Per quanto ancora Mera Ronae e Namile non potessero certamente considerarsi confidenti con il profilo di Kriarya, non fu difficile, per loro, rendersi conto di come quello stesso profilo fosse stato radicalmente sconvolto in conseguenza di quanto accaduto. Perché là dove, pocanzi, sopra alla città del peccato svettavano tutte le alte torri dei signori dell’urbe, in quella caratteristica architettonica tipica di tutte le capitali kofreyote, allora solo un piatto profilo quasi regolare si presentava al loro sguardo, definendo la sostanziale scomparsa di ogni torre presente, al posto delle quali, in quel frangente, solo alte colonne di fumo avrebbero avuto a dover essere riconosciute quali presenti, quasi a segnalare la posizione ove, altrimenti, avrebbe avuto a essere presenti gli edifici perduti.
Fortunatamente, comunque, e se così si sarebbe potuto dire in un contesto tanto terrificante, al di là della scomparsa delle torri di Kriarya nessun altro edificio parve loro essere stato impattato. E, ancor più fortunatamente, dopo qualche istante di affannosa ricerca, innanzi allo sguardo di Nami si ebbe finalmente a presentare, in lontananza, il profilo ben noto de “Alla signora della vita”...
« Eccola! » esclamò più che felice, e felice di poter constatare non soltanto di aver avuto ragione, ma, anche e soprattutto, di non aver a dover considerare la piccola Midda Elisee qual un’orfana loro pari « Guardate là... la locanda è intatta e lontana da ogni maceria! »
« Sia lode a Thyres e agli dei tutti... » sussurrò Meri, riservandosi un profondo sospiro di sollievo nel mentre in cui ebbe a sollevare più in alto possibile il proprio dolce carico, ponendola a sedere sopra le proprie spalle, per permetterle di constatare, a propria volta, quanto la sua famiglia stesse bene.
In effetti, quasi anonima all’interno del quieto contesto degli edifici a sé circostanti, con un po’ di attenzione l’architettura propria de “Alla signora della vita” avrebbe potuto essere distinta in un’area della città estranea a ogni devastante evento lì appena occorso, in termini a confronto con i quali, forse, non fosse stato per il devastante rumore e per le non ignorabili vibrazioni, probabilmente nessuno, al suo interno, avrebbe avuto ragione di maturare coscienza di quanto, altresì, là fosse accaduto. Un dettaglio a confronto con il quale, pertanto, tutte loro avrebbero potuto avere di che gioire nella quieta idea dello scampato pericolo a discapito di coloro che, là dentro, li stavano attendendo. E li stavano attendendo, allora, probabilmente in ansia per quanto appena accaduto, nel timore, non infondato, che potesse essere loro occorso qualcosa di male.
« Stanno tutti bene. » ribadì Nami, sorridendo in direzione della piccola Eli, il cui sguardo ancora stava spaziando fra i tetti della città a cercare di comprendere dove fosse casa sua e, soprattutto, dove fossero i suoi genitori « I tuoi genitori sono lontani da ogni pericolo, Eli... lo vedi...?! »
Ma la piccola Eli, spaziando con lo sguardo al di sopra della città ferita, ebbe allora a correre con il pensiero in una diversa direzione, forse perché, anche in assenza di un diretto riscontro visivo, non avrebbe potuto avere motivo alcuno per non avere fiducia nella sua interlocutrice e nella sicumera con la quale la stava lì rassicurando nel merito del fato della propria famiglia.
« Mamma e papà stanno bene. E anche lo zio Be’S... » commentò quindi Midda Elisee, contorcendosi sopra alle spalle di Mera Ronae in maniera persino pericolosa, nella facilità con la quale avrebbero allora potuto perdere l’equilibrio, in quella posizione già sufficientemente precaria sulla cima di un tetto « ... ma Tagae e Liagu...?! »
« Thyres... » gemette allora Meri, non tanto per lo sforzo richiestole a riequilibrare la propria posizione malgrado le contorsioni di Eli sopra di lei, quanto e piuttosto nel confronto con quella nuova osservazione, e quella nuova osservazione tutt’altro che fine a se stessa, nel riportare l’attenzione sui loro cuginetti, e su quei cuginetti che, allora più che mai, avrebbero potuto aver subito le più negative conseguenze di quei tragici eventi.
Perché in effetti Tagae e Liagu, i figli di Midda Bontor, erano andati come ogni giorno alla torre di lord Brote per seguire le lezioni di un mentore insieme al figlio dello stesso, Na’Heer, qual un apprezzabile favore riconosciuto dal medesimo Brote verso la propria ex-mercenaria preferita, nonché una delle proprie più care amiche.
Purtroppo, pur non avendo francamente idea di dove potesse essere la torre di Brote, quanto in quel frangente stava apparendo già terribilmente palese avrebbe avuto a dover essere inteso come, certamente, anche quell’edificio dovesse aver condiviso la terribile sorte di tutte le altre dimore dei signori di Kriarya. E se quelle esplosioni devastanti avevano fatto precipitare dall’alto dei cieli le pietre di quelle torri, tutt’altro che in termini ottimistici avrebbe potuto avere a dover essere intesa la sorte di tutti i loro occupanti.
« Ora torniamo alla locanda. » suggerì Nami, impegnandosi ad affrontare un’urgenza alla volta « Informiamo Be’Sihl della situazione. E, di certo, lui saprà come agire... »
A differenza della propria affermazione precedente, quella in virtù dello sprone della quale aveva condotto Meri e Eli ad arrampicarsi lungo la montagna di rifiuti fino alla cima di quei tetti, questa volta nella voce di Namile non avrebbe potuto aver e essere fraintesa alcuna reale convinzione a supporto di quanto lì dichiarato. Non che ella non desiderasse tornare alla locanda a informare gli altri: semplicemente improbabile, se non impossibile, sarebbe stato, tanto per Be’Sihl, tanto per chiunque altro, fosse anche al loro leggendaria zia Midda in persona, avere a riservarsi la benché minima idea nel merito di come poter agire a confronto con quegli eventi.
Un’assenza di convinzione che, purtroppo, ebbe così a risuonare palese nelle sue parole, incontrando, di conseguenza a tutto ciò, una netta contrarietà da parte della nipote di Degan...
« La torre di Brote non è lontana. » escluse ella, scuotendo il capo e accennando ora a voler discendere dalle spalle di Meri, quasi a volersi dirigere di propria iniziativa, e autonomamente ove necessario, in tal direzione « Andiamo a prendere Tagae e Liagu e torniamo con loro a casa...! »
Difficile sarebbe stato credere che quella bimbetta avesse forse meno anni rispetto al numero di dita proprie della sua manina mano o, tuttalpiù, equivalenti a esse: il piglio da lei dimostrato in tale risoluzione avrebbe avuto a dover essere inteso degno di una persona adulta, in termini tali da rendere indubbio onore non soltanto a lei, ma anche e ancor più al sangue che scorreva nelle sue vene. Purtroppo, in una situazione come quella, la volontà fine a se stessa non avrebbe avuto a riservarsi alcun valore. E, con buona pace di tuta la sua risolutezza, improbabile, se non impossibile, sarebbe stato per loro avere a potersi illudere di ritrovare Tagae e Liagu vivi dopo quei catastrofici eventi.
Motivo per il quale, proprio malgrado, Meri e Nami si ritrovarono reticenti all’idea di appoggiare l’intento della loro giovane protetta, soprattutto nel considerare quanto, in quel momento, esse avrebbero avuto a doversi intendere responsabili per la sua salute e per il suo ritorno, incolume, a casa...
« Eli. E’ meglio se torniamo da mamma e da papà, prima. Saranno in pensiero. » cercò di obiettare Mera Ronae, facendola scendere dalle proprie spalle prima che potessero entrambe cadere e, ciò non di meno, tenendola saldamente a sé per la medesima motivazione.
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