11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

mercoledì 16 giugno 2021

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Tentare di scendere a patti con il tempo del sogno non avrebbe avuto a poter essere considerato semplice. Dimensione primigenia dalla quale ogni altra realtà aveva avuto origine, essa era regolata da leggi estranee a qualunque altro possibile mondo, a incominciare dai medesimi concetti di luogo, tempo o vita.
Nel tempo del sogno non esisteva alcun luogo eppure ogni luogo avrebbe potuto esistere. Nel tempo del sogno non esisteva alcun tempo eppure ogni tempo avrebbe potuto essere. Nel tempo del sogno non esisteva alcuna vita eppure qualunque vita avrebbe potuto essere generata. Un’assurdità, una follia a voler cercare di intenderla in quanto tale, e pur qualcosa con cui, in effetti, tanto Be’Sihl quanto Rín avevano già avuto a che fare in almeno tre occasioni.
La prima occasione era stata proprio in concomitanza al loro primo viaggio in quel luogo, quando Midda aveva involontariamente richiamato in loro aiuto, dalla propria memoria, Carsa Anloch. Carsa, antica compagna d’armi della Figlia di Marr’Mahew al pari di Howe e Be’Wahr, era scomparsa dalle loro esistenze già da qualche anno: non perché fosse morta, ma, semplicemente, per il fatto che, effettivamente, Carsa non era mai esistita, se non qual un costrutto mentale generato dalla mente traumatizzata della giovane Ah’Reshia Ul-Geheran. E quando, alfine, Ah’Reshia era tornata in sé, Carsa Anloch era ineluttabilmente svanita, aveva cessato di esistere se non quale affettuoso ricordo nella memoria di coloro che l’avevano conosciuta. Proprio da tale ricordo, e da tale ricordo nella mente di Midda Bontor, il tempo del sogno era stato in grado di rievocare Carsa Anloch, e concederle una vita anche laddove non avrebbe avuto a dover essere viva, anche laddove non era mai stata viva. E a concederle una vita seppur estemporanea ma che, successivamente, e in grazia al potere della Portatrice di Luce, si era tradotta in una vita definitiva, e una vita che, allora, le due Anmel Mal Toise avevano tentato di adoperare proprio a discapito di Midda e del suo clan, non senza dimostrare una crudele fantasia a suo discapito.
La seconda occasione, poi, era occorsa quando, a sanare il torto da lei stessa imposto alla stirpe dei Progenitori, la medesima Midda Bontor, dopo aver ereditato i poteri di Anmel Mal Toise, aveva agito con l’aiuto di Bob al fine di concedere all’unito Progenitore superstite di riabbracciare la propria gente, e di ricominciare, insieme a loro, in un nuovo universo: un universo che non prima non esisteva, e che, in grazia alle capacità proprie del tempo del sogno e ai poteri della Portatrice di Luce, aveva avuto occasione di essere generato.
La terza occasione, infine, aveva coinciso con l’avvento dei ritornati: anche in quel caso, a ridonare vita a tutti coloro che Midda Bontor aveva ucciso nel corso della propria vita era stata una commistione fra il tempo del sogno e i poteri della Portatrice di Luce, una commistione, in tal frangente, malevolmente sfruttata dall’altro secondo-fra-tre al solo scopo di ripresentare, in contrasto alla loro antagonista, tutti gli avversari della sua vita, e di ripresentarli in una nuova forma immortale, a confronto con la quale nulla ella avrebbe mai potuto.
Da tutto ciò, quindi, oltre che da altre e personalissime esperienze con le peculiari prerogative proprie di quella dimensione, Rín e Be’Sihl non avrebbero potuto negare una quieta confidenza con la straordinaria capacità del tempo del sogno di offrire vita ai ricordi e alle fantasie, in termini potenzialmente molto pericolosi. O, anche ove non fossero stati pericolosi, comunque emotivamente dolorosi, nel rischio di avere a confrontarsi inaspettatamente con persone provenienti dal proprio passato, persone amate e perdute che pur, lì, avrebbero potuto tornare a esistere, riemergendo direttamente dai propri ricordi.
In tal senso, quindi, quanto avrebbe avuto allora a tentare di compiere Be’Sihl, nella speranza di ritrovare Midda Bontor, ove presente in quella dimensione, avrebbe avuto a dover essere inteso indubbiamente complicato, e contraddistinto da un’alta possibilità di insuccesso. Là dove, infatti, egli avrebbe avuto a concentrarsi sulla sua amata al solo scopo di tentare di spingere il tempo del sogno a ricongiungerlo a lei, ciò avrebbe potuto avverarsi in termini tutt’altro che apprezzabili ove, allorché proporgli la propria Midda Bontor, il tempo del sogno avesse avuto a presentare alla sua attenzione un’altra Midda Bontor, e una Midda Bontor creata a partire da un suo ricordo o, peggio ancora, da una sua fantasia.

« Ricordati di stare il più tranquillo possibile... » gli sussurrò Rín, a titolo di promemoria, nel merito di quella strategia già concordata, e di quella strategia che, seppur azzardata, avrebbe potuto avere a funzionare in grazia al particolare legame fisico, intellettuale, emotivo e spirituale esistente fra di lui e la donna da lui amata « ... devi svuotare la mente da ogni possibile disturbo e concentrarti unicamente su Midda. Non su un ricordo di lei, ma su di lei. E su di lei per così come è ora, ovunque ella sia. »

Ovviamente Nóirín era più che consapevole di quanto tutt’altro che semplice avrebbe avuto a doversi intendere porre in essere quel suo consiglio, soprattutto in riferimento allo svuotare la mente.
In occasione dei propri primi viaggi nel tempo del sogno, ella si era quasi perduta nelle proprie stesse fantasie, eventualità tutt’altro che remota in un luogo come quello: ove, infatti, non fosse stata mantenuta coscienza della natura di quel luogo, ci si sarebbe potuti quietamente smarrire in esso, finendo con il divenire parte di tutto ciò senza avere la benché minima coscienza di quanto stesse allor accadendo. Solo con il tempo, e con non poco impegno in numerosi esercizi di meditazione, ella era stata in grado di svuotare realmente la propria mente, cancellando da essa qualunque pensiero, qualunque immagine, qualunque idea alla quale, all’occorrenza, il tempo del sogno avrebbe potuto aggrapparsi. E da allora la sua vita, da quelle parti, si era decisamente semplificata.
Be’Sihl, dal canto proprio, non avrebbe potuto vantare la medesima confidenza con il tempo del sogno proprio della sua accompagnatrice. Ciò non di meno, nei giorni necessari prima di quella loro partenza, egli era stato adeguatamente posto in guardia da Rín, e, insieme a lei, aveva iniziato a compiere degli esercizi di meditazione, volti a porto nella giusta condizione mentale per poter affrontare tutto ciò. Una condizione che, in effetti, in quei primi istanti nel tempo del sogno, si era rivelata corretta, nel vederli permanere in quella condizione neutra, in quella bianca nebbia di indeterminatezza conseguente, per l’appunto, all’assenza di stimoli ai quali il tempo del sogno avrebbe potuto aggrapparsi.
Assolutamente estraneo a ogni possibilità di dubbio, però, avrebbe avuto a dover essere inteso quanto, se già tutt’altro che semplice avrebbe avuto a doversi intendere riuscire a mantenere la propria mente vuota senza la necessità di pensare a qualcosa o a qualcuno, ancor più complesso, per non dire improbabile senza adeguata formazione, sarebbe stato farlo nella necessità, altresì, di avere effettivamente a concentrarsi su qualcosa o su qualcuno, per così come, allora, egli avrebbe dovuto fare.
Ragione per la quale, quando il mondo attorno a loro iniziò a riplasmarsi, Nóirín Mont-d'Orb non avrebbe potuto riservarsi particolare fiducia a confronto con l’eventualità che tutto ciò potesse aver così facilmente funzionato. E potesse aver così facilmente funzionato al primo colpo. Ciò non di meno, ella volle avere fiducia in tal senso, volle avere fiducia in Be’Sihl e nel fato in generale, anche ove questo avrebbe potuto portare a illuderla di qualcosa di irreale.
Ragione per la quale, quando a una certa distanza innanzi a loro, ebbe finalmente a distinguere il profilo di Midda Bontor, non poté che sussultare in cuor suo per la felicità della riuscita di tutto ciò. E della riuscita di tutto ciò al primo colpo. Benché, proprio malgrado, le furono sufficienti pochi istanti in più per avere a comprendere quanto, come prevedibile, quella non avesse a essere effettivamente la Midda Bontor che stavano cercando, ma una sua proiezione, e una proiezione probabilmente proveniente dalla mente o dal cuore di Be’Sihl, e di quell’uomo che, del resto, se pur più di chiunque altro avrebbe potuto avere speranza di collegarsi a lei anche nel tempo del sogno, parimenti più di chiunque altro avrebbe potuto offrire al tempo del sogno occasione di che concretizzare infinite altre Midda Bontor, figlie dei suoi ricordi o delle sue fantasie.

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