Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.
Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!
Scopri subito le Cronache di Midda!
www.middaschronicles.com
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E siamo a... QUATTROMILA!
Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!
Grazie a tutti!
Sean, 18 giugno 2022
Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!
Grazie a tutti!
Sean, 18 giugno 2022
sabato 1 dicembre 2018
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Avventura
053 - Il risveglio
Complice l’assenza del suo braccio destro, riuscire a trattenere la donna guerriero non sarebbe stato così facile per coloro i quali, in quel momento, si stavano impegnando a tal fine. Ragione per la quale, con deciso un colpo di reni, e sì rischiando la lussazione della spalla ma, ciò non di meno, riportando una certa fortuna in tal senso e uscendone indenne, ella riuscì a scivolare via dalla presa di uno dei propri due nuovi potenziali antagonisti, e, così liberatasi, a sottrarsi rapidamente anche alla presa dell’altro, pur costretta, in ciò, ad abbandonare la propria arma improvvisata, quella protesi eletta a semplice clava. Riconquistata libertà, la sua, in conseguenza alla quale ella si voltò immediatamente verso i due subentrati avversari, pronta a dichiarar loro guerra, nell’aver ormai ritrovato anche tutto il proprio spirito guerriero prima assopito, e, forte di esso, nel non desiderare concedere più ad alcuno di poter abusare della forza a proprio discapito, tutt’altro che dimentica del sapore del proprio stesso sangue, per così come le aveva ricolmato la gola a seguito dei colpi subiti, della prima reazione dello stupratore, ora, altresì, lì immobile a terra, come morto… forse e addirittura morto… speranzosamente morto, dal suo personalissimo punto di vista.
Ma voltatasi verso le due figure allora subentrate, allora intervenute nella volontà di arginare la sua foga, ella non poté ovviare a riconoscere le uniformi di due carabinieri, e di due carabinieri, allora, chiaramente sorpresi e confusi nel confronto con lo straordinario spirito combattivo dimostrato da quello scricciolo, qual pur ella avrebbe avuto a dover essere legittimamente descritta, e nel confronto con l’allora evidente consapevolezza di quanto, l’improvvisata arma da lei adoperata in contrasto all’uomo lì riverso a terra, altro non avrebbe avuto a dover essere considerato se non il suo stesso braccio, la protesi per lei lì mancante sul fronte destro.
« Signora… la prego, si calmi. » insistette uno dei due carabinieri, dimostrando di non voler ricorrere all’uso della forza a suo discapito e, ciò non di meno, non potendo neppure ipotizzare altra soluzione nel momento in cui ella avesse proseguito in quella direzione a loro ostile.
Non per le parole da questi allor pronunciate, non per l’invito così da lui rivoltole, quanto e piuttosto, probabilmente, nel confronto con l’immagine dell’ordine costituito, con la presenza dell’autorità, per così come proposta dalla presenza di quei due carabinieri, per così come alfine subentrata nella scena, qualcosa in lei ebbe a frenare il battagliero incedere, lasciandole comprendere quanto, ormai, non fosse più necessario insistere in quella lotta, proseguire in quella battaglia, avendo portato a compimento il proprio ruolo e, forse, avendo salvato quella giovane vittima. E proprio a lei, quindi, ebbe a rivolgersi il suo sguardo, nel cercarne l’immagine, e nel trovarla, ancora stesa a terra, tremante, piangente, e lì chiaramente animata da vivo terrore, e da terrore che, ancora a lungo, suo malgrado, l’avrebbe accompagnata, ma ineccepibilmente viva.
« … la stava… violentando. » argomentò, in direzione dei due carabinieri, nel mentre in cui, scemando l’adrenalina, ella non poté ovviare a sentire le forze venirle meno, iniziando a perdere il controllo sul proprio stesso corpo, oltre che sull’ambiente circostante « La stava… violentando… » ripeté, tornando con lo sguardo verso il proprio aggressore divenuto propria vittima, ancora immobile a terra, forse morto, speranzosamente morto, e con le proprie vergogne ancor visibili, a dimostrazione delle parole da lei proposte, a riprova di quanto lì stesse succedendo « … non potevo… ignorarlo… »
Ma prima che uno dei due carabinieri potesse prendere in considerazione l’idea di risponderle, e di risponderle, allora, sicuramente con tono accomodante, nel non desiderare, in alcuna maniera, riaccendere il lei quel fuoco ora sopito, ravvivare quell’ira ora scemata, l’oscurità piombò sulla sua mente ed ella ebbe lì ad accasciarsi a terra, simile a un sacco vuoto.
« Signora! » esclamò uno dei due carabinieri, muovendosi rapido verso di lei per soccorrerla, per accertarsi del suo stato di salute, nel mentre in cui l’altro iniziò ad armeggiare con la propria radio, per chiedere l’intervento di tre ambulanze, in una richiesta forse tardiva, nel confronto con l’evidenza propria di quella scena, e in un ritardo tuttavia allor più che giustificato da quanto lì stava accadendo, nella primaria esigenza di arginare la violenza in corso ancor prima di potersi concedere qualunque altra azione.
Quasi l’energia propria di Midda, che pocanzi l’aveva invasa e animata, permettendole di portare a termine quell’impresa, di affrontare quella battaglia, per così come, altrimenti, non avrebbe avuto alcuna possibilità di compiere, avesse repentinamente abbandonato le stanche e dolenti membra di Maddie; la donna, lì precipitata a terra, fu nuovamente sommersa da tutto il patimento precedente, dalle conseguenze negative dell’aggressione subita, e di un’aggressione che, comunque, non avrebbe avuto a doversi considerare così banale, anche e soltanto nel confronto con l’evidenza offerta dal suo naso rotto e dal sangue che, ancora copiosamente, non stava cessando di ridiscendere a trasformare la parte inferiore del suo volto in una maschera di sangue.
Anche in quel momento, tuttavia, il proprio pensiero non ebbe a essere rivolto a se stessa, quanto e piuttosto a colei per la salvezza della quale tanto si era arrischiata, e tanto aveva compiuto…
« … non permettetegli di far… di farle ancora del male… » sussurrò verso il carabiniere a lei accorso, il viso del quale, tuttavia, non fu neppure in grado di distinguere nell’annebbiamento della propria vista, nelle tenebre in cui, ancora una volta, la propria mente stava precipitando, condannandola, allora, a perdere nuovamente il contatto con la realtà, e con una realtà che, attorno a lei, avrebbe allora avuto a dover trovare la propria occasione di proseguimento, di evoluzione, purtroppo senza il suo contributo.
« Ci penseremo noi. » la volle rassicurare la voce del carabiniere, probabilmente allora accompagnata da un movimento di asserzione da parte del suo capo, o di un sorriso tranquillizzante, che pur non riuscirono a offrirsi evidenti all’attenzione della donna, e all’attenzione di colei che, quasi, non ebbe neppure occasione di ascoltare quella replica, né, parimenti, di rendersi conto dell’arrivo, accanto a lei, di quell’uomo.
Il silenzio così piombò allora sulla mente di Maddie e sulla scena attorno a lei.
Un silenzio animato, allora, anche dall’ineluttabile confusione propria delle menti di quei due carabinieri, che mai avevano avuto passata occasione di assistere a qualcosa del genere, e che, obiettivamente, non avrebbero avuto neppure reale possibilità di confidenza su come poter agire, o reagire, nel confronto con tutto quello. Accertate, tuttavia, le condizioni della donna, necessario per loro fu anche tentare di prendere coscienza con lo stato degli altri attori lì coinvolti nei fatti, muovendosi, con discrezione, tanto verso l’aggressore aggredito, quanto verso la di lui vittima: e se quest’ultima, ovviamente in stato confusionale per quanto accaduto, non stava riportando fortunatamente segni evidenti di traumi oltre, imperdonabilmente, alle conseguenze stesse dello stupro; per il primo, per lo stupratore, la questione avrebbe avuto a doversi riconoscere altresì più complicata, per così come il carabiniere a lui sopraggiunto, lo stesso che pocanzi aveva chiamato i soccorsi, ebbe a rendersi quasi immediatamente conto…
« Giova’… » richiamò allora l’amico e collega, con tono necessariamente funereo, ritraendosi dal corpo steso a terra con una smorfia in viso.
« Che c’è…? » lo interrogò il primo, purtroppo già consapevole di quanto l’altro avrebbe voluto comunicargli e tutt’altro che entusiasta di ciò… anzi.
E, a conferma di ogni suo timore, di ogni suo sospetto, non mancarono di giungere le parole del commilitone, a complicare terribilmente tutta la situazione: « C’è che questo è morto. »
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