11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

mercoledì 12 febbraio 2020

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A partire dalle primissime narrazioni nel merito di quella peculiare coppia di alleati, Midda Bontor aveva da sempre presentato, a Duva e a tutta la propria nuova famiglia della Kasta Hamina, Howe e Be’Wahr qual un’insolita coppia di fratelli: fratelli figli di diversi genitori, di diverso padre e di diversa madre, e che mai avrebbero potuto apparire più lontani l’uno dall’altro, nella propria discendenza shar’tiagha per il primo e nella propria discendenza tranitha per il secondo, moro l’uno e biondo l’altro, tanto scuro nella propria carnagione il primo quanto pallido l’altro, tanto alto e, quasi, dinoccolato l’uno e tanto altresì tozzo e muscoloso il secondo; e che pur, parimenti, mai avrebbero potuto risultare più prossimi l’uno all’altro, al punto tale, persino, da ritrovare i propri stessi nomi reciprocamente invertiti, laddove avrebbero avuto più ragione d’esistere Be'Wahr Ahlk-Ma e Howe Udonn, allorché, per così come altresì era, Howe Ahlk-Ma e Be'Wahr Udonn. In ciò, così uniti persino a livello antroponimo, Duva Nebiria non aveva potuto ovviare a immaginare, in verità, Howe e Be’Wahr qual due figli unici e, potenzialmente, orfani, immaginandosi, senza alcun particolare credito in tal senso, qualche peculiare storia d’altri tempi, concernente un orfanotrofio, una difficile infanzia contraddistinta da abusi e violenze e, magari, una rocambolesca fuga, nel cuore della notte, alla ricerca di una propria occasione di vita nel mondo esterno. Mai, tuttavia, ella avrebbe potuto aspettarsi di ritrovarsi a confronto con le loro famiglie, e di scoprirle, invero, tutt’altro che estinte per così come aveva avuto a immaginarsele.
Gli Ahlk-Ma, la famiglia di Howe, in particolare, avrebbero avuto a doversi riconoscere lì qual i più numerosi, contando, oltre al capofamiglia e a sua moglie, ormai in età avanzata, quattro baldi maschi e un’avvenente figura femminile, rispettivamente fratelli maggiori e sorella minore dello stesso shar’tiagho. Tutti contraddistinti da corpi squisitamente slanciati, forme longilinee quali quella propria di Howe, difficilmente avrebbero potuto essere confusi nella propria linea di sangue, e non tanto per il pur evidente retaggio derivante dall’antico regno di Shar’Tiagh, quanto e piuttosto per quelle loro caratteristiche fisiche, e somatiche, tali da ben comprovare, anche a confronto con lo sguardo meno attento, l’evidenza di un comune genoma dietro a tutti loro. E, come talvolta accade, interessante chiasmo avrebbe avuto a dover essere intesa una certa, più marcata somiglianza dei figli maschi con la madre e dell’unica femmina con il padre, tale da rendere gli zigomi alti e marcati di Howe, e di tutti i suoi fratelli, eredità materna, in contrasto a una sfumatura più olivastra della carnagione propria della sua sorellina, di derivazione altresì paterna. Unico, importantissimo, fattore comune tanto fra i figli maschi, quanto nell’unica femmina, degli Ahlk-Ma, avrebbe avuto a doversi intendere il verde dei loro occhi, e quell’intenso verde scintillante che, tanto Howe, quanto tutti gli altri avevano palesemente ereditato dal loro patriarca.
Su un diverso fronte, comunque, neppure gli Udonn, la famiglia di Be’Wahr, avrebbero avuto a doversi intendere qual propriamente in via d’estinzione, presentando, al seguito della capofamiglia e di suo marito, anch’essi non più giovanissimi, altre due donne, e due splendide donne che, in maniera non meno palese rispetto ai loro amici, condividevano un chiaro, comune retaggio di sangue con il biondo mercenario, oltre che, in questo frangente, con la loro matriarca. Un retaggio di sangue che, nel loro particolare frangente, non avrebbe avuto a doversi fraintendere, per loro stessa fortuna, in una comune corporatura rispetto al vigoroso Be’Wahr, quanto e piuttosto in quelle sicuramente interessanti definizioni cromatiche già per lui proprie, con pelle chiara, occhi azzurri venati di blu e lunghi, lunghissimi capelli biondi, di un’eleganza e di una bellezza più uniche che rare, e tali da ispirare immediatamente, nell’immaginazione propria di Duva, l’immagine di una coppia di modelle, o di attrici, o comunque qualcosa di assimilabile, qual sicuramente esse avrebbero avuto occasione di essere, in grazia a tali mirabili caratteristiche, accompagnate e completate da due corpi squisitamente sinuosi nelle proprie tornite forme, che, sicuramente, non avrebbero potuto mancar di ispirare invidia in qualunque donna e che, pur priva di ragioni in tal senso, non ovviarono a mancar di ispirarne anche nella stessa ex-primo ufficiale della Kasta Hamina.
E così, nel mentre in cui i propri due compagni di ventura si ritrovarono a correre a riabbracciare le proprie famiglie, lasciando con apprezzabile agilità quella rete di sicurezza e immergendosi, piuttosto, nella stretta dei loro cari; a Duva Nebiria non poté restare da fare altro se non continuare a litigare in solitaria con quella situazione ormai divenuta decisamente antipatica, non mancando inoltre, a margine di ciò, di porsi molteplici dubbi curiosi nel merito della reale biografia di quella strana coppia di avventurieri, palesemente lontani dall’immagine mentale che ella si era creata a loro riguardo, nonché di accusare uno sgradevole attacco al proprio femminile orgoglio a confronto con tanta generosa e affascinante varietà di nuove figure così subentrate sulla scena, quasi a negarle la temporanea egemonia della quale pur si era ritrovata a essere protagonista nel distacco dal resto del loro gruppo originale…

« … no… evidentemente non appartengono a una famiglia di pagliacci… » commentò sottovoce la donna, fra sé e sé, riconoscendo quanto il destino avesse allor voluto prendersi giustamente giuoco di lei per la propria precedente malignità.

E se per gli Ahlk-Ma Howe aveva già chiarito quanto essi avessero a doversi intendere una famiglia di acrobati, un inevitabile dubbio non poté che restare in Duva nel merito del ruolo proprio della famiglia Udonn, e di quella particolare coppia di conturbanti sorelle, a riguardo della quale Be’Wahr non aveva avuto occasione di sbilanciarsi in alcuna particolare presentazione, all’interno della complessa e variegata realtà propria di un circo.

« … contorsioniste…?! » si domandò, ormai rimasta a conversare sola con sé stessa, suggerendo in tal maniera possibili attività coerenti con quel contesto e con il fascino di quelle due donne, le quali, certamente, avrebbero allor meritato un posto d’onore al centro di qualunque spettacolo avrebbe avuto a poter essere allor lì organizzato « … domatrici di fiere…?! » insistette, cercando, in quella sorta di giuoco con se stessa, di contrastare la crescente frustrazione per quanto quella rete la stesse allor impacciando, facendola sentire improvvisamente incapace a muoversi « … lanciatrici di coltelli…?! » suggerì, desiderando in cuor suo, in quel mentre, di avere un coltello con il quale aver a tagliare quelle corde e a liberarsi dalle stesse una volta per tutte.

E se tale avrebbe avuto a dover essere riconosciuto suo sincero desiderio, Duva non poté che avvampare di vergogna, ringraziando in cuor proprio il fato per l’assenza di Midda e Lys’sh al proprio fianco in quel particolare momento, in quella precisa situazione, nel maturare consapevolezza di quanto, in effetti, ella possedesse un coltello, e uno splendido coltello, con il quale avere finalmente a porre la parola fine a quella tragicomica situazione prima che un attacco di isteria potesse aver occasione di coglierla. Purtroppo, e chiaramente, il destino non avrebbe ancor avuto a doversi considerare soddisfatto nel confronto con la punizione a lei così imposta per aver pensato che Howe e Be’Wahr potessero essere figli di una famiglia di pagliacci, giacché, nel momento in cui finalmente la sua destra riuscì ad agguantare il coltello riposto in un opportuno fodero all’altezza del suo polpaccio, questi ebbe a sfuggirle di mano, scivolando con mirabile precisione nelle maglie della rete e ricadendo in un sordo tonfo sulla superficie sabbiosa a cinque-sei piedi di distanza sotto di lei.
Ragione più che sufficiente per aver a imprecare, e a imprecare severamente a discapito di tutta quella situazione, nonché di se stessa e delle proprie mani chiaramente composte da molta, interessante materia, ma non certamente carne e ossa…

« … serve un aiuto?! » le si offrì, con tono divertito ma, insolitamente, non ironico né sarcastico, Howe, ritornato inaspettatamente al suo fianco, insieme, ovviamente, a Be’Wahr, evidentemente entrambi, malgrado ogni giusta emozione propria di quel momento, non poi così totalmente dimentichi di lei.

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