NOTA
INTRODUTTIVA: Il seguente episodio, autoconclusivo, ha da considerarsi
quale un evento speciale estraneo alla consueta continuità narrativa
della serie e concepito nella sola volontà di festeggiare il
raggiungimento di un traguardo importante come quello rappresentato dal quattromillesimo episodio, oggi pubblicato.
Quando la donna guerriero si ritrovò a volare letteralmente in aria, a essere catapultata verso il cielo come se nulla fosse, il suo amor proprio non poté mancare di avere ovviamente a risentirne.
Come avrebbe mai potuto essere altrimenti...?
Tutto aveva avuto inizio dalla fine, e dalla fine di una sua avventura come tante. Non un’avventura particolarmente degna di nota. Non un’avventura su cui qualche cantore avrebbe potuto avere di che riportare memoria. E, tuttavia, un’avventura che le aveva fruttato un certo gruzzolo. E solo gli dei avrebbero potuto sapere quanto, in quel periodo, il denaro avesse a farle comodo.
Sulla via del ritorno, ella si era venuta tuttavia a scontrare con un paio di brutti ceffi, due sventurati malintenzionati che, evidentemente, non la conoscevano di fama, e che, avendo a confrontarsi con l’immagine di una donna sola avevano evidentemente presunto di poter avere facilmente la meglio su di lei.
Illusi!
E così, benché essi prima di allora, chiaramente, non la conoscevano di fama, dopo quell’incontro non avrebbero avuto a dimenticare facilmente i suoi disordinati capelli color del fuoco, né i suoi occhi color del ghiaccio, un contrastante abbinamento che non avrebbe potuto mancare di risuonare qual un monito, un chiaro segnale di pericolo, volto a spingerli cercare altrove soddisfazione alle proprie brame di facile arricchimento.
Ella li aveva fatti volare letteralmente in aria, li aveva catapultati verso il cielo come se nulla fosse, e quei due disgraziati, con occhi sgranati e bocche spalancate per lo stupore e la paura, non avevamo potuto fare a meno di darsela a gambe... ovviamente dopo essere riatterrati, dolorosamente, al suolo.
A margine di quello scontro, tuttavia, due occhietti curiosi avevano avuto ad assistere a quanto lì avvenuto. Due occhietti curiosi ai quali avrebbero avuto a corrispondere anche due manine leste nell’afferrare il borsello dell’oro caduto a terra alla stessa donna guerriero nel corso della fugace colluttazione con i propri aggressori. E due manine leste nell’afferrare il borsello dell’oro le quali erano lì accompagnate da due zampette altrettanto veloci, nel correre via conducendo seco quello stesso borsello, non necessariamente per un qualche intento furfantesco, ma anche e soltanto per semplice curiosità, o per volontà di giuoco.
Ma la donna guerriero, protettasi dall’assalto dei due brutti ceffi, non avrebbe allor potuto permettere a una scimmietta da circo che indossava dei pantaloni blu e una giacca gialla, accompagnata, sopra la testa, da una paglietta bianca, di avere successo nel derubarla del proprio oro.
« Ehi, ferma tu! » intimò pertanto.
Ma la scimmietta non offrì allora alcuna evidenza di essere interessata a concederle ascolto. E così, più sorpresa che altro, la donna si ritrovò costretta a rincorrere quel piccolo primate, nella volontà di non avere a vanificare del tutto quell’avventura già priva d’ogni particolare ragione d’interesse, non potendo che ridere di se stessa per aver concesso a quell’animaletto di sottrarle il proprio tesoretto in maniera così banale.
Correndo attraverso il bosco, quindi, la donna guerriero raggiunse la periferia di una cittadina, emergendo dagli alberi giusto in tempo per veder la scimmietta superare il cancello di una villetta, circondata da un amplio giardino.
La donna dai capelli color del fuoco e dagli occhi color del ghiaccio non desiderava arrecare disturbo ad alcuno, soprattutto al proprietario di quella casa, chiunque egli fosse. Ma, al tempo stesso, non desiderava neppure riconoscerla vinta alla scimmietta. E così, offrendo buon viso a cattivo giuoco, ella ebbe a scavalcare agilmente lo steccato posto a circondare la casa, per avanzare con discrezione all’interno di quel giardino non particolarmente curato... o, in effetti, decisamente disordinato, lasciato in tutto e per tutto libero di esprimersi secondo i propri capricci.
Avvicinandosi alla villa, all’interno della quale ormai era scomparsa la scimmietta, ella ebbe a concedersi un istante di stupore nel ritrovarsi a osservare un cavallo. E se nulla di strano avrebbe avuto a doversi intendere nell’esistenza di un cavallo, di certo non il primo né l’ultimo che ella avrebbe avuto a vedere in vita sua, decisamente insolito avrebbe dovuto essere altresì giudicata la presenza del cavallo nella veranda di quella casa, quasi, allorché una veranda, essa avesse a intendersi qual una stalla. Ma quella non era una stalla, era una veranda. E malgrado fosse una veranda, quello era comunque un cavallo: un cavallo quietamente sistemato all’interno di una veranda.
« Questa è bella... » commentò fra sé e sé, domandandosi quali altre bizzarrie avrebbero mai potuta attenderla all’interno di quell’edificio, nell’annoverare già la presenza di una scimmietta con una paglietta bianca in testa e un cavallo residente nella veranda.
Disordine. Ecco cosa ebbe ad attenderla all’interno della villa. Un disordine decisamente disarmante anche per lei, che, di certo, non avrebbe potuto vantar particolare pignoleria in tal senso. E un disordine tale da poter rendere persino impensabile avere a ritrovare la scimmietta.
Se non fosse che, in effetti, la scimmietta non era nascosta in alcun punto in particolare, ma, anzi, sedendo al centro del tavolo della cucina, era intenta ad armeggiare con il nodo presente a tenere chiuso il suo borsello, evidentemente animata da un’infantile curiosità per il contenuto dello stesso.
« Scusami... ma quello sarebbe mio! » sancì, avvicinandosi verso il tavolo e la scimmietta, con l’intento di riappropriarsi del maltolto.
Ma la scimmietta, forse colta di sorpresa dalla discrezione con la quale ella aveva saputo muoversi sino a quel momento, ebbe a lanciare un grido d’allarme a confronto con quella presenza imprevista e, potenzialmente, minacciosa.
E fu allora che ella si ritrovò a volare letteralmente in aria, a essere catapultata verso il cielo come se nulla fosse. E non per l’intervento di un gigante, o di qualche nerboruto bruto, quanto e piuttosto di una bambina, e di una bambina apparsa quasi dal nulla.
Con un nasino a patata al centro di un viso spruzzato da lentiggini, e con una montagna di rossi capelli color carota stretti un due trecce sparate l’una a destra e l’altra a sinistra del suo capo, quella bimba magrolina, vestita con un bizzarro abito blu rattoppato di rosso, una lunga calza marrone e l’altra nera, nonché due enormi scarpe ai piedi, avrebbe avuto certamente a rappresentare il naturale completamento di quel bizzarro contesto. Ma tutt’altro che naturale, in tal senso, avrebbe avuto a dover essere considerata la facilità con la quale era stata capace non soltanto di sorprendere la donna guerriero ma, addirittura, di sollevarla di peso e catapultarla in aria, al solo scopo di proteggere la propria scimmietta.
Sì. Perché l’unica ragione alla base di quell’apparente aggressione altro non avrebbe avuto a dover essere intesa se non quella volontà di difesa, e di difesa per il piccolo primate spaventato, per così come ebbe subito a chiarire, prendendo voce verso la sconosciuta introdottasi in casa propria...
« Perdonami. Ma non è affatto carino far la gradassa con una piccola scimmietta indifesa! » si giustificò pertanto.
La donna guerriero, ritrovatasi precipitata oltre la veranda e giù per i gradini, così sdraiata sul vialetto d’ingresso dalla villa, non prestò caso al dolore dell’impatto al suolo, nel preferire rialzarsi rapidamente al solo scopo di poter meglio osservare la propria interlocutrice, e accertarsi di quanto veduto, benché apparentemente assurdo.
Ma per quanto assurdo potesse apparire, quella bambina si proponeva qual nulla di più di una bizzarra bambina con un bizzarro modo di vestirsi. Una bizzarra bambina con un bizzarro modo di vestirsi e forza sufficiente a catapultarla via, come se nulla fosse...
« Invero non desideravo fare la gradassa. » osservò quindi la donna guerriero, levando le mani a dimostrare l’assenza di qualunque volontà offensiva a discapito tanto della bimba, quanto della sua scimmietta « Volevo soltanto recuperare il mio borsello, che la tua scimmietta mi ha inavvertitamente sottratto. »
La bimba la osservò per un istante, prima di aprirsi in un amplio sorriso divertito, e avere a riprendere voce verso di lei: « Ehi. Ma tu mi assomigli! » sancì, nel riconoscere una certa somiglianza fra loro, non soltanto in termini di lentiggini e di capelli, malgrado due sfumature differenti di rosso fra loro, ma anche in termini di eccentricità del vestiario, giacché, con buona pace di ogni precedente nota, anche l’abbigliamento della donna guerriero non avrebbe potuto essere propriamente considerato consueto, quanto e piuttosto un’accozzaglia di capi sdruciti e tenuti insieme più dallo sporco che dalla trama del proprio tessuto « Non è che conosci mio papà...? E’ il capitano Efraim Calzelunghe, Sua Maestà sovrano dell’isola Cip-cip! »
« Oh diamine... » esitò l’altra, colta in contropiede a quella domanda « Francamente non credo. O, quantomeno, non rammento. » negò subito dopo, scuotendo appena il capo.
« Beh. Se non lo conosci, allora non dovremmo essere parenti. Ma se un giorno lo conoscerai, magari potremmo anche diventare parenti! » dichiarò la bimba, seguendo una logica tutta sua « Non che io abbia molti parenti, sai? Non mi dispiacerebbe averne uno in più. Magari potresti essere mia nipote! »
« Non sarebbe più sensato se fossi tua zia...?! » ridacchiò la donna, facendo sinceramente fatica a star dietro a quel discorso.
« No... non mi interessa una zia. » escluse tuttavia l’altra, stringendosi fra le spalle « Anche perché potresti essere una zia antipatica che vuole solo che io mi lavi dietro le orecchie. » puntualizzò, in un’arringa ineccepibile, se soltanto avesse avuto una qualche logica « Io invece non ti chiederei mai di farlo. Ragion per la quale è meglio che sia io la zia. Non trovi? »
E fu così che, senza neppur aver capito come, la donna guerriero si ritrovò con la promessa di una zia in più. Una zia di dieci anni appena... ma con forza sufficiente per farla volare letteralmente in aria, catapultata verso il cielo come se nulla fosse!
NOTE DI COPYRIGHT: Pippi Calzelunghe, scritto da Astrid Lindgren, è copyright © di The Astrid Lindgren Company,
e rappresenta uno dei libri che più hanno caratterizzato l'infanzia dell'autore di Midda's Chronicles, entusiasmandolo e, inevitabilmente, anche ispirandolo in quest'opera sin dal primo giorno di pubblicazione.
Tutti i diritti su Pippi Calzelunghe hanno da intendersi di proprietà esclusiva della The Astrid Lindgren Company.
L'utilizzo
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