la Figlia di Marr’Mahew, ma qualunque suo compagno e compagna d’arme, stavano lì dimostrando.
Purtroppo l’isteria propria della massa avrebbe avuto a dover essere intesa seguire percorsi mentali diversi da quelli altresì contraddistintivi del singolo. E, in ciò, per quanto nessuno di quegli uomini e di quelle donne, presi nella propria singolarità, avrebbe avuto ragione di impegnarsi in quella direzione tanto distruttiva, e autodistruttiva, colti, come allora, in quella frastornante comunione di emozioni, nessuno di loro avrebbe avuto la possibilità di porre un freno a quello sgradevole crescendo, ritrovando in ogni nuovo colpo fallito, e riversato a discapito di un proprio compagno, di un proprio commilitone, una ragione in più per aver a odiare i propri antagonisti, i quali, pur, avrebbero lì avuto a doversi giudicare impegnati solo e unicamente a combattere per la propria stessa sopravvivenza.

« Lys’sh… che mi dici?! » gridò la donna guerriero, non riuscendo ad avere evidenza della posizione dell’amica sororale all’interno di quell’ammucchiata disordinata e, in ciò, non potendo ovviare a desiderare un riscontro acustico a tal riguardo, per accertarsi, quanto meno, che ella fosse ancora in vita… non che avesse, invero, a temere per lei, nel ben riconoscerle sufficiente abilità da poter tenere testa a quegli avversari e a molti altri ancora.
« Ti dico che quella dannata mutaforma mi ha veramente stancata! » rispose la voce dell’ofidiana, raggiungendola al di sopra della folla « Così come mi hanno stancato questi idioti, incapaci a comprendere quanto stia succedendo… »
« Non che io desideri prendere le loro parti… ma non si può certamente dire che la situazione sia chiarissima neppure per noi. » intervenne in quel dialogo gridato la voce di Be’Wahr, nel mentre in cui il biondo, spalla a spalla con Maddie e con Howe, si impegnava a tener testa alle crescenti cariche degli “idioti”, per così come severamente indicati da Lys’sh « Sbaglio o anche noi non abbiamo ancora ben chiaro perché stia accadendo tutto ciò…?! »
« Nel dubbio, diamo pure la colpa ad Anmel… » minimizzò la Figlia di Marr’Mahew, riprendendo voce e proponendo qual responsabile la propria storica nemesi, e quella nemesi che, per le ultime informazioni in proprio possesso, avrebbe avuto a doversi riconoscere proprio in quel di Loicare, impegnata a prendere il controllo dell’omni-governo e, con esso, di tutte le straordinarie risorse di quella potenza interplanetaria.
« … concordo! » commentò Maddie, intervenendo in supporto verbale alla proposta della propria controparte locale, nel non aver avuto ancora occasione di confronto con l’Anmel di quell’universo, e, in generale, nel non essersi mai confrontata con Anmel di altre realtà, e, ciò non di meno, avendo avuto già sufficienti ragioni per accumulare avversione in contrasto alla “propria” in termini utili a pregiudicare negativamente qualunque altra Anmel, di quella o di qualunque altra dimensione esistente « Manca giustappunto che a qualcuno di questi bei tomi si inizi ad aprire la testa, mostrando una disgustosa fila di denti, per completare al peggio lo scenario. » osservò, rivolgendo memoria ai terribili ricordi del proprio primo incontro con una delle creature di Anmel e, purtroppo, anche al drammatico epilogo della Midda che, per lei, era stata mentore, aprendole gli occhi sulla complessità del multiverso e rendendola la donna che avrebbe dovuto essere, al di là della fragile figura che, proprio malgrado, un tempo era.

Purtroppo per Maddie, tuttavia, quelle proprie parole, e quelle proprie parole pronunciate con amaro sarcasmo, ebbero allora a stuzzicare la fantasia di un individuo in particolare fra tutti i presenti… un individuo che, sentendo volgere riferimento al morbo cnidariano, sorrise con il volto di Potr Lomic, annuendo con soddisfazione all’idea che la propria cara nemica, con mirabile dimostrazione di ingenuità, le aveva appena fornito.

domenica 20 ottobre 2019

3069


« Cagna dannata! » ruggì, avventandosi contro di lei, o lui, che dir si volesse, travolgendola con l’impeto del proprio gesto e gettandola a terra.

Dal punto di vista di coloro lì circostanti, quanto avvenne non fu immediatamente chiaro: due donne impegnate a picchiarsi fu quanto, per lo più, apparve evidente sin dall’inizio, secondo motivazioni, in virtù di motivazioni non meglio chiarite. E solo di lì a qualche istante sarebbe risultato evidente quanto, fra quelle due donne, avrebbero avuto a doversi riconoscere un’ofidianata e una canissiana, la seconda fra le quali rivestita dall’uniforme propria del loro esercito, del loro equipaggio e, in questo, loro alleata, al contrario rispetto alla prima, e a quella prima che, in tutto ciò, altro non avrebbe avuto a doversi discriminare se non qual avversaria, qual nemica.
Ma se, per l’appunto, qualche istante avrebbe avuto a risultar allor necessario per maturare una qualche confidenza con gli accadimenti lì in atto, tale arco temporale non venne loro concesso da parte degli eventi in atto, e di quegli eventi che, quindi, ebbero a precipitare ben prima che chiunque fra loro potesse maturare una qualche intenzione di intervento, e di intervento per così come, allora, sarebbe stato ineluttabilmente in favore della canissiana loro supposta alleata. Perché ancor prima che chiunque avesse a discriminare la dinamica dei fatti lì in evoluzione, qualcosa ebbe ad alterare ancor e drasticamente gli equilibri, scombinando nuovamente tutte le carte in tavola…

« Per tutte le lune di Mori-Han! » esclamò una voce maschile, provenendo al di sotto dell’ofidiana, nel mentre in cui due grosse mani altrettanto mascoline ebbero a respingerla all’indietro, lontana da sé, liberandosi senza fatica di quell’esile peso « E’ così che aiutate il vostro capitano, uomini di Loicare?! » domandò quella che, in effetti, in tutto e per tutto avrebbe avuto a doversi lì intendere qual la voce di Potr Lomic, in perfetta assonanza con il volto che, lì a terra, ebbe a riemergere non scevro di qualche spiacevole contusione, in conseguenza ai colpi ricevuti da parte della propria aggreditrice.

Nel mentre in cui, difatti, la giovane Lys’sh non aveva voluto mancare di dedicare tutta la violenza dei propri pugni a discapito del volto della canissiana, e di quell’anonima canissiana allor identificata qual il loro antagonista mutaforma, questi aveva nuovamente cambiato il proprio aspetto, la propria specie e il proprio genere, passando, ora, dalle sembianze proprie di una generica canissiana a quelle del capitano della stessa Rad Dak-Wosh, scegliendo, non senza una certa, importante, attenzione, proprio quella figura fra qualunque altra, e quella figura verso la quale, allora, gli uomini e le donne dell’equipaggio non avrebbero potuto mancare a offrire il proprio rispetto, la propria ubbidienza, là dove pur anche il volto dell’accusatore non aveva sortito gli effetti sperati.
Un’apparizione non priva di necessari dubbi razionali, quella che il capitano fece lì, in quel momento, nel bel mezzo del proprio equipaggio là dove, sino a un istante prima, non vi era chiaramente stato, e che pur non si vide concesso alcun tempo utile a tentare una qualche discriminazione razionale, nel mostrare lo stesso capitan Lomic legittimamente alterato per la violenza a lui riservata da quella prigioniera, nell’apparente, e totale, indifferenza del proprio equipaggio…

« Arrestate quella donna serpente! Arrestate Midda Bontor! Arrestateli tutti! » sbraitò egli, nella chiara volontà di assumere nuovamente il controllo degli eventi e, in ciò, la posizione di predominio estemporaneamente perduta, facendo appello, in tal senso, all’emotività di quei militari e al loro necessario istinto di ubbidienza nei confronti di colui riconosciuto, al di là di ogni possibile fraintendimento, qual diretto superiore « E’ ora di finirla con questa dannata pantomima! »

E se l’intento del mutaforma avrebbe avuto a doversi riconoscere quello di far leva sull’addestramento militare degli uomini e delle donne della Rad Dak-Wosh, obbligandoli ad agire ancor prima di pensare, tale impegno si vide quietamente concretizzato nella reazione che tutti ebbero a dimostrare a confronto con la sua voce, rispondendo prontamente nell’eliminare ogni dubbio, ogni perplessità, e nel ritrovare il fiero desiderio di imporre la supremazia di Loicare a discapito di quei ricercati, prigionieri e poi fuggiaschi, che tanto si erano impegnati al fine, addirittura, di spronarli all’ammutinamento!

« Thyres… » gemettero, quasi all’unisono, tanto la Figlia di Marr’Mahew, quanto la sua corrispettiva più giovane, nel rendersi spiacevolmente conto di come, con quell’abile gioco di prestigio, la loro antagonista avesse rivoluzionato nuovamente gli equilibri in giuoco, in termini tali per cui, dalla fragile tregua raggiunta pocanzi, or ci si sarebbe ritrovati necessariamente a confronto con una nuova battaglia o, all’occorrenza, con una rocambolesca fuga.

Ma se fuggire, in quel momento, sarebbe equivalso solo e unicamente a concedere nuova libertà di azione al mutaforma, procrastinando assurdamente quella situazione; tanto la Figlia di Marr’Mahew, quanto la sua corrispettiva più giovane, così come tutti i loro compagni di ventura, non ebbero lì esitazione alcuna nel comprendere in quale via sarebbe stato più opportuno impegnarsi.
E prima ancora che quegli uomini e quelle donne, umani e chimere che fossero, potessero muovere il primo passo in loro contrasto, i sette lì radunati ebbero allor a caricarli, quasi il rapporto presente non avesse a doversi intendere in loro quieto contrasto ma, piuttosto, in loro favore. Sette avventurieri contro centocinquanta, forse duecento militari ben addestrati, in campo aperto, in uno spazio sufficientemente amplio da non poter veder garantita loro alcuna storica possibilità di vantaggio, per così come già suggerito dal racconto relativo a quel passo delle Termopili: tale avrebbe avuto a doversi configurare la situazione per così come lì offerta a Midda e Maddie, a Howe e Be’Wahr, a H’Anel e M’Eu, e a Lys’sh, quest’ultima ulteriormente svantaggiata dalla distanza allor esistente rispetto ai propri compagni e alleati… e pur una situazione innanzi alla quale non ebbero a riservarsi freno alcuno, decidendo di agire ancor prima di reagire, e di precipitarsi nella pugna con l’ardore proprio di chi quietamente consapevole della propria vittoria, e di una vittoria su cui, pur, forse pochi, forse nessuno, avrebbe scommesso.
Una scelta probabilmente imprudente, quella così compiuta da tutti loro, e ciò non di meno quantomeno allor obbligata, che ebbe a trovare, in particolare, la stessa donna da dieci miliardi di crediti posta in sgradevole svantaggio dal dolore promemoria del confronto con il tauriano, dolore ancor per lei tutt’altro che dimenticato e che, pur, lì, avrebbe avuto a dover ignorare, e avrebbe avuto a dover ignorare per il proprio bene e per il bene di tutti i propri compagni. E non soltanto dei propri compagni lì presenti, ma ancor più di quelli lì assenti, e di quelli, allor, asserragliati all’interno della plancia di comando dalla quale, ipoteticamente, ma solo ipoteticamente, avrebbero avuto a poter controllare l’intera nave… e nella quale, se soltanto avessero lì fallito, si sarebbero altresì ritrovati intrappolati, in una situazione di sgradevole, netta inferiorità rispetto all’intero mondo a loro circostante e loro, lì, in quel momento, in quel frangente, apertamente avverso.

« Lo giuro innanzi a Thyres e agli dei tutti: farò a pezzi quel dannato mutaforma! » ringhiò Midda Bontor, a denti stretti, più per il dolore che per la rabbia, e pur, in quelle parole, fermamente convinta ad agire e ad agire, quanto prima, nello smembrare il proprio antagonista, e quell’antagonista che già troppi danni, sino a quel momento, si era riservato opportunità di compiere, manipolando in maniera sin troppo plateale la situazione e le risorse lì presenti, pur, in tal senso, assolutamente impunito, e impunito per così come, purtroppo, non avrebbe potuto che restar nel confronto con l’assurdità propria di quella sua capacità, e di quella sua incredibile capacità, magica o tecnologica che dir si volesse « Oh… sì, che lo farò a pezzi! »