11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

martedì 29 giugno 2021

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« Ho l’impressione che tu ti sia perduta, mia cara... »

Ancora bambina, Nóirín Mont-d'Orb era andata, insieme a sua sorella Maddie e ai loro genitori, a vedere una pellicola fantasy destinata a non essere particolarmente ricordata nella storia del cinema, malgrado una regia importante e un cast di tutto rispetto.
Antagonista in quel film, ella lo ricordava bene, era un enorme demone appellato come il Signore delle Tenebre, che, in assenza di computer grafica o quant’altro, era stato realizzato in grazia a un mirabile trucco, tale da renderlo, in effetti, molto più convincente rispetto a qualunque possibile elaborazione moderna: un demone dalla pelle simile a cuoio rosso, dal corpo possente, dal viso crudele e contraddistinto da un lungo mento e un altrettanto lungo naso, a rendere più rapace l’immagine dello stesso, e, soprattutto, da una coppia di grandi, grandissime corna nere, di una sproporzione devastante e tali da rendere difficile pensare a come tale creatura potesse essere in grado di mantenersi in equilibrio con tanto peso a gravare al di sopra del proprio cranio, ai lati del proprio cranio. Ovviamente, innanzi allo sguardo di una bambina, il Signore delle Tenebre avrebbe avuto a dover essere inteso un personaggio straordinariamente evocativo, in termini tali per cui, pur poco o nulla ricordando della trama di quel lungometraggio, se non il fatto che la storia avesse a riguardare un unicorno, quell’essere, quella creatura non avrebbe potuto ovviare a restare impressa in maniera indelebile, destinata a essere ben ricordata a distanza di anni, decenni addirittura.
Molti anni più tardi, Nóirín si era ritrovata, insieme a sua sorella Maddie e a molte altre persone all’epoca sconosciute, a visitare per la prima volta il tempo del sogno, e a confrontarsi, in ciò, con Desmair, semidio immortale figlio del dio Kah e della regina Anmel Mal Toise. E innanzi a Desmair, straordinario avrebbe avuto a doversi intendere il parallelismo con il Signore delle Tenebre.
In effetti, le differenze estetiche fra Desmair e il Signore delle Tenebre avrebbero avuto a doversi intendere così minimali da non poter ovviare a riflettere sui peculiari, e inquietanti, parallelismi esistenti all’interno del multiverso, in termini tali per cui ciò che in un mondo avrebbe avuto a doversi intendere qual il frutto della fantasia di un autore, in un altro mondo avrebbe potuto essere riconosciuto qual una creatura vera e propria, in termini tali da ritrovarsi facilmente a riservarsi inesplicabili interrogativi filosofici, degni del classico “è nato prima l’uovo o la gallina?”. Là dove il Signore delle Tenebre appariva muscoloso, Desmair si proponeva addirittura ipertrofico, una smisurata montagna di muscoli degni di un personaggio dei fumetti ancor prima che di un individuo vero e proprio. Inoltre, là dove le corna del Signore delle Tenebre erano nere, quelle di Desmair rilucevano di un candore eburneo, pur conservando la stessa improponibile mole, comunque sproporzionata malgrado l’altrettanto improponibile muscolatura. Ma, al di là di ciò, nessun’altra significativa differenza avrebbe potuto essere intesa fra i due, in termini tali da spiazzare Rín, la quale, seppur non più bambina, non avrebbe potuto evitare di tornare a sentirsi qual la versione infantile di se stessa innanzi a quel mostro dei propri anni più innocenti, e di quegli anni antecedenti, persino, all’incidente che le aveva negato l’uso delle gambe e che aveva reso lei e sua sorella orfane di madre.
Probabilmente per tale ragione, per tale parallelismo fra il Signore delle Tenebre e Desmair, quest’ultimo aveva avuto occasione di restare particolarmente impresso nella mente di Rín, in termini tali per cui, quando la sua voce la raggiunse, ella non ebbe alcuna esitazione a identificarlo.

« Desmair! » esclamò ella, strabuzzando appena gli occhi a confronto con l’immagine da lui offerta, e l’immagine da lui allor offerta nel proporsi quietamente seduto su un imponente trono, reggendo nella destra una coppa ricolma di un liquido purpureo, che avrebbe potuto essere frainteso, in maniera indistinta, qual vino o qual sangue.

L’oscurità in cui ella era repentinamente precipitata, dopo la separazione da Be’Sihl, non si era ancora dissipata. In effetti, anzi, essa avrebbe dovuto essere ancor intesa qual lì predominante, nella sola eccezione rappresentata dall’area nel quale si stava appunto proponendo quel seggio, quella cattedra, posto in evidenza dalla presenza di una coppia di torce, appese sulla parete alle sue spalle, e sufficienti, con il proprio chiarore, a illuminare un’area estremamente ristretta, e a illuminarla malamente, creando inquietanti ombre attorno a Desmair, sopra il volto e il corpo di Desmair, in termini tali da lasciar pensare a una sorta di danza, e alla danza macabra di qualche anima dannata.
Un contesto, quello, e una situazione le quali non avrebbero avuto, ovviamente, a potersi riconoscere qual proprie del passato della stessa Nóirín e che, pertanto, avrebbero forse avuto a doversi ricollegare in qualche misura a Be’Sihl, per quanto egli non avesse a dover essere inteso qual lì presente insieme a lei. O, per lo meno, non apparentemente...

« Dove siamo...?! » domandò quindi, incerta di poter avere un qualche utile confronto con quell’evocazione e, ciò non di meno, non potendo fare a meno di tentare l’azzardo in tal senso.
« Domanda bizzarra da parte tua, mia cara. » sorrise egli, per poi concedersi l’occasione di sorseggiare un po’ della propria bevanda dalla coppia da lui sorretta « Eppure chi meglio di te dovrebbe essere in grado di fornire una risposta adeguata a questo interrogativo...? »
 
Come già pocanzi, Desmair ebbe ancora a dimostrare una certa confidenza nei suoi riguardi, ragione utile a spingere Rín a presumere di star venendo confusa per Midda o per Nissa o, addirittura, di aver nuovamente e involontariamente modificato il proprio aspetto, assumendo le sembianze di qualcuno noto al semidio. Ovviamente, in assenza non soltanto di una superficie riflettente, ma anche di luce adeguata per poter verificare il proprio aspetto, Nóirín non avrebbe potuto trovare né occasione di conferma, né possibilità di smentita a tal riguardo. Ma, in effetti, ben poco di ciò avrebbe potuto avere rilievo in quel momento.
Chiarito, infatti, che Be’Sihl non era lì presente, ella avrebbe dovuto sbrigarsi a liberarsi di quel ricordo a lei estraneo, per cercare in qualche maniera di avere a raggiungere il proprio compagno d’arme prima che il tempo del sogno avesse ad allontanarli eccessivamente l’uno dall’altra...
... on che, in effetti, entro quei confini, il concetto stesso di distanza potesse avere un qualche significato di sorta!

« Vorrei dire che è stato un piacere rincontrarti, Desmair... ma non credo che riuscirei a risultare sufficientemente credibile nell’affermarlo. » sorrise pertanto ella, scuotendo appena il capo e levando una mano in cenno di saluto, in un gesto non necessario e pur utile, allora, a permetterle di prendere le distanze psicologiche da tutto ciò, per iniziare a cancellare quel luogo e tornare al tempo del sogno nella sua formulazione più neutra.

Ma prima che ella potesse impegnarsi in tal senso, la replica del semidio la raggiunse. E raggiungendola, né più, né meno, la travolse con la violenza di un treno in corsa: non tanto a livello fisico, ovviamente, là dove le parole non avrebbero avuto simile potere, quanto e piuttosto a livello psicologico.
E per sconvolgerla in tal maniera, Desmair non ebbe a dover dire molto. Non ebbe a doverla né lusingare né minacciare. Non ebbe a dover argomentare chissà qual genere di ragionamento. No: niente di tutto ciò, né nulla di peggio rispetto a ciò.
Semplicemente egli ebbe lì a limitarsi a ricambiare il suo saluto. E a ricambiarlo con assoluta serenità, e con un sorriso che, ove non fosse stato necessariamente inquietante sul suo volto, si sarebbe probabilmente proposto persino amichevole verso di lei...

« A presto, Nóirín... »

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