« Ancora non riesco a crederci... » ammise Seem, con un quieto sospiro, mentre tornava a sedersi al tavolo, dopo aver versato nuovamente da bere per tutti i presenti.
Quella sera “Alla signora della vita”, così come ogni altra locanda, taverna e postribolo in tutta la capitale, era pressoché deserta, nell’evidenza di quanto, ovviamente, nessuno degli abitanti della città avesse possibilità né, tantomeno, desiderio di restare lontano da casa. Quanto accaduto nel corso di quella giornata, del resto, aveva rivoluzionato radicalmente gli equilibri interni dell’intera Kriarya e, obiettivamente, ancora nessuno avrebbe potuto prevedere in che direzione sarebbe potuta evolvere la situazione l’indomani o nei giorni successivi. Ciò senza considerare quanto, ancora, non vi fosse la benché minima consapevolezza delle ragioni per le quali fosse effettivamente occorso quanto avvenuto.
Così, dopo essersi assicurati per la milionesima volta che la loro piccola stesse bene, e dopo averle lasciato la possibilità, per quella sera, di addormentarsi nel letto insieme a Tagae e Liagu, Seem e sua moglie Arasha si erano accomodati a un tavolo insieme agli altri adulti della compagnia, a cercare in qualche maniera, di somatizzare razionalmente quegli eventi prima che, ignorando tale necessità, i loro corpi o le loro menti potessero decidere in provvedere in maniera autonoma in tal senso.
Attorno a quella tavolata, quindi, avrebbero avuto a dover essere riconosciuti presenti, oltre a Seem e Arasha, anche Korl e Lora, quest’ultima completamente ristabilitasi dalle devastanti ferite riportate in grazia alla propria natura di ritornata, Duclar e, ovviamente, il padrone di casa, Be’Sihl.
« ... non dirlo a me. » scosse il capo l’enorme Duclar, osservando con poco interesse il boccale di birra innanzi a lui, benché, senza particolare bramosia, lo avrebbe certamente svuotato di lì a breve, al pari degli altri otto che, nell’ultima ora, aveva già consumato.
Duclar Mi’Chill e gli uomini della scorta di Na’Heer avevano continuato a scavare fra le macerie, in maniera ininterrotta, per ore, alla ricerca del loro signore. Quando, tuttavia, il crepuscolo era sopraggiunto, e dalle pietre che un tempo erano state per tutti loro una casa nulla di più era emerso se non cadaveri orribilmente devastati, avevano preferito accettare l’ospitalità loro offerta da Be’Sihl Ahvn-Qa, ovviamente nel frattempo accorso alla ricerca dei propri figli, per non correre il rischio di affrontare eventuali negromantiche minacce allo scoperto e in una condizione di stanchezza fisica, e mentale, priva d’eguali.
Ovviamente, al pari degli altri cadaveri della città, tutti i corpi che erano riusciti a ritrovare fra quelle macerie, loro compagni così come servitori e servitrici di Brote, erano stati già tradotti fuori dalle mura dodecagonali di Kriarya, lì depositati nell’attesa, l’indomani, di essere condotti sino alla valle del Gorleheim, una pira perpetua poco lontana dalla città del peccato, sulla quale erano cremati quotidianamente tutti i morti della città, a prevenirne ogni possibile ritorno nelle vesti di zombie o di altre creature assimilabili. Ciò non di meno, certamente ancora molti avrebbero avuto a dover essere considerati coloro i quali erano sepolti sotto le macerie di quella e di ogni altra torre della capitale, motivo per il quale, nel corso di quella notte, indubbiamente pericoloso sarebbe stato aggirarsi per le vie della città. E se pur, all’occorrenza, quegli uomini non avrebbero avuto timore per se stessi, nella fedeltà che Brote era stato capace di ispirare nei loro cuori, certamente avrebbero avuto motivazioni sufficienti per temere per il giovane Na’Heer, e per volerlo proteggere nel tenerlo lontano da ogni pericolo.
E Na’Heer, che pur non avrebbe potuto smettere di sperare nella ricomparsa del proprio amato padre, nonché unico genitore del quale potesse vantare memoria, aveva a malincuore accettato di interrompere estemporaneamente le ricerche, nel riconoscere quanto, al di là di tutto, quegli uomini fossero semplicemente stremati e, così proseguendo, non avrebbero avuto a reggere ancora a lungo. Era giovane, Na’Heer, pressoché coetaneo delle gemelle di Nissa o, forse, di poco minore a esse, e, ciò non di meno, era stato cresciuto da suo padre a propria mirabile immagine, come un ragazzo coscienzioso, capace di misurare con attenzione le forze a propria disposizione, che fossero proprie o no, e di agire di conseguenza per il raggiungimento dei propri scopi. Per tale ragione, quindi, per quanto con il cuore infranto all’idea di non aver ancora potuto ritrovare suo papà, egli non avrebbe mai preteso a quegli uomini di stramazzare a terra in quella maniera, approvando, pertanto, l’offerta loro rivolta dal compagno di Midda Bontor.
« Ci sono speranze che...? » esitò Korl, sentendosi quasi in imbarazzo a quella domanda, nella consapevolezza di quanto, fra tutti i presenti, egli, al pari di Lora, avrebbe avuto meno crediti possibili per esprimersi in tal senso, non potendo accusare la possibilità della morte neppur volendo... non, quantomeno, dopo esserci già passato una volta e aver fatto ritorno da essa.
E se, per tale motivazione, egli non avrebbe potuto mancare di essere in già in intimo imbarazzo a formulare quella domanda, pur motivata da un sincero interesse in favore di lord Brote, con il quale era solito interloquire sovente per confrontarsi con lui nel merito dei progetti per Kriarya; Korl Jenn’gs si ritrovò a desiderare di sprofondare istantaneamente nel suolo sotto i propri piedi a confronto con l’occhiataccia che la sua amata Lora Gron’d non ebbe a mancare di rivolgergli a margine di tutto ciò, nell’evidente volontà di imporgli di tacere là dove, chiaramente, non avrebbe potuto allor dire nulla di positivo.
L’interrogativo proposto dal giovane figlio di Thermora, tuttavia, non avrebbe avuto a dover essere frainteso così gratuito. Non, almeno, nel confronto con l’evidenza del fatto che, almeno per il momento, il corpo dello stesso Brote non era stato ancora ritrovato.
Purtroppo, però, nel confronto con lo stato di tutti gli altri cadaveri estratti dalle macerie della torre, avere a immaginare di ritrovare ancora in vita Brote sarebbe equivalso a voler credere in qualcosa di ben superiore a un miracolo. E gli dei di Duclar, figlio dei regni desertici centrali, avrebbero avuto a doversi considerare troppo distanti da lì per potersene interessare, anche nella tutt’altro che ovvia possibilità che avessero a desiderarlo...
« Per quanto dirlo mi distrugga, temo proprio di no. » ammise il colosso dalla pelle color dell’ebano, storcendo le labbra verso il basso « Non appena sorgerà il sole, ovviamente, riprenderemo le ricerche. Ma, questa volta, tenterò di convincere Na’Heer a restare qui con voi. » soggiunse poi, esprimendo quello che, evidentemente, avrebbe avuto a doversi intendere qual un piano già ben delineato all’interno della propria mente « Non desidero che possa essere presente quando ritroveremo suo padre... non, soprattutto, se dovesse presentarsi a noi nelle condizioni di tutti gli altri. »
« Posso comprendere... » annuì Korl, per poi affondare il naso all’interno del proprio boccale, a rifuggire a una nuova occhiataccia di Lora.
E che quel giovane potesse comprendere, in effetti, non avrebbe avuto a doversi considerare una frase fatta, giacché, in effetti, anch’egli aveva avuto occasione di confrontarsi, in quello stesso pomeriggio, con un’immagine non poi troppo diversa da quelle che dovevano aver accompagnato l’ingrato compito di Duclar e dei suoi uomini: era stato, dopotutto, proprio lui a ritrovare il corpo della propria amata feriniana in quello spiazzo là dove una parete in pietra l’aveva travolta e schiacciata, devastandola impietosamente.
Fortunatamente per Lora, tuttavia, nulla di tutto quello le aveva potuto provocare il benché minimo disagio, o, peggio, dolore. Non, quantomeno, dal punto di vista fisico. Diverso discorso, invece, era stato il confronto psicologico con quella situazione, e una situazione, soprattutto, necessariamente contraddistinta dall’ansia dell’inconsapevolezza nel merito del destino proprio di Eli, Meri e Nami.
« Che gli dei abbino pietà del giovane Na’Heer. » scosse il capo Duclar, sollevando il boccale e preparandosi a svuotarlo nuovamente tutto d’un fiato, evidentemente nella ricerca della possibilità di svenire a terra e avere occasione, in tal modo, di trovare un momento di pace « Non ho proprio idea di come poter affrontare questa situazione... »
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