11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

lunedì 25 febbraio 2019

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Ritrovarsi a confronto con l’imbarazzo del proprio interlocutore riuscì a restituire alla donna una certa dose di coraggio e di autocontrollo, nel suggerire, da parte di quell’uomo una certa, evidente soggezione verso di lei, e una soggezione innanzi alla quale poter egoisticamente acquisire una posizione di maggiore forza emotiva in quel loro confronto, in quel loro dialogo, non avendosi più a considerare così svantaggiata per come aveva temuto, e creduto, di aver a essere.
Così, sorridendo a sua volta con aria divertita, ella ebbe per la prima volta a volgere attenzione verso il libro da lui tenuto in mano, piegando appena il capo per poterne meglio scrutare il titolo.

« “La saga di Elric di Melniboné”… » scandì, a bassa voce, scrutando il dorso del volume e le bianche lettere su sfondo scuro lì stampate sulla copertina « … sei proprio un estimatore del genere, a quanto vedo! » osservò, ben conoscendo quella saga, e, ovviamente, amandola, al pari di molte altre che, al proprio risveglio, aveva avuto occasione di scoprire, anche su consiglio di Jacqueline, in quella che, a modo suo, avrebbe avuto a dover essere inteso qual un percorso riabilitativo nell’aiutarla sempre più a distinguere la fantasia, e i prodotti della fantasia di bravissimi autori, dalla realtà.
« In verità l’ho appena iniziato. » ammise egli, sollevando il libro per meglio mostrarlo alla propria interlocutrice e, in ciò, palesando una vecchia edizione con pagine ingiallite dal tempo « L’ho comprato poco fa a una bancarella… ma devo dire che sembra decisamente interessante. »
« Ci credo… è un classico! » sorrise ella, accennando alla panchina per invitarlo a tornare a sedersi e per sedersi a sua volta accanto a lui « Poi… per carità: i puristi del genere faticano a considerarla sword & sorcery, nell’originalità del personaggio creato da Moorcock. Ma se consideri che, già negli anni ’70, Thomas e Winsdor-Smith vollero inserire il personaggio in due episodi della serie a fumetti di “Conan il Barbaro”, ti fa capire quanto il discorso, a tutti gli effetti, sia fine a se stesso. » argomentò, condividendo quell’adorazione, da lei dimenticata e poi riscoperta, che fin da bambina l’aveva contraddistinta nei confronti del personaggio di Howard e che, in buona parte, doveva essere stata anche causa scatenante della scelta dell’ambientazione del proprio lungo viaggio mentale nel corso dei suoi anni di coma.
E Basel, ascoltandola con attenzione, non poté fare a meno di sorridere, e di sorridere con quei suoi bianchi e candidi denti perfetti e con quei suoi meravigliosi occhi castano-arancioni, scuotendo appena il capo prima di commentare: « E ora farò finta di aver compreso almeno una parte del discorso… giusto per non perdere l’occasione di scambiare quattro chiacchiere con te. » dichiarò divertito, non desiderando apparire ironico verso di lei, quanto e piuttosto verso se stesso, nel dimostrare, al contrario, soltanto compiacimento ad avere la possibilità di essere lì, in quel momento, in sua compagnia.
« Oh… » arrossì appena Maddie, per tutta risposta, nel rendersi conto di quanto, così facendo, non avrebbe potuto ovviare a offrire la stereotipata immagine dell’autrice un po’ disadattata, immersa sino al collo in un mondo di romanzi, racconti e fumetti.
« No, no. Ti prego… non avere da imbarazzarti. » escluse egli, levando le mani innanzi a sé a richiederle di arrestarsi, metaforicamente, in quel proprio cammino emotivo « Sono io a essere in fallo, non tu. E, te lo prometto, rimedierò al più presto, recuperando tutto ciò di cui mi hai appena parlato. »
« Auguri… » sorrise ella, divertita all’idea « Riuscire a trovare quell’albo a fumetti non è affatto semplice… te lo posso assicurare per esperienza diretta! » commentò, aggrottando la fronte e sospirando al ricordo delle difficoltà che aveva dovuto affrontare, l’anno prima, a recuperare tutti quei pezzi della propria infanzia dimenticata, per cercare di ricostruire, almeno in minima parte, i ricordi perduti.

Per un lungo istante, chiusa la fugace parentesi così aperta attorno all’ultimo erede dell’Impero Fulgido, Maddie ebbe a scoprirsi in quieto silenzio, intenta a osservare l’altro, forse nell’incertezza su come proseguire il discorso o, forse e semplicemente, nella difficoltà a razionalizzare quanto allora stesse accadendo e, in tutto ciò, l’essere lì seduta, nel mondo reale, a una distanza estremamente prossima al proprio amato Be’Sihl.
Tuttavia, l’interesse ebbe a dimostrarsi chiaramente reciproco, giacché, nel mentre in cui lo sguardo dell’una non si stava negando possibilità di percorrere, centimetro per centimetro, millimetro per millimetro, ogni minima porzione del suo volto, a confrontarne l’assoluta coerenza con i propri ricordi, con le proprie memorie, in ogni minima imperfezione, in ogni più piccola, e praticamente invisibile, cicatrice o ruga; anche l’altro non mancò di offrirle discretamente tutta la propria attenzione, contemplando il volto della donna con serenità, osservandola, in verità, senza apparente curiosità o ricerca di dettaglio, quanto e piuttosto con familiarità, per così come avrebbe potuto osservarla suo padre, sua sorella o il suo amato Desmond. Persino la di lei cicatrice, quel lungo sfregio presente sul suo volto in corrispondenza al suo occhio mancino, non parve suscitare particolare interesse in lui, quasi avesse allora a doversi riconoscere qual la cosa più ovvia, più normale al mondo, per così come, in verità, ai più era solita creare un certo imbarazzo, nell’incapacità a smettere di osservarla e, ciò non di meno, nella consapevolezza di quanto probabilmente maleducato avrebbe avuto a doversi giudicare un simile comportamento, un tale interesse nei confronti di quella ferita.
Della reciprocità dell’interesse fra i due, tuttavia, Maddie non ebbe a rendersi conto, non laddove, quando alla fine ebbe a comprendere di star osservando, in silenzio, il proprio interlocutore, studiandone con fare probabilmente innamorato il volto, l’imbarazzo fu tale da impedirle di notare qualunque altro particolare, costringendola, anzi, a voltarsi rapidamente in altra direzione e a pregare al fine di non avvampare come un peperone, per la vergogna allora provata…

« Comunque… » esitò, tentando di riprendere voce e di recuperare un qualche dialogo con lui, a dissimulare quanto accaduto e il proprio stato emotivo « … stavi commentando qualcosa nel merito della fenice, o sbaglio?! » domandò, riagganciandosi al discorso precedente, e a quell’accenno con il quale egli aveva provato ad attirare la sua attenzione, nel verificarne, al contempo, l’identità.
« Ah… sì. » annuì egli, forse già dimentico della questione e, tuttavia, così invitato a esprimersi, obbligato a recuperarla « Premesso che non desidero polemizzare su quanto l’impiego della fenice, alla fine di “Trent’anni dopo”, potrebbe essere, o non potrebbe essere, un facile deus ex machina per risolvere la questione, confidando nel fatto che, comunque, con il tempo tutto avrà a essere chiarito; non risulta tuttavia immediata la comprensione delle tempistiche con le quali decide di intervenire nello scontro… » argomentò l’uomo, analizzando con cura il finale della quarta storia da lei pubblicata all’interno del secondo volume, appena edito « Cioè… perché ha dovuto attendere proprio all’ultimo istante per prendere il controllo della situazione e riportare Midda al suo giusto flusso temporale? Non avrebbe potuto semplicemente impedirle quei trent’anni di esilio, salvandola un istante dopo il suo sacrificio per recuperare la corona perduta della regina Anmel Mal Toise?! »
« Questa è una gran bella domanda… » confermò Maddie, in un interrogativo che, in verità, si era posta a sua volta, anche in riferimento a un altro simile evento, del quale non aveva tuttavia ancora avuto occasione di riportare esperienza per iscritto « Devo essere sincera, non ho proprio una risposta pronta: diciamo che mi sono fatta anch’io un’idea… ma che poi questa idea sia reale o meno, resta tutto da capire. » ammise, forse esprimendosi con un po’ troppa sincerità innanzi al proprio lettore, palesando una certa inconsapevolezza che pur non avrebbe avuto a dover contraddistinguere l’autrice di un’opera… anzi.
« … sentiamo! » la invitò, tuttavia, Basel, non soffermandosi su quanto improprio sarebbe stato, da parte sua, non avere idee chiare a tal riguardo e, anzi, doversi ritrovare a esprimere congetture di sorta, quasi quell’evoluzione della storia non avesse a dipendere da lei e da lei che, altresì, avrebbe avuto a dover essere giudicata, nel proprio ruolo di scrittrice, l’unica vera signora e padrona di quella storia e di ogni propria evoluzione, positiva o negativa che essa fosse, nell’ovvio e necessario implicito che quella storia avesse a doversi riconoscere qual, effettivamente, una storia normale.

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