11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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News & Comunicazioni

E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

sabato 29 febbraio 2020

3201


« Quella è Midda…? » esitò Howe, in una domanda ormai propriamente retorica, nell’indicare il punto in rapido avvicinamento verso di loro, e sempre più distinguibile in quanto tale « E ha delle ali…?! »
« Si è ricordata come si fa… » sorrise Rín, annuendo a quella nota e confermando, tutto ciò, qual qualcosa di consueto, praticamente normale, per quanto improprio sarebbe stato poter parlare di normalità in quel particolare contesto « E’ sempre uno degli effetti positivi propri dell’essere nel tempo del sogno! » soggiunse, a escludere qualunque fraintendimento in tal senso.
« C’è anche mia sorella con lei! » esclamò M’Eu, più che rallegrato da quella conferma, e da quella conferma in grazia alla quale, alla fine, il loro gruppo avrebbe così avuto occasione di riunirsi, e di riunirsi, apparentemente, giusto in tempo per l’ineluttabile sfida finale.
« E anche il Progenitore… » confermò Be’Sihl, tornando ad alzare la propria arma, salvo rendersi facilmente conto di quanto, allora, avrebbe avuto a dover essere intesa qual inutile, riabbassandola « … e noi ancora non abbiamo idea di cosa fare per vincerlo. »
« Immagino che Midda debba avere un qualche piano di sorta, avendoci tutti radunati qui in attesa del suo arrivo… » suppose Duva, aggrottando la fronte e sforzandosi di cercare di comprendere qual genere di piano potesse essere proprio della sua amica in quel particolare frangente.
« Chiediamoglielo! » annuì Lys’sh, propositiva qual sempre, nel chiudere gli occhi per un breve istante di concentrazione, e un istante di concentrazione utile a evocare, fra le proprie mani, un comunicatore, accoppiato con un altro che, nello stesso momento, si ebbe a premurare di far comparire fra le braccia di Midda e H’Anel, a garantire la possibilità di coprire la distanza fra loro presente e, in tal senso, permettere loro di anticipare qualunque spiegazione.

E se, nel sentir comparire qualcosa fra i loro addomi, Midda e H’Anel ebbero a reagire, di primo acchito, non senza una certa inquietudine, nel momento in cui la Figlia di Marr’Mahew ebbe a riconoscerlo qual un comunicatore indirizzò immediatamente la propria passeggera a impugnarlo, e ad aprire il canale, nel ben comprendere quanto, allora, dovesse essere lì comparso non a caso.

« Ehilà! » esclamò la voce di Lys’sh, provenendo dall’altoparlante del comunicatore e salutando, in ciò, la coppia di donne « Riuscite a sentirmi…?! »
« Forte e chiaro. » confermò la donna guerriero, con l’aiuto della figlia di Ebano, lì promossa in tal modo a responsabile addetto alle comunicazioni « Se vi ricordate quello che vi ho raccontato del Progenitore, capirete che ora è il momento giusto per arrabbiarsi… a meno che non vogliate finire vittime del suo controllo mentale! »
« Oh… non ti preoccupare, cara! » protestò la voce di Be’Sihl, in risposta a quell’invito, dimostrando quanto, da parte propria, non stesse mancando già un certo clima di irritazione « Se c’è una cosa che in questo momento non ci ha a mancare è proprio la rabbia! » sancì, in quella che avrebbe avuto a dover essere intesa qual una nota spiacevolmente negativa, se soltanto non fosse stata, al contempo, incredibilmente positiva sotto un diverso punto di vista « Ah… ma perdona la mia imprudenza, nel chiamarti “cara”: forse tutti quanti dovremmo ora iniziare ad appellarti come “regina”, e magari inchinarci al tuo cospetto?! »

Midda sapeva perfettamente che un certo qual genere di discussioni, e, in particolare, una discussione qual quella, non avrebbe avuto a dover essere condotta in un contesto simile a quello nel quale, in quel frangente, si stavano ritrovando costretti a vivere, nella consapevolezza di quanto, purtroppo, l’ira avesse a doversi sempre e comunque considerare una cattiva consigliera, soprattutto nell’ambito dei rapporti umani.
Purtroppo, in quel frangente, l’ira era quanto di più utile sarebbe potuta servire a tutti loro… e, in questo, per quanto a malincuore, ella scelse di reagire nelle uniche e sole parole che, era certa, non avrebbe mai dovuto pronunciare in quel frangente, non a meno di non volersi ritrovare, alla fine di tutto, costretta ad affrontare concrete difficoltà per riuscire a rimettere insieme i pezzi della propria vita.

« Mi pare di avvertire una certa volontà critica nel tuo tono, Be’S… » replicò ella, piccata « … peccato che, dall’alto della tua perfezione, il giorno in cui hai scelto di scendere a patti con Desmair non ti sia comportato in maniera molto diversa rispetto a quanto tu ora non abbia ad accusarmi di aver compiuto! » suggerì, con ancor più calcato disappunto « E lì non vi era la fine dell’universo a minacciarci! »
« Vuoi veramente venire a rimproverarmi di essere sceso a patti con Desmair?! » protestò egli, con gli occhi fuori dalle orbite « Tu…?! Proprio tu?!... Davvero?! » ripeté, furibondo « Te lo sei sposato, Midda! E, non paga, gli hai anche consegnato un nuovo corpo immortale, restituendogli la libertà che tanto agognava da sempre! E facendoti imprigionare, a titolo di ringraziamento, all’interno della tua stessa mente! » ricordò lo shar’tiagho, riassumendo in maniera estremamente concisa il primo e l’ultimo capitolo della lunga saga di eventi occorsi fra loro, una saga ancor priva della parola fine… ammesso che mai, tutto ciò, avrebbe potuto trovare una conclusione di sorta « Mi sono persino fatto uccidere per te, dannazione! »
« Ti sei fatto uccidere per me…?! » reagì l’altra, con tono di assoluta sorpresa « Ti sei fatto uccidere perché sei uno stupido idiota, accidenti… uno stupido idiota che pensava di poter risolvere l’intera questione a suon di pugni! »
« Dei! Dei! Dei! » gridò allora l’uomo, scuotendo il capo e aprendosi in un amplio sorriso quasi sull’orlo dell’isteria « Tutto ciò è assurdo! Tutto ciò è paradossale! Veramente Midda Bontor, la Figlia di Marr’Mahew, la Campionessa di Kriarya, l’Ucciditrice di Dei… e chi più ne ha, ne metta… mi sta accusando di voler risolvere le questioni a suon di pugni?! » domandò, con tono di voce sì alto che, probabilmente, sarebbe potuto essere udito dalla propria interlocutrice anche senza l’ausilio dei comunicatori « Davvero, Midda?! »

Un momento di gelo ebbe a calare a seguito di quelle parole, e di quel botta e risposta al vetriolo fra i due. Ed ebbe a calare non soltanto fra loro, ma anche e ancor più sull’intero gruppo.
A nessuno dei presenti avrebbe potuto piacere quello che stava lì accadendo, quel litigio fra Midda e Be’Sihl, pur giustificabile nella volontà di non cadere vittima dell’influsso mentale del Progenitore. Perché, al di là del Progenitore e del suo possibile influsso mentale, quella reciproca aggressione verbale, non avrebbe potuto ovviare a essere testimonianza palese di qualcosa di più profondo, di un disagio che, probabilmente, entrambi, su fronti diversi, avevano portato nel proprio cuore da molto tempo, soffocandolo nel reciproco amore, e, ciò non di meno, mai affrontandolo, mai offrendogli occasione di sfogo, sino a quando, allora, non aveva potuto ovviare a esplodere… ed esplodere sì malamente.
E nel mentre in cui lo sguardo di Lys’sh, in direzione di Duva, parve voler sollevare un’addolorata obiezione all’idea della quale ella stessa si era resa protagonista, con l’introduzione di quella coppia di comunicatori pur privi di qualunque colpa, e soltanto atti ad anticipare qualcosa che, probabilmente, sarebbe comunque occorso non appena la loro amica fosse giunta a loro; tutti gli altri cercarono di ovviare di incrociare visivamente Be’Sihl, nel timore di quanto, allora, avrebbero potuto cogliere nel suo sguardo.

« Oggi il cerchio si è chiuso. » riprese alfine la voce della Figlia di Marr’Mahew, ancora provenendo dal comunicatore « E’ vero: ho accolto il retaggio della regina Anmel Mal Toise in me, e sono diventata la prossima, potenziale, Portatrice di Luce e Oscura Mietitrice. E di questo avrò certamente di che preoccuparmi per il resto della mia vita. » dichiarò, affrontando per la prima volta la questione, e, in tale ufficializzazione, traducendo tutto ciò in realtà anche e soprattutto per se stessa, laddove, nella concitazione degli eventi occorsi sino a quel momento, non aveva ancora avuto possibilità di scendere psicologicamente a patti tutto quello « Ma se pur l’ho fatto anche e soprattutto per affrontare il Progenitore, per avere il potere utile a sconfiggerlo; tutto ciò, purtroppo, era quanto presto o tardi avrebbe dovuto accadere. » specificò, non nel desiderare ricercare giustificazioni, quanto e piuttosto nel voler condividere, in tal senso, il significato delle proprie scelte, il razionale dietro a quanto compiuto « Non per una questione di destino, non per una questione di fato, ma per semplice responsabilità, giacché quindici anni fa sono stata io a restituire al mondo la corona perduta, guadagnando il diritto e il dovere a tale ruolo. »

venerdì 28 febbraio 2020

3200


Duva, Howe e Be’Wahr non avevano compreso molto di quello che era accaduto. Non che Lys’sh e Be’Sihl, o Rín e M’Eu, avrebbero potuto vantare maggiore confidenza con tutto ciò. Ma, volendo cercare un ordine di priorità, certamente coloro che avrebbero potuto vantare minor comprensione sull’evoluzione degli accadimenti avrebbero avuto a doversi riconoscere Duva, Howe e Be’Wahr.
Dal loro personale punto di vista, dopo un sentimentalmente impegnativo ritorno a casa, o almeno tale per Howe e Be’Wahr, essi si erano ritrovati al cospetto di un nuovo antagonista, secondo-fra-tre, il quale, dopo un’altisonante introduzione di sé, aveva esplicitato il proprio desiderio di eliminarli per sempre da ogni piano d’esistenza facendo ricorso, addirittura, a tutte le persone contro le quali, nel corso della loro vita, si erano mai ritrovati a combattere una qualunque battaglia, e promuovendo, anche fra le stesse, una carneficina insensata e motivata dall’unico, solo interesse di avere a prevalere a loro discapito. Nel mentre di ciò, circondati da cadaveri la responsabilità per i quali, almeno in quella nuova occasione, non avrebbe avuto a dover essere loro attribuita e con il volto ben premuto a terra, o in qualunque maniera avesse a doversi intendere il suolo-non-suolo sotto di loro, essi avevano assistito, in maniera decisamente passiva, all’avvento di un altro secondo-fra-tre, il quale, accompagnato dai loro amici, dai loro compagni d’arme, si era lì presentato al servizio di Midda Bontor… anzi, della regina Midda Namile Bontor, per quanto tutto ciò avesse a doversi riconoscere forse ancor più folle rispetto a quanto stava già lì accadendo. E prima ancora che qualcuno di loro potesse avere effettivamente il tempo di raccapezzarsi nel merito dell’evoluzione di quegli eventi, il nuovo secondo-fra-tre lì aveva spazzati via, con un gesto della mano, allontanandoli da quanto allora stava accadendo, nell’ipotetico impegno ad allontanarli dall’altra versione di sé altresì ancor fedele alla regina Anmel, e alla regina Anmel per dare la caccia alla quale Maddie aveva iniziato a viaggiare attraverso il multiverso.
Così, dal cuore di un’improbabile battaglia, Duva, Howe e Be’Wahr, ma anche Lys’sh e Be’Sihl, e Rín e M’Eu, si erano tutti ritrovati catapultati all’improvviso su una spiaggia. E una spiaggia decisamente familiare per più di metà del loro contingente, immediatamente riconoscibile, nelle inequivocabili forme degli edifici propri della città alle loro spalle, qual Seviath, uno fra i più importanti porti di tutta la penisola principale del regno di Tranith, a sud di Kofreya.

« … ma cosa…?! »

Fra tutta l’incredibile e variegata moltitudine di stili architettonici presenti in quel del pianeta d’origine di Midda e compagni, quello proprio del regno di Tranith avrebbe avuto a dover essere riconosciuto, probabilmente, qual il più eclettico e, al tempo stesso, il più naturale che mai avrebbe potuto esistere, così alieno a qualunque consueta mentalità umana al punto tale che, almeno innanzi a sguardi più smaliziati quali quelli di Duva e Lys’sh, per certi versi avrebbe potuto essere riconosciuto quasi simile ad architetture di alcune civiltà non umane, fra le tante sparse nell’universo.
Allorché contrastare il territorio circostante, o, addirittura, piegarlo alle proprie esigenze, la civiltà tranitha si era da sempre adattata a esso, riuscendo in tal senso, paradossalmente, a conquistare anche le vastità di quei mari abitualmente temuti e rifuggiti dai più. E Seviath, pur costruita sulla terraferma, e sulla terraferma della maggiore fra le due penisole proprie del regno, avrebbe avuto a dover essere riconosciuta qual espressione più pura di questo impegno, con edifici apparentemente cresciuti dal terreno, e da un terreno tanto montuoso quanto, e comunque, a ridosso del mare, quasi a picco su di esso. Come una moltitudine di piante, edifici di diverse forme e proporzioni, mai squadrate, mai regolari, si sovrapponevano e si accavallavano, si aggrovigliavano e si contorcevano, gli uni sopra gli altri, contraddistinti da mirabili colori sgargianti, frutto degli splendidi smalti che, sulle loro superfici, creavano straordinari effetti di luce. Difficilmente, nell’universo, avrebbe potuto esistere una città come quelle proprie del regno di Tranith, e impossibile, nella moltitudine delle città tranithe, sarebbero potute esistere due città fra loro uguali, o anche solamente rassomiglianti, in conseguenza a una tanto mirabile ecletticità estetica.
In ciò, quindi, non Be’Sihl e non M’Eu, non Howe e non Be’Wahr, avrebbero potuto riservarsi esitazione alcuna nel riconoscere il luogo ove erano stati trasportati, e a riconoscerlo senza la benché minima esitazione di sorta.

« Seviath?! » esclamò per primo Be’Sihl, senza comprendere non tanto il come tutto ciò fosse possibile, questione ormai retorica e priva di significato all’interno del tempo del sogno, quanto e piuttosto il perché tutto ciò fosse occorso, il perché il loro vicario custode avesse voluto condurli sino a lì.
« Che fine ha fatto Bob?! » domandò Rín, senza dubbio sorpresa anch’ella dall’evoluzione degli eventi e dall’essere giunta in un luogo a lei sconosciuto, ma ormai così assuefatta, in grazia ai propri viaggi nel multiverso, a ritrovarsi in luoghi a lei alieni in misura tale da non prestarci quasi più attenzione, così da potersi, altresì, rendere conto dell’assenza del “loro” secondo-fra-tre.
« … Bob?! » domandò Duva, levando il volto da terra… anzi, dalla sabbia ormai, e alzandosi in piedi, per osservarsi attorno.
« Lascia stare… lunga storia. » suggerì M’Eu, scuotendo appena il capo e riservandosi l’occasione di un rapido censimento fra i presenti « Mia sorella…?! » domandò quindi, alla volta di Howe e Be’Wahr, non essendosi ovviamente dimenticato di H’Anel e del fatto che, dal momento in cui erano precipitati all’interno della voragine avesse perduto ogni contatto con lei.
« Non l’abbiamo più vista da quando siamo qui. » lo informò tuttavia lo shar’tiagho, scuotendo appena il capo ed escludendo il possesso di qualunque informazione a tal riguardo.
« Probabilmente è insieme a Midda… » suggerì per contraltare il biondo, volendo imporre uno sguardo ottimista sulla questione.
« … il che ci riporta all’interrogativo iniziale… » puntualizzò Be’Sihl, tornando a imporre la propria voce sul gruppo « Seviath? Perché… “Bob”… ci avrebbe portati qui?! »

A concedere una replica a tale interrogativo, tuttavia, si propose il fato stesso, e il fato che, con apprezzabile tempismo, portò la loro attenzione a rivolgersi all’orizzonte giusto in tempo per distinguere, nell’alto dei cieli, un puntino in rapido avvicinamento a loro. Un puntino che, in un altro contesto, in un’altra situazione, avrebbe potuto essere banalizzato qual un semplice uccello, ma che, allora, tutti loro ebbero a comprendere non si sarebbe palesato qual tale…
… un puntino che, in effetti, altri non avrebbe avuto che a dover essere intesa proprio la Figlia di Marr’Mahew, la quale, allora ornata da una coppia di grandi ali, stava solcando rapidamente le vie dei cieli recando seco H’Anel, e sfuggendo, alla maggior velocità possibile, dalla minaccia propria del Progenitore che, alle loro spalle, stava sopraggiungendo anch’egli in volo. E se la donna guerriero ebbe, non senza un certo sollievo, a riconoscere immediatamente i propri amici, per così come depositati dal proprio vicario su quella spiaggia, e quella spiaggia alle porte della città, l’evidente assenza dello stesso secondo-fra-tre non poté che suscitare, sul volto di lei, una smorfia di disappunto, e una smorfia di disappunto nel confronto con l’evidenza di quanto, allora, mancasse in quel contesto un elemento importante nella loro sfida a quel dio maledetto.

« Dannazione! » commentò, quasi fra sé e sé, avvicinandosi in volo alla costa, e a quella costa che, invero, ella e H’Anel avevano raggiunto in un intervallo di tempo irrisorio rispetto a quella che sarebbe stata una qualunque dinamica reale nel partire dalla piccola isola di Licsia, propria del lontano arcipelago delle Licoseni, in un’allor apprezzabile distorsione del concetto stesso di spazio e di tempo per così come loro garantito dal tempo del sogno.
« Che succede…?! » domandò allarmata H’Anel, lì ridotta, proprio malgrado, a nulla di più di un peso per la propria compagna, e in questo non priva di una certa frustrazione, comunque utile a mantenere viva quell’intima rabbia necessaria a non cadere nuovamente vittima dell’influsso malefico del Progenitore.
« Manca qualcuno! » replicò, in maniera ancor volutamente ermetica, l’Ucciditrice di Dei, guidando con il proprio sguardo la propria passeggera verso il gruppo di amici, di alleati, così schierati su quella spiaggia ancor lontana, ma in rapido avvicinamento.

E se, volgendo la propria attenzione in tal direzione la giovane figlia di Ma’Vret fu lieta nel constatare quanto tutti coloro lì radunati apparissero in salute, segno evidente del fatto che tutti, a modo proprio, erano stati in grado di sopravvivere alla caduta nel precipizio, difficile fu per lei comprendere, ancora una volta, di cosa potesse star parlando la propria interlocutrice, non ravvisando l’evidenza di alcuna assenza nello schieramento lì intento, allora, a levare le braccia in segno di saluto al loro stesso indirizzo…

« Di che stai parlando, Midda…?! » insistette allora la giovane, non desiderando più soprassedere sulla questione e pretendendo una qualche risposta degna di essere considerata tale « E’ da quando questa storia ha avuto inizio che ti stai comportando in maniera assurda. Si può sapere che cosa sta succedendo? Anzi… » soggiunse, a puntualizzare « … che cosa ti sta succedendo?! »

Se soltanto avesse avuto l’occasione di prendere un attimo da parte tutti i propri amici per poter spiegare loro le motivazioni di quanto compiuto, Midda Bontor sarebbe stata ben lieta di farlo. Purtroppo, però, da quando il Progenitore aveva fatto il proprio ingresso in scena, falciando migliaia e migliaia di vite senza battere ciglio alcuno, in quella che certamente sarebbe stata ricordata qual una delle più grandi tragedie di tutta la storia di Loicare, se soltanto alla fine di tutto quello l’intero pianeta di Loicare e l’universo a esso circostante fossero ancora esistiti, il tempo era diventato l’unica risorsa per loro realmente limitata, non garantendole alcuna possibilità utile a condividere con tutti i propri amici, con tutta quella propria famiglia, il senso di quanto stesse accadendo, il perché delle proprie azioni, e di quelle azioni che, probabilmente, non avrebbero potuto ovviare ad apparire meno che folli nel confronto con il pregresso, e con un pregresso di quasi tre lustri spesi, più o meno consapevolmente, in lotta contro la minaccia rappresentata dalla regina Anmel Mal Toise.
Così, proprio malgrado, la donna guerriero si ritrovò costretta ancora una volta a ignorare quell’interrogativo, per quanto sì diretto, limitandosi a storcere le labbra e a proseguire oltre nel proprio volo.

giovedì 27 febbraio 2020

3199


… solo per precipitarli, altresì, all’interno di un altro nulla!
Un altro nulla che, invero, al pari del loro, non avrebbe avuto a doversi fraintendere qual spopolato, quanto e piuttosto contraddistinto, quasi in un distopico parallelismo, da un altro ristretto contingente di loro compagni in lotta contro un altro secondo-fra-tre. E, assieme a questi, a qualche centinaio di antagonisti intenti a generare una carneficina fra le proprie stesse fila, nell’unico, folle intento di avere a distruggere i propri obiettivi, di avere a raggiungere la morte di Howe, Be’Wahr e Duva Nebiria.

« Ma che…?! » esitò M’Eu, sgranando gli occhi a confronto con tutto quello, e con tutto quello che aveva avuto occasione, allora, di manifestarsi innanzi ai loro sguardi con quelle peculiari dinamiche proprie di un sogno, apparendo lì quasi sempre fosse stato lì, per quanto, sino a un solo istante prima, nulla avrebbe avuto a dover essere frainteso al suo posto.
« Ma che…?! » sembrò quasi fargli eco secondo-fra-tre, non “Bob”, tuttavia, quanto e piuttosto l’altro secondo-fra-tre, che, allora, avrebbe avuto a doversi riconoscere non meno sorpreso, non meno stupito di quell’apparizione rispetto a quanto non avrebbero potuto esserlo Duva, Be’Wahr o Howe, se solo avessero avuto l’occasione di prestarvi attenzione, sollevando la testa dal suolo contro il quale erano ben premuti al fine ti tentare di ovviare, in qualche modo, a quella continua raffica di colpi desiderosi di tradurli in tre splendidi colabrodo « … tu non dovresti essere qui! »
« Veramente tu non dovresti essere qui… » sorrise per tutta replica, in maniera quasi serafica, “Bob”, scuotendo appena il capo « Gli accordi presi erano diversi. »
« Gli accordi presi non sono più validi, sin dal momento in cui la tua regina ha voluto rinunciare al proprio retaggio per consegnarlo nelle mani di Midda Bontor! » sancì tuttavia l’altro, storcendo le labbra verso il basso, con evidente disappunto nei confronti di se stesso, per così come chiunque, probabilmente, sarebbe necessariamente apparso contrariato nel ritrovarsi ostacolato da un’altra versione di sé.

Per quanto interessante avesse a doversi allor riconoscere il confronto fra i due vicari, l’uno al servizio di una folle regina Anmel Mal Toise intenta a vagare attraverso l’intero multiverso con l’unico scopo di uccidere quante più versioni alternative possibili di Midda Bontor, e l’altro, ora e sorprendentemente, al servizio proprio di una Midda Bontor, e di una Midda Bontor ascesa in maniera inedita al ruolo di Oscura Mietitrice, a confronto con l’evidenza del conflitto in atto, e di quel conflitto che non avrebbe potuto ovviare a risultare a esplicito svantaggio dei loro tre compagni, nonché vecchi amici, Be’Sihl e Lys’sh non ebbero a concedersi particolare occasione di esitazione e, altresì, scelsero di intervenire immediatamente. E di intervenire in contrasto a quella schiera di antagonisti, sì numerosa in termini tali per cui alcuna arma laser o al plasma avrebbe avuto particolare occasione di successo, ma in opposizione ai quali, mai come in quel frangente, avrebbe potuto riservarsi il proprio senso logico l’impiego di armi soniche, quali i due cannoni che, lì, ebbero a materializzare fra le proprie mani, già carichi e pronti al fuoco, allo scopo di aver a spazzare via, letteralmente, una buona trentina di quegli uomini e di quelle donne, travolgendoli, letteralmente, con una devastante onda d’urto che, mandandoli a gambe all’aria, non poté ovviare a farli piombare nuovamente a terra privi di sensi.
Ma per trenta antagonisti colpiti, purtroppo, altri centocinquanta e più ancora avrebbero avuto lì a doversi intendere già pronti a vendicarli, voltandosi a propria volta in loro contrasto e preparandosi a travolgerli con il fuoco delle proprie armi. E di armi che, a dispetto delle loro soniche, non soltanto sarebbero già state pronte ad agire, ma anche, e peggio, non avrebbero concesso alcuna pietà a chiunque avessero colpito, per così come le dozzine di morti che già avevano falcidiato, e avevano falcidiato fra i propri stessi ranghi, avrebbero potuto testimoniare.

« Midda Namile Bontor è la nuova regina del piano di realtà entro i confini del quale, in questo momento, si trova anche la tua padrona. » puntualizzò, a margine di tali eventi, “Bob”, proseguendo nel proprio confronto con se stesso… o, quantomeno, con un’altra versione di sé « E lo è per volere della fu regina Anmel Mal Toise, già Portatrice di Luce e Oscura Mietitrice. » definì, a maggior legittimazione del ruolo allor occupato dalla Figlia di Marr’Mahew « Un qualunque tuo giudizio di merito a tal riguardo è irrilevante: è lei, ora, che comanda. E a meno che tu non desideri realmente sfidarmi, ti consiglio di cessare immediatamente ogni ostilità nei confronti dei miei protetti… e di ritirarti. »

Una sfida fra vicari, e, in effetti, fra due versioni alternative dello stesso vicario, sarebbe stata probabilmente un’eventualità priva di eguali nella Storia, in termini tali per cui tanto difficile sarebbe stato poter prevedere un qualche esito finale, quanto interessante avrebbe avuto a doversi intendere la possibilità di assistere a tutto ciò, se soltanto tutto ciò non fosse occorso a margine di una battaglia potenzialmente letale per tutti i presenti, quella in corso fra quell’eterogenea compagnia e i loro antagonisti per così come rievocati da secondo-fra-tre, e, ancor più, un’altra battaglia ancor più potenzialmente lesiva per un intero universo, e un intero universo minacciato, nella fattispecie, dal Progenitore.
Ma se, nel merito della minaccia propria del Progenitore, chiaramente, a secondo-fra-tre non avrebbe avuto a importare, in termini tali per cui prolungare il confronto con la propria controparte non sarebbe stato un problema anche laddove ciò non avesse condotto ad alcun risultato; per “Bob” la questione avrebbe avuto a doversi intendere decisamente diversa, anche e soprattutto nella consapevolezza di quanto già, proprio malgrado, avesse sprecato parte del proprio tempo nel reagire malamente, in primo acchito, agli attacchi contro di lui rivolti da Rín e M’Eu.
Così, prima ancora che il vicario al servizio della regina Anmel potesse riservarsi occasione di prendere voce in risposta alla propria controparte; il vicario al servizio della regina Midda scelse di agire, e di agire con forza, levando un braccio in direzione del proprio oppositore e generando una nuova deflagrazione non dissimile rispetto a quella con la quale, pocanzi, aveva cancellato l’intera roccaforte nella quale Rín e M’Eu si erano asserragliati e, con essa, tutto il mondo lì circostante, foresta e zombie inclusi. Una nuova, silenziosa, esplosione l’onda d’urto della quale travolse ogni cosa, cancellando quanto secondo-fra-tre lì aveva evocato e lasciando allor presenti soltanto i sette compagni d’armi, sparsi all’interno di quell’inquietante e indefinita nebbia alla base del tempo del sogno.

« Come osi…?! » tuonò, tuttavia, il vicario di Anmel, palesemente contrariato dall’interferenza che la propria altra versione di se stesso gli aveva imposto « Nel tempo del sogno nessuno fra noi ha maggior diritto rispetto agli altri: e poco importa a chi abbiamo a rispondere! » dichiarò, decisamente scandalizzato dall’arbitrario operato del proprio interlocutore « Il tuo affronto è privo di precedenti! »
« Ritirati, secondo-fra-tre, vicario di Anmel Mal Toise, servo dell’Oscura Mietitrice. » intimò “Bob”, a discapito del proprio interlocutore « Una sfida fra noi non potrebbe riservarsi occasione di conclusione… e anche laddove si avesse a concludere, nessuno vincerebbe, giacché qui nel tempo del sogno tutti perderemmo e cesseremmo di esistere, come se non fossimo mai esistiti. »
« Ergo… desisti tu dal tuo intento, secondo-fra-tre, vicario di Midda Namile Bontor, servo dell’Oscura Mietitrice. » replicò specularmente l’altro, scuotendo il capo ed escludendo l’eventualità in cui, a fare un passo indietro, avrebbe potuto essere egli stesso « Giacché le mie motivazioni non sono meno forti delle tue… e, anzi, in opposizione a buona parte dei tuoi protetti ho a vantare anche questioni passate, in una vendetta che attende d’esser assaporata. »

Ancora una volta, tuttavia, “Bob” agì. E muovendo nuovamente il proprio braccio, mutò radicalmente l’intera scena, con buona pace di ogni minaccia a suo discapito rivolta.

mercoledì 26 febbraio 2020

3198


« Se ora voleste deporre le armi e avvicinarvi… » propose secondo-fra-tre, vicario della regina Midda Bontor, alle due coppie innanzi a lui, Rín e M’Eu su un fronte, Be’Sihl e Lys’sh sull’altro, invitandole a superare ogni precedente esitazione in favore di un approccio più razionale alla questione, anche e soprattutto in grazia all’impiego a cui era così ricorso al nome della loro amica, nonché condottiera « … abbiamo ancora una parte del vostro gruppo da recuperare prima di poter raggiungere la mia signora. »
« Chi è disperso…?! » domandò allor il figlio di Ma’Vret, avendo a temere per la propria sorellona, nel confronto con la sorte della quale, sino a quel momento, non si era concesso occasione di pensiero nella necessità di restare concentrato sotto altri punti di vista, sotto altri frangenti, a problemi decisamente più immediati, quali quelli che non avevano mancato di fare continuamente capolino innanzi alla loro attenzione ormai sin dal momento stesso in cui avevano lasciato il loro mondo natale per immergersi in quella nuova, straordinaria e terribilmente complicata realtà siderale, seguendo la via in tal senso già tracciata dalla Figlia di Marr’Mahew.
« Credi veramente che la vostra identità possa in qualunque maniera essere di mio interesse…? » si strinse fra le spalle quell’essere dall’incerta natura, minimizzando ogni proprio personale coinvolgimento nella questione « Ai miei occhi, voi sacchi di carne siete tutti uguali… » banalizzò, dimostrando quanto non fosse suo interesse avere a offrire particolare ragione di rispetto nei riguardi di tutti loro, dal proprio punto di vista considerati nulla di più, ma forse e persino qualcosa di meno, rispetto a meri moscerini fastidiosi, ronzanti attorno alla propria testa e ai quali, ciò non di meno, avrebbe avuto a dover offrire attenzione e cura per volontà superiore alla propria « Ma la mia padrona desidera che un’altra versione di me stesso non abbia a uccidervi… e la volontà della mia padrona non è in discussione, per quanto mi concerne. »
« Un’altra versione di te stesso…?! » esitò Lys’sh, soppesando con attenzione quell’affermazione.

Già: sin dal loro primo viaggio nel tempo del sogno, quando avevano scoperto sussistere, nella medesima dimensione, due Anmel Mal Toise impegnate, contemporaneamente, contro Midda e contro Maddie, avevano avuto anche occasione di scoprire l’esistenza di più vicari al servizio delle diverse Anmel, uno fra i quali, in particolare, secondo-fra-tre, avente evidentemente qual proprio ambiente naturale quello stesso tempo del sogno in cui, allora, li aveva tutti trascinati con la speranza di porre la parola fine, definitivamente, alle loro esistenze. E se, all’epoca, ad aggredirli era stato il secondo-fra-tre facente riferimento alla Anmel di Maddie, per così come egli stesso aveva voluto ben specificare nell’evidenziare quanto alcuna parentela acquisita dalla stessa Midda Bontor, in virtù del proprio matrimonio con Desmair, avrebbe potuto impedirle di essere da lui cancellata da ogni piano di realtà; il secondo-fra-tre allora presente innanzi ai loro sguardi in quel momento avrebbe avuto, altresì, a doversi considerare un incontro inedito per tutti loro, proponendosi al servizio della fu Anmel Mal Toise antagonista della stessa Figlia di Marr’Mahew e, per estensione, loro antagonista, lasciando quindi sussistere, lì attorno, un altro secondo-fra-tre… e il secondo-fra-tre che già, in passato, aveva cercato, senza troppe formalità, di ucciderli tutti.

« … dannazione! » si rispose da sola la giovane ofidiana, aggrottando la fronte nel confronto con quel flusso di pensiero, e quel flusso di pensiero volto a cercare di chiarire una situazione che, di istante in istante, stava necessariamente divenendo più complicata « Se è il secondo-fra-tre contro cui ci siamo scontrati l’ultima volta, sarà meglio muoverci! » incalzò gli amici, i compagni d’arme, avendo sinceramente a temere per l’incolumità di chiunque si fosse ritrovato a confronto con il medesimo.
« Certo che avrebbero potuto avere dei nomi più sensati… » sbuffò Rín, ubbidendo all’esortazione così proposta dalla donna rettile e, ciò non di meno, non potendo ovviare a considerare quanto complicato potesse essere, anche e soltanto a livello intellettuale, interfacciarsi con due versioni alternative di qualcuno chiamato secondo-fra-tre « Giusto per semplicità, non è che potremmo chiamarti Bob…?! » suggerì poi, in direzione del “loro” vicario.
« Che razza di nome dovrebbe essere “Bob”?! » domandò tuttavia M’Eu, seguendo la compagna in direzione del resto del loro gruppo, per potersi ricompattare così come richiesto dal loro antagonista, inaspettatamente promosso ad alleato.
« Non importa come mi chiamerete. » minimizzò tuttavia il diretto interessato, scuotendo il capo « Non è a voi che devo rispondere, quanto e solamente alla mia signora. »
« E sia Bob, allora. » confermò Rín, ignorando tanto l’indifferenza del vicario, quanto i dubbi del proprio compagno d’arme, nella quieta volontà di ribattezzare il loro nuovo alleato, anche e soltanto per poterlo distinguere, psicologicamente, da colui che, presto, avrebbero avuto ad affrontare quale nemico.
« Se nel tuo mondo esistono davvero persone chiamate Bob, è un mondo veramente strano. » si limitò a concludere M’Eu, ancora poco convinto e, ciò non di meno, ritrovandosi sì privo di considerazione da parte della propria alleata in termini tali per cui avrebbe potuto avere di che risentirsi, se soltanto la situazione non fosse stata già sufficientemente grave da non poter giustificare atteggiamenti eccessivamente infantili fra loro, a complicare la situazione.
« … disse il ragazzo chiamato M’Eu. » ridacchiò per tutta replica Rín, a dimostrazione di quanto non avesse mancato di intendere le sue parole, ma, semplicemente ed effettivamente, non avesse offerto loro particolare occasione di spazio, nell’aver già preso la propria decisione in merito a “Bob”.

Così Rín e M’Eu ebbero a ricongiungersi a Be’Sihl e Lys’sh, riservandosi occasione di osservare quanto, nel frattempo, gli abiti dello stesso shar’tiagho, prima non propriamente in condizioni eccellenti nel confronto con tutto ciò che avevano affrontato, fra un certo numero di battaglie nel corso di quelle ultime ore e, ancor più, un appassionato frangente d’amore con la propria indelicata compagna, fossero completamente mutati, e mutati in un vestiario per lui più consueto, più in linea con la propria natura e con la propria origine, probabilmente qual effetto collaterale della peculiare realtà propria del tempo del sogno.

« Fammi capire… mentre noi affrontavamo dei dannatissimi zombie, voi vi siete presi anche il tempo di rifarvi il guardaroba…?! » ridacchiò la donna dai capelli color del fuoco e dagli occhi color del ghiaccio, ovviamente e inequivocabilmente scherzosa, per così come anche un fugace ammiccare del proprio occhio sinistro ebbe a confermare « Ti sei anche fatto ricrescere le treccine, giusto per tornare a essere esattamente come la prima volta che ti ho conosciuto! » puntualizzò, nel confronto con il cranio non più rasato dell’uomo, e quel cranio rasato che, ora, era invece tornato a proporsi esattamente come qualche anno prima, riccamente circondato da una montagna di sottili treccine, secondo i canoni propri della moda shar’tiagha.

Nella concitazione degli eventi vissuti, tuttavia, né Lys’sh, né tantomeno lo stesso Be’Sihl avevano avuto occasione di maturare consapevolezza con il fatto che, in effetti, non soltanto il vestiario dell’uomo fosse mutato, ma addirittura il suo aspetto esteriore, probabilmente e inconsciamente riadattatosi alla situazione nel corso di uno dei tanti viaggi nella memoria che, nel contempo, avevano affrontato… forse e addirittura sin dall’incontro con Deeh’Od, fra tutti i momenti, certamente quello contraddistinto da un maggior trasporto emotivo. E il fatto che, in effetti, nessuno dei due avesse avuto occasione di prestar attenzione a qualcosa di così palese, non poté mancare di imporre un certo imbarazzo su entrambi, in misura poi non diversa da quella che avrebbe potuto essere loro propria se soltanto l’altra avesse fatto notare l’evidenza di esser rientrati in scena, allora, completamente nudi.
Per loro fortuna, al vicario non avrebbe avuto a importare nulla nel merito del loro aspetto fisico, ragione per la quale, non appena i quattro furono sufficientemente vicini fra loro, questi ebbe ad agire, ed ebbe ad agire nell’intento di proseguire oltre, trasportandosi seco lontano da quel nulla…

martedì 25 febbraio 2020

3197


La pioggia di fuoco che, dall’alto dei cieli, ebbe a piovere al di sopra della spiaggia, e, con essa, dello stesso Progenitore, fu qualcosa di tanto straordinario e affascinante, quanto distruttivo e terrorizzante, esattamente per così come era stato in quel del sesto pianeta del sistema di Orlhun.
A prevenire la possibilità, per la genia dei Progenitori, di risvegliarsi dal sonno nel quale si erano volontariamente sigillati secoli, forse millenni addietro, e di ritornare a imporsi nell’intero universo al pari degli dei che pur avrebbero potuto essere, Midda Bontor, grazie alla collaborazione di due potenti navi stellari, di due navi pirata, aveva già impiegato quella stessa potenza di fuoco, quella stessa terribile e devastante pioggia di morte, per distruggere completamente un pianeta supposto qual già morto, e al di sotto della desertica superficie del quale, tuttavia, lì riposavano i semi per una nuova rinascita, una nuova alba che tutto, nell’universo, avrebbe necessariamente rivoluzionato… e rivoluzionato non in bene.
Era stato un massacro, quello da lei compiuto, un vero e proprio genocidio, quello da lei ordinato, e di ciò ella non avrebbe potuto ovviare a esserne più che consapevole, in termini tali per cui, in fondo, non avrebbe potuto negare una certa ragionevolezza alla base dell’agire del proprio antagonista, e di quell’antagonista che, dopo aver visto distrutta la propria intera civiltà, annichilita ogni possibilità per la propria gente di risorgere a nuova vita, non avrebbe potuto mancare di un giusto, legittimo e sacrosanto desiderio di vendetta a discapito del resto dell’universo, e, in particolare, a suo stesso discapito. Tale, del resto, avrebbe avuto a dover essere inteso il giuoco della guerra: un giuoco sporco, un giuoco sbagliato, nel quale non avrebbe potuto esistere un fronte buono e un fronte malvagio, e nel quale, la Figlia di Marr’Mahew ne era consapevole, ella stessa non avrebbe mai potuto arrogarsi il diritto di occupare una posizione di legittimazione morale. Quanto aveva fatto non avrebbe avuto a doversi fraintendere qual “giusto” a prescindere, non, per lo meno, in misura maggiore rispetto a quando aveva dato alle fiamme uno dei più antichi e importanti santuari del sapere del proprio mondo, la grande Biblioteca di Lysiath: ma allo stesso modo in cui ella avrebbe avuto a dover convivere con l’errore e l’orrore di una simile colpa, allo stesso modo ella non avrebbe potuto ovviare a dover convivere con la decisione propria alla base di quell’ordine, e di quell’ordine volto a spazzare via per sempre, da ogni mappa stellare, un intero pianeta… e, con esso, un’intera specie che, in esso, stava attendendo il momento giusto per ritornare alla vita.
A margine di tutto ciò, comunque, osservare nuovamente in azione quella pioggia di fuoco, e osservarla in azione lì, in quel simulacro della propria isola natale, del luogo forse a lei più caro fra tutti, per così come, oltretutto, estratto direttamente dai propri ricordi, non avrebbe potuto ovviare a rendere tutto ciò ancor più drammatico, ancor più tragico, e tragico nella misura in cui, allora, avrebbe avuto a ricondurre quegli avvenimenti in un contesto familiare, in una misura più personale e, in questo, contraddistinta necessariamente da minor obiettività rispetto a quanto, allor, non avrebbe potuto essere in un contesto alieno.

« Per tutti gli dei! » sgranò gli occhi H’Anel, ancora abbracciata a Midda, sorretta a lei, dalle grandi ali di lei, in aria, osservando quel tanto mirabile quanto terribile fenomeno, e osservando il mondo innanzi a lei essere trasformato in una landa di fuoco, di plasma incandescente, sotto gli effetti di quei colpi incessanti, di quella pioggia che, a meno di due piedi di distanza da loro, tutto stava allor cancellando « Sei tu a controllare tutto questo…?! »
« Ora come allora. » confermò la donna guerriero, consapevole di quanto, già da molto tempo, l’appellativo di Oscura Mietitrice non avrebbe potuto essere più che azzeccato per lei, forse e persino in misura superiore a quanto non lo fosse mai stato per Anmel « Purtroppo, però, ora come allora non credo che tutto questo servirà a qualcosa. »

Nel mentre in cui, infatti, innanzi a loro, il mondo rappresentato da quella quieta isoletta sperduta nei mari del sud, veniva trasformato in un informe ammasso di fuoco da quella pioggia di morte, al centro della medesima, ripetutamente bersagliato dalla stessa e, ciò non di meno, apparentemente indifferente a tutto ciò, non avrebbe mancato di presentarsi il loro antagonista, il Progenitore, quella creatura che, trascesa ogni mortalità, trascesa ogni materialità, avrebbe avuto a doversi intendere a sua volta composto da pura e semplice energia, un dio immortale e invincibile che, del resto, tutto quello aveva già avuto una volta occasione di affrontare, e che nel confronto con tutto quello una volta era già sopravvissuto, ultimo della propria specie, ultimo della propria stirpe, ultimo fra tutti i creatori dell’universo.

“Davvero stai tentando, nuovamente, di agire in questo modo, stolida mortale…?!” domandò il Progenitore, scuotendo il capo e allargando le braccia, a meglio accogliere la pioggia di fuoco e a dimostrare quanto, ormai, nulla di tutto quello avrebbe potuto ferirlo, avrebbe potuto lederlo “Non è servito in passato, quando ancora ero debole. E, certamente, non servirà ora, che ho riacquistato la pienezza delle mie forze, dei miei poteri.” sancì, escludendo ogni ragionevolezza alla base di tanto impegno “Faresti meglio a rivolgere simili colpi a discapito tuo e di tutti i tuoi amici, per riservarvi un’occasione di morte più misericordiosa rispetto a quella che avrò ragione di rivolgervi io, per punirvi di tanto affronto.”

Una nuova esplosione di luce, a conclusione di quelle parole, esplose dal cuore di quell’essere, nuovamente spazzando via ogni cosa attorno a sé, inclusa, persino, la violenza di quell’attacco, e di quell’attacco che, riconosciuto qual vano, Midda non ebbe allora a proseguire, nella necessità di volare, e di volare con tutte le proprie forze, con tutto il proprio impegno, alla massima velocità che sarebbe stata in grado di raggiungere, per allontanarsi da lì, per sfuggire a quell’onda di puro potere da lui deflagrato: un potere gli effetti dei quale, francamente, non avrebbe avuto desiderio di sperimentare, né, tantomeno, avrebbe avuto desiderio di lasciar sperimentare ad H’Anel, la quale, certamente non più la bambina che era stata all’epoca in cui, per la prima volta, l’aveva stretta fra le proprie braccia, non avrebbe avuto a dover essere allor riconosciuta maggiormente meritevole di essere lì, in quel frangente, a combattere quella battaglia, quella guerra, l’unica responsabilità della quale era soltanto sua.

« Dannazione! » ringhiò l’Ucciditrice di Dei, non qual effetto della consueta e voluta ira, quanto e piuttosto per un più genuino sentimento di frustrazione « Quando accidenti ci sta mettendo…?! »
« … chi?! » domandò H’Anel, senza comprendere, lì ormai ridotta, proprio malgrado, a semplice spettatrice di eventi nei quali non si stava ponendo in grado di prendere parte.

Midda non rispose, non ritenendo quello il momento più opportuno per dilungarsi in spiegazioni di sorta e in spiegazioni che, francamente, non avrebbe neppur saputo da che lato poter iniziare a offrire.
In quali termini, infatti, avrebbe potuto confrontarsi con H’Anel, a stento ormai riconosciuta nella propria stessa e semplice identità, per poterla rendere partecipe della complessità di qualcosa iniziato quasi quindici anni prima, quando, da un sotterraneo maledetto, ella ebbe a recuperare la corona perduta della regina Anmel Mal Toise e, ancor più di tutto ciò, a definire se stessa qual unica, legittima erede per tale devastante potere…? In che maniera, ancora, avrebbe potuto spiegarle della complessità della definizione di Portatrice di Luce e di Oscura Mietitrice nel momento stesso in cui, a stento, anch’ella avrebbe avuto a doversi intendere capace di comprendere e gestire tale informazione…? O, infine, in che modo avrebbe mai potuto renderla partecipe di aver inviato uno psicopatico e folle vicario, entità primigenia anch’essa di ben difficile comprensione da parte propria, a recuperare i loro perduti compagni, per così come sparsisi all’interno del tempo del sogno, prima che il Progenitore, o il suo stesso corrispettivo al servizio dell’altra Anmel Mal Toise, della nemica di Maddie, potesse trovarli e ucciderli tutti…?!

lunedì 24 febbraio 2020

3196


Non avendo avuto occasione di prendere parte alla precedente incursione nel tempo del sogno, Howe e Duva non avevano avuto alcuna previa possibilità di confronto con secondo-fra-tre.
Ciò non di meno, informati nel merito degli eventi occorsi l’uno per mezzo della testimonianza propria di Maddie, di Be’Wahr e, persino, di Seem, l’antico scudiero della Figlia di Marr’Mahew, e l’altra in grazia della testimonianza della stessa Midda, di Be’Sihl, di Lys’sh e, persino e addirittura, di Tagae e Liagu, i due pargoli fortunatamente assenti in quel nuovo viaggio; tanto Howe, quanto Duva, non avrebbero potuto ovviare a ben conoscere chi avesse a doversi intendere dietro il nome di secondo-fra-tre e qual genere di minaccia egli avrebbe potuto riservare loro. Ragione per la quale, il suo ingresso in scena non poté essere frainteso in alcun modo se non in maniera negativa… e tanto negativa da vederli imprecare in maniera estremamente colorita in risposta all’annuncio di morte proposto dal medesimo.
Per loro fortuna, il sempre tanto bistrattato Be’Wahr, alla sua seconda esperienza nel tempo del sogno, era stato in grado di apprendere qualche trucco nel rapporto con lo stesso, ragione per la quale, nel rendersi spiacevolmente conto di essere disarmato, egli non mancò di chiudere gli occhi  per avere a concentrarsi, allora, nel merito di tale problema, e per porvi, in ciò, rimedio. E prima che la sequela di improperi da parte di Howe e di Duva ebbe a terminare, una ricca rastrelliera di armi ebbe a materializzarsi alle loro spalle, proponendo una vasta varietà di armi bianche, in una sorta di campionario immaginario che la fantasia dello stesso biondo mercenario ebbe, allora, a poter ideare.

« Lode a Lohr! » esclamò Howe, vedendo comparire delle armi alle proprie spalle e, in ciò, non potendo mancare di essere più che allietato da tale, una volta tanto, piacevole sorpresa « E grazie fratellino! Con questa, giuro che mi impegnerò a non darti più il tormento dicendo che hai la testa vuota… » sancì a evidenziare una comprensibile riconoscenza nei riguardi del proprio compare, salvo poi rendersi conto di aver probabilmente esagerato in una promessa che non sarebbe stato in grado di mantenere « … almeno per due o tre giorni, diciamo! »

E se Be’Wahr, in tal maniera, volle così provvedere ad armare il proprio fronte, il loro antagonista, dall’altra parte, non rimase in quieta attesa, agendo anch’egli al fine di schierare le proprie forze e, in tal senso, evocando a proprio sostegno, in loro opposizione, un’amplia schiera di antagonisti, un centinaio fra uomini e donne, armati fino ai denti e pronti a combattere quella battaglia in opposizione al ristretto contingente così loro offerto innanzi.

« Avrei preferito delle armi energetiche… ma immagino che si debba far di necessità virtù. » commentò Duva, ritrovando la propria attenzione divisa fra le armi lì presentate e gli avversari là evocati, e quegli avversari che, senza riservarsi un solo momento di esitazione, ebbero subito a slanciarsi in avanti, e a slanciarsi in avanti a coprire la già ben minima distanza presente fra loro « Vada per una spada! » concluse quindi, cogliendo dalla rastrelliera la prima lama attorno alla quale la propria destra poté serrarsi, ed estraendola da lì appena in tempo per impiegarla, e per impiegarla a propria stessa protezione da un violento affondo di una figura del tutto sconosciuta, e pur lì palesemente animata dalla volontà di ucciderla.
« Ma chi sono queste persone…? E perché desiderano ucciderci…?! » domandò a margine di ciò Be’Wahr, nella speranza di offrir un significato a quanto, pur, difficilmente avrebbe potuto vantare qualunque genere di significato, occorrendo lì, all’interno del tempo del sogno.
« Non lo so… ma so che non desidero certamente trapassare per mano del primo disperato… » replicò Howe, eludendo un fendente avversario e già preparandosi in ciò a un affondo della propria lama, salvo ritrovarsi, improvvisamente, ostacolato dal proprio stesso sodale, il quale, frapponendosi fra lui e il suo obiettivo, ebbe a deviare quell’affondo e, nel contempo di ciò, a rivolgere un pesante pugno a discapito dello sconosciuto antagonista, e di quell’uomo che, così brutalmente colpito, non poté mancare di crollare a terra, come un pesante sacco di patate « … dannazione! Ma che fai, stupido che non sei altro?! E io che mi ero appena impegnato a non insultarti per tre giorni…! »
« Non uccidiamoli! » si impose, per tutta replica, il biondo, in termini privi di qualunque possibilità di ambigua interpretazione « Non sappiamo chi siano… »
« … e da quando ci interessa conoscere la biografia dei nostri antagonisti…?! » protestò Howe, cercando di farsi largo per gettarsi nella mischia così venutasi a presentare innanzi a loro, senza offrire particolare attenzione alle raccomandazioni del proprio fratello.
« Da quando morire in questo luogo significa essere cancellati per sempre dal multiverso! » replicò Duva, cogliendo altresì il senso del monito proposto dal loro compagno di squadra e, immediatamente, mutando con un lesto movimento del polso il letale colpo di taglio che stava per infliggere a discapito di un nemico in un colpo di piatto, e un pesante colpo di piatto che, pur facendo crollare al suolo il medesimo, non impose a suo discapito alcun danno irrimediabile « Dannazione… non siamo degli assassini! »
« Invero lo siamo… » storse le labbra Howe, pur comprendendo la sfumatura della questione per così come loro proposta e, in tal senso, ricorrendo ora alla spada nella propria destra solo per frenare gli attacchi avversari, lasciando poi al proprio pugno mancino, in metallo dorato, di andare a definire la conclusione di un nuovo assalto a suo discapito, or da parte di una donna… e di una donna che, in effetti, non apparve totalmente inedita al suo sguardo « … ehi! Ma questa io la conosco. » dichiarò, cercando di rammentarsi ove l’avesse già potuta vedere nel corso della propria vita, e, ciò non di meno, non riservandosi immediata fortuna in tal senso, anche e soprattutto nel considerare quanto, immediatamente, la sua attenzione fu richiesta altrove, a prevenire la spiacevole eventualità di essere a sua volta spazzato via dall’universo.
« Invero lo siete! » confermò dall’alto la voce di secondo-fra-tre, riprendendo quanto già suggerito dallo shar’tiagho, nel mentre in cui un amplio sorriso si aprì sul suo volto, e nel mentre in cui, all’improvviso, le persone lì schierate, sul suo fronte, ebbero a raddoppiarsi… a triplicarsi, addirittura, nell’evocazione di un altro centinaio, e un centinaio ancora, di antagonisti « E lo siete nella misura in cui tutti questi altri non sono che le ombre delle vostre vittime, di tutte le persone che avete ucciso, nel corso della vostra sanguinosa esistenza, estratte dai vostri ricordi, dalle vostre memorie, e qui riportate in vita al solo scopo di offrire loro un’occasione di vendetta. »

E se, nel primo centinaio di persone, lì ancor impegnate ad assediare il terzetto, a prevalere avrebbero avuto a doversi riconoscere le armi bianche, tali da rendere, tutto sommato, quel confronto sufficientemente equilibrato, se non a livello numerico, quantomeno a livello di risorse, una buona parte del nuovo contingente di redivivi, purtroppo, ebbero a palesare un’appartenenza esclusiva alle memorie di Duva, probabilmente a quel suo lontano passato militare del quale per nulla ella avrebbe potuto essere fiera, e la ebbero a palesare nella maniera più spiacevole possibile in quel particolare frangente: schierando una fila di armi al plasma e, senza troppe esitazioni, aprendo allora il fuoco contro di loro, per andare a colpire, indistintamente, avversari e supposti alleati.

« A terra! » ebbe tempo di gridare Duva, nel mentre in cui, giustamente terrorizzata dall’idea di essere incenerita dalla violenza del plasma, ebbe a preferire gettarsi a propria volta al suolo anziché insistere ulteriormente nella pugna, con buona pace del fatto che, così facendo, avrebbe potuto anche ed eventualmente esporsi ai colpi della propria controparte di turno.

E se Howe ebbe a cogliere al volo quell’invito, dimostrando piena fiducia nella loro avvenente compagna d’armi e non domandandosi il perché dello stesso, ma trascinando seco anche il proprio biondo compare, quella pronta reazione fu utile, a tutti loro, per salvarsi nel confronto della travolgente raffica di plasma che ebbe a falciare tutto e tutti, con buona pace per ogni premura nei riguardi della peculiarità propria della morte all’interno del tempo del sogno.

domenica 23 febbraio 2020

3195


« … »

Fossero esplosi mille soli, probabilmente sarebbero allor risuonati meno assordanti rispetto a quelle semplici parole così pronunciate da secondo-fra-tre. E il silenzio che ebbe a imporsi sugli astanti fu più che esplicativo nel merito di tutto ciò.

« … »

Tutto improvvisamente assunse un significato, a confronto con quelle parole. I frequenti momenti di dissociazione di propri della Figlia di Marr’Mahew in quelle ultime ore, e, ancor più, la misteriosa conclusione della lunga e terribile parabola della regina Anmel Mal Toise, offrirono finalmente l’evidenza di una ragione, di un razionale e di un razionale più che credibile.
Certamente quelle parole avrebbero potuto considerarsi una menzogna. Un trucco ordito dal vicario al fine di disorientarli e vincerli. E di questo Be’Sihl e Lys’sh non avrebbero potuto che dirsi più che consapevoli. Ma allo stesso modo, Be’Sihl e Lys’sh non avrebbero potuto anche ovviare a dirsi più che certi di quanto tutto quello non fosse un trucco. E guardandosi l’un l’altra, non poterono che restare in silenzio nel confronto con l’impossibilità a trovare un’imprecazione adeguata a esprimere quanto, allora, avrebbero potuto desiderare essere in grado di esprimere.

« … »

Anche Rín e M’Eu non poterono ovviare a scoprirsi costretti a un attonito silenzio, sebbene per ragioni decisamente diverse rispetto a quelle proprie dello shar’tiagho e dell’ofidiana.
Meno partecipi a quella lunga saga, e quella saga in corso da ormai quasi tre lustri, e meno vicini, per diverse motivazioni, alla stessa Ucciditrice di Dei, nel confronto con l’attenzione di entrambi quelle parole non poterono ovviare a risultare quantomeno paradossali, nel voler associare all’eroina al centro di quella storia la sua stessa nemesi, racchiudendole in una sola, unica, entità. Dal loro punto di vista, dal basso della loro ignoranza su molte delle dinamiche occorse nel tempo, la regina Anmel Mal Toise, l’Oscura Mietitrice, avrebbe avuto a doversi intendere più come l’esemplificazione stessa del concetto di “male” ancor prima che qualunque altra interpretazione.
Ella era sempre stata loro proposta qual una nemica da combattere, una nemica da contrastare, una nemica da uccidere prima di essere da lei uccisi, e non che fossero state negate, in tal senso, passate occasioni a tutti i loro amici e compagni, forse e ancor prima che a loro stessi. E l’idea che, ora, ella potesse esser associata alla stessa Midda Bontor... beh… avrebbe avuto a doversi intendere semplicemente folle.

« … »

La regina Midda Namile Bontor.
L’Oscura Mietitrice.

« Credo di essere riuscito, finalmente, a ottenere la vostra attenzione… » commentò con trasparente soddisfazione secondo-fra-tre, a confronto con il silenzio assoluto nel quale così ebbero tutti a ritrovarsi, in conseguenza al proprio annuncio.
« Per tutti gli dei di Shar’Tiagh! » esplose tuttavia Be’Sihl, levando gli occhi al cielo e lasciando così eruttare tutta la propria comprensibile e frustrata ira a confronto con l’idea dell’ultima idiozia compiuta dalla propria amata « Non voglio credere che lo abbia realmente fatto… non voglio credere che sia stata davvero così stupida da farlo! »

Non a minimizzare la gravità del gesto compiuto dalla propria amica, Lys’sh avrebbe voluto allor ricordare a Be’Sihl l’evidenza di quanto egli, già molto tempo prima rispetto a lei, avesse avuto la spiacevole idea di scendere a patti con Desmair, in termini tali che, negli anni a venire, avrebbero complicato non poco non soltanto la sua esistenza, ma anche quella di lei e, persino, quella di tutti loro, a bordo della Kasta Hamina. Ma comprendendo quanto, probabilmente, quello avrebbe avuto a doversi intendere il momento meno opportuno per una tal precisazione, ella si morse la lingua e si costrinse al silenzio, ignorando l’evidenza di tal dettaglio.
Ciò non di meno, l’ultima cosa che allor sarebbe stato loro utile sarebbe stato perdere la pazienza e lasciarsi trasportare, a ruota libera, da qualunque subbuglio del proprio intestino, ragione per la quale, allungando delicatamente la propria vellutata destra, ella cercò un momento di contatto con Be’Sihl, a tentare di reimporgli occasione di quiete…

« Sono certa abbia avuto le sue ragioni per farlo. » sancì quindi, non desiderando negare il beneficio del dubbio alla propria amica sororale, nella convinzione che, avendo agito in tal direzione, ciò avrebbe avuto a doversi intendere sicuramente motivata da una qualche concreta razionalità, e una razionalità sicuramente argomentabile in un’ottica di bene comune « Non dobbiamo dimenticarci di quanto, ora, il nostro principale antagonista abbia a intendersi quel Progenitore e di come egli desideri cancellare l’intero Creato per poter ricominciare da capo con qualcosa di nuovo… e qualcosa del quale egli possa essere l’unico signore onnipotente. » sottolineò, tentando di riportare la questione a una più corretta prospettiva, e a una più corretta prospettiva utile a delineare in maniera meno negativa quanto così compiuto dalla donna guerriero.

Parole, quelle pronunciate da Lys’sh, che nel silenzio proprio di quella situazione estranea a ogni realtà, non mancarono di riecheggiare sino a giungere anche all’attenzione di Rín e M’Eu, i quali, a tal riguardo, non poterono ovviare a esprimere, fra di loro, una propria personalissima opinione su quei fatti.

« … non per apparire critico verso Midda, ma… non è che sia proprio così certo che preferire Anmel al Progenitore abbia a doversi intendere qual il proverbiale male minore… » sussurrò M’Eu, in un alito di voce, affinché tale commentò avesse a poter essere lì condiviso solo ed esclusivamente con la propria compagna d’arme, senza propagarsi, inavvertitamente, in altre direzioni.
« … bisognerebbe capire in che termini sia stato definito l’accordo con Anmel… » puntualizzò per tutta replica Rín, non potendo negarsi una certa sintonia con le parole allor espresse dal giovane figli di Ebano e, ciò non di meno, riconoscendosi ancor troppo estranea a tutto quello per potersi arrogare il diritto di un qualche giudizio di merito.

Diversamente dalla donna dagli occhi color ghiaccio e dai capelli color del fuoco, tuttavia, Be’Sihl avrebbe avuto a potersi considerare sufficientemente addentro alla questione per potersi arrogare un qualche giudizio di merito. E, in questo, egli non mancò di offrire la propria risposta in direzione dell’ofidiana che, con quelle parole, aveva tentato di rasserenarlo…

« Mi piacerebbe tanto credere che Midda abbia agito spinta soltanto dalla ragione. » commentò egli, sforzandosi di ritrovare una qualche serenità interiore, benché, in quel frangente, avrebbe avuto piacere solo a urlare, e a urlare a squarciagola per sfogare tutta la frustrazione propria del momento « Purtroppo la conosco abbastanza da essere certo che non abbia avuto a preoccuparsi del futuro, continuando a vivere, come sempre ha fatto, solo e unicamente nel presente. Perché se è pur vero che, ora, il nostro antagonista ha a intendersi il Progenitore… una volta che lo avremo sconfitto, magari in grazia ai poteri dell’Oscura Mietitrice, chi sarà la nuova minaccia?! »

sabato 22 febbraio 2020

3194


Nella necessità di mantenere la propria attenzione rivolta, innanzitutto, verso le orde di zombie che stavano assediando la fortezza entro i confini della quale avevano così trovato occasione di proteggersi, Rín e M’Eu non ebbero immediatamente a cogliere l’evidenza del fatto che secondo-fra-tre ebbe a spostare il proprio sguardo, sino a quel momento rimasto fisso su di loro, in un’altra direzione.
Ciò non di meno, nel momento in cui l’inconfondibile e ambigua voce del medesimo ebbe a tornare a troneggiare sopra le loro teste, superando quietamente anche il rombo della loro arma e annunciando l’arrivo di nuovi antagonisti, o, quantomeno, tali dal suo personale punto di vista, entrambi ebbero occasione di cogliere, e di cogliere positivamente, l’annuncio di quanto, allora, qualcun altro nel loro gruppo doveva aver individuato un modo per raggiungerli, iniziando, in tal senso, a porre rimedio alla diaspora che li aveva travolti a seguito della caduta in quell’oscuro precipizio, promessa di morte per tutti loro…

« Altri due. » annunciò questi dall’alto del cielo, a sottolineare l’evidenza di quanto allor occorso « In quali termini vorrete confrontarvi con me, voialtri?! » domandò poi, evidentemente all’indirizzo diretto della nuova coppia subentrata nella questione in corso.
« Con chi starà parlando…?! » domando M’Eu, cercando di distinguere qualcosa, qualunque cosa nel seguire la direzione dello sguardo del loro antagonista, senza, in tal senso, avere occasione di riservarsi la benché minima possibilità di discernimento, nella barriera visiva che, sotto di loro, non avrebbe potuto ovviare a creare la foresta comparsa insieme al castello, a circondare il medesimo.
« Non ne ho la benché minima idea… » commentò per tutta risposta Rín, in una replica tanto sincera quanto retorica a una domanda a confronto con la quale non avrebbe potuto avere a riservarsi alcuna possibilità di risposta, arrestando per un momento l’incessante tuonare del proprio mitragliatore a sei canne rotanti, nella volontà di comprendere qualcosa nel merito di quanto stesse accadendo.

In effetti, pur continuando a muoversi nella loro direzione, e a muoversi nella volontà di raggiungerli e di straziarne le carni con le proprie unghie e con i propri denti, quegli zombie, sì inutilmente trivellati di colpi da parte della donna dagli occhi color ghiaccio e dai capelli color fuoco, non avrebbero allor avuto a poter offrire particolare ragione di minaccia alla coppia. Non quantomeno nell’immediato, e nell’immediato di quella differenza di quota fra loro così venutasi a creare nel momento in cui la stessa Rín aveva così evocato la presenza di quella fortezza, e di quella fortezza allor utile a dividerli.
In ciò, quindi, un momento di tregua avrebbe anche potuto essere loro perdonato, soprattutto nella volontà, nella necessità di cogliere meglio l’evoluzione della situazione per così come venutasi a creare.
Ma se pur una questione era stata allor proposta dal vicario, soltanto una scarica di colpi energetici ebbe lì a presentarsi qual risposta a suo evidente desiderio di discapito, una risposta inadeguata a meglio identificare coloro i quali avrebbero avuto a doversi allor intendere suoi interlocutori e, ciò non di meno, più che sufficiente a definirli, inequivocabilmente, quali membri della compagnia lì sospintasi. E di quella compagnia che, allora, non avrebbe potuto mancare di dimostrarsi animata dalle più negative intenzioni a discapito di quell’essere e di quell’essere inappellabilmente riconosciuto qual loro antagonista, qual loro avversario.

« Chiunque siano, sono certamente dei nostri! » sancì Rín, più che soddisfatta da quella conferma, e da quella conferma alla luce della quale non avrebbero potuto vantare maggiore consapevolezza rispetto a un attimo prima e, ciò non di meno, a confronto con la quale non avrebbero potuto che riscoprirsi più che positivamente spronati innanzi alla sfida loro così presentata.
« Diamo loro una mano, allora! » propose M’Eu, indicando secondo-fra-tre e, in ciò, suggerendo esplicitamente un cambio di bersaglio per i colpi sparati dalla propria compagna d’armi, e per quei colpi che egli stesso avrebbe volentieri esploso se soltanto avesse saputo come fare.

Detto, fatto: Rín non ebbe a esitare un istante di più e, dopo aver gettato un ultimo sguardo agli zombie, ad assicurarsi che fossero ancora lì dove li aveva lasciati, spostò le sei bocche di fuoco del mitragliatore, prima rivolte verso il basso, ora verso l’alto dei cieli, e verso quei cieli là dove il loro nemico stava già venendo bersagliato dai nuovi arrivati, chiunque essi fossero.
Ma né i colpi di armi energetiche, né quei proiettili parvero ottenere particolare risultato nei riguardi di quella creatura, se non, ineluttabilmente, quello di farla irritare, e di farla irritare maggiormente a loro discapito, per la stolidità da tutti loro dimostrata innanzi alla propria comparsa al loro cospetto…

« Ora… basta! » tuonò egli.

E nell’esplosione di quella voce, di quel potente ordine imposto dall’alto dei cieli, tutto attorno a loro ebbe a essere colpito da una devastante onda d’urto e un’onda d’urto che, oltre a mandare gambe all’aria sia M’Eu che Rín, oltre che, probabilmente, i loro ancor ignoti compagni lì sopraggiunti, ebbe a spazzare via, letteralmente, tutto quanto lì così evocato, cancellandolo in un sol istante.
Non un albero, non una pietra, non uno zombie, non tantomeno il castello, ebbero a resistere a quell’onda d’urto. E laddove, un istante prima, M’Eu e Rín di ponevano sulla cima di una sicura fortezza, intenti a far piovere proiettili incandescenti sopra le teste degli zombie loro antagonisti, un istante dopo ebbero a scoprirsi sdraiati per terra nel ben mezzo del nulla. E non in senso metaforico, quanto e piuttosto nel senso più letterario del termine, e in un senso tale per cui, a tutti gli effetti, persino il terreno sotto di loro non avrebbe avuto a potersi considerare qual effettivamente distinguibile, solido come la roccia, sì, e pur immateriale quanto la nebbia, e quanto la nebbia che, tutto, lì, parve avvolgere senza pur nulla, a tutti gli effetti, avere a coprire.

« Dove siamo finiti…?! » gemette M’Eu, riprendendosi, non privo di dolori, dal colpo subito e cercando di guardarsi attorno, a meglio definire la loro attuale posizione, benché, nella più completa assenza di punti di riferimento, difficile sarebbe stato per lui essere persino certo di aver ancora il dono della vista.
« Questa è la forma più pura del tempo del sogno… » sottolineò per tutta replica l’altra, senza particolare disagio in tal senso, più che confidente con tutto ciò, avendo in esso già trascorso molto del proprio tempo, nella misura sufficiente da maturare una certa familiarità con quanto, pur, per chiunque altro, non avrebbe potuto ovviare a risultare inquietante « Con il proprio grido, secondo-fra-tre ha cancellato quanto avevo evocato, ridefinendo tutto nella propria neutralità originale. »
« Rín… M’Eu! » li raggiunse, da una certa distanza, una voce loro familiare, la voce di Be’Sihl, compagno di Midda, invitandoli in ciò a voltarsi verso l’origine di quel richiamo e, in lontananza, in quella strana nebbia-non-nebbia, distinguendo, oltre a lui, anche la giovane ofidiana Lys’sh « State bene…?! »
« Stanno bene! » sancì a titolo di risposta lo stesso secondo-fra-tre, riprendendo ancora una volta parola dall’alto del cielo, o di quanto, ipoteticamente, avrebbe avuto a potersi definire qual il cielo sopra le loro teste, se soltanto parlare di sopra e di sotto, o di cielo e di terra, avesse avuto allor un qualche significato di sorta nell’indistinguibilità propria di quella situazione « State tutti bene, giacché se soltanto avessi voluto realmente nuocervi, a quest’ora sareste tutti già morti. » incalzò, dimostrando palese irritazione per quanto accaduto, per tutti gli attacchi immotivatamente subiti, da parte di tutti i presenti.
« Se non è la nostra vita che desideri, che cosa vuoi allora da noi, maledetto…?! » domandò Be’Sihl, in lontananza, rivolgendosi direttamente al vicario, dal momento che egli, in tal modo, aveva voluto intromettersi nel loro dialogo, pretendendo la loro attenzione.
« Io sono secondo-fra-tre, vicario della regina Midda Namile Bontor, servo fedele dell’Oscura Mietitrice da prima che tutto fosse… » proclamò quindi egli, riuscendo per la prima volta a terminare quell’introduzione che già, in più di un’occasione, aveva tentato di proporre all’indirizzo di Rín e M’Eu, salvo essere continuamente interrotto « … e sono qui per condurvi dalla mia signora, affinché possiate assisterla nella battaglia! »

venerdì 21 febbraio 2020

3193


« … come?!... » esitò per un istante H’Anel, con le mani ancor strette attorno al collo di Midda, in quell’ira che tanto ella aveva voluto evocare in lei e che, allor, le sarebbe potuta costare anche la vita se soltanto la giovane avesse insistito maggiormente in quel punto.

Fu soltanto un fugace momento di disorientamento, quello che ella ebbe così a concedersi in conseguenza alle parole appena scandite dalla propria interlocutrice, nemica o no che dir si volesse, il quale ebbe tuttavia a dimostrarsi sufficiente per ricondurla prossima a precipitare verso nell’oblio di morte da cui, con tanta costretta cattiveria, la Figlia di Marr’Mahew era stata in grado di salvarla.
E fu allora che H’Anel comprese cosa l’altra stesse dicendo. E comprese il perché di tutto ciò che pocanzi le aveva detto, di così tanta immotivata violenza psicologica nei suoi confronti, di così tanto ispirato odio, il quale, sì repentinamente qual tale era divenuto, tornò a essere amore per colei che mai l’aveva realmente tradita, che mai l’aveva realmente aggredita, ma che, soltanto, desiderava soccorrerla, e soccorrerla in contrasto a quell’antagonista sì potente, sì straordinario, da essere capace di imporre la morte anche e soltanto con la propria sola presenza, con la propria sola voce nelle menti di coloro che, sventurati, gli si fossero parati innanzi. Una minaccia per opporsi alla quale, Midda lo aveva così ben dimostrato, l’unica possibilità sarebbe stata quella di annichilire le proprie effettive possibilità di riflessione, lasciando sostituire alla ragione la furia più cieca, cedendo al lato più primitivo della propria mente e a quel lato che, allora, non avrebbe potuto ascoltare alcuna voce se non la propria, e la propria che, in tutto ciò, avrebbe allor gridato: “Uccidi!”.
Così H’Anel, cosciente di star precipitando nuovamente nell’oblio, ebbe a rievocare nella propria mente ogni pensiero negativo, ogni frustrazione repressa, ogni questione irrisolta, per alimentare nuovamente il fuoco dell’ira, e quel fuoco che tanto sapientemente Midda era stata in grado di accendere pocanzi in lei e che ella, lì, tuttavia, stava nuovamente lasciando scemare. E prima che potesse essere troppo tardi, la giovane figlia di Ebano ebbe a ritrovare la propria libertà, scoprendosi, ancora e comunque, stretta attorno al collo della propria quasi madre e di quella propria quasi madre che, ormai, aveva abbandonato la propria consueta carnagione eburnea in favore di un incarnato rosso paonazzo non poi così dissimile dal colore dei propri capelli, e forse, e persino, più intenso rispetto agli stessi, qual conseguenza di quella morsa da lei impostale…

« Dannazione! » gridò quindi H’Anel, liberando immediatamente la propria compagna e cercando, ciò non di meno, di non concedersi l’occasione di calmarsi, di lasciar sostituire alla rabbia un qualunque altro sentimento, per così come, allora, avrebbe potuto altrimenti troppo facilmente avvenire « Con che razza di mostro abbiamo a che fare…?! »
« … uno… della peggiore… specie… » rispose Midda, dimostrando una certa difficoltà nell’esprimersi, palese dimostrazione di quanto concreto fosse stato il pericolo da lei corso, e da lei volontariamente corso al solo fine di salvare, ancora una volta, quella giovane, in maniera probabilmente ben poco convenzionale, e pur, ciò non di meno, trasparente di tutto il più sincero affetto che ella avrebbe potuto provare per lei.
“Morite, maledette!” sancì il medesimo mostro loro antagonista, non desiderando concedere loro occasione di requie alcuna.

E se il Progenitore, sopraggiungendo loro, non ebbe a riservarsi occasione di esitazione nel rivolgere a loro discapito un violento attacco, e un attacco energetico che, in luogo a circa un centinaio di piedi quadrati di spiaggia attorno a loro ebbe a creare, semplicemente, il vuoto; Midda Namile Bontor, Figlia di Marr’Mahew, Ucciditrice di Dei, Campionessa di Kriarya, non ebbe a concedersi occasione di letale indolenza di fronte a tutto ciò, malgrado quanto chiunque avrebbe avuto a definire mancanza di lucidità, ma reagì, e reagì in maniera immediata, traendo a sé H’Anel e catapultandosi, insieme a lei, nell’alto dei cieli.
Una reazione, quella così descrivibile, per come condotta dalla donna guerriero dagli occhi color del ghiaccio e dai capelli color del fuoco, che non avrebbe avuto a doversi fraintendere in senso metaforico o iperbolico, quanto e piuttosto in senso letterario, là dove, se un istante prima Midda e H’Anel avrebbero avuto a doversi riconoscere ancor distese su quel bagnasciuga, nella fugace frazione di tempo utile a quella porzione di spiaggia per essere cancellata dall’attacco del Progenitore, entrambe ebbero allor ad abbandonare quella zolla di terra, proiettandosi fisicamente a circa un centinaio di piedi più in alto… sostenute in tal senso da due enormi ali, e due enormi ali allor materializzatesi, quasi d’incanto, sulla schiena della stessa Figlia di Marr’Mahew!

« Dei del cielo! » gemette H’Anel, sinceramente spiazzata da tutto ciò, e pur, ancor una volta, costretta a non concedersi alcuna possibilità di sostituire all’ira un qualunque altro sentimento, fosse anche lo stupore, là dove ancor troppo pressante avrebbe avuto a doversi percepire la negativa influenza propria del loro antagonista « E quelle da dove accidenti le hai tirate fuori?! » domandò, con tono volutamente furente, e furente, tuttavia, non in opposizione a Midda o alle sue due magnifiche grandi ali rossiccio-castane, quanto e piuttosto a tutto quello, alla disarmante follia nella quale stavano precipitando e a quella follia innanzi alla quale non avrebbe neppure avuto a potersi concedere l’occasione di un qualche razionale confronto, nella necessità di continuare a essere arrabbiata, irata con tutto e con tutti, per mantenersi, in ciò, ancor viva.
« E’ una prerogativa di questa dannatissima dimensione…! » le ricordò Midda, là dove, in effetti, già nelle narrazioni da lei ascoltate da parte di Maddie in riferimento al loro primo viaggio nel tempo del sogno, proprio quella coppia di ali non avrebbe avuto a doversi fraintendere qual inedita… anzi « Ciò che puoi immaginare, lo puoi fare! »

Una prerogativa straordinaria e pericolosa, invero, quella così propria di quel mondo, di quella particolare dimensione primigenia, soprattutto nel confronto con l’evidenza di quanto poi occorso a Rín, la quale, facendo ritorno al proprio mondo, alla propria realtà, aveva condotto seco il non banale miracolo della guarigione del proprio stesso corpo, e di quel corpo che, per oltre due decenni era rimasto spezzato in due dalle conseguenze nefaste dell’incidente che aveva privato lei e la sua gemella della loro amata genitrice, e che l’aveva, allor, sgradevolmente intrappolata su una sedia a rotelle. E pur una prerogativa quantomeno utile nel volersi allor opporre a una creatura dotata dei poteri di un dio, e una creatura che, non a caso, proprio all’interno del tempo del sogno Midda aveva voluto trascinare, con la speranza di potersi riservare un’occasione di confronto quantomeno paritario con essa.
A sorprendersi per quella coppia di ali, e per quella coppia di ali così improvvisamente esplose dalla schiena della donna guerriero con impeto sufficiente a permettere a entrambe di salvarsi dall’aggressione del Progenitore, non ebbe tuttavia a riservarsi occasione di fare soltanto la giovane figlia di Ebano, quant’anche il loro stesso antagonista, e quella creatura che, evidentemente, pur dall’alto della propria presunta onnipotenza e onniscienza, non avrebbe avuto a dover vantare pregressa esperienza nel confronto con il tempo del sogno, in termini tali da non avere la benché minima possibilità di prevedere, allora, quella sorprendente evoluzione.

“Ma… cosa…?!” indugiò egli.

E, nel confronto con quell’esitanza, Midda Bontor agì. E agì in maniera forse banale… probabilmente vana… ma, ciò non di meno, tentando di porre fine a tutto ciò con la più straordinaria potenza di fuoco che la sua mente potesse essere in grado di rievocare: la stessa con la quale il pianeta d’origine di quel mostro era stato eliminato dalle mappe stellari!

giovedì 20 febbraio 2020

3192


Se di una cosa Howe avrebbe potuto essere certo, e certo al punto da essere pronto a testimoniare, porre per iscritto, giurare e spergiurare in ogni momento e in ogni occasione, tale avrebbe avuto, certamente, a essere la mirabile capacità del proprio biondo sodale di svuotare la propria mente. Anzi: dal punto di vista di Howe, il vero impegno, da parte del medesimo, avrebbe avuto a dover essere inteso in direzione diametralmente opposta… quella propria dell’avere a riempire, in qualche modo, l’immenso vuoto che, altresì, avrebbe avuto a dominare la sua scatola cranica.
Così, quando, con mirabile semplicità, Be’Wahr ebbe a cancellare l’immagine precedentemente rievocata del circo ove entrambi erano nati e cresciuti, e dove li attendevano i loro cari, nella speranza di poterli riabbracciare e, all’occorrenza, vederli porre la testa a posto, abbandonando il peculiare stile di vita che avevano scelto qual proprio e che, a differenza di quanto comunque era stato sino a quel momento, non avrebbe avuto a doversi fraintendere qual di buon auspicio per una qualunque idea di vecchiaia; Howe non ebbe a sorprendersi di ciò… non per così come, piuttosto, avrebbe avuto a potersi sorprendere alla prospettiva che egli fosse, in primo luogo, riuscito a concentrarsi in termini utili da condurli sino a lì, dalla voragine entro la quale stavano precipitando.
Decisamente interessante, per non dire esemplificativo delle pregiudiziose teorie di Howe, tuttavia, ebbe a essere l’evidenza di quanto, cancellato il circo, nulla ebbe a prenderne il posto, precipitando, di fatto, tutti e tre nel niente più assoluto: una sorta di indistinta e neutra nebbia entro la quale tutto avrebbe potuto essere e, ciò non di meno, nulla sostanzialmente era…

« Mmm… » esitò per un istante lo shar’tiagho, osservandosi attorno con aria perplessa nel confronto con quella peculiare situazione, e quella situazione che, in buona sostanza, li stava vedendo precipitati in un incerto limbo, dal quale potersi attendere tutto e il contrario di tutto, ma a confronto con il quale, probabilmente, nulla sarebbe effettivamente occorso « … ci hai portati dentro la tua testa, Be’Wahr?! »
« Spiritoso. » si imbronciò l’altro, riaprendo gli occhi e osservando, non senza una certa fierezza, il niente a loro circostante, e quel nulla nel quale, allora, per merito proprio erano riusciti a giungere « Guarda che non è affatto facile, nel tempo del sogno, evitare di finire in luoghi a caso…! » puntualizzò quindi, a più che corretta e legittima difesa del proprio operato « Dovresti essermi grato di essere riuscito a svuotare la mente, allorché lamentarti come stai facendo… »
« Ma io ti sono grato. » annuì Howe, con aria seria « Semplicemente non ritengo, da parte tua, la sussistenza di un particolare sforzo in tal senso… »
« … mmm?! » esitò il biondo, tutt’altro che certo di aver effettivamente compreso quanto egli potesse stargli dicendo in quel frangente.
« Appunto. » sorrise il primo, più che soddisfatto di quella risposta.

Ben rammentando anch’ella, in grazia ai racconti di Midda e Lys’sh, della peculiare sensibilità empatica del tempo del sogno a qualunque pensiero o memoria, Duva, accanto ai due fratelli, si stava sforzando già da qualche tempo di escludere ogni propria particolare reazione emotiva nel confronto con tutto quello che allora stava accadendo, e, soprattutto, di non avere in alcun modo a rievocare, dalla propria memoria, alcuna reminiscenza, sia perché, in fondo, non era certa di poter avere piacere a rivivere momenti della propria sufficientemente confusa vita, sia perché, parimenti, non era neppur certa di poter avere piacere a condividere momenti della propria sufficientemente confusa vita con quei due, e con quei due compagni d’arme a confronto con i quali, pur, ben poca personale confidenza ella avrebbe potuto avere a vantare.
Ciò non di meno, tutt’altro che semplice, in quei continui battibecchi, sarebbe stato riuscire a ovviare a prendere una qualunque posizione, in termini tali che, malgrado ogni proprio sforzo, in più di un momento quell’indistinta nebbia attorno a loro parve, innanzi allo sguardo della donna, accennare ad assumere diverse forme e sembianze in diretta connessione a fugaci immagini che ebbero a palesarsi nella sua mente, e fugaci immagini che, allor, ella ebbe immediatamente a respingere, non senza un certo impegno. E proprio nel confronto con tale impegno, con tale difficoltà a mantenere la propria mente sgombra da pensieri e ricordi, ella non avrebbe potuto ovviare a riconoscere una certa ragione nelle affermazioni dello shar’tiagho, per quanto, parimenti, ella non avrebbe potuto ovviare a spezzare anche una lancia in favore del suo biondo compare…

« Non che io desideri seminare zizzania… » specificò prendendo voce, e aggrottando la fronte a margine di tutto quello, avendo bisogno di intervenire in quel dialogo non tanto perché desiderosa di avere a ravvivare le braci di quella discussione, quanto e piuttosto per ovviare a permettere alla propria testa di galoppare in libertà, per così come, allora, stava faticosamente cercando di evitare di fare « Ma se pur vero è quanto mirabile sia l’impegno di Be’Wahr a mantenere sgombra la mente, e per questo non posso ovviare a invidiarlo, non si può certo negare quant’anche, da parte tua, non appaia palese alcun particolare sforzo in tal senso, pur raggiungendo il medesimo traguardo. »

Per un istante il silenzio ebbe a calare fra i tre, nel mentre in cui i due fratelli di vita ebbero a ponderare separatamente attorno al senso di quell’affermazione. E se, forse, Howe ebbe anche a comprendere prima quanto così asserito dalla donna, egli ebbe evidentemente a sperare che la questione potesse scemare lì, in maniera spontanea, per così come, al contrario, non finì per accadere, nel momento in cui anche Be’Wahr riuscì a rimettere nel giusto ordine il significato di quei significanti… e a comprendere, non senza una certa soddisfazione, quanto Duva, in quel momento, avesse mosso un delizioso affondo a discapito dell’amico.

« Ah-ahh! » esclamò quindi il biondo, aprendosi in un amplio sorriso felice « A quanto pare non sono l’unico con la mente vuota! » rise, con tono canzonatorio, avendo di che ben donde essere garrulo a tal proposito.
« E non avete idea di quanto, in questo momento, io vi stia invidiando… » replicò la donna, decisamente provata da quello sforzo di meditazione, e da quello sforzo di meditazione che non era certa sarebbe stata in grado di condurre ancora a lungo.

A rivoluzionare, tuttavia, quel fragile equilibrio ebbe allora a offrirsi quella nebbia stessa, e quella nebbia che, rimasta inerte attorno a loro sino a quel momento, iniziò improvvisamente a smuoversi, a turbinare, e a ricondensarsi in quella che, palesemente, avrebbe avuto a distinguersi qual una sagoma umanoide. E se pur, in tutto ciò, Duva ebbe immediatamente a colpevolizzarsi, certa di aver perso inconsciamente il controllo sui propri pensieri e di aver rievocato, a propria insaputa, qualche immagine dal proprio passato, dalla propria memoria, fu questione di poco prima che l’identità del nuovo arrivato potesse risultare palese innanzi ai loro sguardo, configurandosi, per la stessa Duva e per Howe, qual qualcosa di assolutamente inedito, mentre per il buon Be’Wahr qual qualcosa di spiacevolmente noto…

« Secondo-fra-tre! » lo identificò il biondo mercenario, non potendo mancare ad assumere immediatamente una postura di guardia, pur, purtroppo, avendo a scoprirsi del tutto disarmato innanzi all’antagonista così subentrato a complicare la già non semplice situazione.
« Proprio io. » sorrise questi, sovrastando i tre con la propria orrida immagine « Secondo-fra-tre, vicario della regina Anmel Mal Toise, servo fedele dell’Oscura Mietitrice da prima che tutto fosse, e, certamente, da ben prima che la vostra inutile progenie mortale potesse anche soltanto sperare di esser, un giorno, plasmata. » dichiarò, ribadendo in maniera più che orgogliosa, il proprio altisonante titolo « E quest’oggi sarò più che felice di concludere quanto, l’ultima volta, non mi avete concesso opportunità di portare a termine, con la vostra rimozione dal Creato… e dall’intero multiverso! »

mercoledì 19 febbraio 2020

3191


Be’Sihl e Lys’sh compresero subito di essere riusciti nel proprio intento, nel momento in cui, innanzi ai propri sguardi, ebbero a ravvisare un’inedita struttura di pietra e di legno, diversa da qualunque architettura con la quale avessero mai avuto occasione di confrontarsi. Innanzi a loro, al di sopra di un piccolo altopiano utile a permettere a tale costruzione di emergere dalla foresta entro la quale si erano allor ritrovati a essere, ebbe infatti a presentarsi un vasto basamento in pietra, mirabilmente squadrato nelle proprie forme, apprezzabilmente regolare nel proprio taglio, diverse decine di piedi al di sopra del quale, potendo in ciò contare su una tanto solida base, avrebbe avuto a doversi intendere eretta un altrettanto ampia edificazione in legno, a diversi livelli sovrapposti, intervallati, nella propria verticalità, dalla presenza di diverse porzioni di tetto, quasi, dopo che un semplice edificio a un singolo piano fosse stato lì eretto, al di sopra dello stesso, e del suo medesimo tetto, per esigenze di estensione, fosse stato costruito un nuovo livello, e così via dicendo. Cinque, in tutto, ne poterono allor contare nel corpo principale, e almeno tre in due complessi secondari, prima di arrivare al piano più alto, concluso, ovviamente, da un tetto spiovente, dal profilo triangolare. Grigia la pietra delle fondamenta, bianco il legno delle pareti, scure le tegole al di sopra dei tetti, sì alieno ai loro occhi e pur, a suo modo, decisamente classico, ben distante dalla modernità propria delle città nelle quali l’ofidiana era cresciuta e nelle quali lo shar’tiagho si era ormai abituato a peregrinare, nel corso di quegli ultimi cinque anni, quell’edificio avrebbe avuto a doversi riconoscere quindi troppo peculiare nelle proprie forme, nelle proprie proporzioni, per poter essere appartenuto alla loro memoria e, dopo di che, essere stato dimenticato. Ragione per la quale, se tutto ciò non aveva a doversi intendere qual appartenente al loro passato, tale avrebbe avuto a dover essere inteso qual utile evidenza, chiaro segnale di quanto, allora, essi fossero finalmente riusciti a spezzare il circolo vizioso del viaggio nei propri ricordi in favore, possibilmente, di un ricongiungimento con un qualche compagno.
E a concedere, in tal senso, un’ulteriore conferma, e a modo suo positiva riprova di ciò, per quanto paradossale avrebbe avuto a doversi intendere in maniera positiva qualcosa del genere, fu questione di un istante, per entrambi, ravvisare, al di sopra delle proprie teste, e al di sopra di quella sorta di elegante fortezza, una figura spiacevolmente nota per entrambi, in quanto risalente alla loro prima, comune esperienza nel tempo del sogno: l’immagine di secondo-fra-tre, vicario di Anmel Mal Toise!

« Credo che ci siamo riusciti… » asserì Be’Sihl, storcendo le labbra innanzi all’immagine di quel nemico e ritrovandosi, improvvisamente, in vesti militari, equipaggiato di tutto punto e pronto alla pugna, qual reazione psicologica innanzi a quella chiara evidenza di pericolo.
« A chi stavi pensando questa volta…?! » domandò Lys’sh, a sua volta decisamente poco entusiasta all’idea di avere nuovamente a confrontarsi con quel nemico, e quel nemico che aveva già offerto loro non poco filo da torcere, nel palese intento di avere a estinguerli per sempre.

Rendendosi infatti conto di quanto, concentrandosi sulle persone a loro più vicine, come Midda o Duva, altro non avrebbero ottenuto che rievocare dalla propria memoria delle immagini del passato, smarrendosi in esse, i due compari avevano allor deciso di provare qualcosa di diverso, avendo a focalizzare la propria attenzione su volti, su persone con le quali non avrebbero avuto a poter vantare particolari esperienze pregresse. Una condizione che, all’interno del loro variegato gruppetto, avrebbe avuto allor a poter vantare comunque una buona metà dei presenti, con Rín, sorella di Maddie, e H’Anel e M’Eu, figli di Ebano, e, limitatamente a Lys’sh, anche con Howe e Be’Wahr, i quali avrebbero avuto allor a doversi intendere tutti quali loro alleati, tutti quali loro compagni di ventura in quell’impresa improba, e, pur, obiettivamente privi di un qualche comune passato al quale il tempo del sogno avrebbe potuto appellarsi per trascinarli altrove.

« A Rín. » replicò egli, osservando con preoccupazione secondo-fra-tre « E se è vero che quello lì è parte del nostro comune ricordo di Rín… è anche vero che tutto il resto non mi ricorda assolutamente nulla di mai visto prima. » sancì, riconoscendo così legittimo l’implicito dubbio proposto dalla propria compagna in quell’interrogativo, e in quell’interrogativo volto a suggerire l’eventualità che, ancora una volta, altro non avessero a doversi intendere smarriti in qualche illusione propria del tempo del sogno.
« Vale anche per me… » annuì allora l’altra, confermando in ciò l’ipotesi di essere riusciti a interrompere la ciclicità improduttiva nella quale si erano ritrovati intrappolati dal momento in cui avevano perso contatto con il resto del loro gruppo « Ergo, quel simpaticone lassù è reale. »
« Reale e pericoloso… » confermò l’uomo, riservandosi poi l’occasione di un profondo respiro « Ora dobbiamo solo capire dove sia Rín… e sperare che non sia l’unica da queste parti, o rimettere insieme i pezzi della nostra squadra potrebbe rivelarsi decisamente più complicato del prev… »

A interrompere Be’Sihl, sovrastando l’ultima parte di quella propria affermazione, fu un violento tuonare, una raffica assordante di colpi, di esplosioni che, pur giungendo in lontananza, e, apparentemente, dalla medesima direzione propria di quella fortezza, di quel castello, ebbe a segnalare in maniera sufficientemente inequivocabile la presenza di un conflitto in corso, e un conflitto che, nella fattispecie propria di quel suono, non poté ovviare a richiamare loro alla mente il ricordo di un’arma già impiegata da Maddie in occasione del loro precedente scontro con secondo-fra-tre, uno strano mitragliatore a sei canne rotanti alimentato da proiettili fisici, allorché da colpi energetici come quelli abitualmente predominanti nella realtà propria di Lys’sh, e alla quale, in quegli ultimi anni, anche Be’Sihl aveva avuto ragione di adattarsi.
Un suono che, volendo continuare a escludere un qualche improprio déjà vu, avrebbe allor avuto a doversi intendere evidente conferma della presenza, lì, della succitata Rín, giacché, al pari della propria gemella, ella avrebbe avuto a doversi intendere la sola ad aver ragione di evocare una simile arma e un’arma che, chiaramente, avrebbe avuto a doversi intendere propria del loro mondo d’origine, nella loro dimensione d’appartenenza.

« Muoviamoci! » incalzò quindi Be’Sihl, riconoscendo quel suono qual una richiesta di aiuto, e una richiesta di aiuto nel contrasto alla minaccia di secondo-di-tre.

Così i due iniziarono a correre all’interno di quella foresta, e della foresta nella quale si erano allor ritrovati precipitati, avanzando il più rapidamente possibile nella direzione di quel castello, per prestare aiuto alla compagna in difficoltà e, con lei, a chiunque altro lì avesse a dover essere presente.
Il loro arrivo all’interno della scena, tuttavia, non ebbe a passare inosservato al loro comune antagonista, a secondo-fra-tre, il quale, per così come aveva già avuto precedente occasione di dimostrare, avrebbe avuto a doversi riconoscere qual contraddistinto da un’importante confidenza con il tempo del sogno e con le sue leggi, una pericolosa padronanza di quell’ambiente in grazia alla quale, evidentemente, difficile sarebbe potuto essere per loro sopraggiungere lì restando inosservati, anche laddove, all’occorrenza, si fossero impegnati in tal senso, per così come, tuttavia, allora non era certamente stato. In ciò, quindi, nulla di sorprendente avrebbe avuto a dover essere inteso in un cambio di interesse, da parte del vicario, prima concentrato esclusivamente in direzione del castello, e ora intento a muovere lo sguardo verso la loro attuale posizione, scrutando all’interno del fitto di quegli alberi per avere a ricercare conferma visiva della loro presenza e della loro sopraggiunta presenza all’interno di quella scena.

« Altri due. » annunciò dall’alto del cielo, a sottolineare l’evidenza di quanto allor occorso, e del fatto che il loro arrivo lì non fosse passato inosservato « In quali termini vorrete confrontarvi con me, voialtri?! » domandò poi, evidentemente all’indirizzo diretto della nuova coppia subentrata nella questione in corso.

martedì 18 febbraio 2020

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Bloccata per buona parte della propria vita su una sedia a rotelle, e figlia del suo tempo e del suo mondo, Nóirín Mont-d'Orb avrebbe potuto molto facilmente, troppo facilmente, finire con il restare vittima di se stessa, nonché di una vita allor dedicata alla sedentarietà, al cibo spazzatura, al televisore e, perché no…?, ai videogiochi, la cui esplosione commerciale avrebbe avuto a dover essere riconosciuta proprio in contemporanea agli anni della sua infanzia, prima, e adolescenza, poi, in termini tali per cui, allora, più che giustificata ella avrebbe potuto riconoscersi nell’eventualità in cui ne fosse finita per essere vittima.
Per propria fortuna, però, allorché smarrire completamente ogni coscienza di sé in tal senso, trasformandosi nella versione peggiore di chi avrebbe mai potuto essere, Rín, sempre ispirata e sostenuta dalla presenza del proprio amato padre, nonché della propria adorata sorella Maddie, non si era mai concessa opportunità di sprecare un solo, fugace, istante della propria esistenza, e di quella propria esistenza che pur avrebbe avuto a doversi apprezzare qual fortunato dono, e dono a lei comunque concesso, malgrado ogni danno collaterale, nel medesimo giorno in cui, purtroppo, propria madre non si era vista garantita un’eguale opportunità. E se pur, una parte di lei si poneva ancor estremamente insoddisfatta, nella quieta convinzione che, se solo avesse avuto più coraggio, se solo avesse avuto più intraprendenza, certamente avrebbe potuto ottenere molto più di quanto già non avesse ottenuto, ella non avrebbe potuto neppur ovviare a riconoscersi una certa soddisfazione per il proprio percorso di vita. E, dopotutto, per quel percorso di vita che, alla fine, l’aveva condotta sino a quel giorno, sino a quel momento…
… circondata da zombie e intenta a sparare loro una quantità improponibile di proiettili incandescenti da un mitragliatore a sei canne, come nei più classici e ignoranti videogiochi ai quali, pur, aveva sempre dedicato un interesse marginale delle proprie giornate!

« Se avessi saputo che la mia vita sarebbe potuta dipendere dalla mia bravura in un FPS… forse mi sarei concessa maggiore opportunità di interesse in tal senso! » commentò fra sé e sé, non negandosi, a margine di tutto, una certa ironia e quell’ironia che, in un tale frangente, avrebbe potuto allor aiutare a non perdere completamente il senno.
« Un… cosa?! » domandò M’Eu, al suo fianco… letteralmente al suo fianco, praticamente a lei abbracciato, nella necessità di ovviare a poterle essere d’intralcio nei rapidi movimenti circolari che si stava ritrovando costretta a compiere, per spostare la traiettoria di fuoco da un fronte a un altro, a seconda dell’incalzare dei loro antagonisti.
« Uno sparatutto in prima persona… un tipo di videogioco, solitamente molto simile a quanto stiamo vivendo in questo momento! » tentò di spiegare l’altra, dimentica, per un momento, di quanto il proprio interlocutore non avrebbe mai potuto avere coscienza di cosa potesse mai essere un videogioco, in termini tali da non potergli realmente chiarire le idee in una simile puntualizzazione.
« … » esitò l’altro, aggrottando per un istante la fronte e poi decidendo di proseguire oltre senza invocare ulteriori chiarimenti, prendendo per fede quelle parole e non ponendosi ulteriori domande a tal riguardo « A destra! » avvisò quindi, nel ravvisare una nuova carica in quella direzione, e una carica che, allora, non avrebbe potuto promettere nulla di buono.

Per quanto, infatti, l’approccio adottato dalla donna dai rossi capelli color del fuoco e dagli azzurri occhi color del ghiaccio avrebbe potuto, sicuramente, vantare una certa efficacia, fosse anche e soltanto per il terribile potere d’impatto di quei proiettili, tali non soltanto da colpire, ma da letteralmente deflagrare intere porzioni dei corpi avversari, rispedendoli all’indietro di diverse decine di piedi a ogni nuova raffica; il numero di quei non morti non sembrava voler in alcun modo diminuire, al contrario crescendo in maniera praticamente esponenziale attorno a loro e richiudendoli, in questo, in un negromantico mare di morte e putrefazione, dal quale, allora, difficilmente avrebbero potuto guadagnarsi un’opportunità di uscita in quel modo, o in qualunque altro modo. Ciò senza neppur dimenticare quanto, invero, essi non avessero neppur da rappresentare il loro effettivo antagonista, laddove questi, a margine di tale contesto, avrebbe sempre avuto a doversi ricordare essere secondo-fra-tre, il quale, dall’alto, osservava con quieto interesse il procedere di quell’assurdo assedio, e di quell’assurdo assedio che, al pari di ogni assedio, non avrebbe potuto condurre a nulla di buono.
E se anche, in quel frangente, rapida fosse stata l’acquisizione di quell’informazione da parte della donna e il suo spostamento nella direzione suggeritale, a respingere quella nuova terrificante orda, su molti altri fronti, da ogni altra direzione, nuove cariche si stavano già dimostrando in rapida ripresa, pronti a travolgerli senza alcuna pietà… qual mai, del resto, simile sentimento avrebbe potuto essere riconosciuto proprio di un mero cadavere rianimato da un oscuro potere.

« Non vorrei apparire pessimista… ma non riesco ad apprezzare molte possibilità di sopravvivenza per noi due in questa situazione. » constatò M’Eu, distendendo le labbra in un sorriso tirato, mosso dal duplice imbarazzo di aver a esprimere una simile verità nel contempo in cui, comunque, ben poco contributo egli avrebbe avuto lì a poter offrire.
« Permettimi di raccontarti una storia… » replicò allora l’altra, non volendosi concedere l’opportunità di lasciarsi dominare dallo sconforto, nella quieta consapevolezza di quanto, in quel particolare mondo, l’unico limite che avrebbe mai avuto a potersi riservare sarebbe stato quello imposto dalla propria stessa mente, dal proprio stesso cuore e dal proprio stesso spirito « E’ la storia di lady Hangaku, o Hangaku Gozen, per maggiore correttezza, una straordinaria donna guerriero del mio mondo d’origine. » iniziò quindi a narrare, continuando, nel contempo di ciò, a far risuonare il proprio roboante mitragliatore e, in questo, costringendosi, invero, quasi a gridare ogni singola parola per essere certa che il proprio compagno avesse un qualche opportunità di apprezzare quanto ella stava così dicendo « Sul finire del periodo Heian, esplose un violento conflitto fra il clan Taira e il clan Minamoto, conosciuto con il nome di guerra Genpei. Tale guerra fu vinta dal clan Minamoto. Ma una giovane esponente della famiglia guerriera dei Jō, Hangaku, non avrebbe avuto a doversi fraintendere concorde con tale epilogo, ragione per la quale, insieme a proprio nipote Sukemori, ebbe a porsi alla guida di un esercito di tremila soldati, allo scopo di detronizzare lo shogunato Kamakura. Purtroppo ben presto Hangaku e il proprio esercito si ritrovarono assediati, in quel del castello di Torisakayama, da ben diecimila soldati avversari, in una situazione che, a loro volta, non avrebbe potuto apparire per nulla rosea… un po’ come la nostra! »
« Dimmi che c’è un “ma” a margine di questa vicenda… » domandò M’Eu, avendo seguito, in verità, quella storia con maggiore semplicità di molte altre frasi da lei pronunciate nel corso del tempo, essendo tutto ciò, in fondo, decisamente più prossimo al proprio concetto di realtà, e alla realtà per così come egli non avrebbe potuto ovviare a conoscere nel proprio mondo.
« Ma Hangaku Gozen non si abbandonò ad alcuna negatività… e, per giorni e giorni, settimane addirittura, gli uomini da lei capitanati resistettero indomitamente all’assedio, mentre dall’alto degli spalti del castello di Torisakayama, la potente guerriera scagliava le proprie frecce a discapito di tutti i propri nemici! » sorrise e annuì Rín, confermando l’esistenza di quel “ma” da lui richiesto, e di quel “ma” che avrebbe potuto, allora, restituire loro una certa positività a margine di quella spiacevole situazione.

E, nel mirabile incanto proprio del tempo del sogno, il mondo intero, attorno a loro, ebbe allora a riplasmarsi nel mentre di quelle ultime parole così scandite dalla donna dagli occhi color ghiaccio, sostituendo al parco giochi, o, quantomeno, a quella nuova e sgradevole versione del parco giochi, un ben diverso ambiente, e un ambiente consono con la narrazione che ella aveva appena offerto, trasferendoli sull’alto degli spalti di un  castello e precipitando, in ciò, le orde di zombie pocanzi attorno a loro parecchie decine di piedi sotto di loro, a ricreare, a modo proprio, il leggendario assedio di lady Hangaku.