11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

giovedì 29 agosto 2019

3017


Duva avrebbe dovuto essere, se non felice, quantomeno soddisfatta. E soddisfatta di sé. Nell’adempimento del proprio ruolo di primo ufficiale nonché facente funzione di capitano, ella era stata in grado di portare a compimento il piano di Lange e di condurre, all’incirca in piena salute, l’equipaggio della Kasta Hamina sino a quel pianeta, riuscendo a schiantarsi in maniera all’incirca controllata nel bel mezzo di quel deserto sabbioso, dal quale, di certo, non sarebbe stato facile uscire, soprattutto nelle loro attuali condizioni, ma  nel confronto con il quale, comunque, tutti loro avrebbero avuto a dover gioire, soprattutto nell’idea della possibile alternativa, e dell’alternativa allora rappresentata dall’essere ridotti a un cumulo di polvere cosmica nello spazio aperto.
Duva avrebbe dovuto essere, se non felice, quantomeno soddisfatta. Ma come avrebbe mai potuto essere soddisfatta dopo aver assistito, in maniera assolutamente impotente, alla distruzione di quella nave che, per lunghi anni, aveva rappresentato tutto il proprio mondo? Tutta la propria e sola idea di casa?! E’ vero: l’equipaggio era in salvo e, con essi, i loro ospiti. Qualche ferito, qualche contuso, ma, anche nel merito delle condizioni di Lange, Roro si era espresso in termini positivi. E, in questo, quanto occorso non avrebbe avuto a doversi fraintendere qual declinato in tragedia. Ma… in quel giorno, in quell’ultima ora, tutti loro avevano perduto qualcuno, un lutto lo avevano egualmente subito, nella perdita di un membro molto importante della loro famiglia: la loro nave. Perché se pur la Kasta Hamina altro non avrebbe dovuto essere riconosciuta se non un ammasso di metallo, quella nave, obiettivamente, era stata il collettore utile a costituire quella loro famiglia, era stata il rifugio sicuro al quale tutti loro, pur provenendo da mondi diversi e da storie diverse, si erano lì ritrovati e riuniti, diventando membri di qualcosa di più grande tanto rispetto alla loro individualità, quanto e persino rispetto alla somma delle loro parti, in uno scarto, in una differenza, che, concedendo il giusto merito a quell’ammasso di metallo, avrebbe dovuto essere indicato proprio in essa, riconosciuto in quella nave, e in quella nave che era da sempre stata una quieta presenza accanto a loro, attorno a loro, e che, in quell’infausta giornata, aveva compiuto il sacrificio più grande soltanto per proteggerli, soltanto per assicurare loro, ancora una volta, una qualche speranza di vita.
Duva avrebbe dovuto essere, se non felice, quantomeno soddisfatta. E, ciò non di meno, ella non poté ovviare a ritrovarsi a piangere, e a piangere lacrime amare a confronto con il monumento funebre alla Kasta Hamina che, in quel deserto sperduto in un pianeta ai confini di ogni civiltà, avrebbe avuto a dover essere riconosciuta la carcassa della loro nave abbattuta… o, quantomeno, di quell’ultima parte della Kasta Hamina che, sino a lì, li aveva condotti in un ultimo, straordinario, atto di forza.

« Tutto bene, bambina…? » domandò la voce di Thaare, raggiungendola alle spalle in quella che un tempo era stata la cabina di Lange e Rula, e che, per quell’ultimo viaggio, era stata impiegata come plancia di comando, una plancia alla quale ella aveva fatto ritorno, dopo essersi assicurata che tutti stessero bene, benché lì, fra quelle quattro pareti distrutte, ormai non vi fosse più nulla di utile per loro, né vi sarebbe rimasto altro da fare.
« Sì… sì. » si affrettò a rispondere verso la cuoca, accennando un movimento affermativo con il capo salvo, di lì a un istante, vederlo mutato in un movimento di diniego, al quale anche la sua voce ebbe a adeguarsi, rettificando la replica precedente « No... per nulla. » confessò, non voltandosi verso di lei per non offrire evidenza di quella stupidità, e di quella debolezza emotiva, che allora la stava portando a piangere, e la stava portando a piangere per la perdita di una nave « Nulla va bene… »
« Hai fatto ciò che hai potuto per salvarci. » tentò di rassicurarla l’altra, accostandosi a lei pur senza sfiorarla, a voler rispettare in tal maniera il suo dolore e quella sua palese volontà di isolarsi, ragione per la quale lì dentro aveva allor fatto ritorno « Hai fatto ciò che hai dovuto per salvarci. » soggiunse, a riformulare quell’ultima asserzione, per meglio evidenziare quanto, tutto ciò, avrebbe avuto a dover essere contraddistinto da un carattere d’emergenza che, in effetti, ben poche alternative avrebbe potuto riconoscere loro « Non c’è nulla di cui tu ti possa o ti debba rimproverare… »
« Abbiamo perso tutto, Thaare… abbiamo perso tutto. » scosse ancora il capo Duva, comprendendo di star apparendo probabilmente simile a una bambina capricciosa per quella propria reazione e, ciò non di meno, avendo intima necessità di reagire in tal maniera, per riuscire ad affrontare tutto quanto conservando un minimo di salute mentale « Dopo oggi, nulla sarà più come prima. Tutto è cambiato. »
« Nulla è andato perduto… » escluse tuttavia, con assoluta quiete, la voce della cuoca, offrendosi meravigliosamente materna verso di lei « Siamo tutti qui. Ti stanno tutti aspettando fuori da questa porta. E sono… e siamo tutti insieme, come siamo sempre stati e come, fino a quando vorremo, continueremo a essere, a prescindere dal luogo, a prescindere dal mezzo: siamo sempre noi stessi. » affermò con assoluta fiducia in tali parole « Nulla è cambiato. »

Thaare aveva ragione. Duva lo sapeva, e lo sapeva perfettamente. Perché al di là dell’esigenza emotiva, in quel momento, di un’estemporanea regressione infantile utile ad affrontare quel trauma e quel lutto, una parte della sua mente non avrebbe potuto continuare a fronteggiare la questione in maniera assolutamente razionale e controllata, e in termini utili da essere quietamente confidente della realtà espressa dalle parole della cuoca.
Ciò non di meno, per l’appunto, in quel momento ella aveva bisogno di piangere la fine di quel capitolo della propria vita, della vita di tutti loro, e, ancor più di quel pianto, aveva bisogno di sentirsi rassicurata, e sentirsi rassicurata proprio dalle parole che Thaare, con squisita puntualità, le stava lì rivolgendo, le stava lì dedicando, a confermare, con più speranza che certezza, quanto tutto sarebbe andato bene. E quanto tutto sarebbe andato bene fino a quando fossero continuati a restare insieme, come la famiglia che, nel corso del tempo, erano divenuti.
Se questo fosse occorso, se il loro equipaggio non si fosse scisso in una drammatica diaspora, il sacrificio della Kasta Hamina non sarebbe stato vano. E dovunque essi sarebbero andati, su qualunque nave si sarebbero ritrovati a vivere in futuro, nulla, in quel giorno, sarebbe realmente andato perduto.

« Perdonami… » domandò la donna, asciugandosi il volto con le mani e inspirando profondamente, prima di voltarsi per affrontare, faccia a faccia, la cuoca « … a volte mi comporto da stupida. » tentò di giustificarsi, e di argomentare in tal maniera la propria reazione, in termini a confronto con i quali, tuttavia, l’altra non parve essere d’accordo, per così come immediatamente ebbe a esplicitare intervenendo in sua risposta.
« Se Lange fosse qui in questo momento, probabilmente sarebbe ben lieto di offrirti ragione. » sorrise Thaare, scuotendo appena il capo, a escludere, da parte sua, una conferma a tal riguardo « Ma, se anche fosse vero che a volte ti comporti da stupida… posso assicurarti che questa non è una di quelle, bambina. » negò ancora con quieta fermezza, non concedendole ragione neppure a tal riguardo « Sei soltanto una persona, Duva. Una persona come tutti noi. E una persona che ha combattuto e ha perduto qualcosa di importante, una parte rilevante della propria vita… come tutti noi e, forse, in misura persino maggiore rispetto a chiunque altro di noi, fatta eccezione proprio per il tuo ex-marito. » esplicitò, a non limitare il proprio diniego a una semplice posizione di fatto, quanto, e piuttosto, impegnandosi allor a offrirvi un senso, e un senso compiuto « Ed è giusto che tu possa sentirti triste per questo. E’ giusto che tu possa anche piangere per questo… senza vergogna alcuna. »

E Duva, così rincuorata da quel surrogato materno, qual Thaare allora si stava a lei offrendo, non poté ovviare ad abbracciarla, e ad abbracciarla con sincero affetto e gratitudine, per tutto ciò che, in quel momento, e in ogni altro momento, ella non si era mai negata di fare a bordo della Kasta Hamina, incarnando, di buon grado, il ruolo della benevola matriarca di cui, in fondo, tutti loro avevano sempre avuto bisogno e di cui, ancora, e allora più che mai, avrebbero continuato ad abbisognare.

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