Rassicurata nel merito delle condizioni della propria compagna d’arme, Midda Bontor poté concentrare tutto il proprio interesse in direzione della manticora, a prendere visione dell’esito della non banale manovra corale così appena condotta a termine.
Un azzardo, quello da lei in tal maniera ideato, che avrebbe potuto concludersi, banale a sottolinearsi, in soltanto due modi: o con un successo, o con un fallimento. In caso di fallimento, in effetti, ben poco sarebbe cambiato nel merito della loro attuale condizione: in sfida contro una creatura immortale, realmente immortale purtroppo, se quell’azione non avesse condotto ad alcun risultato positivo, certamente non avrebbe neppur avuto a peggiore particolarmente le cose. Ragione per cui, non potendovi essere margine di peggioramento, ogni tentativo avrebbe avuto senso d’essere posto in essere e d’essere posto in essere con la speranza avesse a condurre a un successo. E in caso di successo...?
Beh: la Figlia di Marr’Mahew era più che desiderosa di verificare, in prima persona, le conseguenze in caso di successo.
« O la va... o mi spacca... » sussurrò quindi fra sé e sé, accennando ad avanzare di un passo in direzione della manticora, per attirarne l’attenzione e, soprattutto, per invocare la sua offensiva a proprio discapito.
E se pur, la bestia ritornata ebbe a tentare di scattare in avanti, desiderosa di affondare le proprie zanne nelle carni della propria antagonista, tale impegno non riuscì a riservarsi opportunità di successo, nel momento in cui, a trattenerla nella propria posizione non mancò di offrirsi quella picca, e quella picca con la quale la Figlia di Marr’Mahew l’aveva letteralmente inchiodata al suolo.
Così, alla manticora non poté restare altra possibilità che esprimere tutta la propria frustrazione in un alto grido di rabbia: non dolore, laddove alcun patimento avrebbe potuto conseguirle dal ritrovarsi così impalata, quanto e piuttosto frustrazione e rabbia, emozioni che pur avrebbero avuto a contraddistinguerla anche nella propria condizione di non morta. E più che roteare su di sé, a cercare di comprendere il perché della propria impossibilità a procedere, essa non ebbe a poter fare altro, gridando quanto, probabilmente, nella propria “lingua”, se tale avesse avuto a poter essere intesa, avrebbe avuto a dover essere considerata una giustificata serie di improperi a discapito di tutto ciò.
« D’accordo, gente! » gridò Midda, ritraendosi rapidamente dalla manticora, per avere a dirigersi verso il gruppo dei carovanieri « Liberiamoci alla svelta degli zombie... non ho idea di quanto a lungo potrà reggere quella picca! »
Lys’sh, dal canto proprio, avrebbe avuto già a doversi intendere impegnata in tal senso, e impegnata in contrasto a quella più primitiva, ma non meno antipatica, specie di non morti, gli “originali” di quel mondo, di quel pianeta, prima che i poteri della Portatrice di Luce e dell’Oscura Mietitrice avessero a introdurre in giuoco anche i ritornati.
A differenza dei ritornati, a differenza di Lora, gli zombie originali non avrebbero avuto a dover essere intesi contraddistinti da una qualche intelligenza di sorta, né, tantomeno, da una qualsivoglia consapevolezza di sé: animati semplicemente da un primitivo desiderio di morte, essi erano soliti muoversi in maniera scoordinata, ma in numero improbo, per travolgere e sommergere qualunque avversario, qualunque preda, ampliando, nella morte delle proprie controparti, le proprie stesse fila. E a nulla sarebbe servito spaccare loro i crani, o mutilare gli arti: fino a quando avessero avuto libertà di agire, avrebbero continuato ad agire, fossero ridotti anche a una singola mano o a un singolo dito. Fortunatamente, a differenza dei ritornati, gli zombie originali non avrebbero avuto a poter vantare alcuna sorta di rigenerazione, né, tantomeno, alcuna indifferenza al fuoco: il metodo più semplice per fermarli, quindi, sarebbe stato quello di bruciarli... il metodo più noioso, altresì, sarebbe stato quello di ridurli in brandelli così piccoli da non avere a rischiare alcun ulteriore aggressione da parte loro.
Consapevole di ciò, quindi, la giovane ofidiana aveva nuovamente estratto le proprie lame e si stava lì impegnando a sferrare colpi rapidi e precisi in direzione di quel ristretto gruppetto di non morti. Un gruppetto così piccolo, nel proprio numero, da non aver a poter essere considerata una reale ragione di minaccia né per la stessa Lys’sh, né, ancor meno, per la leggendaria Midda Bontor. E, ciò non di meno, una minaccia che avrebbe avuto a dover essere eliminata quanto prima, fosse anche e soltanto per assicurare loro la serenità di azione necessaria per affrontare il problema maggiore, e il problema maggiore rappresentato dalla manticora.
« La lasciamo così...? » domandò quindi Lys’sh, in riferimento alla manticora, nel mentre in cui, con un doppio movimento incrociato delle proprie lame faceva saltare la testa di uno degli zombie a lei innanzi « O hai altro in mente...?! »
« Sinceramente non vorrei perdere troppo tempo, considerando tutto quello che abbiamo da fare... » replicò allora la donna guerriero, accorrendo in aiuto alla sorella minore « ... ma non mi sentirei neppure a posto con la coscienza a lasciare un simile mostro libero di muoversi per le valli fra Kofreya e Tranith. »
« Ergo...? » questionò l’altra, cercando qualche migliore definizione per un eventuale piano d’azione.
« Ergo prima ci liberiamo degli zombie... e poi cerchiamo un modo per assicurarci che quella dannata possa restare ancorata al suolo per il resto della sua esistenza immortale. O, per lo meno, fino a quando non avremo occasione di passare da queste parti con un’arma al plasma, per restituirla all’oblio dal quale è stata richiamata. » propose la Figlia di Marr’Mahew, affrontando con quieto pragmatismo la situazione.
Ovviamente Midda Bontor sarebbe stata più che felice di accettare soluzioni alternative a quella, idee più costruttive rispetto a quanto compiuto sino a quel momento nel corso della propria vita.
Durante gli anni trascorsi fra le stelle del firmamento, del resto, aveva avuto occasione di porsi non pochi dubbi nel merito delle proprie passate azioni, e delle proprie passate azioni a discapito di chi giudicato, nel rispetto della tradizione della propria cultura, pari a un mostro sol degno d’essere ucciso. Dubbi sicuramente giustificati dal fatto di aver stretto una profonda e importante amicizia con una donna rettile; ma anche dall’essersi ritrovata a confronto con una specie così aliena a ogni senso di umanità da esser considerata pressoché pari a una prelibatezza alimentare, salvo, invece, avere a scoprirsi dotate di un vero e proprio intelletto, di un proprio senso identitario e, ancora, di una propria cultura. Insomma: se un crostaceo gigante come uno scillarita era stato riconosciuto qual un essere senziente degno di rispetto al pari di qualunque altro umano, ofidiano o feriniano che dir si volesse, perché mai quella manticora avrebbe avuto a dover essere giudicata diversamente...?!
Purtroppo se con gli scillariti la chiave di volta era stata l’imprevista possibilità di dialogo, con loro offerta dagli incredibili traduttori automatici in uso, all’epoca, a bordo della Kasta Hamina per sopperire alle differenze linguistiche esistenti fra Midda e i propri nuovi amici; tale possibilità non avrebbe avuto a poter essere intesa all’orizzonte attuale, in termini tali da lasciar i versi emessi dalla sempre più rabbiosa manticora soltanto qual, per l’appunto, versi. E versi incomprensibili, dai quali l’unica cosa a trasparire sarebbe stata tutta la brama di sangue e di morte di quell’orrida creatura.
« Ci servono delle funi molto grosse... o, meglio ancora, delle catene. » suggerì quindi, in un’implicita richiesta in direzione degli uomini e delle donne della carovana « Avete forse qualcosa di utile in tal senso...?! »
« Funi. Grosse funi. » confermò Cergi, annuendo a quelle parole « Possiamo occuparcene noi! » ribadì, a sottolineare il concetto.
Nessun commento:
Posta un commento