11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

domenica 28 febbraio 2021

3566

 

A dispetto di quanto dato per certo da Be’Sihl, per una volta tanto Midda Bontor non avrebbe avuto a riservarsi ruolo in quella questione, né in maniera diretta, né, tantomeno, indiretta, per mezzo del suo sangue o della sua influenza. Perché dietro alla scomparsa di quella combriccola non avrebbe avuto a dover essere intesa né l’iniziativa di Tagae o di Liagu, né, tantomeno quella di Mera Ronae o di Namile.
In effetti, se soltanto il locandiere shar’tiagho avesse avuto la possibilità di verificare i fatti occorsi, egli avrebbe potuto rendersi conto di quanto, responsabile per tutto ciò, altro non avrebbe avuto a doversi intendere se non Na’Heer Al-Sehliot, il figlio di lord Brote. Perché, con buona pace per ogni negativo pregiudizio a discapito della Figlia di Marr’Mahew, ella non avrebbe avuto a dover essere fraintesa qual l’unica persona al mondo in grado di riservarsi decisioni negative. Anzi...

« Duclar ha chiaramente intenzione di abbandonare le ricerche di mio padre. » aveva dichiarato ai suoi amici, con evidente insofferenza a confronto con simile idea, e un’idea che non lo avrebbe mai potuto trovare d’accordo « Anche se non lo abbiamo trovato fra le macerie della torre, non vuole permettermi di proseguire ancora in tal senso, nella convinzione di quanto ogni mio futile impegno a tal riguardo, comunque, potrebbe soltanto condurre a una perdita di controllo sul resto degli uomini della nostra compagnia. » aveva proseguito, in parole che sarebbero state di difficile interpretazione nel merito delle proprie origini, se a doversi intendere realmente attribuibili al colosso d’ebano o, piuttosto, frutto di un qualche flusso di coscienza di esclusiva proprietà dello stesso Na’Heer, e tale da voler anticipare la possibile occorrenza di quello che, per lui, sarebbe stato lo scenario peggiore e lo scenario in cui fosse stato costretto a proseguire oltre senza aver neppure avuto una qualche occasione di coscienza sulla sorte dell’unico genitore di cui avesse memoria.
« E... quindi...? » aveva domandato Liagu, temendo di sapere in quale direzione egli sarebbe voluto andare a parare con simili premesse.
« Se non posso cercare mio padre con il supporto di Duclar e degli altri uomini della scorta, allora lo farò senza. » aveva immancabilmente proclamato il figlio di Brote, nell’ultima frase che tutti loro avrebbero avuto piacere di avere occasione di udire in quel particolare momento... e, pur, in una dichiarazione d’intenti più che condivisibile da parte di chiunque.

Non soltanto, quindi, la “colpa” di quella scomparsa non avrebbe avuto a dover essere imputata alla progenie di Midda.
Addirittura, e per una maggior trasparenza nel merito dei fatti, quando Na’Heer aveva così comunicato agli altri la sua intenzione di dileguarsi nella notte, per porsi autonomamente sulle tracce del suo scomparso padre, in un pericoloso intento che egli era cosciente mai avrebbe potuto incontrare l’approvazione di Duclar né di altri membri della sua scorta, la prima reazione proprio da parte di Tagae e di Liagu, suoi amici fraterni, era stata quella di tentare di dissuaderlo da ciò, suggerendo quanto sarebbe stato meglio per tutti avere ad aspettare il ritorno in città di loro madre, con quieta certezza nel merito di quanto, allora, ella avrebbe saputo certamente come agire al fine di ritrovare il perduto Brote per restituirlo al suo preoccupato figlioletto.

« Il fatto che tuo padre non fosse fra le macerie della torre è chiaro segno del fatto che sia ancora vivo. » aveva sottolineato, infatti, la figlioletta dell’Ucciditrice di dei, scuotendo appena il capetto « Aspetta il tempo sufficiente a nostra madre e ai suoi compagni d’arme di fare ritorno... e, allora, avrai a tua disposizione i guerrieri più straordinari che questo intero mondo abbia mai veduto. »
« Di certo non ci vorrà molto per vederla fare ritorno... » aveva puntualizzato quindi Tagae, a sostegno dell’opinione così espressa dalla sorella e a voler sostenere una linea d’azione più prudente rispetto a quella che il loro amichetto desiderava riservarsi « La voce di quanto occorso qui a Kriarya si spanderà velocemente in tutta Kofreya e, probabilmente, anche più... e la raggiungerà ovunque ella possa essere. E innanzi a una tanto tragica novella, certamente ella si metterà immediatamente in viaggio verso casa. »

Purtroppo, però, il figlio di Brote non avrebbe avuto a potersi considerare particolarmente accondiscendente a confronto con l’idea di un ulteriore e indeterminato periodo di attesa, lungo o breve che tale avrebbe potuto essere, ragione per la quale, con buona pace di ogni prudenza, i suoi due amici si erano allor proposti per seguirlo, per accompagnarlo, non desiderando permettergli di affrontare da solo il proprio destino, per così come, del resto, erano certi Midda non avrebbe esitato di fare per Duva, Lys’sh, o per qualunque altro suo amico.

« Non vi sto chiedendo di seguirmi... » aveva insistito Na’Heer, fermo sul proprio proposito « Questa è una questione che riguarda soltanto me. »
« Se riguarda te, riguarda anche noi. » aveva purtroppo espresso diniego Liagu, priva di entusiasmo all’idea di quella partenza nel cuore della notte e, ciò non di meno, decisa a non abbandonarlo al suo fato « Mio fratello e io ti accompagneremo fino in fondo. »

E se, quindi, Tagae e Liagu ebbero a doversi riconoscere pronti a porre in essere quella stolida iniziativa, al loro seguito non ebbe a mancare di associarsi anche la piccola Eli, che in alcun modo poté essere dissuasa a restarsene, altresì, buona e tranquilla a casa.

« Vengo anche io con voi! » aveva scandito Midda Elisee, mettendosi in piedi sul letto per recuperare quei pollici di altezza che ancora le mancavano per apparire minacciosa sotto qualunque punto di vista.
« Non scherziamo... » aveva escluso fermamente Na’Heer, non desiderando certamente avere a coinvolgere una bambina in quella propria avventura « Già non desideravo la compagnia di Tagae e di Liagu... ma, loro, per lo meno, sono grandi. Mentre tu, Eli, sei ancora una bambina! »
« Sì... sono una bambina. » aveva annuito, non contestando quell’osservazione « E sai in cosa sono bravissimi i bambini?! A fare i capricci, a gridare e a strepitare, in maniera utile ad avvertire tutti dei vostri piani... » aveva sorriso, con fare minacciosamente inquietante, evidentemente decisa a non mostrarsi da meno di chiunque altro lì presente, forse in tal senso ispirata dall’ancestrale retaggio del suo celebre nonno materno, la cui caparbietà avrebbe avuto a potersi rispecchiare serenamente in quella nipote « Volete mettermi alla prova...?! »

Ritrovandosi, pertanto e alfine, a confronto con Na’Heer, Tagae, Liagu e, persino, la piccola Eli pronti a partire per quella folle avventura senza evidenza alcuna di capo né coda, a Mera Ronae e a Namile non ebbero a restare molte occasioni di manovra. Non laddove, nel restare indietro, esse si sarebbero allor ineluttabilmente ritrovate esposte a ogni possibile antagonismo da parte di qualunque genitore o tutore furibondo per la scomparsa dei propri figli o protetti, in termini tali che, francamente, avrebbero preferito evitare di avere occasione di esplorare.
Ciò senza dimenticare come, proprio malgrado, esse avessero a dover considerare gravante sulle proprie persone l’oscura ombra della loro famigerata genitrice, e di una genitrice rediviva, il nome della quale ancora nessuno aveva coinvolto nella faccenda ma che pur, in fondo, sarebbe stata semplicemente questione di tempo prima che qualcuno avesse a nominare. E non appena il nome di Nissa Bontor fosse stato sollevato all’attenzione del pubblico, quanto mai avrebbe potuto passare prima che qualcuno, non necessariamente a loro antagonista, avesse a suggerire un loro personale coinvolgimento in quegli assurdi eventi? Eventi che, del resto, erano occorsi soltanto a pochi giorni dal loro arrivo in città, con un tempismo terribilmente spiacevole.

sabato 27 febbraio 2021

3565

 

Nel confronto con il proprio aspetto tanto delicato e cortese, elegante nelle proprie forme e proporzioni, Arasha figlia di Degan, nata e cresciuta in quel della città del peccato, avrebbe potuto esser fraintesa qual una donna fragile. Ma tale fraintendimento avrebbe potuto essere proprio soltanto di chi non avesse mai avuto a che fare con lei, non avesse mai avuto occasione di relazionarsi con lei.
Perché al di là del proprio aspetto tanto delicato e cortese, elegante nelle proprie forme e proporzioni, Arasha Degangor, avrebbe avuto a dover essere riconosciuta a tutti gli effetti come una figlia di Kriarya e, in quanto tale, una donna contraddistinta da una forza d’animo eccezionale, una tenacia smisurata e una caparbietà priva di rivali. Ragioni per le quali, sebbene non avesse probabilmente a potersi fraintendere caratterizzata dalla stessa pericolosità propria di una figura leggendaria qual quella della Figlia di Marr’Mahew, a confronto con la quale, comunque, ben pochi avrebbero mai potuto avere a potersi porre; ella avrebbe avuto a doversi comunque considerare una figura di tutto rispetto, capace di affrontare a testa alta qualunque avversario, e di affrontarlo, all’occorrenza, in grazia alla propria mente ancor prima che ai propri muscoli.
Dopotutto, se ella era stata in grado di gestire, in assenza di Be’Sihl, quella che in tutta la città del peccato avrebbe avuto a doversi riconoscere essere da sempre l’unica locanda estranea al controllo, e, conseguentemente, alla protezione, di un lord, ciò non avrebbe avuto certamente a occorrere in grazia al suo pur splendido viso, quanto e piuttosto alla mente celato dietro a esso, e a una mente capace di affrontare con quieta fermezza tutte le difficoltà del caso. E, del resto, il fatto che ella fosse la figlia del primo maestro d’arme di Midda Namile Bontor avrebbe pur dovuto significare qualcosa.
Per quanto, quindi, Arasha non fosse certamente una donna fragile, non nel proprio corpo e, ancor meno, nella propria anima, nel proprio cuore e nella propria mente, ella era comunque una madre. E una madre che amava sua figlia più di se stessa, più di quanto non avrebbe potuto amare Seem, e più di quanto non avrebbe potuto amare null’altro nella propria esistenza, laddove, da quando Midda Elisee era venuta al mondo, questa aveva incarnato per lei tutto il mondo, racchiudendo in sé ogni motivo utile per svegliarsi al mattino, ogni singolo giorno. In ciò, quindi, tutta la straordinaria forza d’animo propria di Arasha non poté servire a molto nel momento in cui, aprendo la porta della camera di Be’Sihl e Midda, con la quieta convinzione di trovare, ivi, tutto il gruppetto, ella si ebbe a ritrovare a confronto soltanto con un letto vuoto.

« ... »

Non un gemito, non una parola, ebbero la forza di uscire dalle sue labbra innanzi a quell’orrenda immagine. E a quell’immagine che ai suoi occhi di madre non avrebbe potuto che risultare più terrificante di un’intera orda di zombie famelici, come quelli con i quali, pur, per mesi si era dovuta confrontare al pari di tutta Kriarya molti anni addietro, durante l’anno sabbatico di Midda e Be’Sihl in quel delle terre shar’tiaghe. Perché se dietro all’immagine di un’orda di zombie famelici non avrebbe avuto a dover essere inteso null’altro che, per l’appunto, un’orda di zombie famelici, dietro a quella stanza vuota avrebbe avuto a dover essere inteso un terribile concetto: quello del non avere la benché minima idea di dove potesse essere la propria bambina in quel momento.

« ... Eli...?! » provò a chiamarla, sperando, per un istante, che tutto ciò fosse una sorta di scherzo o, magari, un giuoco condotto con la complicità dei suoi nuovi amichetti.

Soltanto un inquietante silenzio, tuttavia, ebbe a risponderle. E fu così che quella donna che non aveva battuto ciglio neppure a confronto con la minaccia dei Mahkra, la cui sola visione avrebbe indotto pazzia ai più, ebbe allora a provare un sincero senso di panico.
Con un balzo, ancor prima che con una qualche corsa, ella si ritrovò proiettata innanzi alla porta divisoria fra quella camera e la camera di Tagae e Liagu, animata dalla necessità di verificare che, magari, non fossero tutti lì...
... ma, ancora una volta, purtroppo, soltanto il vuoto ebbe ad accoglierla.

« ... Gorl... » gemette, ritrovandosi quasi ad ansimare a confronto con tutto ciò, consapevole di dover mantenere il controllo di sé, dei propri pensieri, delle proprie emozioni e delle proprie azioni, e, ciò non di meno, incapace allor a farlo.

Corse, Arasha. Corse sui propri passi, fino alla stanza che avevano destinato a Na’Heer Al-Sehliot. E, aprendone di colpo la porta, con energia sufficiente a strapparla dai propri cardini se soltanto avesse opposto la benché minima resistenza, ella non poté che ritrovarsi a essere semplicemente raccapricciata nel contemplare il nulla più assoluto.
Eli era scomparsa.
Certo, non era scomparsa da sola, nella contemporanea sparizione di Mera e Namile, di Tagae e Liagu e, persino, di Na’Heer. Ma, in quel frangente, nella mente di Arasha, figlia di Degan ma, soprattutto, madre di Eli, non poté che scolpirsi l’idea di quel pensiero: Eli era scomparsa.
Se a posteriori le avessero domandato di spiegare come fosse ritornata sino alla sala grande della locanda, ella non avrebbe saputo obiettivamente cosa dire. Perché se pur ella ebbe a ritrovarsi innanzi al resto del gruppo, tutto accadde al di fuori di una sua qualche effettiva occasione di controllo.

« Arasha... tutto bene...?! » esitò Duclar, notando un insolito pallore a contraddistinguere il suo squisito incarnito bruno.

E più della domanda dell’uomo, ad attrarre l’attenzione di tutti nei riguardi della ritornata Arasha, fu il silenzio della medesima a confronto con quell’interrogativo banale, e quell’interrogativo a confronto con il quale ci si sarebbe potuti attendere soltanto una risposta di retorico assenso o, al più, un qualche aneddoto di sorta su qualche marachella combinata dalla piccola Eli. Perché in quel silenzio, tutti ebbero allora occasione di comprendere quanto qualcosa non andasse. E non, certamente, qualcosa di banale.

« Arasha...? » tentò di richiamare la sua attenzione Seem, sollevandosi allora in piedi innanzi a lei, per afferrarle delicatamente una mano salvo trovarla gelida, simile a quella di un morto « Che succede, amore...?! Sei fredda... ghiacciata... »

Be’Sihl, a confronto con tutto ciò, avrebbe voluto potersi considerare sorpreso o stranito al pari di tutti gli altri. Ma, proprio malgrado, egli aveva trascorso troppi anni della propria vita accanto a Midda Bontor per non potersi considerare spiacevolmente assuefatto alle sue sparizioni. Ragione per la quale, innanzi alla reazione chiaramente sconvolta di Arasha, egli non ebbe a concedersi esitazione di sorta nel considerarsi già certo di quanto fosse successo, e del fatto che, evidentemente, degni figli di loro madre, e certamente degne nipoti di loro zia, i pargoli avessero avuto a dileguarsi... e, immancabilmente, la piccola Eli si fosse mossa al loro seguito.
Così quando, alfine, la donna riuscì a scandire la propria risposta, lo shar’tiagho avrebbe potuto quietamente complimentarsi con se stesso per la propria straordinaria capacità d’intuizione. Se soltanto, purtroppo, non avesse avuto ad arrabbiarsi con i propri figli per l’incredibile stolidità del proprio operato. Stolidità purtroppo palesemente ereditata da loro madre, seppur adottiva!

venerdì 26 febbraio 2021

3564

 

« Benvenuti nella mia vita... » sorrise Be’Sihl, a modo suo lieto di quanto quel particolare aspetto della propria relazione con Midda stesse allor trovando ragione di creare insoddisfazione anche in altri, là dove, altrimenti, avrebbe potuto apparire qual una sorta di suo limite personale.

Ovviamente temporeggiare sino al ritorno della Figlia di Marr’Mahew, e temporeggiare, pertanto, sino a una scadenza in alcun modo prevedibile, non avrebbe potuto considerarsi una soluzione saggia per Kriarya, ragione per la quale, in un modo o nell’altro, avrebbero dovuto trovare una soluzione, prima che la situazione potesse avere a precipitare.

Ragione per la quale, con fare proattivo, fu Seem a riprendere voce e a dire: « D’accordo. Mentre aspettiamo che Midda ritorni... cosa possiamo fare?! »

Una domanda più che sensata, quella che il giovane, con incedere obiettivamente volenteroso, ebbe così a scandire. E pur una domanda rispondere alla quale non sarebbe stato in alcuna maniera scontato.
Non per coloro lì radunati attorno a quel tavolo, non per chiunque altro in città. E, forse e di buon grado, neppure per la stessa Midda Bontor, ove fosse stata lì presente.

« Uno alla volta, per carità... » ironizzò, a sua volta in imbarazzo, Korl, a confronto con il silenzio che, quindi, ebbe per un istante a calare fra loro.
« Probabilmente sarebbe il caso di indire un incontro... » suggerì quindi Be’Sihl, sospirando e rendendosi conto di quanto, in assenza di Midda, ciò che avrebbero avuto a poter fare sarebbe stato cercare di agire come avrebbe agito lei, pur con tutti i limiti derivanti da una minor autorevolezza rispetto alla Campionessa di Kriarya.
« Con chi...?! » domandò Duclar, inarcando un sopracciglio perplesso « ... hai forse già dimenticato che nessun lord della città è sopravvissuto? » scandì, salvo poi rendersi conto che in tale affermazione stava sancendo anche la morte di Brote, ragione per la quale ebbe immediatamente a soggiungere a titolo di correzione « O, comunque, attualmente reperibile... »
« Con le stesse persone che oggi sono venute a cercare Midda, direi... » rispose il locandiere, volgendo lo sguardo ad Arasha « Per quanto ci hai detto era una rappresentanza sufficientemente significativa della città... no?! » cercò conferma dalla stessa.
« Beh... sì. » si strinse ella fra le spalle « Non che siano passati proprio tutti tutti tutti... ma un certo numero di persone si sono presentate nell’arco di tutto il giorno. »
« Se riesci, prova a fare una lista di chi fossero. » le propose l’altro, tentando di tradurre quell’ispirazione estemporanea in un proposito concreto « Domani, poi, proveremo a convocarli, in maniera tale da discutere tutti insieme del da farsi. »
« ... ossia...?! » domandò Lora, priva di qualsivoglia intento polemico e lì animata soltanto dal desiderio di comprendere meglio cosa quale avesse a poter essere il suo piano.
« Sicuramente dobbiamo mantenere il controllo della città. Non tanto da un punto di vista politico, quanto e piuttosto da un punto di vista emotivo... » ragionò Korl, in supporto a quanto così soltanto accennato dal locandiere « Possiamo fare leva sull’idea di una minaccia comune per colmare le distanze ideologiche fra le varie parti: una minaccia che, del resto, si può considerare decisamente concreta, dopo quanto accaduto. »
« Sì. Sicuramente mantenere tutti uniti e con i nervi saldi sarà fondamentale. » concordò lo shar’tiagho, annuendo in direzione del ritornato « Cerchiamo di elaborare delle strategie utili a migliorare le nostre difese a confronto con il rischio di nuovi attentati dinamitardi e, nel contempo di ciò, verifichiamo che non vi possano essere state altre consegne sospette in giro per la città: non sia mai che, all’occorrenza, possano esservi stati altri obiettivi che, per benevolenza divina, siano sopravvissuti sino a ora... »
« Potrebbe essere utile, a tal riguardo, prevedere dei controlli agli ingressi della città. » suggerì Duclar, ritrovandosi più che concorde a tal riguardo.
« Attenzione, però, a non far passare il messaggio sbagliato... » puntualizzò Lora, storcendo le labbra verso il basso « Le possibili bombe non devono essere aperte per alcun motivo. »
« E se imponessimo l’apertura delle casse per il trasporto delle merci lontano dalla città...? » propose allora Seem, in una riflessione ad alta voce « Avendo visibilità sul contenuto, non dovremmo correre rischi. »
« Peccato che qualcuno rischierebbe di lasciarci la pelle ogni volta... » ironizzò Arasha, scuotendo appena il capo a escludere quella possibilità « ... scusatemi un attimo, vado a dare un’occhiata a Eli per assicurarmi che stia dormendo e non stia ancora facendo tardi con gli altri. » soggiunse poi, levandosi in piedi per porre in essere quel proposito « Che già stamattina non si reggeva in piedi. »
« Comunque, se servisse della “carne da macello”, potremmo pensarci io e Lora... o, magari, cercare di coinvolgere qualche altro ritornato in città. Perché, certamente, non saremo gli unici qui a Kriarya... » suggerì allora il figlio di Thermora, supportando la proposta fatta dal giovane ex-scudiero.
« Quello dei ritornati è ancora un tema abbastanza spinoso. » osservò Be’Sihl, poco convinto da tale pur propositiva offerta « Se Midda ha preferito gestire le cose in sordina è per minimizzare l’insorgere di problemi di accettazione: francamente eviterei di porre maggiormente l’accento su di voi più di quanto già non possa esserlo per ovvie ragioni... e, ancor più, eviterei di tentare di appellarmi ad altri ritornati in città, chiedendo loro di rivelarsi in pubblico. »

Arasha, rimasta ancora per un istante in piedi fra la sedia e il tavolo, decise di non tergiversare oltre, nel voltarsi e nel muoversi ad abbandonare la sala in favore dei corridoi del piano terra, diretta alla propria stanza. Dopotutto sarebbe stato facile prevedere quanto quel discorso si sarebbe protratto ancora per le lunghe, in termini tali che, probabilmente, ella avrebbe fatto in tempo ad andare e a tornare per trovarli, comunque, ancora impegnati a discutere su quell’ipotesi di gestione anarchica della città, e di una città che già di per sé avrebbe avuto a doversi riconoscere sufficientemente anarchica senza ulteriore ed esplicito sforzo a tal riguardo.
Chissà a quale risultato avrebbe mai potuto condurre tutto ciò...? Non sarebbe stato forse meglio lasciare le cose libere di evolversi autonomamente, come già in passato, vedendo qualche facinoroso iniziare a farsi la guerra fino a quando un nuovo equilibrio non si fosse venuto a creare...?
Forse sì. O forse no. Anche perché, dopotutto, quella città avrebbe avuto a doversi riconoscere già sufficientemente anarchica senza bisogno che un clima da guerra civile avesse a sconvolgerla ulteriormente, per così come da molti anni, decenni ormai, non accadeva entro le sue mura dodecagonali.
Già: per quanto, probabilmente, un amante della libertà in senso più assoluto avrebbe potuto avere di che ridire a tal riguardo, in quel particolare frangente, per il bene di tutti, l’ordine avrebbe dovuto prevalere sulla libertà più sfrenata. E un ordine costituito che, allo stesso modo dei lord della città, avesse a distribuire a ognuno i propri compiti e le proprie responsabilità, assicurandosi da tutti il rispetto di quelle basilari regole di convivenza civile utili per sopravvivere a se stessi.
In fondo anche la piccola Eli aveva bisogno di regole da seguire... in assenza delle quali imprevedibili sarebbero state le occasioni per lei di farsi del male.

« ... appunto... » sospirò in un filo di voce, nell’aprire la porta della camera e nel verificare quanto, come purtroppo previsto, ella non fosse presente, certamente sgattaiolata fuori per ricongiungersi agli altri ragazzini « Bisogna far rispettare le regole, per quanto a volte poco piacevoli. » concluse il proprio flusso di coscienza, dirigendosi verso la camera di Be’Sihl e Midda, certa di avere lì a trovare nuovamente tutta la combriccola riunita.

giovedì 25 febbraio 2021

3563

 

Anche quella sera gli adulti della compagnia si ritrovarono a condividere il medesimo tavolo, a confronto con una città che non avrebbe avuto a potersi considerare del tutto ripresasi dagli eventi del giorno precedente.
Sebbene, infatti, nella locanda, così come nelle strade della città, si stessero iniziando a mostrare nuovamente alcuni gruppi di persone mossi dal desiderio di riservarsi una qualche occasione di normalità, benché a confronto con quella pur inoppugnabile consapevolezza di quanto il concetto di normalità prima esistente avrebbe avuto a dover essere completamente rivisto nelle proprie stesse fondamenta; i numeri di simili presenze avrebbero avuto comunque a doversi riconoscere così irrisori da non richiedere una presenza costante dietro al bancone né per Arasha, né per Seem, né, tantomeno, per Be’Sihl. E un paio di ore dopo il calar del sole, in buona sostanza, la loro giornata lavorativa avrebbe potuto avere a potersi intendere già conclusa, in termini tali da concedere loro un nuovo momento conviviale, utile a tirare le somme su quanto avvenuto e a cercare di comprendere la direzione più opportuna entro la quale avere a muoversi.
Anche perché, a ben vedere, una simile necessità di chiarezza mentale non avrebbe avuto a dover essere intesa soltanto qual loro prerogativa, quanto e piuttosto un’esigenza della città stessa, per così come Arasha non mancò di riportare all’attenzione di tutti i partecipanti a quel bizzarro concilio...

« Durante tutto il giorno, da diverse parti della città, sono sopraggiunte persone alla ricerca di Midda. » comunicò ai propri interlocutori, con un quieto sorriso tirato.
« Chi erano...? » domandò incuriosito e perplesso Be’Sihl, non potendosi negare una necessaria ragione di sospetto a confronto con tanto interesse nei riguardi dell’unica “autorità” certamente sopravvissuta dell’intera città del peccato.
« Rappresentanti di gilde, proprietari di bordelli e di taverne, mercanti e semplici guardie... di tutto un po’, insomma. » riportò quindi, in un elenco che si impegnò a sintetizzare nel non voler certamente proporre un censimento dell’intera popolazione cittadina « Tutti stavano cercando la Campionessa della città, per invocare il suo discernimento in un frangente come questo. »
« Interessante... » osservò lo shar’tiagho, sinceramente sorpreso da simile evoluzione « Ero convinto che già oggi si sarebbero iniziati a scannare per tentare di assumere il controllo della città, occupando il vuoto di potere venutosi a creare nella scomparsa dei lord. E, invece, desiderano appellarsi a Midda...?! »
« Beh... » prese voce Seem, nel desiderio di aver a commentare quel comportamento inteso qual anomalo da parte di Be’Sihl « Sin da dopo l’assedio dei Mahkra e l’elezione di Midda a Campionessa, il sentimento della popolazione di Kriarya nei suoi confronti è decisamente mutato, riconoscendo in lei non più un’occasione di sfida quanto e piuttosto un motivo di orgoglio. » spiegò, a beneficio di colui che, in fondo, era stato lontano da quella capitale per troppo tempo per poter avere consapevolezza di ciò « E così, le stesse persone che un tempo si sarebbero proposte animate da una certa brama di antagonismo nei suoi riguardi, per associare il proprio nome alla fama derivante dall’aver sconfitto una simile, celebre figura; hanno iniziato a lasciarsi dominare da una vivace nostalgia per la mia signora, soprattutto negli anni della vostra permanenza fra le stelle del firmamento... »
« Affascinante... » ribadì Be’Sihl, francamente meravigliato da tutto ciò, là dove, in fondo, si sarebbe atteso che in molti, al contrario, avrebbero avuto a trarre un sospiro di sollievo a confronto con l’idea della scomparsa di una figura tanto ingombrante qual ella, indubbiamente, si era sempre impegnata a essere.
« Del resto, non è un caso che la famiglia reale abbia sempre più in odio il nome di Midda Bontor. » aggrottò la fronte Duclar, intervenendo nella questione « Sebbene ella non si sia mai soffermata a riflettere su di ciò, nel confronto con la sua fama e il suo valore ella non avrebbe potuto trovare ostacolo alcuno alla presa definitiva del potere su Kriarya, se soltanto lo avesse mai desiderato. Nessuno dei signori della città si sarebbe mai potuto opporre a lei e, in effetti, nessuno si sarebbe mai neppure voluto opporre a lei... »

E una simile testimonianza, riportata per bocca di Duclar Mi’Chill avrebbe avuto allora a riservarsi un indubbio valore, là dove, in fondo, egli avrebbe avuto a doversi riconoscere di buon grado qual la persona più vicina a lord Brote e, in ciò, più addentro, rispetto a chiunque altro, agli equilibri di potere propri della città del peccato.

« Vuoi dire che anche Brote e Bugeor avrebbero accettato di riconoscerla in tal senso...? » insistette il locandiere, ritrovandosi decisamente spiazzato da ciò, nel non aver mai immaginato nulla di simile.
« Dimentichi come siano stati proprio loro a volerla come Campionessa della città...? E come siano stati, ancora, loro a seguirla nella battaglia di Rogautt, conducendo seco i propri uomini...?! » sorrise il colosso d’ebano, quasi divertito dall’ingenuità che, in quel frangente, egli stava dimostrando « Midda Bontor è già da anni la sovrana di questa città, ispirazione e guida per tutti coloro che qui vi abitano. »

Per Korl e Lora quel discorso non avrebbe potuto che giungere nuovo, là dove, ovviamente, avrebbero avuto a doversi intendere troppo al di fuori delle dinamiche politiche di quel mondo per potersi permettere una qualsivoglia consapevolezza a tal riguardo. Ciò nonostante, nulla di quanto stavano allora dichiarando Seem e Duclar avrebbero potuto avere a sorprenderli, là dove, in fondo, avevano già avuto occasione di constatare in prima persona quanto, al cospetto di quella piccola donna dai rossi capelli color del fuoco e dagli azzurri occhi color del ghiaccio, tutti avessero a piegare la propria volontà, o per amore o per forza. Così era stato in quel di Lysiath, quando Midda Bontor aveva definito personalmente i termini della tregua con i ritornati e dell’integrazione di coloro che avessero voluto impegnarsi in tal senso all’interno della stessa società in contrasto alla quale avevano pur dichiarato guerra, minacciandone la più completa estinzione. E così era stato anche in quel di Kriarya, là dove ella li aveva condotti con il non semplice compito di aver a reinventare da capo quella capitale, con il pieno consenso e il completo appoggio di tutti quei lord che, di buon grado, avevano quindi accettato il suo volere.
Sì: benché essi avrebbero avuto a doversi intendere troppo al di fuori delle dinamiche politiche di quel mondo, alcun dubbio sarebbe stato comunque giustificato a confronto con l’idea che Midda Bontor fosse una condottiera per quelle persone... una regina, per così come, allora, l’aveva appena definita Duclar.

« A questo punto, probabilmente la cosa migliore da fare sarebbe mandarla a chiamare... » suggerì pertanto Korl, cercando di confrontarsi in maniera razionale con la situazione « Abbiamo idea di dove sia...?! »
« Chi può dirlo...?! » si strinse fra le spalle Be’Sihl, storcendo le labbra verso il basso « ... e, comunque, anche avendo idea di dove si trovi, difficilmente credo che un qualsivoglia messaggero sarebbe mai in grado di raggiungerla. »
« Le difficoltà di comunicazione in questo mondo sono frustranti. » gemette Lora, volgendo gli occhi al cielo e pensando a quanto tutto fosse più semplice nella loro precedente vita, in grazia a molteplici dispositivi elettronici attraverso i quali chiunque sarebbe stato reperibile praticamente ovunque nell’universo.
« Sono le difficoltà di comunicazione con Midda a esserlo... a prescindere dal mondo circostante. » ammiccò l’altro, non potendo fare a meno di concedersi una risatina divertita « Ti assicuro che nel corso della nostra permanenza nella “vostra” ipertecnologica concezione della realtà è stato più il tempo in cui non avevo idea di dove ella fosse rispetto a quello in cui lo sapevo. » dichiarò, in una frase che avrebbe potuto apparire iperbolica ma che, in effetti, non avrebbe avuto a esserlo « Potremmo persino considerarlo parte del suo fascino... se soltanto non fosse tremendamente irritante! »
« Squisito. » commentò la feriniana, coprendosi gli occhi con il palmo della mano destra, in segno di sconsolato imbarazzo « Ergo dobbiamo aspettare che torni a casa di propria iniziativa... con buona pace della piccola fine del mondo che stiamo vivendo. »

mercoledì 24 febbraio 2021

3562

 

Ritrovarsi a essere aggiornato sugli eventi occorsi nelle ore in cui egli era rimasto privo di sensi non ebbe a rallegrare Duclar. Anzi. Come facilmente prevedibile, e come pur ineluttabile, tutto ciò ebbe a travolgerlo con uno spiacevole senso di colpa, e un senso di colpa allor motivato dalla consapevolezza di aver preferito rifuggire ai problemi, rifugiandosi nell’alcol, allorché affrontarli e, così facendo, di aver abbandonato Na’Heer a un possibile destino di morte là dove, la sua prima direttiva avrebbe avuto a dover concernere, esclusivamente, la sua sopravvivenza.
Purtroppo avere a rammaricarsi tardivamente per quanto accaduto non avrebbe in alcun modo contribuito a porvi rimedio e, in ciò, l’unica cosa che avrebbe potuto fare sarebbe stata quella di proseguire oltre, con l’impegno psicologico di non avere, ancora, a errare in tal direzione.
E quasi a voler dimostrare tutto il proprio pentimento per la propria mancanza della scorsa notte, a confronto con quello che pur avrebbe avuto a dover essere inteso qual un evento imprevedibile, non appena Na’Heer ebbe a palesarsi nella sala grande della locanda, Duclar Mi’Chill volle dimostrarsi pronto a partire, per fare ritorno ai resti della torre di lord Brote a riprendere le ricerche, per quel secondo, e purtroppo, ultimo giorno d’affanni. Difficilmente, infatti, al termine di quella nuova giornata di lavoro la questione del fato di lord Brote avrebbe potuto restare ancor incerta nella propria definizione, tanto nel bene, quanto e maggiormente nel male. Ciò non di meno, a confronto con la sostanziale certezza di quanto il suo signore avesse a essere sepolto sotto le macerie della propria stessa torre, il colosso d’ebano non si sarebbe comunque concesso requie fino a quando il suo corpo non fosse stato recuperato e non avesse avuto l’occasione di una degna cerimonia funebre: solo in tal maniera, infatti, quel lutto avrebbe potuto iniziare a essere elaborato, e quel dolore superato, volgendo lo sguardo a quell’indomani che, a prescindere da ciò, sarebbe necessariamente sopraggiunto per tutti loro ancora in vita.

« Veniamo anche noi... » avvisò Be’Sihl, nel momento in cui Duclar e i suoi uomini si prepararono a uscire, ricorrendo all’impiego del plurale in riferimento a se stesso e a Seem, nonché a un paio di garzoni « Qualche braccio in più farà sicuramente comodo. »

In qualunque altro momento, probabilmente, Duclar avrebbe avuto a rifiutare quella pur gentile offerta, nel non desiderare approfittare della gratuita disponibilità di quelle figure amiche. Ciò non di meno, nel confronto con la situazione corrente, e con quella situazione di indubbia crisi, non poté che acconsentire con riconoscenza a tutto ciò, limitandosi ad annuire e ad aprirsi in un quieto sorriso al loro indirizzo.
Così, quella mattina, da “Alla signora della vita” ripartirono non soltanto Duclar, Na’Heer e il resto degli uomini della scorta, ma ancora Be’Sihl, Seem e quel paio di garzoni; nel mentre in cui, d’altra parte, Tagae e Liagu, ma anche Mera Ronae e Namile, nonché la piccola Eli, ebbero a restare ad aiutare Arasha nella gestione della locanda, offrendo in tal maniera il proprio utile contributo alla questione.

Fare ritorno alla torre di lord Brote o, per lo meno, ai ruderi che un tempo erano stati la torre di Brote, non poté che imporre una terribile stretta attorno ai cuori di coloro per i quali quella avrebbe avuto a dover essere intesa al pari di una casa. Ma, combattendo contro ogni malinconia, i lavori ripresero lesti, nel desiderio di aver a concludere quanto prima la ricerca di tutte le possibili vittime lì sotto rimaste sepolte.
Superato, tuttavia, l’impatto emotivo del primo giorno, nel confronto con quella catastrofe inimmaginabile, il confronto con quella nuova giornata ebbe a veder offerto da parte loro un approccio più strutturato, più metodico, animato dalla razionalità di quanto muoversi alla rinfusa fra quelle pietre non sarebbe servito a nessuno.
Quando il sole fu in prossimità dello zenit, Lora Grond, accompagnata da Mera Ronae e Namile, fece la propria inattesa comparsa, conducendo seco un piccolo pensiero da parte di Arasha, la quale non aveva mancato di preoccuparsi di organizzare qualcosa per sfamare il gruppo. E per quanto, obiettivamente, nessuno avesse particolare desiderio di mangiare, tutti ebbero a nutrirsi, nella duplice necessità di concedersi un momento di riposo fisico e mentale, nonché di ristorare il proprio corpo con del cibo e dell’acqua fresca, utile carburante per rimettersi al lavoro con più energia rispetto a prima.
Lora e le figlie di Nissa non restarono con il gruppo, avendo soltanto a adempiere a un ruolo di semplice consegna, ma, nel tempo che restarono lì nei paraggi, ebbero a contribuire in maniera comunque positiva nel progresso delle ricerche. I sensi sovrumani della donna gatto, infatti, ebbero a indirizzare le attività di scavo in direzione utile a ritrovare, nel giro di meno di un’ora, altri tre corpi orrendamente schiacciati, che andarono a sommarsi all’ancor misero conteggio odierno e che contribuirono in misura decisamente significativa al totale della giornata: cinque morti.
Così, quando il cielo iniziò a imbrunire, i lavori ebbero non soltanto a interrompersi ma, addirittura, a terminare, e a terminare con l’estrazione, da quelle macerie, di tutti i corpi che avrebbero potuto attendersi di ritrovare lì sotto. Tutti, in effetti, tranne uno...
... quello dello stesso Brote.

« Allora...?! » domandò Arasha in direzione del marito, andando ad accoglierlo e ad abbracciarlo con affetto nel momento in cui il gruppo ebbe a rincasare.
« Abbiamo fatto piazza pulita di tutte le pietre e i mattoni. » confermò Seem, con un insoddisfatto sospiro in apparente contrasto con l’affermazione appena resa propria « Ma di lord Brote nessuna traccia. »

L’assenza di lord Brote dal conteggio dei morti accertati, a dispetto di quanto si sarebbe potuto credere, non avrebbe avuto a dover essere fraintesa come necessaria evidenza di una riprova di positivo sviluppo nella questione.
In effetti, benché ritrovare il cadavere di Brote lì sotto sarebbe stato terribile, ciò avrebbe comunque rappresentato una conclusione certa di quella vicenda. Una tragica conclusione certa, ma, ciò non di meno, una conclusione certa. L’assenza, invece, di quel ritrovamento non avrebbe avuto a sottintendere necessariamente nessuna verità, né positiva, né negativa, in una pletora di opportunità tali da rendere improbabile comprendere come avere a confrontarsi emotivamente con la questione.

« E questo dovrebbe essere un bene... no...?! » esitò comunque la donna, aggrottando appena la fronte nel non comprendere il perché di tanta, palese mancanza di sollievo da parte dell’interlocutore, in quella che, ove rovesciata, avrebbe avuto a dover essere intesa qual la peggiore notizia possibile, soprattutto per il giovane Na’Heer, potenziale orfano « Forse Be’Sihl aveva ragione nel suggerire quanto fosse sbagliato avere a disperarsi prima del tempo. » suggerì, riferendosi alla conversazione della notte precedente.

Seem, tuttavia, parve ignorare quel commento, dimostrandosi stanco e desideroso di potersi lavare prima di impegnarsi in un qualsivoglia genere di chiacchiera a tal riguardo.
Per tale ragione, egli ebbe a rivolgere un cenno di saluto ai propri compagni di lavoro, prima di dirigersi verso la propria stanza chiedendo alla moglie di volergli offrire la cortesia di accompagnarlo. E solo quando la porta della stessa camera venne richiusa alle loro spalle, egli si concesse possibilità di riprendere il discorso, dimostrando quanto non avesse effettivamente voluto trascurare la questione sollevata dalla sua amata sposa.

« Davvero vogliamo credere che possa essere vivo e in buona salute, simulando la propria morte come già fece Midda anni or sono...? » domandò quindi l’ex-scudiero della citata donna guerriero, decisamente poco convinto di tale interpretazione degli eventi « Quale padre potrebbe mai imporre un torto simile al suo unico figlio...?! » argomentò, scuotendo il capo nell’escludere ogni possibile e positivo esito della questione, a confronto con la drammatica evidenza di quanto, dal proprio personale punto di vista, tutto ciò non avrebbe potuto giustificare la violenza psicologica imposta a discapito di Na’Heer.

martedì 23 febbraio 2021

3561

 

Dopo aver versato abbondantemente acqua all’interno della cassa, in maniera tale da prevenire qualunque rischio di detonazione, il coperchio poté essere rimosso senza pericoli per gli astanti e il dispositivo detonatore poté essere rimosso. Per quanto ormai inerte, e inutilizzabile, analizzare la tecnica impiegata nel realizzare quella bomba sarebbe stato un impegno importante per Korl e Lora, a tentare di comprendere in quali maniere poter prevenire il rischio di nuove bombe in futuro o, comunque, a facilitarne il disinnesco laddove individuate.
Non che, in effetti, con il proverbiale senno di poi, quanto allora loro richiesto nel confronto con quella bomba avrebbe avuto a doversi fraintendere qual particolarmente impegnativo... anzi. Peccato solo esser arrivati in maniera sì tardiva a una soluzione tanto banale, persi qual si erano ritrovati a essere dietro a possibili percorsi decisamente più complicati e, indubbiamente, più pericolosi.

« Qualcuno dia un premio a quel ragazzino... » ammiccò sorridendo Korl in riferimento a Tagae, il contributo del quale era stato allor indispensabile per la risoluzione della questione « ... dico sul serio! » soggiunse, a escludere l’eventualità di poter essere frainteso qual ironico, là dove non era assolutamente tale.

Superato così il pericolo rappresentato da quella bomba, che sol successivamente si sarebbe scoperta non essere esplosa per un malfunzionamento del medesimo meccanismo a orologeria inserito al suo interno, ma che, comunque, avrebbe potuto esplodere, e sarebbe sicuramente esplosa, l’indomani, nel momento in cui qualcuno avesse aperto la cassa; la compagnia poté trarre un tanto a lungo posticipato sospiro di sollievo, felici di avere a scoprirsi ancora in vita, malgrado tutto.
Più felici di tutti, a margine di ciò, non avrebbero potuto negarsi di essere i più giovani, nella soddisfazione per loro derivante dalla consapevolezza di quanto, in fondo, fosse stato merito loro quanto accaduto, in quell’esito non tragico né drammatico della vicenda. E, complice l’ineluttabile scarica di adrenalina che aveva tutti loro dominato in quell’ultima ora, nonché la stanchezza pregressa, dopo essere ritornati alla propria camera o, per meglio dire, alla camera di Midda e Be’Sihl, allora occupata dalle figlie di Nissa; tutti loro ebbero a crollare sfiniti sul letto, cadendo profondamente addormentati gli uni accanto agli altri.
Anche Na’Heer Al-Sehliot non mancò di essere parte di quel gruppetto. E, in ciò, paradossalmente, il figlio di lord Brote avrebbe avuto addirittura a dover essere grato per la scoperta di quell’ordigno esplosivo sotto la locanda, sotto i loro piedi, giacché, in sua grazia, egli aveva trovato occasione di distrarsi dall’angoscia per la scomparsa del padre, per la sua potenziale morte, per così come, altrimenti, difficilmente sarebbe stato possibile sperare di fare malgrado tutto.

Ma pur, nel corso del resto di quella notte, Na’Heer ebbe a dormire tanto profondamente quanto Duclar Mi’Chill, quest’ultimo vittima del troppo alcol ingurgitato a tal scopo; il risveglio del primo, all’alba del nuovo giorno, non ebbe a proporsi particolarmente migliore rispetto a quello riservato al secondo. Perché per quanto entrambi avessero dormito, nessuno dei due avrebbe potuto realmente vantare di aver riposato, l’uno probabilmente in conseguenza al proprio giustificabile stato d’ansia, l’altro ovviamente in conseguenza agli stessi eccessi alcolici, e a quegli eccessi alcolici che, l’indomani, ebbero a imporgli un terrificante cerchio alla testa, accompagnato da lancinanti dolori conseguenti a qualunque pur tenue raggio di sole si dimostrasse capace di raggiungere i suoi occhi.
Per fortuna, benché in aiuto di Na’Heer nessuno avrebbe potuto poi nulla, avendo quel problema a dover essere inteso di natura esclusivamente psicologica; in soccorso di Duclar, altresì, Be’Sihl poté decisamente molto, preparandogli il proprio miglior “resuscita morti”, secondo quella ricetta segreta che ogni buon locandiere o taverniere avrebbe realizzato in grazia alla propria esperienza e custodito con cura, qual un tesoro prezioso.

« Dei... » gemette Duclar, storcendo le labbra in una smorfia di disgusto a confronto con il beverone offertogli da Be’Sihl « ... questa cosa è... »

Proprio malgrado non ebbe occasione di terminare di parlare prima che un violento conato di vomito lo avesse a cogliere, venendo prontamente intercettato dal medesimo locandiere, il quale,  già attendendo quell’evoluzione, ebbe a offrirsi armato di secchio, a scongiurare il peggio.
E per quanto grande avrebbe avuto a dover essere riconosciuto quel secchio, ciò che Duclar ebbe a vomitare si presentò in quantità tali da rischiare di trasbordare...

« Gorl... che schifo! » esclamò Arasha, sopraggiungendo in quel momento e strabuzzando gli occhi a confronto con la scena, e, in effetti, non tanto con quell’immagine in sé, tutt’altro che inedita, quanto e piuttosto per il devastante odore che ebbe ad accompagnare quel vomito... odore a confronto con il quale fu costretta a correre immediatamente alla finestra più vicina, per aprirla e per cercare una boccata di aria fresca onde ovviare al rischio di imitare, a sua volta, quel ben poco edificante esempio.

« ... chiedo venia... » gemette Duclar, sinceramente sorpreso, e ovviamente imbarazzato, dalla piega presa dagli eventi.
« Vedrai che ora starai meglio. » ridacchiò Be’Sihl, ritraendo il secchio e appoggiandolo a terra, lontano dal proprio naso e, soprattutto, dal naso del proprio interlocutore « Dovevi svuotarti lo stomaco per riprenderti. Ed è esattamente quello che hai fatto... »

In effetti, pochi istanti dopo, il colosso d’ebano ebbe già a sentirsi decisamente meglio, ritrovandosi maggiormente padrone di sé, dei propri pensieri e delle proprie azioni. E nel mentre in cui, sempre dietro sprone dello shar’tiagho, ebbe a mangiare un pezzo di focaccia, per ripulirsi la bocca, non mancò di provare sincera e ben motivata gratitudine verso quel locandiere e la sua straordinaria benevolenza verso di lui.
Una benevolenza, comunque, quella che Be’Sihl non mancò di riservargli, che non avrebbe avuto a dover essere fraintesa del tutto gratuita, non laddove, in fondo, quello stesso uomo, da tempo, era solito prendersi cura ogni giorno dei suoi figli, accompagnandoli attraverso la città del peccato senza che alcun pericolo potesse essere loro rivolto. Ancor più che generosità, quindi, dal proprio personalissimo punto di vista, quella che egli stava rivolgendo a Duclar era soltanto quella necessaria e riconoscente attenzione a minimo compenso per un amplio debito quietamente accumulato nel tempo.

« Sei già andato a controllare Korl e Lora...? » domandò Arasha all’indirizzo di Be’Sihl, restando nel contempo di ciò ancora ben attaccata alla finestra, sperando che l’odore di vomito avesse a disperdersi « Ci sono novità riguardo alla bomba...?! »
« ... bomba...? » esitò Duclar, aggrottando la fronte a quella parola, e a quella parola che la sua mente gli volle ricordare essere collegata ai devastanti eventi del giorno precedente, e alla probabile uccisione del proprio signore « ... che bomba...?! »
« Ah già. » sospirò la donna, volgendo gli occhi al cielo con un quieto sospiro « Mi stavo dimenticando che ieri notte sei stato impegnato a fare il morto sul pavimento e, in questo, non sai quello che è successo. » lo canzonò con un pizzico di malevolenza, non perché avesse esplicitamente qualcosa in sospeso nei suoi riguardi, quanto e piuttosto, in senso più generale, disapprovando la scelta da lui compiuta la sera precedente, di cercare inutilmente di affogare nell’alcol i propri problemi... inutilmente, per l’appunto, giacché comunque non uno solo fra tutti quei problemi, nel frattempo, avrebbe avuto a potersi scoprire risolto in grazia a quel coma etilico.

lunedì 22 febbraio 2021

3560

 

« D’accordo. » esclamò alfine Korl, rimettendosi in piedi e allungando la schiena in uno stiramento all’indietro, volto a sciogliere la muscolatura rimasta troppo a lungo contratta, esigenza più di natura psicologica che fisica, non avendo comunque egli a ravvisare ragione di stanchezza o di affaticamento di sorta, in grazia alla propria natura di ritornato « Dovremmo aver capito come ovviare al rischio di innescare un’esplosione nell’aprire la cassa. » comunicò al loro pubblico, in quieta attesa di una qualsivoglia novità nel merito del proprio fato.
« Al centro della cassa, probabilmente fissato in grazia a una sorta di ponteggio interno, è collocato il sistema di detonazione. » proseguì Lora, con aria meditabonda a tal riguardo « Ovviamente non lo abbiamo potuto vedere, ma abbiamo dedotto la sua presenza in conseguenza a una serie di cinque sottili cordini, fissati ai quattro angoli del coperchio nonché al centro, dello stesso, e affondati nella polvere da sparo, in direzione, per l’appunto, del centro della cassa. »
« Cinque cordini...?! » domandò Arasha, senza capire il senso della cosa.
« E probabile che tirando anche uno solo di questi cordini, come effetto dell’apertura della cassa, si possa attivare il detonatore, con tutte le successive, spiacevoli conseguenze di cui abbiamo già avuto occasione di constatare gli effetti. » spiegò quindi la feriniana, cercando di dare un senso a quei cordini.
« D’altro canto, non possiamo neppure limitarci a tagliarli... » suggerì il suo compagno di lavoro e di vita, scuotendo appena il capo ad anticipare possibili suggerimenti in tal senso « Per quanto ne sappiamo, un semplicissimo meccanismo a molla potrebbe comunque rilevare il tentativo di scollegare il coperchio dal detonatore e, in ciò, causare egualmente l’esplosione. »
« Possiamo svuotare la cassa dal basso, comunque...?! » tentò di ipotizzare Seem, benché, proprio malgrado, sufficientemente certo che un’obiezione avrebbe allor invalidato la sua idea, dimostrandone dei limiti evidenti per chi, diversamente da lui, avesse a poter vantare una qualche confidenza con l’argomento in discussione.
« Non credo. » escluse il figlio di Thermora, ancora esprimendo diniego con il movimento del capo « Chi è stato così paranoico da prevedere non uno, ma addirittura cinque punti di controllo sulla scatola, per essere sicuro di rilevare eventuali aperture, potrebbe essere stato altrettanto attento a impostare un qualche controllo sulla presenza della polvere da sparo, fosse anche e soltanto con un semplice piombo che, ricadendo libero in caso di diminuzione del livello della polvere da sparo, abbia ad azionare comunque il detonatore. »
« Thyres... » sgranò gli occhi Namile, non potendo obiettivamente credere che potesse esistere una maniera tanto codarda di uccidere delle persone e, soprattutto, una così attenta cura del dettaglio utile ad assicurarsi di non avere a fallire nel proprio intento « E’ folle tutto ciò. »
« Ha senso, invece... » commentò con tono funereo il giovanissimo figlio di lord Brote, nell’ascoltare quelle specifiche di dettaglio, vere o presunte che fossero « Chiunque sia stato così machiavellico da ordire un simile colpo di stato in quel di Kriarya, in modalità tanto plateali e devastanti, non avrebbe mai potuto permettersi di correre rischio di fallimento alcuno. »
« Eppure sono riusciti comunque a fallire, visto che questa bomba non è esplosa... » osservò Liagu, storcendo le labbra.
« Non ancora. Ma potrebbe farlo se sbagliamo l’approccio... » puntualizzò Lora, non desiderando imporre ragione di isteria nei propri interlocutori e, ciò non di meno, non desiderando neppure che potessero avere a dimenticarsi il pericolo che stavano correndo in quel particolare momento, restando lì.
« E quindi? » domandò allora Be’Sihl, puntando in maniera pragmatica al nocciolo della questione « Avete un’idea su come fare per evitarlo...?! »

La feriniana dal pelo nero come una notte priva di stelle, se non per quell’unica macchia a forma di cuore e candida come la neve in corrispondenza al suo occhio destro, si limitò così ad annuire, cedendo la parola a Korl affinché fosse lui a esprimersi a tal riguardo.
E l’uomo, così posto maggiormente al centro dell’attenzione, si lasciò cogliere da tale interrogativo con un carboncino in mano, in grazia al quale stava già marcando, lungo la superficie del coperchio e il bordo superiore della cassa, una linea utile a definire dove poter tagliare, per non avere a incorrere nel meccanismo di detonazione...

« Dovremo lavorare ancora un po’ con il seghetto, stando attenti a non smuovere i cavetti d’innesco, né negli angoli, né al centro del coperchio. » spiegò, continuando a tracciare quella linea scura, entro certi versi ancor più esplicativa di qualunque ulteriore parola « Anche le diagonali non saranno, ovviamente, intaccate, a mantenere in perfetta posizione il cavetto centrale. »
« E quando potremo avere migliore opportunità di accesso all’interno della cassa, avremo anche la possibilità di iniziare a rimuovere, dall’alto, una parte della polvere da sparo, al fine di raggiungere il detonatore e lì tentare di comprendere come disinnescarlo senza saltare tutti in aria. »

Un piano non semplice e non rapido, quello che Lora e Korl avevano elaborato, che probabilmente avrebbe posticipato qualunque possibile termine per quella non piacevole situazione al mattino seguente o, persino, più in là, nel tempo che sarebbe stato loro richiesto per portare a termine il tutto.
Un piano che, allora, pur perfettamente fondato nelle proprie motivazioni, avrebbe avuto a dover essere riconosciuto qual suscettibile di una debolezza di fondo, chiara giustificazione della propria stessa complessità: era stato elaborato da chi, proprio malgrado, abituati a doversi confrontare con situazioni molto più complesse rispetto a quanto non sarebbe potuta essere quella. E a situazioni tali da porli a confronto con risorse tecniche e tecnologiche sicuramente superiori rispetto a una mera cassa ricolma di polvere da sparo.
Ma non solo: così come probabilmente troppo complessa avrebbe avuto a dover essere intesa la possibile risoluzione di quel problema, parimenti troppo inutilmente complesso avrebbe avuto a dover essere inteso il problema stesso nella sua formulazione. E una formulazione che, dopotutto, avrebbe avuto a dover necessariamente ritrovare la propria paternità in qualche altro ritornato loro pari, abituato a confrontarsi, nel bene o nel male, con una diverso livello tecnico e tecnologico rispetto a quanto lì già realizzabile.
In ciò, pertanto, sebbene non errato avesse a potersi intendere l’approccio così ideato dai due, fu sufficiente una semplice domanda a vanificare ogni inutile complicazione. E una domanda che, allora, fu posta dal figlio di Midda Bontor, ispirato in tal senso dai ricordi di alcune storie raccontate dalla loro genitrice adottiva nel merito di giovanili avventure in compagnia di pirati provenienti dal continente di Hyn...

« La polvere da sparo, quando bagnata, brucia ancora...? » questionò quindi Tagae, con tono meditabondo a tal riguardo.

E se, per un momento, Korl e Lora restarono in immobile silenzio a riflettere sulla questione, fu sufficiente un rapido scambio di sguardi per esprimere un certo imbarazzo in tal senso, e l’imbarazzo proprio di chi, dopo aver pensato a ogni possibile complicazione, si ritrovava costretto a confrontarsi con la banalità della soluzione più semplice possibile.

« Ehm... » esitò, quindi, il ritornato, non sapendo se scoppiare a ridere o cosa innanzi a ciò « ... questa, in effetti, è un’ottima domanda. »

domenica 21 febbraio 2021

3559

 

« D’accordo... questa non è. » sancì Lora, offrendo testimonianza a beneficio di tutti gli astanti, che non potevano avere un’immediata occasione di riprova visiva nel merito del contenuto della cassa.

Esclusa in tal maniera quella prima cassa, Korl poté quindi avere a concentrarsi sulla seconda, e su quella che, per mera esclusione di possibilità alternative, necessariamente avrebbe avuto a doversi intendere qual la minaccia a confronto con la quale le loro vite avrebbero potuto avere a cessare di esistere. O, per meglio dire, le vite di tutti coloro che, ancora, avrebbero potuto vantare di possedere effettivamente una vita, diversamente da lui e dalla feriniana per i quali, altresì, la questione avrebbe avuto a dover essere intesa qual ormai, nel bene o nel male, superata.
Per tale motivazione, ove possibile, egli ebbe a dedicare all’ispezione di quella seconda cassa un’attenzione ancora maggiore rispetto a quella rivolta in direzione della prima, approcciando, over possibile, ancor più cautamente a essa nell’aprire un’altra finestrella quadrata, del tutto equivalente alla prima.
Una finestrella dalla quale, in questa seconda occasione, non ebbe a uscire della granulosa polvere gialla, mais macinato, quanto e piuttosto della fine polvere grigiastra, a confronto con la quale, per prudenza, Lora, che lì stava reggendo una lampada accesa per meglio illuminare la scena, ebbe a indietreggiare, a scanso di equivoci.

« E’ polvere da sparo...? » domandò la feriniana, incerta in tal senso, non avendo, dopotutto, particolare e pregressa confidenza con la medesima, nata e cresciuta in un mondo nel quale armi tanto primitive erano state abbandonate già da lungo tempo, ben prima non soltanto della sua nascita, ma della nascita del padre del padre di suo padre... e ancor più.

Prima di ipotizzare una qualunque risposta, Korl ebbe quindi a riservarsi nuovamente l’opportunità di assaggiare quella polvere, nel desiderio di escludere una qualche possibilità di fraintendimento.
E in conseguenza a quell’assaggio, tutto ciò che egli poté dire fu: « Di certo non è pepe... »
Così, prima ancora di arrischiarsi in una qualunque formulazione teorica induttiva, egli volle porre alla prova quella polvere, raccogliendone letteralmente un pizzico da terra e spostandosi di qualche passo dalla cassa e da qualunque rischio di danno, prima di gettare quel minuscolo campione contro una lampada accesa a verificarne il comportamento. E quando quella poca polvere, a contatto con la fiamma, ebbe a ravvivarla violentemente con un lampo improvviso, il responso non poté che risultare praticamente obbligato...

« Ci siamo. »

Poche sillabe, lì scandite con estrema serietà e compostezza, a confronto con le quali un brivido di timore non poté non attraversare le schiene di tutti i presenti, nella sola eccezione della piccola Eli, la quale, forse non propriamente consapevole del pericolo che ciò avrebbe potuto rappresentare per tutti loro, ebbe quasi a eccitarsi gioiosa a confronto con quella fiammata, trovandola a dir poco divertente.
Escludendo, tuttavia, l’infantile inconsapevolezza della nipote di Degan, tutti gli altri non avrebbero potuto che considerarsi decisamente inquieti a confronto con un’evidenza tanto concreta della conferma dei loro sospetti: una bomba era effettivamente lì presente, a pochi passi da loro, ideata e costruita al solo fine di spazzare via dalla geografia della città anche “Alla signora della vita” al pari di tutte le torri dei signori di Kriarya, nell’intento, nella speranza di avere, in ciò, a colpire la Figlia di Marr’Mahew, in quel proposito sicuramente comprensibile e che, ciò non di meno, non avrebbe trovato allora soddisfazione neppure nel momento in cui tale ordigno avesse effettivamente funzionato. Non laddove, in quei giorni, la medesima Campionessa di Kriarya non avrebbe avuto a doversi fraintendere qual presente entro il limitare delle mura dodecagonali dell’urbe.
Evidentemente chiunque avesse a doversi intendere dietro a quell’attacco, e a un attacco tutt’altro che banale nella propria attuazione, non avrebbe avuto a dover essere frainteso qual così immediatamente informato nel merito dello stato corrente delle cose in quel di Kriarya, andando, in tal senso, a offrire ragionevole conferma all’ipotesi di un coinvolgimento della medesima famiglia reale kofreyota.

« E ora...?! » domandò senza intento retorico Be’Sihl, non sapendo se interpretare quella notizia qual qualcosa di positivo o di negativo.
« Potremmo provare a svuotarlo di tutta la polvere da sparo, in maniera tale da sottrarre a qualunque sistema di detonazione la possibilità di agire su qualcosa di innescabile. » ipotizzò Korl, scuotendo tuttavia il capo nel contempo stesso di tali parole « Purtroppo, ignorando l’effettiva collocazione del detonatore e il suo meccanismo, procedere in questa maniera potrebbe rivelarsi controproducente... »
« ... e quindi?! » insistette Arasha, non desiderando imporre una qualsivoglia pressione psicologica alla loro principale speranza di salvezza e, ciò non di meno, non potendo ovviare a desiderare una prospettiva migliore rispetto al saltare in aria, per così come, sino a quel momento, sembrava essere loro promesso in un modo o nell’altro.
« Quindi ci conviene tornare a bucherellare un po’ la cassa, per tentare di sbirciare al suo interno da diversi punti di vista, sondandone il contenuto e cercando di carpirne i segreti... » replicò Lora, intervenendo in maniera esplicativa nel merito delle necessarie azioni seguenti « E se desiderate restare qui, sarà meglio che vi mettiate comodi, perché, probabilmente, la cosa richiederà un po’ più di tempo rispetto al previsto. »
« Prendetevi tutto il tempo che serve... » confermò Seem, levando le mani a escludere, da parte propria o di chiunque altro, una qualsivoglia particolare urgenza.
« E se tentassimo di spostarlo...? » suggerì Nami, propositiva a tal riguardo « Premesso che non ci capisco nulla di bombe, se non è esplosa nel condurla sino a qui, non dovrebbe neppure esplodere nel potarla via... o sbaglio?! »
« Non sbaglieresti se fossimo certi che abbia a funzionare per così come era previsto avesse a funzionare. » replicò Korl, con un quieto sospiro « Purtroppo, se così fosse, a quest’ora la locanda non esisterebbe più. Ragione per la quale, chiaramente, qualcosa è andato storto nel meccanismo di innesco. E fino a quando non avremo idea di cosa sia andato storto, non potremo neppure escludere l’eventualità che una qualunque interazione con la cassa stessa possa alterare questo benevolo stallo, condannandoci tutti a morte. »
« E questo sarebbe quantomeno spiacevole. » annuì la figlia di Nissa, riconoscendo l’assennatezza propria di tale linea di pensiero « Meglio non muoverla. »
« Già... » confermò l’altro, con un lieve sorriso tirato.

Così, escluse la possibilità di svuotarla o di rimuoverla, i presenti non poterono che accettare di bivaccare lì a terra, stretti gli uni agli altri nell’osservare l’evoluzione degli eventi e nello sperare, così facendo, di poter anche contemplare la propria possibilità di un futuro, allorché la propria più sgradevole condanna a morte.
Così, inoltre, Korl e Lora ebbero a iniziare a lavorare su due fronti opposti, per ridurre i tempi e massimizzare gli sforzi. Un impegno parallelo e speculare, il loro, che vide dischiudersi, lungo tutto il bordo superiore della cassa, una serie di più modeste finestrelle, di appena un pollice quadrato di lato, attraverso le quali cercare di avere a riservarsi una migliore opportunità di confronto con i segreti più intimi di quella cassa. Un lavoro che richiese loro quasi mezz’ora di tempo prima di poter essere condotto adeguatamente a termine e di concedere loro una più o meno completa panoramica sull’effettiva organizzazione interna di quella cassa... o, per meglio dire, di quella bomba.

sabato 20 febbraio 2021

3558

 

Un antico detto soleva suggerire quanto un orbo fosse re in una terra di ciechi. E nel rispetto di tale antico detto, la pur inesistente esperienza pregressa di Korl e di Lora nel merito della neutralizzazione di una bomba, e di una simile bomba, non avrebbe potuto egualmente impedire loro di apparire come massimi esperti a tal riguardo anche e soltanto per il semplice fatto che, fra tutti, essi avrebbero avuto di buon grado a dover essere intesi quali i soli a possedere quel minimo di consapevolezza nel merito di ciò di cui, allora, si stava parlando.
Per questa ragione, malgrado l’accento che Korl non mancò di riservarsi occasione di porre sull’assenza di qualche confidenza di sorta con quanto stava pur venendo loro richiesto di fare in quel momento, nessuno ebbe a sollevare il benché minimo dubbio a loro riguardo, nella quieta certezza di quanto, purtroppo, nessun altro avrebbe saputo fare di meglio... anche laddove loro non avessero saputo fare nulla. E, dopotutto, non fosse stato per loro, indubbio avrebbe avuto a doversi riconoscere quanto Seem, o chiunque altro fra i presenti, avrebbe sicuramente impugnato il piede di porco per aprire quelle casse, rischiando, in tal senso, di innescare una nuova esplosione.
Così, fino al ritorno di Seem con una cassetta ricca di vari attrezzi, nessuno ebbe a muoversi, né ebbe a ipotizzare di contestare la legittimità del ruolo di comando di Korl e Lora nella gestione si simile emergenza. E quando, alfine, gli attrezzi arrivarono, tutti si limitarono a porsi in tesa attesa dell’esito di qualunque azione i due avrebbero potuto porre in essere, ognuno pregando il proprio dio o dea prediletti con la speranza di non ritrovarsi, di lì a pochi istanti, catapultati alla loro presenza nel regno dei morti.

« Se preferiste allontanarvi, prima che iniziamo, potreste anche riservarvi l’occasione di sopravvivere... » suggerì Lora, offrendo riferimento al loro piccolo pubblico, e un pubblico la responsabilità della morte del quale sarebbe potuta restare sulle loro coscienze per il resto delle loro vite, se soltanto avessero commesso un solo errore.
« Abbiamo ancora dei clienti all’interno della locanda. E, questo, senza contare tutti gli uomini della scorta di Na’Heer. » scosse il capo Arasha, storcendo le labbra verso il basso « Non ci possiamo permettere di buttarli tutti fuori proprio questa notte... con il rischio di poter essere facile vittima di qualche non morto. »

Korl, in cuor suo, non poté ovviare a riflettere sull’ironia della sorte in quel particolare frangente, e in quel particolare frangente che, in un modo o nell’altro, avrebbe allor offerto, a quei malcapitati, la minaccia di finire facile vittima di qualche non morto: o di qualche possibile zombie, là fuori, o della loro incompetenza nel disarmare quella bomba, lì dentro, nel non obliare al piccolo, e tutt’altro che insignificante dettaglio di quanto, allora, anche lui e Lora non avrebbero avuto a dover essere ignorati in quanto non morti.
Tuttavia egli tenne per sé simili considerazioni, che in quel già tutt’altro che semplice frangente avrebbero avuto ad apparire gratuitamente provocatorie, e si limitò a sospirare, rammaricandosi di essere ateo e di non aver alcuna divinità alla quale potersi appellare in quel particolare momento.

« Allora votatevi ai vostri dei preferiti... giacché il rischio, qui dentro, non avrà a doversi considerare comunque minore. » li invitò, prendendo il trapano manuale per avvicinarsi alla prima cassa e, così, avere a iniziare, con più delicatezza possibile, il proprio operato.

Da quando Korl si era proposto qual inventore visionario, nel voler integrare in quel mondo primitivo le più semplici nozioni di base di qualunque bambino di Thermora, in progetti che lì non sarebbero potuto che risultar grandiosi e che pur, sul proprio pianeta d’origine, non avrebbero avuto che ad apparire nulla di più a banali esperimenti scolastici; egli aveva necessariamente acquisito una certa manualità, e una certa manualità anche e soprattutto nell’utilizzo degli utensili che in quel mondo gli sarebbero potuti essere forniti. Ragione per la quale, a differenza di ciò che avrebbe potuto occorrere un tempo, nel periodo immediatamente successivo al proprio ritorno dalla morte, egli non si sarebbe potuto sorprendere a confronto con l’offerta propria di un trapano manuale, e di un trapano che, come quello, avrebbe da lui richiesto un certo contributo fisico per operare.
Con movimenti decisi, quindi, egli roteo la manovella del trapano facendo affondare la punta dello stesso nel legno della cassa, e facendola affondare un millimetro alla volta, con quieta fermezza. Un’operazione semplice che richiese poco più di un minuto per superare l’intero spessore del legno e giungere, in ciò, sino all’interno della cassa. E quando egli avvertì la punta affondare nel vuoto, non poté ovviare a trattenere il respiro, nel timore di quanto sarebbe potuto occorrere se, soltanto, avesse sbagliato la propria ipotesi e se soltanto, oltre al coperchio, l’intera cassa fosse stata, in qualche maniera, strutturata come possibile innesco di riserva dell’ordigno al suo interno.
Nulla accadde, tuttavia, e così egli poté rimuovere il trapano per poi riprendere con la medesima operazione a non più di un paio di pollici di distanza, lì ripetendo il proprio impegno per un secondo foro, seguito poi da un terzo e da un quarto, a marcare le estremità di una piccola finestrella quadrata. E una piccola finestrella quadrata lungo il perimetro della quale, con tanta pazienza, iniziò allora a operare con il seghetto, allo scopo di dischiudere, effettivamente, quella finestrella e, da lì, avere possibilità di ispezionare l’interno della cassa.

« Mmm... »

A suscitare la sua esitazione, nel momento in cui la finestrella venne completata, fu l’evidenza della presenza di un sacco di iuta all’interno della scatola, e un sacco che, in conseguenza all’azione del trapano e del seghetto, era già stato parzialmente stracciato, a permettere al suo contenuto di fuoriuscire. E così, rimosso quel pezzetto di legno, ciò che Korl si ritrovò innanzi fu della polvere giallastra, a grana spessa, che non parve assomigliare in alcuna maniera a polvere da sparo o a null’altro di simile.

« Sembra farina per polenta... » osservò Be’Sihl, sbirciando da poco lontano.

Non avendo un modo migliore per esprimersi a tal riguardo, il figlio di Thermora ebbe allora a portarsi un po’ di quella polvere gialla sino alla punta della lingua, per avere ad assaggiarla e valutarla nella propria natura.

« ... è farina di mais. » confermò, aggrottando appena la fronte « Nulla di pericoloso, direi... » soggiunse, a rassicurare tutti gli altri.
« E se fosse stata messa lì per trarci in inganno...?! » suggerì allora Liagu, dimostrandosi degna figlia di propria madre, nell’apparire così sospettosa e diffidente « Potrebbero aver nascosto la bomba in mezzo ad altre merci, per confondere le idee... »
« In altri mondi, sicuramente. » commentò per tutta replica Korl, poco convinto da quell’eventualità « Ma in questo mondo... io non credo che si potrebbe già arrivare a tanto. Non al primo attacco dinamitardo che questa città abbia mai visto... »

Rialzandosi da terra, il ritornato volle restare fedele alla propria linea di pensiero andando a recuperare il piede di porco là dove Seem lo aveva appoggiato e facendo ritorno alla prima cassa, quella così già sondata, per poter far leva sul coperchio e aprirla.
E se tutti lo osservarono con occhi sgranati, temendo da un istante all’altro l’eventualità di un’esplosione, ciò non accadde. E la cassa venne aperta, mostrando, effettivamente, al suo interno, soltanto derrate alimentari, fra cui anche e, per l’appunto, quel sacco di farina per polenta.

venerdì 19 febbraio 2021

3557

 

« E non in senso figurato... » sospirò Korl, storcendo le labbra verso il basso a confronto con quell’involontaria battuta.
« Bambini... forse è meglio se... » sentò allora di suggerire Seem, in direzione dei più giovani.
« ... evitate di perdere tempo a dirci di non accompagnarvi salvo, comunque, restare poi non ascoltati. » tagliò corto Meri, certa di potersi esprimere in tal senso a titolo comune, soprattutto per chi, come Eli o Tagae e Liagu, stavano lì rischiando di ritrovarsi a propria volta all’interno del tutt’altro che ambito circolo degli orfani, al quale lei e sua sorella, così come, probabilmente, Na’Heer, già appartenevano.

E per quanto, allora, gli adulti avrebbero potuto avere più che ottime motivazioni per voler allontanare i più giovani, la consapevolezza di quanto faticoso sarebbe stato insistere a tal riguardo, unita all’incertezza nel merito di quale mai avrebbe potuto essere una destinazione sicura alla quale poterli allor indirizzare, ebbe a risultare decisivo nel sancire la quieta conclusione preventiva di ogni discussione, con una rassegnata accondiscendenza da parte di coloro che, ovviamente, avrebbero avuto più ragioni per opporsi, ossia Be’Sihl, in riferimento a Tagae e Liagu, e Seem e Arasha, in riferimento a Eli.
Così l’intero gruppo, con in testa gli adulti e in coda i giovani, ebbe a muoversi verso il magazzino della locanda, nel seminterrato della medesima, là dove, nel corso di quella mattina, Seem e i garzoni avevano depositato quelle due casse tardive senza aprirle. Due casse cubiche, di circa quattro piedi per lato, quelle che si presentarono ai loro sguardi, assolutamente comuni e prive, almeno in apparenza, di particolari peculiarità tali da dove suscitare curiosità o sospetti di solta a loro riguardo. Legno grezzo, non lavorato, e privo di simboli o indicazioni di sorta nel merito del contenuto, che avrebbe potuto essere allor utile per contenere merci di ogni natura, animali e, persino, due o tre corpi umani, se ben spinti dentro, era tutto ciò che avrebbe avuto a contraddistinguerli. Anche i coperchi, in maniera ancora tutt’altro che anomala, apparivano inchiodati, per così come sarebbe stato normale attendersi a garanzia dell’integrità del contenuto.
Così giunti nel seminterrato e accese le lampade per meglio illuminare la situazione, in maniera spontanea, e pur, allora, indubbiamente pericolosa, Seem ebbe a mettere le mani al piede di porco, pronto a muoversi per aprire quelle due casse per così come avrebbe già dovuto fare durante la giornata e come, pur, aveva rimandato. Ma prima che egli potesse anche soltanto avvicinarsi a quelle potenziali bombe, fu Korl a fermarlo, in maniera necessariamente allarmata...

« Aspetta! » esclamò pertanto, appoggiandogli una mano al braccio destro per trattenerlo « Nell’eventualità che una di quelle casse sia una bomba, anche laddove non è ancora esplosa in grazia a un qualche genere di innesco temporizzato, nulla esclude che possa presentare un secondo meccanismo di azionamento, un detonatore collegato al coperchio stesso, in misura utile a permetterle di esplodere non appena qualcuno avesse avuto l’idea di verificarne il contenuto... »
« Credo di aver compreso meno della metà delle parole che tu hai detto... e meno della metà del significato di quelle che ho compreso ha comunque a piacermi. » commentò allora l’ex-scudiero di Midda, arrestandosi nel proprio incedere e abbassando le mani nelle quali reggeva la spranga metallica, tutt’altro che intenzionato a compiere una qualunque azione utile a metterli in pericolo.
« Innesco temporizzato...?! » ripeté Lora, ricollegandosi all’ipotesi così formulata dal proprio compagno nonché amico e amante « Credi che possa essere possibile...? In questo mondo...?! »
« Sicuramente non sarà un orologio digitale... o al quarzo. Ma, per quanto ne sappiamo, nulla potrebbe aver proibito a qualche altro ritornato di aver reinventato un orologio a molla anche in questo mondo. » replicò il diretto interessato, aggrottando la fronte e stringendosi nelle spalle, a non escludere soluzioni così primitive e che, come già nel caso della rivoltella, comunque avevano avuto a dimostrarsi decisamente utili in un mondo ancor più primitivo qual quello.

A questo giro, né Seem, né chiunque altro ebbe a riservarsi opportunità di commentare quell’ultimo scambio di parole, a sottolineare l’ovvietà di quanto, chiaramente, nulla di tutto quello avesse il benché minimo significato dal loro punto di vista. Cioè... in effetti, Tagae e Liagu, e anche Be’Sihl, avrebbero potuto vantare un’egual consapevolezza con quei termini. Ma, escludendo loro tre, sentir parlare di orologi digitali, al quarzo o a molla che fossero, sarebbe equivalso ad ascoltare parole in libertà, pronunciate comunque con sufficiente fiducia di sé in termini utili a risultare credibili nella propria veridicità. Tuttavia, ciò non avrebbe avuto a doversi fraintendere qual qualcosa di inedito riguardo, in particolare, a Korl e a Lora, che, anche in conseguenza alla loro espressa occupazione, erano soliti impegnarsi in lunghi confronti verbali ricchi di termini totalmente sconosciuti ai più, e a confronto con i quali, ormai, i più non tentavano neppure di sollevare obiezioni, certi di quanto, probabilmente, la spiegazione sarebbe stata allor più frustrante.

« Credi che possano anche aver sensorizzato il resto della cassa...? » domandò allora la feriniana, avvicinandosi alle due potenziali bombe, per poterle scrutare meglio, con la speranza di poter, allor, scorgere qualcosa di utile per loro.
« Questo mi sento di escluderlo. » commentò Korl, piegando appena il capo di lato, a meglio studiare la profondità di quelle due sfide loro così proposte, e due sfide a confronto con le quali, per il bene dei loro amici, non si sarebbero potuti permettere di fallire « Un innesco sul coperchio può avere senso nell’ordine di misura in cui, aprendo la cassa, e verificandone il contenuto, si sarebbe potuto compromettere l’esito dell’attacco. Ma, per quanto riguarda gli altri lati, non vero obiettivamente ragione tale da giustificare un simile impegno... anche perché, per l’appunto, nessuno avrebbe mai potuto attendersi l’eventualità di una bomba. »
« Ci serve un trapano, allora... e un seghetto a punta. » richiese la donna gatto, in direzione di Seem e di Be’Sihl « Dobbiamo sondare entrambe le casse per comprendere quale contiene la bomba e, magari, per capire meglio come affrontare la questione. »
« Vado a prenderli... » annuì Seem, offrendosi per tale compito e subito allontanandosi a recuperare quanto richiesto.
« Porta pure un po’ tutti gli attrezzi che hai a disposizione... » suggerì il figlio di Thermora, prima che l’altro avesse ad allontanarsi « Giusto per evitare troppi viaggi nel caso ci potesse servire altro. »

Approfittando del fatto d’esser rimasti, quindi, per qualche momento in inquieta attesa del ritorno di Seem, Namile ebbe a combattere l’altrimenti assordante silenzio di quel seminterrato con una domanda rivolta ai due specialisti della situazione, a verificare se avesse compreso bene la questione per così come, sino a quel momento, loro presentata.

« Giusto per chiarezza... » premesse, prendendo voce « La bomba doveva avere un qualche meccanismo tale da permetterle di esplodere a un certo orario. E un meccanismo che, in questo caso specifico, ha chiaramente fallito. Ciò non di meno, potrebbe esserci un secondo meccanismo collegato all’apertura della cassa, tale per cui, allorché rimuovere il coperchio, ora volete bucherellare gli altri fronti delle casse per poter sbirciare al loro interno. » riepilogò, dimostrando un’indubbiamente acuta capacità di attenzione.
« Esattamente. » confermò quindi Korl, accennando un sorriso tirato « Poi, sia chiaro: né io, né Lora abbiamo esperienza pregressa né con questo genere di bombe, né con qualunque altro genere di bombe... quindi quello che stiamo seguendo è soltanto un percorso logico. Sperando di non avere a scoprire di aver sbagliato totalmente in qualche premessa di fondo. »

giovedì 18 febbraio 2021

3556

 

Attorno a quel tavolo, due personaggi in particolare avevano consumato decisamente più vino e birra rispetto a tutti gli altri: Be’Sihl e Duclar. E se la motivazione alla base dell’impegno del secondo avrebbe avuto a doversi intendere nella necessità di tentare di obliare egoisticamente per qualche ora a tutte le proprie angosce, l’intento del primo avrebbe avuto a doversi riconoscere decisamente più altruistico, mosso, allora e soltanto dalla volontà di risultare solidale con il proprio interlocutore, non lasciandolo ubriacarsi tristemente da solo. In ciò, quindi, al momento in cui i bambini avevano fatto la propria apparizione, Be’Sihl avrebbe avuto a dover essere inteso indubbiamente allegro e confuso.
Ma Be’Sihl Ahvn-Qa, dal proprio viaggio fra le stelle, non era ritornato esattamente così come era partito. In effetti, nel corso di alterne vicende, egli era addirittura morto ed era stato riportato in vita da Desmair, suo antagonista e alleato, in grazia a una diabolica tecnologia atta a tale scopo: una tecnologia, comunque, tutt’altro che perfetta e che, ove egli fosse morto nuovamente, l’avrebbe allora trasformato in qualcosa di ben peggio rispetto a uno zombie, e che, ciò non di meno, al tempo presente, era in grado di garantirgli qualche vantaggio, come una straordinaria capacità di recupero da ogni genere di danno. All’interno del suo corpo, infatti, erano costantemente all’opera miliardi di microscopiche macchine che, nel momento in cui egli fosse stato ferito, sarebbero intervenute ad accelerare il processo di guarigione; così come, nel momento in cui egli fosse stato avvelenato, sarebbero intervenute a epurare il suo corpo dal veleno. In tal senso, purtroppo o per fortuna, avrebbe avuto a dover anche essere inteso un loro impegno nei riguardi di un’intossicazione da alcol, motivo per il quale, benché avesse obiettivamente bevuto in maniera sufficiente a stendere qualcuno ben più grosso di lui, al locandiere shar’tiagho fu necessario soltanto qualche istante di quiete per vedersi restituire assoluta padronanza di sé, dominio sul proprio corpo e sulla propria mente.
Così, sorprendendo pressoché tutti, nessuno avendo consapevolezza di tale peculiarità dell’uomo, quando egli ebbe a riprendere voce nel merito di quelle ultime questioni, non apparve né sbiascicante, né tantomeno allegro, quanto e piuttosto straordinariamente focalizzato sulla situazione, e su una situazione potenzialmente mortale per tutti loro...

« Non mi posso certamente considerare un esperto sull’argomento. Ma... » premesse, volgendosi in direzione di Korl e Lora per cercare, da parte loro, una qualche autorevole occasione di conferma « ... in questo mondo non abbiamo ancora avuto evidenza dell’impiego di particolari fonti di energia, nell’assenza di una qualche maniera utile né per raccoglierla, né, tantomeno, per immagazzinarla, come l’idrargirio. In ciò, anche le armi da fuoco che sono state rinvenute sino a oggi sfruttavano in maniera innovativa la medesima polvere nera già conosciuta da tempo in quel di Hyn e qui mai seriamente impiegata prima. »
« Sì. Vero. » confermò la feriniana, rivolgendo l’attenzione al locandiere e non potendo ovviare a domandarsi come potesse essere possibile che non fosse ubriaco o che, ancor più incredibile, riuscisse ad apparire così sobrio da ubriaco.
« A differenza delle armi energetiche, che possono proporsi in diverse dimensioni non soltanto sulla base della propria potenza di fuoco, ma anche sulla base della propria necessità d’impiego; credo possiamo essere tutti concordi nell’affermare che per un’eventuale bomba alimentata a polvere nera, e una bomba sufficientemente potente da abbattere un intero edificio, le dimensioni non abbiano a potersi fraintendere qual una questione di secondaria importanza... anzi. » continuò quindi egli, rinfrancato dalla conferma così concessagli « E’ facile presumere, pertanto, che l’ordigno esplosivo debba essere di dimensioni notevoli. Un barile, magari, se non, addirittura, una cassa. »
« E una cassa che, fra l’altro, sarebbe facile da frammischiare ad altre casse simili nel mentre di una qualche consegna di rifornimenti d’ogni sorta... come quelli che, non soltanto qui o in altre locande, ma anche alle torri dei signori di Kriarya probabilmente sono consegnate pressoché ogni giorno. » esclamò allora Namile, seguendo il ragionamento dello “zio” « In questo modo, potrebbe essere stato possibile giungere in ogni angolo della città senza attirare la benché minima attenzione... »
« Esattamente come ci stavi spiegando tu, Lora! » confermò allora Mera Ronae, ritrovando un inquietante parallelismo fra il discorso di poche ore prima e quanto poi occorso « Non si può affrontare un pericolo senza la percezione che ciò rappresenti un pericolo. E non avendo la benché minima idea di quanto pericolosa avrebbe potuto essere una semplice cassa, non vi è stata ragione utile a insospettirsi a tal riguardo! »

Già: con un tempismo a dir poco raccapricciante, Lora Gron’d aveva avuto occasione di condividere con le bambine, in quella stessa giornata, la necessità per tutta la popolazione di Kriarya, e, più in generale, del mondo intero, di avere a essere preparata, mentalmente ancor prima che fisicamente, ad affrontare i pericoli derivanti dalle nuove tecnologie che i ritornati non originari di quello stesso mondo potevano star rielaborando, e rielaborando sì con mezzi primitivi, e con ridotte capacità d’azione, e, ciò non di meno, in maniera evidentemente efficace, per così come questi stessi eventi avrebbero avuto ragione di confermare.

« D’accordo. Quindi stiamo cercando una cassa...? E una cassa, probabilmente, arrivata in giornata e che non è stata ancora aperta...?! » cercò di sintetizzare Arasha, tutt’altro che desiderosa di permettere a chiunque, innanzitutto a se stessa, di distrarsi dal punto centrale della situazione, e quel punto non così trascurabile della probabile presenza di una bomba pronta a esplodere da un momento all’altro « Seem... le casse di oggi sono state tutte aperte? » domandò quindi, in direzione del proprio amato sposo, in genere responsabile per la logistica del loro magazzino.

E se, per un istante, l’ex-scudiero di Midda Bontor fu costretto a sforzarsi, per liberare la propria mente da quel tenue, e pur presente, offuscamento derivante dall’alcol, dopo un momento di silenzio egli ebbe a sgranare gli occhi e a levarsi in piedi, evidentemente colto da un pensiero utile in tal senso...

« Ci sono un paio di casse che non abbiamo fatto in tempo a sistemare! » dichiarò, ora obiettivamente allarmato nel riconoscere quanto, tutta l’analisi compiuta sino a quel momento, stava trovando un riscontro nella realtà « Sono arrivate tardi e non abbiamo avuto tempo per occuparcene... » spiegò, in un plurale volto a includere, oltre a se stesso, anche i garzoni che normalmente lo supportavano in tale attività.
« Muoviamoci, allora! » incalzò Lora, levandosi in piedi insieme a Korl, non desiderando avere a perdere ancora un istante di tempo.

Anche Be’Sihl e Duclar, quest’ultimo forse non totalmente consapevole di quanto stesse effettivamente accadendo, ebbero a levarsi in piedi a confronto con quel legittimo incalzare. Ma se per lo shar’tiagho, ovviamente, non ebbe a esserci problema alcuno in tal senso, per il figlio dei regni desertici centrali quella prova ebbe a imporgli il proverbiale colpo di grazia, vedendolo afflosciarsi di colpo e ricadere pesantemente a terra sotto il proprio stesso peso.

« Duclar...! » gridò allora Na’Heer, comprensibilmente preoccupato per la sorte di colui che, in quel momento, avrebbe avuto a potersi riconoscere qual tutta la famiglia a lui rimasta, l’unico riferimento al quale potersi appellare in un momento già tutt’altro che semplice.
« Sta bene... » lo rassicurò Arasha, mossasi rapidamente accanto a lui, per verificare che nella caduta non si fosse rotto qualcosa « ... è soltanto svenuto per il troppo bere. Come, del resto, sperava di fare. » sorrise, con dolce compassione verso di lui « Dopo ci preoccuperemo portarlo in una camera e metterlo a riposo in un letto. » promise verso il ragazzino « Ora, però, è importante risolvere la questione bomba... prima che ci abbia a esplodere fra le mani. »

mercoledì 17 febbraio 2021

3555

 

Chiunque avesse mai pensato di sovvertire l’impianto del potere in quel di Kriarya, in effetti, oltre ad abbattere tutti i signori della città del peccato avrebbe dovuto certamente ipotizzare di avere ad affrontarne la Campionessa, in una scelta obbligata sotto almeno due diversi punti di vista.
Innanzitutto, quello di Campionessa di una capitale, così come Midda era per Kriarya e per Lysiath, non avrebbe avuto a dover essere frainteso un titolo fine a se stesso, un semplice appellativo, quanto e piuttosto un ruolo giuridico vero e proprio, e un ruolo atto a vederle attribuiti poteri assoluti all’interno della città, e al di sopra di tutti i suoi abitanti e risorse, nei momenti di crisi. Il Campione, o, nel suo caso, la Campionessa, infatti, avrebbe dovuto vedersi riconosciuta la più completa libertà di azione e di decisione nel nome del benessere della città, al di sopra della decisione di qualunque possibile signore feudale, nel confronto con il numero dei quali, e, ancor più, con l’inesperienza dei quali, difficilmente ci si sarebbe potuti riservare l’opportunità di fronteggiare adeguatamente una reale minaccia: al pari del capitano di una nave, quindi, il Campione o la Campionessa sarebbero stati investiti di un potere discrezionale assoluto, commisurato, comunque, all’assoluta responsabilità su scelte dalle quali, ineluttabilmente, sarebbe dipeso il destino stesso della città. A confronto con ciò, quindi, e con l’ovvia crisi rappresentata dall’improvvisa scomparsa di ogni signore della città, Midda Bontor, in qualità di Campionessa di Kriarya, si sarebbe improvvisamente ritrovata a essere l’unica figura di comando all’interno dell’urbe, e da lei, ancor prima che da chiunque altro, sarebbe potuta e dovuta dipendere un’eventuale riorganizzazione del potere in quel della capitale stessa. In questo, paradossalmente, l’eliminazione di tutti i lord della città senza, al contempo, l’eliminazione della Campionessa, avrebbe condotto non tanto a creare un vuoto di potere, quanto e piuttosto a concentrare tutto il potere nelle mani della medesima, in termini che, quindi, sarebbero risultati controproducenti per qualunque proposito volto a ottenere il controllo sulla città stessa.
In secondo luogo, poi, accanto a una questione giuridica di non secondaria importanza, avrebbe avuto a dover essere intesa anche un’importante considerazione emotiva, nel non obliare al non piccolo, e tutt’altro che insignificante dettaglio, della straordinaria amicizia che legava Midda Bontor a quella città e, soprattutto, a lord Brote. Chiunque avesse avuto ad attentare in maniera tanto plateale alla vita di lord Brote, quindi, si sarebbe necessariamente poi dovuto confrontare con l’ira funesta di quella donna, e di quella donna che non soltanto avrebbe avuto a dover essere ricordata come la Campionessa di Kriarya, ma, ancor più, come la Figlia di Marr’Mahew e l’Ucciditrice di Dei: una vera e propria leggenda vivente sotto la lama della quale non centinaia, non migliaia, ma, addirittura, decine di migliaia di uomini e donne, e mostri, e persino un dio, null’altro avevano potuto fare se non morire. Insomma... un’avversaria che nessuno, dotato di un pur minimo briciolo di senno, avrebbe mai desiderato ritrovarsi innanzi, e non, certamente, motivata da un qualche desiderio di vendetta a proprio discapito, desiderio di vendetta a confronto con il quale non avrebbe avuto a dover essere posto alcun interrogativo su se e quando sarebbe sopraggiunta la morte, quanto e piuttosto in qual maniera essa sarebbe stata dispensata, a confronto con le più terrificanti possibilità proprie dell’immaginazione.
Per questo, chiunque avesse mai pensato di sovvertire l’impianto del potere in quel di Kriarya, e lo avesse pensato in grazia di un’azione così complessa ed elaborata qual quella così posta in essere, non avrebbe potuto in alcuna maniera ignorare la necessità di destinare una bomba anche all’eliminazione della stessa donna guerriero. Una bomba che, in tal senso, avrebbe avuto necessariamente a essere collocata entro i confini propri di quello stesso edificio, di quella locanda.

« Thyres! » gemette Meri, sgranando gli occhi « Dobbiamo avvisare tutti... questo edificio potrebbe esplodere da un momento all’altro! » concluse, non potendo negarsi una certa preoccupazione in tal senso, preoccupazione utile a spingerla a saltare rapidamente giù dal letto per correre verso la porta della stanza, pronta a precipitarsi fuori per dare l’allarme.
« Aspetta! » la fermò Tagae, rivolgendosi con un’esclamazione al suo indirizzo « Non ha senso! »
« ... come...? » esitò l’altra, voltandosi appena verso di lui « ... perché...?! »
« E’ vero. » confermò Liagu, in accordo a quanto così frettolosamente asserito dal fratello « Chiunque ha orchestrato quelle esplosioni, le ha programmate per avvenire pressoché contemporaneamente in tutta la città... » osservò, in un dettaglio tutt’altro che minimizzabile « Perché mai avrebbe dovuto definire l’esplosione della locanda in un secondo momento...? Con il rischio che, all’occorrenza, qualcuno arrivasse alle nostre stesse conclusioni e potesse intervenire per evitarlo...?! »
« A meno che l’unico motivo per il quale l’esplosione non sia avvenuta abbia a doversi ricondurre a un qualche, fortuito imprevisto che ha reso inefficace la bomba... » suggerì allora Na’Heer, deglutendo non privo di una certa ansia a tal pensiero.
« Io vado a parlare con Be’Sihl e con gli altri! » ribadì Meri, tornando a voltarsi verso la porta e dischiudendola innanzi al proprio cammino « Francamente preferisco essere presa per stupida nel dare un allarme inutile piuttosto che rischiare di saltare in aria da un momento all’altro! »

Una posizione tutt’altro che criticabile, quella così espressa dalla figlia di Nissa, a confronto con la quale, francamente, si ritrovarono tutti d’accordo. E come sarebbe potuto mai essere diverso...?!
Così, non senza un passo decisamente affrettato, i sei si mossero dalla stanza in direzione della sala grande, là dove ipotizzavano, non a torto, aversi a trovare gli adulti. E se, lì sopraggiungendo, ebbero a ritrovarli decisamente più allegri rispetto a quanto non si sarebbero potuti attendere a confronto con un giorno tanto funesto, nel momento in cui Meri ebbe a riferire loro il proprio ragionamento, ella ebbe a raccogliere immediato interesse e attenzione da parte di Korl e Lora, i quali, in virtù della propria peculiare condizione, non avrebbero potuto subire gli effetti negativi dell’alcol neppur volendo.
E il fatto che proprio i due ritornati, in quel momento, avrebbero avuto a dover essere riconosciuti qual i soli realmente padroni di sé e del proprio intelletto, ciò non ebbe certamente a volgere a loro sfavore... non ove, fra tutti, proprio loro avrebbero potuto riservarsi un qualche diritto di opinione nel merito dell’assennatezza o meno di quel ragionamento. Assennatezza nel confermare la quale, in effetti, non ebbero quindi a tardare...

« Credo proprio che i piccoli abbiano ragione. » asserì quindi Korl, dopo un fugace e silenzioso confronto visivo con lo sguardo della propria amata, rivolgendosi agli altri astanti « Non sulla matrice politica della questione, nel merito della quale non posso esprimermi, quanto e piuttosto sulla concretezza del rischio che vi possa essere una bomba in questo edificio e che non abbia a essere esplosa soltanto per una fortunatissima coincidenza. »
« Per tutti gli dei... » gemette Arasha, non così vittima dell’alcol da non riuscire a intendere la spiacevole serietà di quelle parole, subito scattando in piedi « Dobbiamo far uscire tutti dalla locanda...?! »
« E’ inutile scatenare il panico in maniera del tutto gratuita. » escluse tuttavia Lora, scuotendo appena il capo « Se non è esplosa sino a ora, non c’è ragione di credere che possa farlo nei prossimi minuti. » precisò quindi, aggrottando appena la fronte « Piuttosto, sarebbe opportuno metterci all’opera per individuare l’ordigno, ovunque esso possa essere... e assicurarci di disarmarlo prima che, per qualsiasi motivazione, possa adempiere al proprio scopo. »
« E che forma dovrebbe avere...? » domandò allora Seem, decisamente più provato della moglie e, ciò non di meno, impegnato in quel momento a contrastare l’ebbrezza, nell’aver compreso non essere decisamente il momento più opportuno per rischiare di apparire ubriaco « Cosa dovremmo cercare...?! »
« Questa è un’ottima domanda... » storse le labbra il figlio di Thermora, con sguardo perso nel vuoto nel cercare di ragionare a tal riguardo « Finora non avevamo avuto notizia della presenza di bombe in questo mondo... ergo non è così banale formulare ipotesi di sorta a tal riguardo. »

martedì 16 febbraio 2021

3554

 

Ma chi mai avrebbe potuto essere sufficientemente folle o arrogante, o folle e arrogante, per potersi permettere un’azione tanto radicale...?!

« E se, dietro a tutto questo, vi fosse la famiglia reale...? » suggerì Liagu, dopo un lungo istante di intima riflessione.

L’ipotesi avanzata dalla figlia di Midda, per quanto ovviamente priva di qualunque fondamento, non avrebbe potuto avere a fraintendersi così insensata nella propria formulazione.
Sebbene Kriarya facesse parte del regno di Kofreya, e ne fosse, addirittura, capitale, riferimento politico per un’ampia provincia e una provincia collocata geograficamente in una posizione di forte interesse strategico, a metà fra Y’Shalf e Tranith, il medesimo decadimento dei valori morali lì presente giustificativo della nomea di città del peccato aveva condotto nel corso degli anni, dei secoli, quel particolare territorio a trovare una certa autonomia rispetto al resto del regno, rifiutando ogni imposizione feudale proveniente dal governo centrale e surrogandola, quantomeno nelle questioni interne, con la presenza dei cosiddetti lord della città, eccelsi criminali, tagliaborse o tagliagole che fossero, che, in grazia alle proprie forze, o alla propria astuzia, erano riusciti a riservarsi un ruolo di predominio entro i confini di quelle mura dodecagonali. E se questa situazione, di principio, non avrebbe potuto compiacere la famiglia reale di Kofreya, ancor meno avrebbe potuto essere incontrata la loro approvazione nell’emergere, all’interno di quella stessa città, di una figura carismatica qual quella della medesima Midda Bontor, leggenda vivente le cui gesta arricchivano il già amplio repertorio di ogni bardo o cantore di tutto il regno.
In una situazione, quindi, già non propriamente benvoluta dai signori di Kofreya, nel corso di quegli ultimi anni si era venuta a sommare qualche mai meglio chiarita questione irrisolta con la stessa Midda Bontor o, più probabilmente, con la sua gemella Nissa Bontor, la cui esistenza, tuttavia, era rimasta a lungo ignota ai più, vedendo addebitare alla stessa Midda qualunque responsabilità per l’operato della gemella. Operato che, evidentemente, a un certo punto, doveva aver anche coinvolto, in maniera diretta, la stessa famiglia reale, in termini tali, quindi, da avere a indicare la Figlia di Marr’Mahew qual nemica del regno e, in questo, ufficialmente ricercata. Una condizione di latitanza, pertanto, quella nella quale ella avrebbe avuto a doversi fondamentalmente riconoscere, nel confronto con la quale, comunque, nessun cacciatore di taglie avrebbe avuto il coraggio di avere a perseguirla, a meno di non desiderare avere a rinunciare, prematuramente, alla propria esistenza mortale. Così, per lunghi anni, Midda aveva continuato a restare invisa alla famiglia reale senza che, tuttavia, alcuna concreta azione fosse intrapresa a suo discapito. E questo era stato tale almeno fino alla sua partenza per le stelle del firmamento.
Dopo gli eventi che avevano condotto sino alla battaglia di Rogautt e alla morte di Nissa Bontor, infatti, gli equilibri interni alla città del peccato erano mutati in una quieta alleanza fra due antichi avversari, lord Brote e lord Bugeor: due signori dotati di grande potere già nella propria individualità, ma che, nella propria comunione, avevano facilmente tracciato una nuova rotta per Kriarya, e una rotta volta a consolidare definitivamente quella medesima unione interna che già, quanto nel corso degli anni si era dimostrata necessaria, aveva comprovato incredibile valore per la capitale e tutti i suoi abitanti. L’eco di tali nuovi assetti interni, così, non aveva potuto ovviare a giungere sino all’attenzione della famiglia reale, la quale, in maniera non poco paranoica, si era convinta di quanto dietro a tutto ciò avesse a doversi intendere proprio la stessa Midda Bontor, loro antagonista in una mai riconosciuta esistenza per la sua gemella Nissa: Midda Bontor, così, dopo essere stata considerata avversaria della famiglia reale, si era veduta addebitare il suolo di anarco-insurrezionalista, nella volontà di rovesciare l’intera gerarchia feudale kofreyota per rivendicare per se stessa tutto il potere o, peggio, per consegnare il regno nelle mani dei nemici y’shalfichi, in relazione ai quali era nota l’esistenza di importanti legami da parte sua.
Così l’equilibrio era venuto meno. E, in breve tempo, la famiglia reale si era organizzata assoldando mercenari della Confraternita del Tramonto con lo scopo di riconquistare la città del peccato, e consegnarla nelle mani di un membro della medesima, un cugino il quale, in virtù del proprio legame di sangue, avrebbe assicurato una possibilità di controllo diretto su tale dominio. Ovviamente, per quanto la Campionessa di Kriarya fosse assente, lord Brote e lord Bugeor non si erano lasciati trovare impreparati a confronto con tale minaccia. E, guidando personalmente le forze di Kriarya, avevano respinto per ben tre volte il nemico in tre grandi battaglie, prima che il cuginetto reale fosse ucciso e l’interesse della famiglia venisse nuovamente assopito. Tuttavia l’evidenza del ritorno in scena della stessa Midda Bontor e, oltretutto, i recenti eventi che l’avevano vista sostanzialmente conquistare anche la fiducia di una seconda provincia, quella di Lysiath, potevano aver preoccupato la famiglia reale, riportando l’attenzione della medesima in direzione di Kriarya e di una questione ancor ben lontana dal potersi considerare risolta.

« Non è un’ipotesi assurda... anzi. » confermò Na’Heer, non negando una certa ragionevolezza a margine di ciò « Fra tutti, in effetti, potrebbero essere quelli che più avrebbero a trarre vantaggio dalla scomparsa di tutti i signori di Kriarya e, soprattutto, da mio padre e da zio Bugeor. »
« Perché...?! » domandò Eli, non avendo ancora sufficiente consapevolezza nel merito delle questioni politiche della città per poter comprendere la cosa, a differenza del figlio di Brote e dei figli di Midda che, per evidenti motivazioni di ordine familiare, avrebbero dovuto riconoscersi più avvezzi a sentir discutere di tali argomentazioni.
« Perché al re di Kofreya non piace che qui in Kriarya non ci si interessi ai suoi capricci... motivo per il quale certe figure scomode devono essere necessariamente eliminate. » scosse il capo il ragazzino, a offrire una sintetica, ma speranzosamente semplice, spiegazione alla bimba.
« Mamma mi rimprovera sempre quando faccio i capricci... » osservò per tutta replica Midda Elisee, arricciando appena le labbra con fare pensieroso e ipotizzando che, magari, anche il re di Kofreya potesse necessitare di qualcuno che lo sgridasse, per evitare che facesse tanti danni.

Ma se pur quell’ipotesi non avrebbe avuto a dover essere considerata insensata, c’era un dettaglio che non convinceva pienamente Namile, motivo per il quale la figlia di Nissa decise allora di avere a riprendere parola per esprimere i propri dubbi a tal riguardo...

« Scusate un attimo, però... » esordì, piegando appena gli angoli della bocca verso il basso a esprimere una certa contrarietà « Ipotizziamo pure che siano stati i signori di Kofreya a organizzare questa iniziativa. E a organizzarla mossi dal desiderio di riprendere il controllo della città eliminando di colpo tutte le figure scomode all’interno della medesima. Perché è questo che stiamo dicendo, no?! »
« Esatto. » annuì Liagu, rivolgendo tutta la propria attenzione alla cugina, curiosa di comprendere cosa potesse avere a obiettare a tal riguardo.
« Ecco... » esitò per un istante ella, volgendo gli occhi verso un punto non meglio definito in alto a sinistra, a riordinare le idee « Non vi pare, però, che abbia a mancare una figura fondamentale nell’annovero delle vittime designate...?! Forse, e in effetti, la più importante fra tutte... »

E laddove, per un istante, nessuno fu in grado di comprendere cosa ella potesse sottintendere; un attimo dopo tutti giunsero, praticamente in contemporanea, alla medesima risposta, e a una risposta che non avrebbe potuto ovviare a gettare un’oscura ombra sopra tutti loro.

« Manca Midda Bontor. » osservò Nami, offrendo voce al pensiero collettivo, nel silenzio improvvisamente calato nella stanza « E, con lei, manca questo edificio...! »