11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

mercoledì 30 giugno 2021

3688

 

Il sangue sembrò raggelarsi all’interno del corpo della donna, nel mentre in cui i suoi occhi tornarono ad aprirsi... anzi, a sbarrarsi, a confronto con il proprio interlocutore.

“... Nóirín...?!”

Aveva udito correttamente? Davvero Desmair l’aveva appena chiamata per nome...? Come accidenti poteva essere possibile che un ricordo avesse tanta confidenza con lei...?!
Per un istante l’agitazione crebbe nel suo cuore, nel dubbio che egli non fosse un ricordo ma, a tutti gli effetti, fosse proprio l’originale Desmair. Dopotutto, in effetti, Desmair non era morto. Semplicemente, dopo aver lasciato il corpo di Be’Sihl, nel quale aveva trovato estemporaneo rifugio dopo la distruzione del proprio a opera di suo padre Kah, in favore di un nuovo ospite, e di un ospite contraddistinto da un’utile immortalità, il semidio era sparito dalla circolazione, nell’impegnarsi, in quel delle smisurate vastità siderali, a riservarsi una propria occasione di potere, di predominio, per così come, in fondo, aveva da sempre desiderato fare, pur ostacolato in tale brama dall’impietosa decisione presa da sua madre Anmel Mal Toise di rinchiuderlo al di fuori della propria stessa dimensione, per impedirgli di poter essere d’ostacolo ai propri, personali, piano di dominazione assoluta. Tutt’altro che morto, e sin da subito presentatosi qual più confidente di chiunque altro con il tempo del sogno, quel semidio avrebbe quindi potuto essere lì non qual memoria rievocata di se stesso, quanto e piuttosto qual il proprio vero io, in una proiezione onirica della propria coscienza, analogamente a quanto era loro accaduto la prima volta.
Ma se quello fosse stato il vero Desmair, questo avrebbe necessariamente cambiato le carte in tavola per lei, là dove quella presenza avrebbe potuto rivelarsi essere tanto un terribile ostacolo, quanto un potenziale aiuto, alla propria ricerca, in considerazione del fatto che, unito da un legame mentale con la propria sposa, egli avrebbe potuto, meglio di chiunque altro, avere a offrire loro un qualche indizio nel merito della sua effettiva collocazione.

« ... come mi hai chiamata...?! » esitò quindi ella, cercando conferma da parte sua nel merito di quel dettaglio, e di quel dettaglio rivelatore nel merito del proprio nome.
« Con il tuo nome: Nóirín Mont-d'Orb. » sorrise egli, quasi deliziato dal panico impresso sul viso della propria interlocutrice « Di certo non sei Madailéin: potete anche essere identiche dal punto di vista fisico... ma sotto qualsiasi altro punto di vista siete distanti come il giorno dalla notte. E soltanto un idiota non sarebbe in grado di distinguervi. » puntualizzò, non soltanto ribadendo così il concetto, ma anche dimostrando quanto avesse a poter vantare una certa confidenza con lei e con la sua gemella.

Quell’essere poteva essere quindi il vero Desmair...?!
Rín non avrebbe potuto escluderlo in maniera frettolosa e superficiale. Ma, al tempo stesso, non avrebbe potuto neppure considerare tutto ciò qual necessario e sufficiente per riservarsi certezza a tal riguardo. Poiché, superato lo stupore iniziale, ora la sua mente stava rapidamente ragionando attorno all’accaduto e stava prendendo in esame nuove possibilità atte a giustificare tutto quello.
Che Desmair, infatti, avesse a conoscere lei e la sua gemella non avrebbe avuto a dover essere frainteso qual fonte di sorpresa: in passato, dopotutto, egli era stato in grado di ricreare all’interno della testa di Midda Bontor un’intera e complessa realtà onirica a immagine e somiglianza del loro mondo natale, per così come anche Be’Sihl aveva avuto recente occasione di comprovare. Come egli potesse essere stato in grado di raccogliere un tale livello di informazione a tal riguardo, francamente, ella non avrebbe potuto immaginarlo. Ma laddove ciò era accaduto, inutile sarebbe stato tergiversare nel merito della cosa. Motivo per il quale, quindi, quello innanzi a lei non avrebbe necessariamente avuto a dover essere inteso qual il vero Desmair soltanto perché si era dimostrato in grado di riconoscerla, e di riconoscerla con precisione... non laddove, semplicemente, egli avrebbe potuto comunque essere un ricordo di Be’Sihl successivo alla loro prima visita al tempo del sogno, e un ricordo, in ciò, dotato di conoscenza utile per avere a esprimersi in quella maniera.

« Sbaglio o stavi per andartene...? » riprese voce il semidio, a confronto con il riflessivo silenzio entro il quale involontariamente ella si era così trincerata, sforzandosi di riflettere sulla questione e sul da farsi a confronto con tutto ciò « Non ti fare problemi per me, mia cara. » la invitò egli, levando la propria mancina e accennando a gesto di congedo nei suoi confronti.
« Andarmene...? » ripeté ella, per un attimo così incerta su come avere a interpretare tutto ciò da ritrovarsi costretta a comportarsi da stupido eco.
« Non era quello che volevi fare chiudendo gli occhi, poco fa...? » domandò egli, aggrottando appena la fronte con aria sempre più divertita innanzi allo smarrimento di lei « Chiudere gli occhi e cercare di ridefinire questo mondo in un’altra forma? Com’è che lo avevi chiamato...? » si sforzò di ricordare il termine da lei adottato per definire quella dimensione primigenia, per lui da sempre priva di un qualche effettivo nome utile a indicarla « ... ah sì! Tempo del sogno! »

Che un ricordo di Be’Sihl attorno alla figura di Desmair potesse avere sufficiente consapevolezza nel merito di lei e di Maddie per poterla riconoscere, e che potesse avere sufficiente coscienza di sé per potersi permettere quel dialogo, in effetti, avrebbe potuto anche essere giustificato. Ma che un mero di ricordo potesse avere anche a definire l’ambiente attorno a sé in quanto, per l’appunto, nulla di più di un estemporaneo costrutto del tempo del sogno... beh... quello era un po’ troppo da accettare.
No. Non ci potevano essere dubbi a tal riguardo.
Quella creatura non era un semplice ricordo, non era una mera reminiscenza del passato di Be’Sihl. Quella creatura era veramente...

« ... Desmair! » esclamò ella, ancor strabuzzando gli occhi a confronto con la consapevolezza in tal maniera raggiunta, e quella consapevolezza che non avrebbe avuto a doversi fraintendere in alcuna maniera qual banale nella propria occorrenza.

Il semidio, allora, scoppiò in una grassa risata, gettando all’indietro il proprio enorme capo e permettendo alla propria ilarità di eruttare direttamente dal profondo del proprio petto, attraverso il collo taurino e sino alla sua grottesca bocca ornata da denti simili a zanne. Una risata colma di divertimento ma che, a coinvolgere una tale immagine, non avrebbe potuto ovviare a risultare anche contraddistinta da una certa malevolenza, apparendo quasi simile a un’espressione di sadico piacere.

« Che c’è, ora? » questionò egli, tornando a guardarla mentre ancora qualche risatina sembrava scappare dalle sue labbra fra una parola e l’altra « Desideri ricominciare tutto da capo...?! » la provocò, divertito « Non per mancarti di rispetto, ma fra tutte le rosse della tua famiglia, nelle loro varie versioni, mi ero illuso che tu avessi a dover essere considerata una fra le più intelligenti... devo forse ricredermi? »
« Sei veramente tu. Sei il vero Desmair! » osservò Rín, a esplicitare le ragioni dietro al proprio sconcerto, per così come da lui considerato tanto divertente « Non sei un costrutto creato dal tempo del sogno a partire dai ricordi di Be’Sihl...! »
« Eh già. » sorrise il semidio, inarcando appena un sopracciglio prima di tornare a sorseggiare dalla propria coppa « Il solo e inimitabile Desmair! »

martedì 29 giugno 2021

3687

 

« Ho l’impressione che tu ti sia perduta, mia cara... »

Ancora bambina, Nóirín Mont-d'Orb era andata, insieme a sua sorella Maddie e ai loro genitori, a vedere una pellicola fantasy destinata a non essere particolarmente ricordata nella storia del cinema, malgrado una regia importante e un cast di tutto rispetto.
Antagonista in quel film, ella lo ricordava bene, era un enorme demone appellato come il Signore delle Tenebre, che, in assenza di computer grafica o quant’altro, era stato realizzato in grazia a un mirabile trucco, tale da renderlo, in effetti, molto più convincente rispetto a qualunque possibile elaborazione moderna: un demone dalla pelle simile a cuoio rosso, dal corpo possente, dal viso crudele e contraddistinto da un lungo mento e un altrettanto lungo naso, a rendere più rapace l’immagine dello stesso, e, soprattutto, da una coppia di grandi, grandissime corna nere, di una sproporzione devastante e tali da rendere difficile pensare a come tale creatura potesse essere in grado di mantenersi in equilibrio con tanto peso a gravare al di sopra del proprio cranio, ai lati del proprio cranio. Ovviamente, innanzi allo sguardo di una bambina, il Signore delle Tenebre avrebbe avuto a dover essere inteso un personaggio straordinariamente evocativo, in termini tali per cui, pur poco o nulla ricordando della trama di quel lungometraggio, se non il fatto che la storia avesse a riguardare un unicorno, quell’essere, quella creatura non avrebbe potuto ovviare a restare impressa in maniera indelebile, destinata a essere ben ricordata a distanza di anni, decenni addirittura.
Molti anni più tardi, Nóirín si era ritrovata, insieme a sua sorella Maddie e a molte altre persone all’epoca sconosciute, a visitare per la prima volta il tempo del sogno, e a confrontarsi, in ciò, con Desmair, semidio immortale figlio del dio Kah e della regina Anmel Mal Toise. E innanzi a Desmair, straordinario avrebbe avuto a doversi intendere il parallelismo con il Signore delle Tenebre.
In effetti, le differenze estetiche fra Desmair e il Signore delle Tenebre avrebbero avuto a doversi intendere così minimali da non poter ovviare a riflettere sui peculiari, e inquietanti, parallelismi esistenti all’interno del multiverso, in termini tali per cui ciò che in un mondo avrebbe avuto a doversi intendere qual il frutto della fantasia di un autore, in un altro mondo avrebbe potuto essere riconosciuto qual una creatura vera e propria, in termini tali da ritrovarsi facilmente a riservarsi inesplicabili interrogativi filosofici, degni del classico “è nato prima l’uovo o la gallina?”. Là dove il Signore delle Tenebre appariva muscoloso, Desmair si proponeva addirittura ipertrofico, una smisurata montagna di muscoli degni di un personaggio dei fumetti ancor prima che di un individuo vero e proprio. Inoltre, là dove le corna del Signore delle Tenebre erano nere, quelle di Desmair rilucevano di un candore eburneo, pur conservando la stessa improponibile mole, comunque sproporzionata malgrado l’altrettanto improponibile muscolatura. Ma, al di là di ciò, nessun’altra significativa differenza avrebbe potuto essere intesa fra i due, in termini tali da spiazzare Rín, la quale, seppur non più bambina, non avrebbe potuto evitare di tornare a sentirsi qual la versione infantile di se stessa innanzi a quel mostro dei propri anni più innocenti, e di quegli anni antecedenti, persino, all’incidente che le aveva negato l’uso delle gambe e che aveva reso lei e sua sorella orfane di madre.
Probabilmente per tale ragione, per tale parallelismo fra il Signore delle Tenebre e Desmair, quest’ultimo aveva avuto occasione di restare particolarmente impresso nella mente di Rín, in termini tali per cui, quando la sua voce la raggiunse, ella non ebbe alcuna esitazione a identificarlo.

« Desmair! » esclamò ella, strabuzzando appena gli occhi a confronto con l’immagine da lui offerta, e l’immagine da lui allor offerta nel proporsi quietamente seduto su un imponente trono, reggendo nella destra una coppa ricolma di un liquido purpureo, che avrebbe potuto essere frainteso, in maniera indistinta, qual vino o qual sangue.

L’oscurità in cui ella era repentinamente precipitata, dopo la separazione da Be’Sihl, non si era ancora dissipata. In effetti, anzi, essa avrebbe dovuto essere ancor intesa qual lì predominante, nella sola eccezione rappresentata dall’area nel quale si stava appunto proponendo quel seggio, quella cattedra, posto in evidenza dalla presenza di una coppia di torce, appese sulla parete alle sue spalle, e sufficienti, con il proprio chiarore, a illuminare un’area estremamente ristretta, e a illuminarla malamente, creando inquietanti ombre attorno a Desmair, sopra il volto e il corpo di Desmair, in termini tali da lasciar pensare a una sorta di danza, e alla danza macabra di qualche anima dannata.
Un contesto, quello, e una situazione le quali non avrebbero avuto, ovviamente, a potersi riconoscere qual proprie del passato della stessa Nóirín e che, pertanto, avrebbero forse avuto a doversi ricollegare in qualche misura a Be’Sihl, per quanto egli non avesse a dover essere inteso qual lì presente insieme a lei. O, per lo meno, non apparentemente...

« Dove siamo...?! » domandò quindi, incerta di poter avere un qualche utile confronto con quell’evocazione e, ciò non di meno, non potendo fare a meno di tentare l’azzardo in tal senso.
« Domanda bizzarra da parte tua, mia cara. » sorrise egli, per poi concedersi l’occasione di sorseggiare un po’ della propria bevanda dalla coppia da lui sorretta « Eppure chi meglio di te dovrebbe essere in grado di fornire una risposta adeguata a questo interrogativo...? »
 
Come già pocanzi, Desmair ebbe ancora a dimostrare una certa confidenza nei suoi riguardi, ragione utile a spingere Rín a presumere di star venendo confusa per Midda o per Nissa o, addirittura, di aver nuovamente e involontariamente modificato il proprio aspetto, assumendo le sembianze di qualcuno noto al semidio. Ovviamente, in assenza non soltanto di una superficie riflettente, ma anche di luce adeguata per poter verificare il proprio aspetto, Nóirín non avrebbe potuto trovare né occasione di conferma, né possibilità di smentita a tal riguardo. Ma, in effetti, ben poco di ciò avrebbe potuto avere rilievo in quel momento.
Chiarito, infatti, che Be’Sihl non era lì presente, ella avrebbe dovuto sbrigarsi a liberarsi di quel ricordo a lei estraneo, per cercare in qualche maniera di avere a raggiungere il proprio compagno d’arme prima che il tempo del sogno avesse ad allontanarli eccessivamente l’uno dall’altra...
... on che, in effetti, entro quei confini, il concetto stesso di distanza potesse avere un qualche significato di sorta!

« Vorrei dire che è stato un piacere rincontrarti, Desmair... ma non credo che riuscirei a risultare sufficientemente credibile nell’affermarlo. » sorrise pertanto ella, scuotendo appena il capo e levando una mano in cenno di saluto, in un gesto non necessario e pur utile, allora, a permetterle di prendere le distanze psicologiche da tutto ciò, per iniziare a cancellare quel luogo e tornare al tempo del sogno nella sua formulazione più neutra.

Ma prima che ella potesse impegnarsi in tal senso, la replica del semidio la raggiunse. E raggiungendola, né più, né meno, la travolse con la violenza di un treno in corsa: non tanto a livello fisico, ovviamente, là dove le parole non avrebbero avuto simile potere, quanto e piuttosto a livello psicologico.
E per sconvolgerla in tal maniera, Desmair non ebbe a dover dire molto. Non ebbe a doverla né lusingare né minacciare. Non ebbe a dover argomentare chissà qual genere di ragionamento. No: niente di tutto ciò, né nulla di peggio rispetto a ciò.
Semplicemente egli ebbe lì a limitarsi a ricambiare il suo saluto. E a ricambiarlo con assoluta serenità, e con un sorriso che, ove non fosse stato necessariamente inquietante sul suo volto, si sarebbe probabilmente proposto persino amichevole verso di lei...

« A presto, Nóirín... »

lunedì 28 giugno 2021

3686

 

Un nuovo bacio, quello fra loro, che, seppur contraddistinto inizialmente da una grande dolcezza, in breve si era ritrovato caratterizzato da un appassionato trasporto, e un trasporto che, per un momento, li vide quasi vacillare, nel desiderio di lasciarsi allor cadere sul letto e, ciò non di meno, nella consapevolezza che, così facendo, avrebbero fatto un bel disastro con il vassoio appoggiato lì sopra.

« Questi tuoi baci mi ispirano viziose brame... » sorrise alfine ella, ansimando appena contro le sue labbra nello sforzo di separarsi da lui.

Be’Sihl non rispose, frastornato da quel bacio e da tutto quello in generale: una situazione, quella a confronto con la quale si era ritrovato costretto a essere, che gli stava facendo vivere un vero e proprio maremoto di emozioni, passando dalla gioia al dolore, dalla tristezza all’entusiasmo, dall’eccitazione alla disperazione.
Deeh’Od Eehl-Ei era morta. Era morta molti anni prima. Lustri... decenni ormai. E nulla di tutto quello, in verità, avrebbe potuto essere frainteso positivo per lui. Non nel precipitarlo improvvisamente un quanto avrebbe potuto essere un sogno stupendo, e pur un sogno stupendo aggrapparsi al quale non sarebbe stato né giusto, né sano. Sano per la sua stessa salute mentale, giusto nel confronto con il ricordo di Midda Bontor, e di colei alla quale, ora, egli aveva votato il proprio cuore.
Eppure, proprio malgrado, se pur avrebbe potuto ignorare qualunque rievocato ricordo del proprio passato con Midda, egli non avrebbe mai potuto restare indifferente a quell’ombra di Deeh’Od. Perché se i ricordi di Midda avrebbero potuto essere accantonati nella quieta consapevolezza di quanto, comunque, la vera Midda avesse ancor a far parte della propria esistenza, e, soprattutto, avesse bisogno di lui; ogni fugace visione di Deeh’Od avrebbe avuto a dover essere considerata pari a un dono incomparabile e irripetibile, nell’altresì tragica certezza di quanto, terminato ciò, ella sarebbe scomparsa nel nulla, per sempre.

« Se soltanto non dovessimo partire per Mo-Tiph, probabilmente non ti offrirei occasione di far colazione, in questo momento. » sospirò la donna, scuotendo appena il capo e separandosi da lui o, per meglio dire, spingendolo delicatamente via da sé, nella necessità di porre un po’ di spazio fra loro per riuscire a obbligarsi a un certo contegno « Ma un lavoro è un lavoro. Ed è bene provare a concentrarsi sul potare a termine questo lavoro, prima di concederci ulteriori possibilità di... distrazione. » ribadì, ammiccando verso di lui e muovendosi in direzione del proprio lato del letto, per potersi lì accomodare, prendendo in mano, poi, il proprio piatto, animata dalla volontà di consumare la propria colazione prima di ripartire « Quindi... questa mattina dovrai accontentarti soltanto della dolcezza di questa frutta, mio caro, e di nulla più. E fare tesoro del ricordo di questa notte, giacché non ci saranno altre occasioni simili sino al termine del nostro viaggio. »
« ... Mo... Tiph...?! » gemette allora l’uomo, colto così in contropiede da quel nome da sentirsi prossimo a svenire.

Mo-Tiph: città del regno di Far’Ghar, antagonista naturale del regno di Shar’Tiagh, non soltanto per la propria prossimità geografica, quanto e piuttosto per una visione decisamente antitetica della vita, della società, della cultura e della religione, in termini tali da non prevedere la benché minima opportunità di dialogo fra loro.
Erano trascorsi decenni dall’ultima volta che Be’Sihl aveva udito quel nome. Erano trascorsi decenni dall’ultima volta che Be’Sihl aveva pensato a quel nome. Anche perché a quel nome era legato indissolubilmente il ricordo peggiore di tutta la propria vita.

« No... » scosse il capo, impallidendo malgrado il colore scuro della propria pelle, e quella tonalità più marcata rispetto alla media shar’tiagha, in grazia al sangue di sua madre Ras’Meen, le cui origini avrebbero avuto a doversi ricercare non tanto in Shar’Tiagh, quanto e piuttosto nei regni desertici centrali « Non può essere... » insistette egli, ritrovandosi a essere per un momento cieco e sordo al mondo circostante a confronto con l’orrore suscitato da quel nome e, soprattutto, dalla consapevolezza di quanto, purtroppo, quello avesse a dover essere riconosciuto, in effetti, qual il giorno maledetto per eccellenza « Non voglio... non questo... » continuò, quasi vittima di una crisi isterica, nel voltarsi confusamente e nel muoversi incerto verso la porta, verso l’unica porta presente nella stanza, la stessa da cui Deeh’Od era entrata poco prima.
« Be’Sihl! » esclamò allora la donna, sgranando i propri meravigliosi occhi nocciola e ambra, presa alla sprovvista da quella reazione da parte del proprio compagno, nonché futuro sposo, e da una reazione assolutamente inedita, che non avrebbe potuto ovviare a farla sinceramente preoccupare, nell’impossibilità a comprenderne le motivazioni « Che succede, amor mio...? » domandò quindi, abbandonando il piatto sul letto e subito levandosi in piedi, per correre verso di lui carica di amorevole premura nei suoi riguardi « Non ti senti bene...?! »

Il tempo del sogno aveva esagerato quella volta. E Be’Sihl non desiderava restare in quel ricordo un solo istante di più del dovuto, malgrado l’incommensurabile amore da lui provato per Deeh’Od.
Perché se difficile sarebbe stato lasciarla, sicuramente peggio avrebbe avuto a dover essere inteso restare lì con lei, continuando a vivere quella giornata, quelle ore... e quelle ultime ore della sua vita. Giacché quella mattina, la mattina nella quale il tempo del sogno l’aveva crudelmente proiettato, non era una fra le tante mattine della propria giovinezza, e della propria giovinezza accanto alla donna da lui amata, alla donna che sarebbe dovuta divenire sua moglie. No. Quella  era la mattina dell’ultimo giorno che era stato loro concesso di trascorrere insieme, prima che ella fosse brutalmente uccisa innanzi al suo sguardo inerme.

“Devo andarmene... devo andarmene di qui...” pensò Be’Sihl, francamente disperato, continuando a camminare senza una vera e propria direzione e, addirittura, chiudendo allor gli occhi, nella speranza di riuscire a concentrarsi su un altro ricordo, un altro ricordo qualunque, fosse anche quello della propria stessa morte durante il combattimento contro Desmair, là dove, francamente, avrebbe preferito morire altre mille volte lui stesso piuttosto che ritrovarsi costretto a rivivere anche e soltanto una sola volta la morte di Deeh’Od.

Purtroppo come già pocanzi, il tempo del sogno parve non desiderare più rispettare il proprio consueto modo di agire, in termini tali per cui, allorché sfumare, dissolvendosi in una nebbia indefinita, il mondo attorno a lui continuò a restare concreto, solido, reale come fosse stato a tutti gli effetti la sua vera dimensione.
E nel muoversi così alla cieca, nonché animato da tanto intimo sconvolgimento, Be’Sihl Ahvn-Qa si ritrovò a giungere la ripida gradinata presente fuori da quella porta prima che Deeh’Od potesse raggiungerlo, prima che la di lei mano potesse afferrargli una spalla o un braccio, per arrestarlo, per impedirgli di porre il proprio piedi in fallo. Ragione per la quale, improvvisamente, il pavimento ebbe a scomparire da sotto di lui ed egli, senza alcuna possibilità di ovviare a ciò, nella più completa inconsapevolezza a tal riguardo, ebbe a cadere...

« Be’Sihl! »

Il proprio nome, gridato dalla voce di Deeh’Od, fu così l’ultima cosa che egli ebbe a udire, prima di precipitare nuovamente nell’oscurità.

domenica 27 giugno 2021

3685

 

« Buongiorno, dormiglione. »

Occhi color nocciola, con una deliziosa sfumatura ambrata. Pelle scura, scurissima, molto più di qualunque shar’tiagho e in tonalità proprie di una figlia dei regni desertici centrali. E, ciò non di meno, una pelle adornata da delicate spruzzate di efelidi più chiare, a offrire un che di sbarazzino alla sua altrimenti forse troppo cupa immagine. Una massa disordinata di lanosi capelli scuri, con sfumature fra il nero corvino e il castano scuro. Uno squisito viso intagliato a forma di cuore, al centro del quale un piccolo naso appena schiacciato e una coppia di carnose e morbide labbra a confronto con le quali ineluttabile sarebbe stata, per chiunque, la bramosia di un bacio. Un corpo perfettamente bilanciato, in una statura contenuta in poco più di cinque piedi di altezza, e, ciò non di meno, mirabilmente definito nelle proprie forme, e nelle proprie forme femminili, in quel momento malcelate sotto una corta veste di bianca stoffa semitrasparente, che ben poco lasciava all’immaginazione. E unico dettaglio apparentemente stonato, in tanto mirabile complesso, la presenza di una cicatrice, e di una cicatrice in corrispondenza al suo zigomo mancino.
In tal maniera avrebbe potuto essere brevemente descritta l’immagine propria della proprietaria della voce che costrinse il cuore di Be’Sihl a perdere un paio dei propri battiti, forzandolo a riaprire gli occhi e a voltarsi verso di lei, nell’aver improvvisamente rammentato che luogo fosse quello.

« ... Deeh’Od! » gemette, scoprendosi quasi soffocato dalle emozioni che, improvvisamente, erano esplose all’interno del suo petto.

Lì, davanti al suo sguardo, era Deeh’Od Eehl-Ei.
Rivestita da quella leggera camiciola che era solita usare al mattino, appena sveglia, per offrire un’apparenza di pudore, benché, in effetti, alcun particolare del suo corpo perfetto avrebbe avuto a poter essere frainteso qual celato allo sguardo per colpa di quella sottile barriera. E con in mano un vassoio, sul quale erano presenti due piatti, adornati nella propria superficie da quella colazione che ella era solita preparargli con estro quasi artistico, nel non limitarsi a tagliare frutta e verdura, quanto e piuttosto a ordinarle con mirabile cura all’interno dello spazio loro offerto, per dar vita a componimenti tanto incantevoli allo sguardo quanto deliziosi al gusto: uno stile che, anni dopo, Be’Sihl avrebbe fatto proprio, nel lungo e non scontato corteggiamento da lui rivolto a Midda Namile Bontor.
Ma molto prima che Midda Bontor entrasse a far parte della sua vita; molto prima che egli lasciasse Shar’Tiagh e la propria vita in quella terra per lui natia allo scopo di fuggire al sud, dall’altra parte dell’intero continente di Qahr; Deeh’Od aveva incarnato tutto ciò che per lui avrebbe avuto ragion d’essere definita vita... e una vita che era prematuramente finita il giorno in cui ella era stata tragicamente sottratta al suo amore dalla violenza della morte.

« Che faccia... » sorrise ella, divertita dallo stupore impresso sul suo volto « ... che succede? Non vorrai fingerti stupito per il fatto che ti abbia preparato la colazione, spero bene. Manco fosse qualcosa che non faccio mai... » sottolineò, aggrottando appena la fronte nell’avanzare sino al letto, appoggiare lì il vassoio, per poi muoversi a lui, levando le braccia al di sopra delle di lui spalle, per poterle chiudere attorno al suo collo e delicatamente sospingersi alla ricerca delle sue labbra, premendo con dolce naturalezza il proprio corpo a quello dell’uomo... del suo uomo.

Purtroppo non era la prima volta che il tempo del sogno gli restituiva, pur in maniera effimera, Deeh’Od. Ella aveva già fatto la propria inattesa ricomparsa in occasione di quella bizzarra peregrinazione nei suoi ricordi in compagnia di Lys’sh. E già allora, come ora, ella non aveva potuto negarsi occasione di ricercare contatto con le di lui labbra, chiudendosi contro di esse con le proprie per un dolce bacio carico d’amore e di tenerezza, espressione mirabilmente autentica del sentimento presente nel di lei cuore. E già allora, come ora, egli non aveva potuto fare altro che ricambiare quel bacio, in un gesto, in un atto che, forse, avrebbe avuto a doversi scoprire contraddistinto da ragion di vergogna, per quel senso di tradimento che egli avrebbe dovuto sentir proprio a discapito di Midda, e per quel senso di tradimento che, altresì, non avrebbe potuto provare... non a confronto con Deeh’Od e con colei che, se soltanto il fato non si fosse sviluppato in maniera diversa, egli avrebbe certamente amato per il resto della propria esistenza.

« Mi piacciono i tuoi baci... » sussurrò ella, contro le labbra di lui, interrompendo per un istante quell’impegno amoroso e, ciò non di meno, non ritraendosi, quanto e piuttosto scandendo ogni sillaba in quelli che avrebbero potuto essere intesi nuovi e fugaci baci, carezze da lei offerte con le proprie labbra a quelle di lui « ... mi piace tutto di te, in effetti. » ammise, sorridendo quasi divertita, con una genuinità sconvolgente nel proprio candore più assoluto « E soltanto gli dei sanno quanto io sia felice al pensiero che fra poche settimane celebreremo le nostre nozze... »

Un brivido di terrore corse allora lungo la nuda schiena dell’uomo, traducendosi in una repentina contrazione di tutti i suoi muscoli e un lieve sgranare dei suoi occhi.
Cosa aveva appena detto Deeh’Od? Poche settimane... poche settimane alle loro nozze. Un indizio più che chiaro per collocare quella scena in un preciso arco temporale, e nell’unico arco temporale che egli non avrebbe desiderato assolutamente avere occasione di vivere per una seconda volta. Perché già era stato difficile sopravvivere al dolore la prima volta... e difficilmente avrebbe avuto la possibilità di farlo a confronto con un’ancor più crudele replica, e un’ancor più crudele replica allor resa necessariamente tale dalla terrificante consapevolezza di quanto sarebbe potuto accadere.
Una reazione, la sua, che ovviamente non ebbe a poter essere ignorata dalla donna stretta al suo corpo, premuta contro il suo volto, e da quella donna che, a confronto con tutto ciò, non poté che scoprirsi disorientata, non comprendendone le possibili ragioni...

« Che accade, anima mia...?! » domandò ella, ora ritraendosi appena da lui e pur ancora non sciogliendo l’abbraccio che la stava legando al suo corpo, così muovendosi nel solo intento di poter meglio osservare il suo volto a confronto con quell’inattesa risposta non verbale alle sue parole « Spero che tu non abbia deciso di aspettare all’ultimo per farti travolgere dalle ansie del novello sposo... » cercò di ironizzare, osservandolo tuttavia con una certa preoccupazione, nel tentare di comprendere che cosa potesse star turbandolo in tanto palese maniera.
« Non potrei mai essere in ansia all’idea di diventare tuo marito. » escluse egli, scuotendo repentinamente il capo e concedendosi allora un dolce sorriso, memorie di quanto devastante fosse stata la recente incomprensione con Midda, e tutt’altro che desideroso di avere a stravolgere la dolcezza di quel ricordo, di quel momento con Deeh’Od in conseguenza di qualche reazione anacronistica « Tu sei la ragione per cui, in ogni istante, nel petto il mio cuore trova energia sufficiente a battere. Tu sei il motivo per il quale, ogni mattina, i miei occhi hanno una ragione di dischiudersi su questo mondo. Tu sei tutto ciò che per me significa vita e tutto ciò che nella mia vita ha un significato. » scandì lo shar’tiagho, sincero in quelle parole, e in quelle parole che, anche a distanza di tanti anni, non avevano perduto valore là dove, in fondo, egli non aveva mai realmente smesso di amarla « Io ti amo, Deeh’Od Eehl-Ei. E nulla al mondo potrebbe rendermi più che felice se non l’idea di sposarti! »

E, a offrire maggior concretezza a quelle parole, egli non si negò l’occasione di cercare nuovamente contatto con le sue labbra, per un nuovo bacio, e un bacio in cui ebbe a cercare di dimostrare tutto il proprio più sincero sentimento per colei che era stata la prima donna che mai aveva desiderato amare... e aveva amato.

sabato 26 giugno 2021

3684

 

Quando Be’Sihl ebbe finalmente a recuperare coscienza di sé, non poté negarsi una certa confusione. E la confusione che avrebbe potuto essere propria di chi, risvegliatosi da un sogno estremamente intenso, non può che ritrovarsi costretto a un fugace momento di disorientamento, a una qualche incertezza a comprendere quale debba essere considerata la propria effettiva realtà.
Egli rammentava di essere giunto insieme a Nóirín nel tempo del sogno e, successivamente, di essersi ritrovato in lotta contro Midda, nell’ennesima rievocazione del ricordo del proprio ricongiungimento con la medesima dopo gli eventi che l’avevano spinta a simulare la sua stessa morte parecchi anni addietro. E rammentava di essersi poi ritrovato a cadere, a precipitare, e a precipitare a lungo all’interno dei propri stessi ricordi, quasi essi avessero a essere fisicamente impilati in un’alta torre, o lungo le pareti di un profondo pozzo, ed egli si fosse ritrovato a cadere dalla cima degli stessi verso il fondo.
Non era chiaro come o perché ciò fosse accaduto. Non era chiaro del perché di quella caduta e, ancor meno, del perché non fosse riuscito immediatamente a mettere fine a quella delirante reinterpretazione della realtà e di una realtà passata. Dopotutto non era la sua prima esperienza all’interno del tempo del sogno e, anzi, in occasione del suo ultimo giro da quelle parti, quando si era ritrovato separato da tutti gli altri al di fuori di Lys’sh, la medesima ofidiana e lui, nel tentativo di ricongiungersi ai propri compagni dispersi, si erano ritrovati a peregrinare involontariamente attraverso i reciproci ricordi, senza difficoltà alcuna... anzi e addirittura con estrema semplicità. Il fatto, quindi, che, in quel momento oltretutto sufficientemente critico, qual critico avrebbe dovuto essere necessariamente considerato un momento di avverso confronto con una figura qual quella della Figlia di Marr’Mahew, egli avesse avuto difficoltà a trasportare lui e Rín altrove, avrebbe avuto a doversi intendere decisamente insolito, al di là di ogni possibile ansia e confusione emotiva e psicologica. E poi, improvvisamente, la situazione si era sbloccata. E in maniera non dissimile da uno stallone scalciante troppo a lungo trattenuto contro la propria volontà, egli si era allor ritrovato a precipitare attraverso quella pletora di ricordi sui quali aveva provato a concentrarsi come alternativa a quella distopica reinterpretazione della sua riunificazione con Midda all’interno della sua vecchia locanda bruciata.
Fino a quando...

... cosa?...
... cosa era poi accaduto?...

... Be’Sihl non era certo di riuscire a rammentarlo. Però certo avrebbe avuto a doversi intendere quanto, in quel momento, egli fosse sdraiato. E sdraiato prono non su un duro pavimento, quanto e piuttosto su un letto morbido, al di sopra di fresche lenzuola di lino.

“In che ricordo sono finito ora...?!” si domandò, sforzandosi ora per riaprire gli occhi, e per avere possibilità di confrontarsi con la realtà attorno a lui.

Come già percepito, quindi, egli ebbe a trovare conferma del fatto di essere in un letto, e in un letto sufficientemente confortevole, con il viso placidamente sprofondato fra bianche lenzuola. Un letto che egli non ebbe facilmente a riconoscere, all’interno di una stanza sufficientemente spoglia nel proprio arredo da non rendersi esplicitamente identificabile a confronto con la pur non minima varietà propria degli ambienti più significativi della sua esistenza, e che in questo, probabilmente, avrebbe avuto a doversi intendere qual una camera d’albergo, la stanza di una locanda come tante nella quale doveva aver soggiornato in maniera estemporanea per un qualche più o meno breve periodo del proprio passato.
Pur non ravvisando elementi utili a identificare quell’ambiente qual appartenente alla propria vita, egli si ritrovò a escludere che posse essere stato evocato, anche inconsapevolmente, da Nóirín, nel non distinguere alcun elemento coerente con quella che conosceva essere la sua visione della realtà, e una visione della realtà contraddistinta da forme decisamente diverse da quelle a lui circostanti in quel momento, e da letti lavorati secondo tecniche del tutto estranee a quella propria del giaciglio sul quale ora egli si poneva sdraiato.
E, fra l’altro...

« ... Nóirín?! » richiamò l’uomo, levandosi a sedere su quel letto per osservarsi meglio attorno, alla ricerca della figura della propria compagna d’arme, e di quella compagna d’arme che, proprio malgrado, temeva di aver perduto in conseguenza a quell’ultimo, strano trasferimento all’interno del tempo del sogno.

Come giustamente sospettato, lo shar’tiagho ebbe lì a scoprirsi solo, e solo all’interno di quella camera da letto. Ma non fu l’unica cosa che egli ebbe a scoprire in quel gesto, in quel movimento atto a vederlo porsi a sedere sul letto, nel ritrovarsi costretto a constatare, a margine di tutto ciò, di essere inaspettatamente nudo al di sotto di quelle bianche lenzuola.

« ... ma... cosa...?! »

Paradossalmente, a confronto con tutto ciò, egli non poté che provare un fugace momento di sollievo all’idea di non essere in compagnia di Rín in quel momento: già nel corso del viaggio all’interno delle proprie memorie in compagnia di Lys’sh egli aveva avuto a ritrovarsi costretto a condividere involontariamente momenti decisamente intimi, soprattutto del proprio rapporto con Midda, in termini che, se pur non avevano avuto a dover scandalizzare in alcun modo l’ofidiana, assolutamente adulta e quietamente consapevole, in ciò, di talune dinamiche esistenti fra un uomo e una donna, non avevano potuto ovviare a suscitare un certo imbarazzo in Be’Sihl, tutt’altro che desideroso di mostrare a chicchessia, amico o straniero che fosse, certi aspetti della propria vita, e della propria vita in compagnia della propria donna.
Un sollievo, quello che egoisticamente egli si scoprì di provare, a confronto con il quale, comunque, non avrebbe potuto che riconoscersi poi spiacevolmente colpevole, nella consapevolezza di quanto ciò avrebbe avuto a significare che, allora, in aggiunta a ogni difficoltà conseguente al cercare la Figlia di Marr’Mahew, avrebbe avuto anche l’inconveniente di doversi in qualche maniera ricongiungere a Rín, nella necessità, tutt’altro che banale, di essere insieme a lei per poter sperare di fare effettivo ritorno al proprio mondo natale senza perdersi, piuttosto, all’interno del tempo del sogno o, peggio, del multiverso intero.

« Dei... » sospirò, levando gli occhi al cielo in una concisa preghiera dal non così vago retrogusto di imprecazione « ... mai una volta che tutto possa andare come sperato. »

Ancor inconsapevole sul perché fosse accaduto quanto era accaduto, e ancor incerto persino su dove o quando egli avesse a trovarsi, all’interno delle proprie memorie, lo shar’tiagho si ritrovò costretto ad affrontare con pragmatismo quella situazione, rifiutando di perdere tempo dietro a vane domande per avere, piuttosto, a concentrarsi sul presente e su quanto necessario attuare nell’immediato futuro.
E così, levandosi in piedi, con il lenzuolo stretto attorno ai fianchi in un istintivo pudore, egli ebbe a richiudere nuovamente gli occhi, per tornare a concentrarsi, e a concentrarsi, ora, su Rín, sperando di avere a riservarsi, nella sua direzione, maggiore successo rispetto a quanto non avesse avuto a concedersene sino a quel momento con Midda.
Tuttavia, non appena egli ebbe a chiudere gli occhi, una voce lo raggiunse. E, raggiungendolo, non poté ovviare a sconvolgerlo in termini tali da far addirittura perdere al suo cuore uno o due battiti.

venerdì 25 giugno 2021

3683

 

« Alla tua sinistra! » gridò la Figlia di Marr’Mahew.

Un grido, il suo, che parve a dir poco controproducente, nell’essere destinato a mettere in guardia la propria stessa avversaria nel confronto con l’imminenza della sua venuta, del suo attacco, e di quell’attacco che, in effetti, offrì evidenza di voler muovere in quieta coerenza con quell’annuncio, balzando con un rapido gesto verso la propria destra, per poter così caricare non tanto un nuovo colpo di spada, quanto e piuttosto, un più brutale gancio, e un gancio che, ove condotto a compimento con il suo arto in nero metallo dai rossi riflessi, avrebbe potuto comunque causare notevoli danni, finanche spaccare un cranio.
E se, tanto in conseguenza al di lei gesto, quanto e ancor più motivata da quella frase dal sapore di allarme, Rín ebbe a reagire con una certa prontezza sul proprio fronte mancino, non esitando ed ergendo in tal direzione una uova barriera energetica utile a proteggere tanto se stessa, quanto e ancor più Be’Sihl, alle sue spalle; fu questione di un fugace istante, dell’intervallo proprio di un rapido battere di ciglia, che la donna guerriero, prima apparentemente impegnata a caricare un pugno sulla propria destra, ebbe a scomparire da lì, per proiettarsi, inaspettatamente, sul lato opposto, alla destra della propria antagonista, e lì dimostrarsi pronta a colpirla, e a colpirla, ora, con un terribile tondo roverso, che avrebbe condotto quella lama bastarda dagli azzurri riflessi a tagliare letteralmente in due i loro addomi, senza mostrare pietà alcuna.

« Porta i miei saluti a Thyres, sorella... » sussurrò ella, nel sferrare il proprio colpo mortale.

Un’analisi utile a comprendere come ciò fosse stato possibile, avrebbe potuto allor giustificare in maniera assolutamente razionale l’accaduto, e quell’accaduto a confronto con il quale altresì non avrebbe potuto ovviare a sorgere l’idea di un qualche genere di magia, prendendo in considerazione una mirabile combinazione di agilità, di velocità e, soprattutto, di abilità a sviare l’attenzione dell’avversaria: una combinazione adeguatamente misurata nelle proprie componenti per garantire, alla futura Ucciditrice di Dei e Campionessa di Kriarya e di Lysiath, da un lato, di concentrare l’attenzione della propria antagonista e, conseguentemente, il suo impegno difensivo, soltanto su un fronte ben definito, e, dall’altro, di riservarsi l’occasione utile a giungere, con il proprio slancio iniziale, sino alla parete alla propria destra, soltanto per avere, lì, a trovare quel necessario punto di appoggio utile a rimbalzare esattamente dal lato opposto della stanza, effettuare un’improponibile carambola e ritornare a proporsi pronta a colpire il proprio obiettivo, e a colpirlo, ora, non con il proprio già temibile pugno, quanto e piuttosto con la propri ancor più letale spada.
Ovviamente, dal punto di vista di Nóirín Mont-d'Orb, pur consapevole del fatto che una spiegazione logica avrebbe avuto a dover essere lì associata a quell’incredibile operato, tutto ciò non avrebbe potuto che essere comunque accettato e banalizzato proprio qual conseguenza di una qualche magia, o forse di una qualche mancanza di rispetto delle leggi della fisica a opera del tempo del sogno. Un atto di fede, il suo, non tanto in conseguenza a una qualche strana ignorante superstizione, quanto e piuttosto nel più totale disinteresse a concedersi occasione di analizzare razionalmente quegli eventi, là dove permettersi una qualche occasione di ulteriore distrazione a tal riguardo avrebbe necessariamente rallentato la sua reazione, e una reazione che, se soltanto avesse desiderato avere a salvarsi, avrebbe dovuto essere più che rapida, per non dire istantanea. E così, offrendo il proprio miglior viso a un sì pessimo gioco, ella non perse tempo a tentare di comprendere come Midda fosse riuscita a trasferirsi istantaneamente da un punto a un altro, ma si limitò a creare un nuovo campo di forza, e un campo di forza che, allora, ebbe a esplodere, simile a una semisfera, lungo tutto il proprio fronte anteriore, per andar a prevenire qualche nuova controreazione da parte della donna guerriero e sperare, comunque, di avere a respingerla.
Così fu. E la Figlia di Marr’Mahew, pur degna d’ogni ammirazione, lode e plauso per il proprio operato, si ritrovò a essere ancora una volta respinta all’indietro, travolta dall’impeto, pur volutamente non letale, di quel colpo, precipitando nuovamente sul fronte opposto della stanza...

« Be’S... » quasi gridò, allora, Rín, nell’appellarsi al proprio compagno d’arme ora con tono tale da non riuscire più a celare la propria più che giustificabile ansia « Nel nome di qualunque dio in cui tu possa credere, portaci via di qui! » lo supplicò, consapevole di quanto, probabilmente, un nuovo attacco da parte della versione alternativa della propria gemella sarebbe alfine giunto sgradevolmente a destinazione.

Fu in immediata conseguenza di quell’urlo, e di quell’urlo a stento trattenuto, che il mondo attorno a loro ebbe improvvisamente a precipitare nell’oscurità, e in un’oscurità assoluta, così anomala nel confronto con il tempo del sogno. Perché se nel tempo del sogno era l’indeterminatezza a regnare abitualmente sovrana, tale indeterminatezza avrebbe avuto a doversi riconoscere solita esprimersi in quell’ormai consueta, per quanto inquietante, coltre nebbia allorché un qualunque, e forse più scontato, manto di tenebra come quello così venutosi a presentare, forse nel considerare, a modo proprio, anche l’idea stessa dell’oscurità qual una condizione, e una condizione troppo definita per poter essere appropriata a tutto ciò.
Quell’oscurità, quindi, avrebbe avuto a dover essere espressione di un istantaneo trasferimento da qualche altra parte, o, per meglio dire, di un’istantanea rimodulazione del mondo a loro circostante, con subitaneità tale che, in effetti, tutto ciò che le era stata concessa occasione di cogliere fu un improvviso oscuramento, quasi qualcuno avesse avuto a spegnere la luce esattamente là dove pocanzi si trovavano...

« Dove siamo finiti...?! » domandò allora la donna dai rossi capelli, nell’invocare un’occasione di confronto verbale con lo shar’tiagho, e con colui che, a ben vedere, avrebbe avuto a dover essere inteso responsabile per tutto ciò.
    
Ma, a non permettere alcuna flessione della crescente inquietudine propria di quel momento, Be’Sihl non ebbe a offrirle alcuna risposta. E, deglutendo per tentare di soffocare l’ansia che stava risalendole dal profondo delle viscere sino al petto, Nóirín ebbe a constatare, spiacevolmente, quanto la pressione della di lui mano sulla propria spalla, ormai, non avesse più a potersi riconoscere qual presente.

« Be’Sihl! » esclamò quindi, voltandosi rapida verso di lui, e lasciando materializzare fra le proprie mani una torcia elettrica, nella volontà di fendere quelle tenebre e avere occasione di verificare cosa potesse lì star accadendo.

Proprio malgrado, nel voltarsi e nel proiettare un fascio di luce in tal direzione, ella ebbe soltanto occasione di constatare il nulla assoluto. Ma non il nulla assoluto che avrebbe potuto essere proprio di una stanza vuota, quanto e piuttosto il nulla assoluto di un’amplia, smisurata distesa di pietra, al di sopra della quale niente avrebbe potuto essere inteso presente, e i confini della quale, ancor peggio, non avrebbero potuto essere in alcuna maniera distinti.

« Che cosa accidenti è successo...?! » sussurrò Rín, per nulla soddisfatta a confronto con la scomparsa improvvisa di Be’Sihl, a confronto con la quale la situazione, e quella situazione già tutt’altro che semplice, non avrebbe potuto ovviare a complicarsi parecchio.

Ma allorché il silenzio assoluto, e quel silenzio assoluto più che giustificato da quel contesto, una voce ebbe a sopraggiungere alle sue spalle per offrire risposta a quel suo interrogativo. E una voce che, proprio malgrado, aveva già avuto occasione di ascoltare nel corso della propria vita... e, in particolare, nel corso della propria prima visita al tempo del sogno.

giovedì 24 giugno 2021

3682

 

« Senza fretta... » commentò, non priva di una certa, tesa ironia, la donna dai rossi capelli, intendendo ovviamente il contrario di quanto stava in tal maniera apparentemente suggerendo.

Come previsto, infatti, Midda Bontor non si stava dimostrando desiderosa di gettare la spugna. Anzi. Ogni nuovo insuccesso, ogni nuovo respingimento da parte della propria antagonista, sembrava essere soltanto atto a galvanizzarla, a spronarla, per spingerla oltre: oltre i propri limiti, oltre le proprie capacità, oltre ogni ostacolo. E per quanto Nóirín potesse star impegnandosi a contrastarla, temeva francamente l’eventualità che da un momento all’altro ella si sarebbe dimostrata capace di trovare una falla nella sua difesa, qual certamente comunque c’era.
Certo: a confronto con la minaccia da lei rappresentata, e con quella minaccia letale, ella avrebbe anche potuto decidere di reagire in maniera altrettanto violenta, materializzando innanzi a sé un paio di mitragliatori automatici a sei canne e aprendo il fuoco con una potenza tale da cancellare, letteralmente, quanto rimasto di quella locanda bruciata innanzi a loro. Ma così facendo, ella non avrebbe avuto a potersi considerare certa di andare a operare soltanto contro una proiezione della Figlia di Marr’Mahew e non, piuttosto, contro l’originale e, in effetti, contro ogni altra Midda Bontor esistente nel multiverso, incluse ovviamente tutte le Madailéin Mont-d'Orb, fra cui la sua gemella. Dopotutto nel tempo del sogno tutto era e niente era, e tutto avrebbe potuto essere pur non essendo: una condizione di estrema indeterminatezza a confronto con la quale non avrebbe potuto riservarsi l’opportunità di uccidere con troppa leggerezza la donna che, dopotutto, si erano sospinti sino a lì per salvare.

« Be’S... » richiamò ella dopo aver respinto un nuovo attacco da parte della Figlia di Marr’Mahew, e un nuovo attacco questa volta non sopraggiunto frontalmente, quanto e piuttosto di rimbalzo, in un repentino cambio di traiettoria dell’ultimo istante a confronto con il quale Midda era andata pericolosamente vicina a giungere sino a loro « Quando prima ho detto “senza fretta”, ovviamente, ero sarcastica. » sottolineò, non riuscendo a credere che stavano davvero rischiando la vita a confronto con quell’antagonista « Un po’ di urgenza puoi considerarla presente... »
« Non so dove tu abbia appreso certi trucchetti... ma... complimenti, sorella. » le riconobbe la sua controparte, roteando la propria spada attorno ai propri fianchi, nel mentre in cui, a pochi piedi di distanza, stava tentando di valutare il modo migliore nel quale procedere all’attacco « Ora sì che possiamo considerarci propriamente agli antipodi: io una guerriera e tu una strega. Così uguali e pur completamente diverse! »

Che Midda potesse desiderare sprecare tempo in qualche futile chiacchiera, Rín non lo avrebbe mai creduto. Ragione per la quale, a confronto con tutto ciò, ella non avrebbe potuto che temere il peggio, nella certezza di quanto, allora, ella stesse per sferrare un nuovo e conclusivo attacco a suo discapito, nel mentre in cui, con tali parole, tentava di confonderla, di distrarla.
Non avendo sufficiente confidenza con le tattiche della propria controparte, ella non avrebbe potuto in alcun modo anticipare le sue mosse, né avrebbe potuto sperare di riuscire a intuirle in tempo utile per vanificare il suo operato, se non in grazia a tanta fortuna e una soluzione di decisamente amplio spettro qual quella allora adottata. Così, più che ragionevolmente preoccupata per quanto avrebbe potuto allor accadere, la versione alternativa di Nissa tentò di prendere parte al suo stesso giuoco, e di distrarla a propria volta, nella speranza in tal senso di guadagnare tempo utile per permettere a Be’Sihl di trasportarli via di lì.

« Il tuo tono così canzonatorio e provocatorio a mio discapito è quasi grottesco, pensando quanto, comunque, a parlare sia colei destinata a diventare erede della regina Anmel Mal Toise, la nuova Portatrice di Luce e la nuova Oscura Mietitrice. » sorrise verso di lei, decidendo di giocare, in maniera forse non propriamente corretta, quella carta, con la speranza in tal senso di riuscire a spiazzarla non di meno rispetto a quanto non fosse accaduto pocanzi con l’involontaria uscita di Be’Sihl « Dalle mie parti abbiamo un bel modo di dire per simili situazioni: “il bue che dice all’asino: ‘cornuto’”. »
« Di che cosa stai blaterando ora...? » esitò per un istante la Figlia di Marr’Mahew, non riuscendo a dimostrarsi così indifferente a quell’affondo, per così come ebbe a tradirla un’estemporanea estensione delle sue nere pupille all’interno delle iridi glaciali « Io non desidero divenire l’erede della regina Anmel Mal Toise...! » si difese, escludendo categoricamente quella possibilità.

Se Nóirín non si stava erroneamente rammentando l’ordine temporale degli eventi della storia di Midda Bontor, all’epoca di quei fatti ella non aveva ancora apertamente iniziato la propria lotta contro la regina Anmel Mal Toise, neppur sospettando di quanto fosse realmente occorso al momento del recupero della sua corona perduta.
Ciò non di meno, ed evidentemente, anche e soltanto il nome di quella temibile regina del passato avrebbe avuto a dover essere considerato sufficiente per porre sul chi vive la sua antagonista, riuscendo a rallentare per qualche prezioso istante.

« Secondo te per qualche motivo la corona della regina Anmel era stata protetta da un sistema volto a valutare la forza d’animo di coloro i quali avrebbero mai tentato di recuperarla...?! » replicò pertanto Rín, sperando di non dire qualcosa di sbagliato a margine di tutto ciò, conoscendo sì gli eventi in linea di principio e, ciò non di meno, non potendo vantare una particolare confidenza con i dettagli più minuti, a confronto con i quali non avrebbe potuto permettersi di insistere più di molto « La Progenie della Fenice l’aveva lì celata per evitare che qualcuno potesse rivendicare il potere associato a essa... e il potere proprio della Portatrice di Luce e dell’Oscura Mietitrice. Il potere del quale, ora, tu sei l’erede designata, non per una qualche predestinazione, quanto e piuttosto in sola conseguenza alle tue stesse azioni! »
« Hai perduto completamente il senno, Nissa... ammesso che tu ne abbia mai posseduto uno negli ultimi lustri. » scosse il capo la donna guerriero, escludendo nuovamente che tutto ciò potesse riservarsi un qualche senso.
« Ah sì...? » commentò tuttavia Rín, sperando che Be’Sihl stesse approfittando di tutto ciò per compiere quanto allora avrebbe potuto salvare loro la vita « E se ti dicessi che fra poco più di una decina di anni a partire da ora, tu, sfruttando involontariamente proprio i poteri di Anmel Mal Toise, avrai a creare una nuova specie di non morti, riportando indietro tutti coloro che hai ucciso, e che ucciderai nei tempi a venire, come creature perfettamente capaci di intendere e di volere, dotate di tutti i propri ricordi e di tutta la propria coscienza, e contraddistinti da un corpo praticamente indistruttibile...?! »
« Direi che hai una fantasia particolarmente fervida, sorella... perversa, ma fervida. » replicò Midda, scuotendo appena il capo « Ma né questa, né altre fole, potranno mai salvarti dalla giusta punizione per tutto ciò che hai compiuto! »

Evidentemente Rín aveva tirato troppo la proverbiale corda, e questa si era spezzata: perché se un accetto ad Anmel Mal Toise poteva aver incuriosito estemporaneamente Midda, il riferimento ai ritornati e a quegli eventi pur propri del di lei futuro avrebbe avuto a doversi intendere troppo privo di fondamento nel confronto con la sua attuale visione della realtà per poter essere allor accettato in termini diversi dal mero prodotto di una fantasia malata.
Ragione per la quale, senza ulteriore tergiversare, ella ebbe allor ad agire, e ad agire con una nuova mossa in contrasto ai suoi due avversari...

mercoledì 23 giugno 2021

3681

 

Nel merito dell’evidenza che la situazione fosse rapidamente degenerata, proprio malgrado, né Be’Sihl né Nóirín avrebbero avuto necessità di un’ulteriore riprova. Che la situazione, tuttavia, fosse degenerata tanto rapidamente in sola conseguenza alla sua mancata sfuriata, per lo shar’tiagho, avrebbe avuto a dover essere inteso decisamente assurdo.
Possibile che la sua storia con Midda avesse realmente avuto un evento così insignificante a proprio fondamento...? Possibile che davvero un tono diverso e qualche parola meno critica nei suoi riguardi avesse avuto a portare a quell’attuale follia in luogo al decisamente migliore risultato realmente conseguito all’epoca...?!
Certo: fra tutte le questioni in sospeso della passata vita della propria amata, certamente quella relativa a Nissa, e a quella loro crudele faida, avrebbe avuto a doversi intendere essere senza dubbio una fra le peggiori, e fra quelle nel merito della quale ella avrebbe avuto a doversi intendere più sensibile. E, sicuramente, egli aveva errato nel proporsi in quella maniera a Midda e, soprattutto, nell’offrire riferimento diretto a Nissa, là dove non avrebbe dovuto neppure conoscerne l’esistenza. Ciò non di meno, il pensiero che, per così poco, egli fosse passato dal loro primo bacio alla loro ultima battaglia... beh... tutto ciò non avrebbe potuto che risultare quantomeno pazzesco.
Purtroppo ormai il danno era fatto. E la presenza di una versione alternativa di Nissa al suo fianco, qual in fondo effettivamente Rín era, non avrebbe in alcun modo potuto migliorare la questione. Anzi.

« Andiamocene... » sussurrò quindi Be’Sihl a Rín, appoggiandole la destra sulla spalla, per garantire quel contatto fisico fra loro utile a non rischiare di smarrirsi all’interno del tempo del sogno « Non ha senso perdere ulteriormente tempo qui... »
« S-sì. » annuì la sorella di Maddie, non potendo ovviare a provare una certa inquietudine a confronto con la furia di Midda, e con quella furia che, era certa, avrebbe potuto tradursi quietamente nel loro duplice omicidio se le fosse stata concessa l’opportunità di farlo.
« E credete veramente che io vi lascerò andare via dopo tutto questo...?! » protestò la Figlia di Marr’Mahew, escludendo categoricamente quella possibilità « Dopo che avete complottato per uccidermi...? Dopo che avete ucciso Salge e Ja’Nihr...?! Senza contare tutti gli altri prima di loro... » domandò loro, scuotendo il capo e accucciandosi un po’ di più a terra, preparandosi chiaramente a compiere un balzo in avanti, con fare predatorio « Non ci penso nemmeno! »

Se pur nulla di tutto quello avrebbe avuto a dover essere inteso reale, nell’aver persino trasceso il concetto stesso di memoria per sfociare in una sorta di sviluppo alternativo di quel neppur recente passato, riuscire a cancellare tutto ciò non avrebbe avuto a dover essere frainteso immediato. E, certamente, non immediato in termini utili a ovviare a entrambi il rischio di finire morti ammazzati per mano della medesima persona che, pur, stavano cercando di salvare.
Così, quando Midda ebbe a compiere il proprio balzo in avanti, decisa a piombare con violenza su colei che intendeva essere Nissa e sul traditore noto come Be’Sihl, Rín non ebbe a indugiare e, con dimostrazione di apprezzabile autocontrollo, nonché di controllo sul tempo del sogno, si premurò di generare un vero e proprio scudo di energia luminosa fra lei e la loro inattesa antagonista. Uno scudo a confronto con il quale, quindi, la Figlia di Marr’Mahew non poté che schiantarsi malamente in primo luogo, per poi essere respinta violentemente all’indietro, catapultata dal lato opposto di quella stanza parzialmente incenerita. E uno scudo che, subito dopo aver esaurito il proprio compito, ebbe a svanire nel nulla dal quale aveva fatto la propria apparizione...

« Midda...! » gemette lo shar’tiagho, in maniera istintiva a confronto con il colpo da lei subito, fugacemente dimentico tanto del fatto che ella non avesse a essere realmente la loro Midda, quanto e ancor più del fatto che, fosse dipeso da lei, entrambi sarebbero probabilmente già morti.
« Thyres... » imprecò la donna guerriero dagli occhi color del ghiaccio e dai capelli corvini, per un attimo stordita dal colpo ricevuto « ... che stregoneria è mai questa?! » domandò, rimettendosi in piedi e osservando con circospezione la propria antagonista.
« E’ soltanto un semplice campo di forza, mutuato da non ricordo quale telefilm o cartone animato visto da bambina. » argomentò Rín, replicando con assoluta e trasparente sincerità a quella domanda, in termini che, tuttavia, l’altra non avrebbe probabilmente potuto comprendere « Non credere che le prime volte nel tempo del sogno non abbia avuto a dovermi difendere per non essere cancellata per sempre da ogni piano d’esistenza! » sottolineò, inarcando appena l’angolo destro della propria bocca, in un sorrisetto tirato « E ora, se per cortesia te ne stessi un attimo buona, potremmo levarci di torno senza colpo ferire... »
« Non ho capito nulla di quanto stai blaterando, sorella... ma se credi che qualche stregoneria così elementare potrà impedirmi di vendicare le morti di tutti coloro che hai ucciso in questi anni, ti sbagli di grosso! » scosse il capo ella, rigettandosi nuovamente in avanti, per cercare un altro confronto con loro.

Ancora una volta, però, lo sforzo di Midda ebbe a essere vanificato da quel campo di forza che, nuovamente, Rín ebbe a evocare innanzi a sé, respingendola ineluttabilmente all’indietro.
Purtroppo se, così insistendo, Midda non si sarebbe potuta riservare occasione di successo alcuno a discapito dei propri antagonisti, pur vero avrebbe avuto a dover essere inteso quanto, allo stesso modo, Nóirín avrebbe avuto a restare spiacevolmente impegnata in quella sfida, in termini tali per cui cercare concentrazione sufficiente a riscrivere quella realtà per condurli altrove non avrebbe avuto a essere per lei, proprio malgrado, fattibile.

« Be’S... » commentò quindi in direzione del proprio compagno di ventura « Portaci via da qui! »
« E dove...?! » domandò l’altro, colto in contropiede da quella richiesta, e già sufficientemente agitato a confronto con l’evidenza di quanto stava accadendo.
« Tipo... ovunque?! » replicò l’altra, storcendo appena le labbra verso il basso « Scegli un posto a caso dai tuoi ricordi e concentrati su di quello... prima che abbia a trovare il modo di ammazzarci. »

Campi di forza o meno, dopotutto, quella innanzi a loro era pur sempre Midda Bontor. E una Midda Bontor proveniente direttamente dal periodo più leggendario della propria storia personale. Una Midda Bontor, in ciò, abituata a confrontarsi quasi quotidianamente con uomini, mostri e dei, in termini tali per cui, non appena avesse avuto a concedersi l’opportunità di agire in maniera un po’ meno precipitosa rispetto all’approccio proprio di quei due primi attacchi, certamente sarebbe stata in grado di raggiungerli e di estinguere le loro esistenze, per così come appariva chiaramente desiderosa di compiere.
Levarsi quanto prima di lì, quindi, non avrebbe avuto a potersi fraintendere qual una scelta, quanto e piuttosto qual una necessità, e una necessità prioritaria, a meno di non desiderare essere rimossi definitivamente da ogni piano di realtà, come non fossero mai esistiti.
Fu così che Be’Sihl non ebbe a riservarsi alcuna occasione di replica a confronto con la richiesta della propria interlocutrice, affidandosi a lei e chiudendo gli occhi per avere ora non a tentare di svuotare la mente, quanto e piuttosto di riempirla, e di riempirla con un ricordo utile a permettere loro di evadere da quella spiacevole situazione, e da quella spiacevole situazione della quale, proprio malgrado, avrebbe avuto a doversi intendere principale responsabile. Un’impresa, quella, tutt’altro che banale nel considerare la concitazione del momento, tale da confondergli spiacevolmente le idee in misura utile a rendergli decisamente difficoltoso mantenersi concentrato su un unico pensiero...

martedì 22 giugno 2021

3680

 

Le parole che Be’Sihl ebbe lì a scandire, ed ebbe a scandire a partire dal proprio io attuale, ovviamente, non avrebbero potuto avere a trovare occasione di corrispondenza nelle parole che avrebbero potuto essere proprie del suo io dell’epoca, al di là di quanto, comunque e per l’appunto, all’epoca la sua reazione fosse stata decisamente più irata, e non a torto, a discapito della Figlia di Marr’Mahew: l’uomo che egli era divenuto, del resto, non avrebbe avuto a poter vantare una corrispondenza stretta con l’uomo che egli era all’epoca, né, tantomeno, il rapporto da lui maturato con Midda non avrebbe potuto vantare una corrispondenza neppur larga con il rapporto che, al contrario, era loro all’epoca. E per quanto la Midda di fronte a lui, in quel frangente, non avrebbe avuto a dover essere intesa essere la vera Midda dell’epoca, quanto e soltanto una proiezione della medesima, tale proiezione non avrebbe potuto ovviare a cogliere qual inatteso, se non addirittura improprio, quel suo intervento.
Così, reagendo non come avrebbe potuto reagire la Midda da loro ricercata, e reagendo non come aveva reagito ella all’epoca, nel ritrovarsi posta a confronto con una reazione decisamente diversa da quella, la Figlia di Marr’Mahew lì in piedi innanzi a lui ebbe innanzitutto a sgranare appena gli occhi, evidentemente sorpresa a confronto con l’inedita e romantica audacia da lui espressa verso di lei, per poi aprirsi in un sorriso a metà fra il lusingato e il divertito.

« Per Thyres! » esclamò quindi ella, aggrottando la fronte « Lo sconvolgimento all’idea della mia morte deve essere stato particolarmente intenso per te, vecchio amico mio. » osservò, scuotendo appena il capo « Da che ci conosciamo, non rammento tu mi abbia mai rivolto parole simili... né, tantomeno, toni simili... o sguardi come quelli che ora mi stai rivolgendo. » puntualizzò, ammiccando poi verso di lui con fare scherzosamente complice « Non è che sotto sotto tu ti sei un po’ innamorato di me e non lo vuoi ammettere...?! »

E lo shar’tiagho, dal canto proprio, non poté che cogliere con un certo disappunto quanto, a confronto con la sua dolcezza, ella si stesse lì emotivamente ritraendo, in misura decisamente opposta a quella che era stata molti anni addietro quando, in conseguenza alla sua furia ella, al contrario, era avanzata a coprire la distanza esistente fra loro, e a coprirla con un appassionato bacio... il primo di molti altri.

“Che assurdità...!” si ritrovò quindi a pensare, salvo poi decidere di non limitarsi a pensarlo ma, addirittura, di scandirlo ad alta voce, affinché l’altra potesse udirlo « Che assurdità...! »
« ... è quello che dico anche io. » ridacchiò Midda, annuendo nel fraintendere quelle parole e nel considerarle risposta diretta alla propria domanda, in termini tali da vederlo escludere una qualunque possibilità di coinvolgimento emotivo con lei « Comunque sia, davvero mi dispiace per la locanda e, credimi, pagherò tutto ciò che sarà necessario per ricos... »

Ma a impedirle di cambiare discorso, e di ritornare in una situazione di maggiore conforto psicologico, egli levò una mano a richiederle di tacere, prima di riprendere voce, al fine di meglio esplicitare la propria posizione...

« Dubito che tu possa realmente comprendere quanto desidero dirti... ma, visto che siamo qui, voglio comunque approfittare dell’occasione per farlo. » premesse egli, separandosi volontariamente da Rín, per concedersi quel momento di intimo confronto con la propria amata « Perché è veramente assurdo che, soltanto perché io ora non ti sto gridando contro, non ti sto minacciando di porre definitivamente fine al nostro rapporto, tu stia affrontando quasi con allegria tutto questo, là dove, altrimenti, ti ritroveresti costretta a fare i conti con i tuoi sentimenti, con le tue emozioni, e ad accettare quello che, in fondo, abbiamo sempre saputo entrambi, se non dal nostro primo incontro certamente da poco dopo: che tu e io siamo fatti per stare insieme. »
« Ehm... » esitò ella, ancora sgranando gli occhi, a confronto con quella nuova deriva da parte sua, e una deriva nuovamente inattesa.
« Dai. Basta con questi giochetti infantili... » la invitò egli, avanzando verso di lei « Perché ti spaventa tanto l’idea che io possa amarti? E, ancor più, l’idea che tu possa amare me...?! E, ti prego, non tirare in ballo la tua gemella, perché, francamente, quella sarebbe soltanto una scusa puerile. »
« La mia gem... » ripeté ella, saltando ora all’indietro per la sorpresa, a rimarcare la necessità di mantenere una certa distanza fra loro, non soltanto a livello fisico, ma ancor più a livello psicologico ed emotivo « Come fai a sapere di mia sorella...?! »

In effetti all’epoca la storia del passato di Midda non era ancora di pubblico dominio e, di conseguenza, Be’Sihl, al pari di chiunque altro in quel di Kofreya e di Kriarya in particolare, non aveva la benché minima idea che potesse esistere una Nissa Bontor, né, tantomeno, che la stessa si potesse essere impegnata al solo scopo di dannare la vita della propria gemella.
Per tale ragione, quindi, il fatto che egli si fosse lì espresso in quelle parole non avrebbe potuto ovviare a risultare quantomeno improprio, se non esplicitamente sospetto, e sospetto nella misura in cui, nel conoscere qualcosa nel merito dell’esistenza di Nissa, egli non avrebbe potuto che essere inteso un uomo al servizio della stessa, un traditore dormiente, un infiltrato in quieta attesa del momento giusto in cui colpire, per così come era già successo il giorno in cui Salge Tresand, capitano della Jol’Ange e primo grande amore di Midda Bontor, era stato ucciso davanti ai suoi occhi.
Così, prima ancora che qualunque ulteriore alito potesse uscire dalle di lui labbra, ella ebbe a privarsi del manto sotto il quale aveva tenuto celata la propria identità in quelle ultime ore, ed ebbe a estrarre la propria spada bastarda, quell’epica lama compagna di molte avventure, per predisporsi a compiere l’ultima cosa che mai avrebbe potuto immaginare di essere costretta a fare in quel giorno: uccidere Be’Sihl Ahvn-Qa!

« Ferma! » esclamò allora Rín, scattando in avanti in maniera istintiva al fine di prevenire quella possibile tragedia e quella tragedia che, se avesse realmente coinvolto Be’Sihl, non soltanto l’avrebbe potuto effettivamente uccidere ma, ancor peggio, avrebbe finito per cancellarlo completamente da ogni piano di esistenza, quasi egli non avesse mai avuto a esser mai stato concepito, in accordo con le peculiari leggi del tempo del sogno « Che cosa stai facendo...?! »

Ma se con la precedente Midda ella era inaspettatamente apparsa camuffata dietro un aspetto inedito, che l’avrebbe resa irriconoscibile al suo sguardo, con quella Midda, e in quel particolare momento, le cose ebbero a prendere la peggiore piega possibile. Giacché laddove pur, sino ad allora, ella quasi non aveva neppure offerto riprova di accorgersi della di lei presenza, e della di lei presenza accanto a Be’Sihl; non appena Nóirín ebbe a prendere in tal maniera la parola e a pretendere la sua attenzione, innanzi allo sguardo della Figlia di Marr’Mahew ebbe a presentarsi l’immagine della propria stessa gemella, e l’ultima immagine he mai avrebbe potuto essere tollerabile in quel momento.

« Allora è così...? » esclamò Midda, con un tono a metà fra il funereo e il glaciale, utile a esprimere la pienezza del suo disappunto a confronto con tutto quello, e a confronto con l’evidenza di quanto, ancora una volta, la sua gemella si fosse impegnata a rovinarle la vita, e a rovinarla addirittura negandole un uomo del quale, forse, in un altro contesto, in un altro momento, ella avrebbe potuto effettivamente innamorarsi « Ci sei tu dietro a tutto questo, Nissa...?! » domandò con fare retorico, non attendendosi una replica da lei là dove, chiaramente, non vi sarebbe stata necessità alcuna in tal senso « Sei folle... sei folle, sorella mia! »

lunedì 21 giugno 2021

3679

 

Ovviamente la domanda dello shar’tiagho avrebbe avuto a doversi intendere del tutto retorica, laddove non avrebbero potuto avere possibilità alternative a riprovarci.
Per tale ragione, dopo aver concesso a Nóirín un momento per guardarsi attorno e scendere a patti con la propria inattesa nostalgia per casa, e per un mondo in cui difficilmente avrebbe avuto occasione di tornare, Be’Sihl si rialzò in piedi, per riprendere il controllo della questione e, soprattutto, per tentare di riuscire, in qualche maniera, a rintracciare la propria amata all’interno del tempo del sogno, pur consapevole di non poter avere alcuna certezza nel merito della sua effettiva presenza in quel piano di realtà.
Tornando a chiudere gli occhi, egli cercò quindi di focalizzarsi come già pocanzi, e meglio di quanto non avesse già fatto pocanzi, sull’idea di aver a raggiungere la propria amata: non su un ricordo di lei, non su un’immagine di lei, ma sulla sua volontà di ricongiungersi a lei ovunque ella potesse essere. Ne avevano passate così tante insieme, avevano affrontato più volte la morte e, soprattutto, avevano deciso di confrontarsi con la vita, e con la vita quotidiana, insieme, e in tutto ciò egli non avrebbe potuto che vivere con assoluta sicurezza quel desiderio, e il desiderio di avere a ricongiungersi quanto prima con lei, ovunque ella fosse, qualunque cosa stesse facendo.
E benché l’impossibilità incontrata da Rín a stabilire un contatto con lei avrebbe anche potuto essere interpretata come evidenza di quanto ella potesse non essere più in vita, per Be’Sihl tale eventualità non avrebbe potuto essere contemplata o contemplabile. Anche perché, obiettivamente, la Figlia di Marr’Mahew era sfuggita alla morte così tante volte da poter davvero credere che gli dei avessero a temere di poterla incontrare al termine del suo percorso mortale, in termini tali da concederle di restare nel regno dei vivi più a lungo possibile, per posticipare tale evento al più tardi possibile.
Animato, quindi, dalla certezza che ella non potesse essere morta, egli tornò a concentrarsi. E, lentamente, attorno a lui e a Rín, tornata a stringersi al suo braccio per non rischiare di finire in un’altra piega del tempo del sogno, quell’immagine della città natale della donna dai capelli color del fuoco e dagli occhi color del ghiaccio ebbe a svanire, per lasciare allora spazio a qualcos’altro.

“Mmm...”

Per quel forse breve, o forse interminabile, lasso di tempo nel quale il mondo attorno a loro tornò a presentare tutta la propria più assoluta indeterminatezza, Nóirín si ritrovò quasi a trattenere il fiato, nel timore che anche e soltanto il proprio semplice respiro avrebbe potuto avere a interferire con la concentrazione di Be’Sihl e con il non facile compito che egli si stava lì riservando.
Ma quando, dall’apparente nebbia attorno a loro, iniziò a delinearsi la sagoma di un donna, e la sagoma sufficientemente inconfondibile di Midda Bontor, ella non si lasciò coinvolgere da facili entusiasmi, nel ricordo più che recente di quanto qualunque esultanza avrebbe avuto a doversi intendere prematura, nel confronto con la forse improba difficoltà propria di quella sfida.
Per questo motivo, quando l’immagine ebbe a meglio delinearsi innanzi al suo sguardo, palesando allora la presenza di una Midda Bontor incappucciata, immediatamente il suo sguardo corse alla ricerca di quei più evidenti segni visivi utili a discriminare la sua identità. Segni visivi che ebbe a incontrare in una ciocca di neri capelli corvini facente capolino a lato del suo volto, al di sotto del cappuccio, e, ancora, nell’invariato braccio di nera armatura dai rossi riflessi la sagoma del quale, pur idealmente celata al di sotto dello stesso manto da lei indossato, avrebbe avuto a doversi intendere palesemente riconoscibile nella propria forma.
Non la Midda da loro ricercata, quindi, ma ancora una volta una Midda proveniente dai ricordi di Be’Sihl, e una Midda ancor un po’ più giovane della precedente, per così come avrebbe potuto essere dedotto scrutando con attenzione il suo viso, benché, in verità, non più di due o tre anni avrebbero avuto a separarla dalla sua altra incarnazione.

« Niente da fare... » sussurrò quindi, in direzione di Be’Sihl, per avvisarlo di quanto da lui ancor non veduto, nel star mantenendo chiusi gli occhi per conservare la massima concentrazione.

Una volta definita l’immagine della Figlia di Marr’Mahew, anche il resto del mondo attorno a loro tornò rapidamente ad assumere forma, quasi come se quella realtà avesse a essere plasmata in conseguenza diretta all’evocazione di una di quelle sue versioni passate, andando di volta in volta a sincronizzarsi nella maniera più adeguata possibile alla figura proposta.
Così, da quell’indistinto candore a loro circostante, in breve ebbe a comparire l’immagine di un edificio bruciato, e, in particolare, di una camera completamente carbonizzata. Una camera, e un edificio, che ella non avrebbe potuto in alcun modo riconoscere neppure nel caso in cui l’incendio non fosse occorso, là dove, in fondo, quel luogo ormai non esisteva più in quel di Kriarya, o, per lo meno, non esisteva più in quelle sembianze, nell’essere stato ricostruito per intero a spese della stessa Midda Bontor dopo che, comunque per causa sua, era andato in fumo per più di metà della sua superficie.

« Questa è la mia vecchia locanda... » commentò allora lo shar’tiagho, il quale, dopo esser in tal maniera stato informato del proprio nuovo fallimento, non aveva mancato di riaprire gli occhi, per avere a verificare in prima persona che cosa stesse accadendo attorno a loro « ... prima che assumesse il nome de “Alla signora della vita”. »

Di questo evento, in effetti, Nóirín aveva sentito parlare in più di un’occasione, là dove il ricordo di tali eventi era mantenuto ben vivo non soltanto da Be’Sihl, ma anche da Howe e da Be’Wahr, come esemplificazione di quelle decisioni prese con un po’ troppa leggerezza dalla donna guerriero in quel periodo della propria esistenza. Un periodo evidentemente contraddistinto da una certa piromania latente, nel non collocarsi quell’incendio a troppi anni di distanza da un altro incendio di proporzioni maggiori, e l’incendio in conseguenza al quale la grande Biblioteca di Lysiath era andata perduta, insieme al suo patrimonio incommensurabile di sapere.

« Mi dispiace per la locanda… » prese voce ella, dimostrando un certo nervosismo, e un nervosismo in tutto e per tutto conseguente al confronto con Be’Sihl.

Un nervosismo, quello di Midda, che non avrebbe avuto a dover essere in nulla e per nulla giustificato dall’espressione impressa sul viso dell’uomo in quel momento, ma che, evidentemente, avrebbe avuto a dover essere inteso conseguenza della sua involontaria rievocazione dai di lui ricordi, e da quei ricordi dai quali, in quel momento, era emersa esattamente così come doveva essere allora.

« Non è un problema. » scosse il capo egli, reagendo quindi in linea con il proprio attuale stato d’animo, e quello stato d’animo quieto e pacato, del tutto indifferente tanto alla distruzione della locanda, quanto e più all’idea che ella potesse essere morta, e quell’idea che, al contrario, all’epoca di quegli eventi lo aveva straziato in maniera indicibile, portandolo a una ben diversa risposta verso di lei, e una risposta palesemente irata per quanto accaduto, e per averlo costretto a soffrire il lutto della sua perdita allorché avere a degnarsi di informarlo del fatto che, in effetti, tutto ciò era stato soltanto una macabra messinscena, nel tentativo di individuare il mandante dietro l’attentato da lei subito nel cuore della notte entro i confini della propria stessa camera da letto « Non è un problema, amor mio. Questa locanda è solo pietra e legna: tutto ciò che è andato perduto si ricostruirà e tornerà a essere persino migliore rispetto a prima. » la tranquillizzò, in quella che, in effetti, avrebbe avuto a dover essere inteso qual un’anticipazione dal loro futuro, per lui ormai passato « Ciò che conta è che tu stia bene. Solo questo, amor mio. Solo questo. »

domenica 20 giugno 2021

3678

 

« Non sapevo che anche tu avessi viaggiato attraverso il multiverso...! » commentò quindi ella, aggrottando appena la fronte a non mistificare la propria sorpresa a tal riguardo « Questa è una piazza della città dove sono nata e cresciuta... »
« Non ho viaggiato attraverso il multiverso... » scosse il capo Be’Sihl, escludendo quell’interpretazione dei fatti « Ciò non di meno ho vissuto per un certo periodo all’interno della mente di Midda dopo che Desmair l’aveva lì intrappolata, e l’aveva lì intrappolata in un costrutto liberamente ispirato al vostro universo. » ricordò, a giustificare la sua pregressa conoscenza di quel luogo « Ed è francamente inquietante verificare quanto, comunque, Desmair avesse ricreato tutto nei più minimi dettagli... »

Che i poteri di manipolazione del figlio di Anmel Mal Toise avessero a doversi intendere semplicemente incredibili non avrebbe avuto a dover essere considerato qualcosa di nuovo dal punto di vista di Be’Sihl. Non, soprattutto, dopo aver vissuto per diversi anni ospitando all’interno della propria mente e del proprio corpo l’esule animo del semidio immortale, dopo che il corpo di questi era stato ucciso a opera del dio Kah, suo padre e a sua volta poi ucciso dalla stessa Midda Bontor nel giorno in cui ella ebbe a guadagnare il titolo di Ucciditrice di Dei.
Ma che Desmair potesse essersi impegnato in maniera così straordinaria per ricreare un intero mondo all’interno della mente di Midda, pur motivato, in tal senso, dalla volontà di riuscire a creare l’inganno perfetto a suo discapito, e un inganno che avrebbe finito con l’autoalimentarsi a confronto con una situazione di quieto benessere per la stessa; ciò non avrebbe potuto che sorprenderlo. Certo: creare una copia di un mondo avrebbe avuto sicuramente a doversi considerare più semplice rispetto a progettarne uno completamente nuovo. Ciò non di meno, come egli fosse stato in grado di ricreare alla perfezione quella piazza e, per quanto stava venendo concesso allo shar’tiagho occasione di constatare, anche le strade attigue, avrebbe avuto a doversi comunque considerare di improbabile comprensione.

« Oh...! » non poté che replicare Rín, decisamente spiazzata da quel pensiero « Rammento che abbiate accennato a questa cosa una volta, ma in effetti non ricordo che abbiate raccontato i particolari della vicenda. » osservò, roteando su se stessa per dare uno sguardo al mondo a sé circostante, non senza un intimo senso di nostalgia, nel mentre in cui non mancò di riservarsi una giusta ragione di sorpresa all’idea che tutto quello potesse essere stato riproposto in maniera verosimile all’interno della mente di Midda Bontor, soprattutto in assenza di una qualche esperienza diretta di Desmair con il loro mondo « Mi chiedo come possa aver fatto. »
« Le panchine... le fontanelle... quel monumento conico con il tizio alato sulla cima... quegli strani trenini arancione di cui non rammento il nome... » indicò egli, facendo mente locale e ritrovando tutti gli elementi che già conosceva bene, quasi come se tutto ciò fosse un suo ricordo e non un ricordo della sua interlocutrice « Persino le bancarelle dei libri sotto quei portici...! E’ tutto come lo ricordavo... »
« Tranvai. O tram, semplicemente! » sorrise l’altra, annuendo appena a conferma di quanto egli stesse elencando con precisione i principali elementi di riferimento attorno a loro « Quindi Desmair, per intrappolare Midda, l’aveva convinta di essere Maddie...?! »
« Qualcosa di simile. » confermò Be’Sihl, rispondendo con un sorriso meno entusiastico rispetto a quello da lei sfoggiato, nel non poter associare a tutto ciò emozioni particolarmente positive, là dove, in fondo, quella trappola mentale aveva spinto Midda in un profondo stato di coma, durato mesi, riprendersi dal quale, poi, non era stato assolutamente semplice per lei, né a livello fisico, né tantomeno a livello psicologico « L’aveva convinta di aver trascorso un paio di decenni in coma, tempo nel corso del quale la sua mente si era difesa dando vita a Midda Bontor e a tutte le sue mirabili avventure. »
« Perverso! » esclamò allora Rín, strabuzzando gli occhi « Per tenerla intrappolata in uno stato di coma le ha fatto vivere un’esperienza nella quale la sua vita precedente era stata interpretata come il frutto di uno stato di coma... »
« Quella, in effetti, era stata soltanto la premessa. » scosse il capo l’altro, sospirando e avvicinandosi a una delle panchine, per avere lì ad accomodarsi, nel mentre di quel dialogo « La parte peggiore della storia, poi, è stato l’aver introdotto un tizio che avesse a mischiare un po’ di me e di lui, il suo nuovo corpo, per la precisione, e il mio carattere, per poterle creare un utile compagno di vita in grazia al quale ella avrebbe potuto lasciarsi coinvolgere emotivamente in tale, artefatta realtà. »
« E aveva funzionato...?! » domandò l’altra, seguendo Be’Sihl sino alla panchina, per accomodarsi accanto a lui, sinceramente incuriosita da tutto ciò.
« Almeno fino a quando non sono arrivato io a fare il guastafeste... sì. Aveva funzionato. » confermò egli, storcendo appena le labbra verso il basso « E, te lo assicuro, non è neppure stato facile riuscire a inserirsi in quella sua nuova realtà senza rischiare di imporre troppi danni alla sua mente: fossi piombato davanti a lei presentandomi per colui che effettivamente ero, avrei rischiato di fare più danno che altro. »

Per Desmair, riuscire a creare quel mondo, in realtà, non era stato così semplice come Be’Sihl o Nóirín avrebbero potuto fraintendere. Non tanto per la definizione concreta di quella realtà, quanto e piuttosto per riuscire a vincere la psiche della propria sposa, convincendola della veridicità di tutto ciò.
In effetti, prima di arrivare a ottenere quel risultato, egli aveva dovuto tentare per qualche dozzina di volte, costringendo la Figlia di Marr’Mahew a confrontarsi con iterazioni successive atte a permettergli di raffinare la propria trappola, correggendo di volta in volta i particolari che, al turno precedente, l’avevano portata a rifiutare quella come sola e vera realtà entro la quale la sua vita avrebbe avuto a essere, rifiutando tutto il suo passato, tutti i suoi ricordi, come una complessa fantasticheria... complessa sì, ma, per l’appunto, fantasticheria. E quelli che per Be’Sihl e per il resto del mondo là fuori erano stati già lunghi e insopportabili mesi, per Midda... anzi, per Maddie, come si era convinta di chiamarsi realmente, erano stati addirittura anni interi. Anni nel corso dei quali, quindi, non soltanto ella aveva dovuto rinnegare se stessa, ma aveva anche dovuto reinventarsi da capo, riadattandosi a un contesto locale estremamente diverso da quello nel quale, altresì, era nata e cresciuta o, quantomeno, si era convinta di essere nata e cresciuta nel corso di quell’infausto coma.
Così, quando alla fine tutto aveva funzionato, per quanto fittizio tale mondo avrebbe avuto a dover essere inteso, dal suo punto di vista, qual l’unica realtà che avesse effettivamente a conoscere. E una realtà dalla quale non avrebbe potuto essere facilmente risvegliata, a meno di non voler correre il rischio di condurla del tutto alla follia. Ciò non di meno, anche quando l’intervento di Be’Sihl si ebbe a dimostrare risolutivo, guidandola a ritrovare se stessa e il contatto con il proprio vero mondo, Midda non ebbe a risvegliarsi allo stesso modo in cui si era addormentata. Perché quegli anni vissuti come Maddie non avrebbero mai potuto essere cancellati dalla sua mente e dal suo animo...

« Certo che voi proprio non sapete come annoiarvi, vero...?! » sorrise Rín, cercando di minimizzare il dramma dietro a quei ricordi, non perché quegli eventi non fossero stati a loro modo drammatici, quanto e piuttosto perché, comunque, ormai tutto ciò avrebbe avuto a dover essere considerato passato, e un passato che non avrebbe avuto a doverli distrarre dal proprio presente, e da un presente contraddistinto dalla necessità di salvare Midda Bontor dalla Progenie della Fenice, ovunque l’avessero condotta.
« Direi proprio di no. » ammiccò Be’Sihl, comprendendo il perché di quell’interrogativo e annuendo a dimostrare quanto avesse a doversi intendere concorde con tutto ciò e con la necessità di non lasciarsi distrarre più del dovuto « Che ne dici...? Ci riproviamo...?! » le propose quindi, inspirando profondamente aria nei propri polmoni prima di espirare, come un atleta a confronto con una prova fisica « Sperando di avere più fortuna rispetto a poco fa. »

sabato 19 giugno 2021

3677

 

« Tecnicamente il letto è mio... ma non importa. » provò a puntualizzare egli, per quanto perfettamente consapevole di come, così facendo, avrebbe certamente suscitato una qualche nuova replica da parte di lei, la quale non si sarebbe certamente lasciata sfuggire l’occasione di dire la sua.
« E’ più importante per te definire la proprietà del letto o il nome di colei con il quale lo continuerai a condividere a meno che ella non abbia a comprendere di aver fatto un errore ad accettare di iniziare questa relazione con un uomo tanto egoisticamente attaccato al possesso materiale dei propri beni...?!  » non mancò, puntualmente, di ammiccare ella « Chiedo giusto per farmi un’idea sulle tue priorità. »

A Nóirín, Midda e Be’Sihl piacevano. Piacevano seriamente. In effetti, e senza nulla togliere al gusto della propria gemella, ella aveva avuto occasione di trovare più affascinante la coppia formata da Midda e da Be’Sihl rispetto a quella costituita da Maddie e da Be’Wahr.
Non che ella avesse qualche pregiudizio di sorta a discapito del biondo amante della propria gemella. Egli era sicuramente un uomo di bell’aspetto, contraddistinto oltretutto da una fisicità semplicemente scultorea, e appariva sinceramente coinvolto da lei, offrendo riprova di amarla realmente per colei che ella era e non, in effetti, per colei che ella avrebbe potuto esser fraintesa essere, una versione più giovane di Midda, un’alternativa più alla propria portata della Figlia di Marr’Mahew a confronto con la quale pur, al pari di chiunque l’avesse incontrata, non avrebbe potuto negarsi una certa infatuazione. Ciò non di meno, il rapporto fra Maddie e Be’Wahr non avrebbe potuto ovviare a lasciar trasparire la propria giovinezza, la propria immaturità, nel proporsi, in fondo, qual un rapporto nato più dall’incontro di una reciproca esigenza in tal maniera adeguatamente soddisfatta, che non da quella solida base che, obiettivamente, avrebbe avuto a dover essere riconosciuta dietro a una relazione maturata in più di quindici anni di frequentazione, di reciproca esplorazione, di amicizia e di complicità.
Insomma: per quanto né l’una né l’altro fossero esattamente due ragazzini, quella fra Be’Wahr e Maddie non avrebbe potuto che apparire, almeno a confronto con il giudizio di Rín, qual la storia di due adolescenti alle prese con un rapporto sicuramente appassionato, e pur ancora acerbo, che forse, con il tempo, avrebbe anche potuto riservarsi l’occasione di far crescere solide radici a mantenere compatto quel terreno comune, ma che, all’occorrenza, avrebbe potuto anche incontrare una prematura conclusione. Al contrario, quella fra Be’Sihl e Midda non avrebbe potuto che proporsi qual una grande storia d’amore, e di un amore non scontato, non ovvio, e forse neppure facile, e pur un amore coltivato nel tempo, sviluppatosi giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, nel corso degli anni, e di quegli anni che avevano quindi permesso a entrambi di essere già alleati, amici, complici, confidenti, consiglieri, compagni insomma, molto prima di concedersi anche l’occasione di essere amanti, ritrovando in questa un ineluttabile e meraviglioso completamento del loro rapporto e non, altresì, il fondamento del medesimo.
Per tale ragione, anche e soltanto a titolo d’esempio, non vi sarebbe mai potuta essere realmente, nel cuore di Midda, sfiducia nei riguardi di Be’Sihl, anche nel ritrovarlo con un’altra e sconosciuta più giovane donna aggrappata al suo braccio, così come era appena occorso: perché tale gelosia, ove fosse stata, avrebbe avuto a essere espressione di insicurezza da parte sua, nei riguardi del proprio valore, nei riguardi della fedeltà del compagno e, ancor più, nei riguardi della solidità del loro rapporto. Ma ogni possibilità di insicurezza da parte sua, in tal senso, era necessariamente stata affrontata ed esclusa parecchi anni prima, in termini tali per cui, quindi, anche ove Rín fosse stata trovata in atteggiamenti più lascivi, nulla di tutto ciò avrebbe potuto essere interpretato come una reale ragione di minaccia da parte sua, nella quieta consapevolezza, per la Figlia di Marr’Mahew, che mai Be’Sihl avrebbe avuto a tradirla.
In tutto ciò, quindi, a Nóirín, Midda e Be’Sihl piacevano. Piacevano seriamente. E avendone la possibilità, avrebbe passato tutta la giornata ad assistere a quel loro giocoso battibeccare, e quel battibeccare allor motivato dalla sola volontà di giocare l’una con l’altro e viceversa, provando in tutto ciò piacere emotivo in termini per nulla inferiori rispetto all’importanza propria del piacere fisico derivante da un amplesso.
Purtroppo, Rín era anche spiacevolmente consapevole di quanto insidioso avesse a dover essere inteso il tempo del sogno, in termini tali per cui, se non fossero stati attenti, probabilmente avrebbero potuto avere a smarrirsi in quella realtà, e in una realtà che, pur derivata da un ricordo, non avrebbe avuto a dover essere fraintesa qual meno concreta rispetto a qualunque realtà, non nel confronto, per l’appunto, con le peculiari dinamiche proprie di quel luogo.
E così, per quanto ella non avesse a dover essere contenta di ciò, ebbe a tornare a cercare un’occasione di contatto fisico con Be’Sihl, prima di avere a chiudere gli occhi e a iniziare a concentrarsi a propria volta su un ricordo, su un pensiero, per aver a concedere al tempo del sogno di riscrivere l’intero Creato attorno a loro, prendendone ora il controllo.

« Ti amo, Midda... » non poté ovviare a sussurrare Be’Sihl nel veder le nebbie del tempo del sogno tornare a imporsi attorno a loro, nel momento in cui ebbe a iniziare quella transizione, e quella transizione dal proprio ricordo, per così come involontariamente evocato, al ricordo di Nóirín, per così come, al contrario, consciamente selezionato, e selezionato a concedere a entrambi un’occasione per riordinare le idee prima di avere, all’occorrenza, a tentare nuovamente di rintracciare la vera Figlia di Marr’Mahew « Ci rivedremo presto... »

Una dichiarazione d’amore, quella così scandita da Be’Sihl, che non avrebbe avuto a doversi fraintendere in alcuna maniera retorica o gratuita.
Benché infatti egli fosse perfettamente consapevole di quanto quella Midda Bontor fosse stata estemporaneamente generata a partire dai suoi ricordi, per quei pochi istanti che avevano allor trascorso insieme ella era stata reale non meno rispetto all’originale, e, soprattutto, era stata reale per lui che, in quel particolare contesto, si era ritrovato a dover interagire con lei. In ciò, avere a sminuire in qualunque maniera quella figura, negandole il giusto rispetto in maniera esplicita o implicita, così come sarebbe stato non prendendo da lei adeguato commiato così come aveva voluto riservarsi occasione di compiere in quella maniera, avrebbe rappresentato, dal suo personale punto di vista, un’ingiusta e immeritata offesa a discapito della stessa, in termini tali per cui egli non avrebbe mai voluto ritrovarsi a essere protagonista.
Una dichiarazione d’amore, quella così scandita, che non avrebbe altresì avuto a doversi fraintendere qual non accompagnata anche da una certa malinconica nostalgia, e una malinconica nostalgia a confronto con quella quieta quotidianità che, nell’epoca di quel ricordo, era loro concessa, e che al tempo presente, altresì, non era più loro concessa, in ovvia conseguenza alla scomparsa della stessa donna guerriero. Ciò non di meno, allontanarsi da quella Midda Bontor, da quel ricordo, avrebbe avuto a dover essere considerato inderogabilmente necessario per sperare di ricongiungersi all’originale. In termini a confronto con i quali, allora, ogni malinconica nostalgia avrebbe avuto a poter essere posta quietamente da parte.

« Ehi... » commentò Be’Sihl, nel mentre in cui dall’indeterminatezza propria del tempo del sogno ebbe a riaffiorare un nuovo scenario, e uno scenario che, pur ipoteticamente derivando dai ricordi di Rín, non avrebbe avuto a dover essere frainteso qual inedito per lo stesso shar’tiagho « ... io questo luogo lo conosco! » espresse, non negandosi occasione di sottolineare la propria sorpresa per tutto ciò.

Fu per tale ragione che, riaprendo gli occhi, Nóirín ebbe a guardarsi attorno con aria incerta, colta a propria volta in contropiede da quell’affermazione, nel timore di aver perso il controllo sui propri pensieri e di aver permesso nuovamente a qualche ricordo di Be’Sihl di avere a prendere il sopravvento sulla definizione del tempo del sogno.
Ma quando ebbe a constatare, in effetti, di essere esattamente là dove desiderava giungere,  ciò non poté mancare di sorprenderla in misura ancor maggiore, non comprendendo come potesse essere possibile che egli avesse a poter riconoscere uno scenario appartenente al proprio mondo natale...

venerdì 18 giugno 2021

3676

 

« D’accordo... » ammise Rín, con un sorriso tirato « Tutto ciò è un po’ strano. »

Benché teoricamente, nei confronti del tempo del sogno, ella avrebbe avuto a dover essere riconosciuta qual l’esperta della situazione, obiettivamente Nóirín non era certa che potesse esistere qualcuno che realmente avrebbe potuto essere considerato esperto di quel luogo e delle sue peculiari dinamiche, fatta eccezione per Bob e per tutti gli altri infiniti secondo-fra-tre che avrebbero mai potuto esistere. Ragione per la quale, francamente, ella non era certa in che termini avere a relazionarsi con quella Midda Bontor né, parimenti, cosa potersi attendere da parte sua.
In fondo, ella non apparteneva a quel ricordo. E, in tal senso, avrebbe potuto anche essere considerato legittimo che quella particolare versione di Midda Bontor non avesse a riconoscerla. Tuttavia, tale legittimità non avrebbe potuto ovviare a cozzare tremendamente con il loro essere praticamente identiche e, ancor più, con il fatto che, per quell’età di Midda, e di conseguenza di Nissa, ella avrebbe avuto a doversi riconoscere in tutto e per tutto identica a Nissa, in termini tali per cui, se non ricordava male quanto avvenuto nella storia personale della Figlia di Marr’Mahew, in quel particolare frangente ella avrebbe avuto a dover essere intesa qual l’assassina di Nass’Hya, una fra le migliori amiche della stessa donna guerriero, in termini tali per cui, quindi, non avrebbe avuto a doversi fraintendere in alcuna maniera ignorabile dalla medesima per così come, pur, lì stava assurdamente accadendo.

« Oh sì... più di quanto tu possa immaginare... » commentò Be’Sihl, dopo essersi voltato appena verso di lei e quasi aver strabuzzato gli occhi a confronto con quanto aveva avuto allor a vedere.
« Che cosa è strano...?! » domandò Midda, inarcando un sopracciglio « Non dirmi che mi tocca davvero fare una scenata di gelosia con la prima sciacquetta che passa da queste parti... » soggiunse, con tono ancor ironico e, ciò non di meno, appena velato da un leggerissimo retrogusto di minaccia, a non escludere necessariamente da parte sua qualche reazione in tal senso, ove ve ne fosse stata la necessità « Sui nostri reciproci passati non mi interessa andare a indagare... ma per il presente e per il futuro, ti avviso, non sono interessata a una relazione poligama. »
« Il che, detto da te, è decisamente ironico se ci pensi... » puntualizzò Be’Sihl con un ammiccante, implicito e pur non difficile da cogliere, accenno in direzione del fatto che, a tutti gli effetti, proprio Midda avesse a doversi intendere qual già sposata.
« Questa te la concedo. » roteò ella gli occhi, a dimostrare la propria pur minima tolleranza a confronto con quel tema, e con l’idea di doversi riconoscere legata al semidio di nome Desmair « Però alla fine non ho ancora capito chi è la tua amica. »  
« Rín. » replicò egli, con semplicità, stringendosi fra le spalle e non trovando ragione per fare mistero del nome della propria compagna di ventura, soprattutto nella consapevolezza di quanto quel nome non avrebbe avuto a significare nulla per Midda ancora per qualche anno « Si chiama Rín... è una delle nuove cameriere assunte da Arasha in nostra assenza. »

A margine di tutto ciò, la diretta interessata avrebbe avuto a doversi intendere sempre più confusa a confronto con tutto quello. Perché se pur, da un lato, non avrebbe potuto ovviare che ammirare la prontezza di riflessi con cui Be’Sihl era stato in grado di inserirsi in quella particolare situazione, e di giustificare la sua presenza lì accanto a lui, ancor decisamente incomprensibile sarebbe necessariamente stata l’evidente incapacità di Midda a riconoscere il proprio stesso volto in lei.

« Un’altra...?! » strabuzzò gli occhi la Figlia di Marr’Mahew, decisamente perplessa per quell’annuncio « Ma al netto di tutti i loro compensi, ci resta qualche entrata o finiamo per rimetterci...?! » domandò, in termini scherzosi « Nulla contro di te, s’intende, mia cara... » puntualizzò poi, volgendosi ancora una volta in direzione di Rín e puntando i propri occhi color ghiaccio dritti in quelli di lei.
« Rín... scusami. » intervenne allora lo shar’tiagho al suo stesso indirizzo « Non è che potresti andare un attimo in cucina a prendermi della verdura fresca...? »

Non comprendendo cosa stesse succedendo e, ciò non di meno, rendendosi conto di dover comunque sforzarsi di offrire il proprio miglior viso a quell’incomprensibile giuoco, Rín ebbe allora ad annuire alla richiesta di Be’Sihl, accettando di staccarsi da lui per dirigersi alla volta della cucina.
Ma non furono necessari, in effetti, più di un paio di passi, quelli utili a ritrovarsi a confronto con la porta della cucina e con la finestrella di vetro posta sulla stessa, per arrivare finalmente a capire il perché di tutto ciò, e a capirlo nel cogliere il proprio riflesso su quella medesima finestrella: perché l’immagine che ebbe a cogliere su quel vetro, in effetti, non avrebbe avuto a poter essere fraintesa quella del proprio volto, quanto e piuttosto quella di una non meglio identificata giovinetta, dai corti capelli castani e dai lucenti occhi chiari... verdi forse.

“Oh, cielo!” esclamò nella propria mente, colta decisamente in contropiede da tutto ciò “Questa poi...”

Evidentemente, nel ritrovarsi posta a confronto con Midda Bontor, e con una Midda Bontor che non avrebbe potuto riconoscerla in termini amichevoli, la sua mente doveva aver reagito in maniera inconscia andando ad alterare i propri stessi connotati, e trasformandola in un’altra donna, del tutto diversa da quella che ella era.
Qualcosa di indubbiamente inedito, nel proprio rapporto con il tempo del sogno, e pur, comunque, utile, soprattutto per evitare di ritrovarsi a confronto con l’ira funesta della versione autoctona della propria gemella... e di una versione autoctona che, probabilmente, non si sarebbe fatta scrupolo alcuno a farla a pezzi ancor prima di concedersi la possibilità di qualche pur doveroso interrogativo sul perché della sua presenza lì, in quel momento.

“Speriamo solo che ciò non sia permanente.” osservò poi, non disapprovando, invero, il viso che le stava lì venendo offerto, e, ciò non di meno, non desiderando neppure averlo in sostituzione al proprio per il resto della sua esistenza.

A distrarla dai propri pensieri, e da quei pensieri che l’avevano estemporaneamente bloccata sulla porta della cucina, ebbe a subentrare allora la voce di Be’Sihl, che, tornando ad appellarsi a lei, ebbe a richiedere nuovamente la sua attenzione.

« Lascia stare, Rín! » la invitò quindi egli, facendole cenno di tornare indietro « Stamattina sono ancora così stordito da non essermi accorto che ho già qui tutto quello che mi occorre. »
« Non osare dire che è colpa mia, perché non ti ho fatto dormire abbastanza. » lo ammonì la donna guerriero dai neri capelli corvini e dagli occhi color del ghiaccio.
« Ovvio che è colpa tua, perché non mi hai fatto dormire abbastanza. » replicò scherzosamente Be’Sihl, in un implicito fra loro ancor sufficientemente chiaro nel merito delle ragioni per le quali egli non avesse avuto a dormire a sufficienza la notte passata « Ma, credimi, non mi sentirai mai esprimere lamentele di sorta a tal riguardo! »
« E vorrei ben sperare... » inarcò il sopracciglio destro ella, osservandolo con aria sorniona « Non per vantarmi, ma ti ricordo che la posizione che occupi ora nella mia vita, e nel mio letto in particolare, è decisamente ambita. »