Ovviamente nessuno ebbe a colpevolizzare Maddie per l’accaduto: tutti loro erano una squadra, una squadra affiatata, una squadra che aveva affrontato insieme già molte più sfide di quanto la maggior parte delle persone non avrebbero mai potuto immaginare di sostenere in tutta la propria intera esistenza, e, in questo, erano ben consapevoli di quanto raramente i propositi riservatisi avrebbero potuto raggiungere una felice conclusione. Anzi.
Non che l’idea del fallimento avesse a dover essere, per alcuno fra loro, una ragione di freno: pur consapevoli, infatti, di quanto il successo non avesse necessariamente a doversi fraintendere come retorico; parimenti essi erano ben consapevoli anche di quanto il fallimento avesse a essere parte integrante, necessaria e, persino, irrinunciabile del proprio percorso di crescita, e di un percorso di crescita che avrebbe potuto essere realmente tale solto avendo a scontrarsi con i propri limiti e a trovare nuovi, e prima impensati, modi per superarli. Insomma: se un qualche genere di “segreto” avesse avuto a doversi intendere dietro il loro successo, tale segreto avrebbe avuto a dover essere riconosciuto qual, per l’appunto, la quieta accettazione del fallimento, e del fallimento non come mancato successo, ma soltanto un’acquisita consapevolezza di un percorso sbagliato verso il successo.
E, del resto, anche la stessa Midda Namile Bontor, la Figlia di Marr’Mahew, l’Ucciditrice di Dei, la Campionessa di Kriarya e di Lysiath, la cui lista di successi straordinari avrebbe avuto a dover essere riconosciuta qual leggendaria, non avrebbe avuto a dover essere giudicata priva di errori e fallimenti, in una lista che, sicuramente, avrebbe avuto a superare quella dei suoi successi, avendo ogni successo a coincidere, quantomeno, con un fallimento, se non più. Midda, infatti, non era solita trionfare in grazia a qualche divina superiorità, quanto e piuttosto alla propria ostinazione, e a quell’ostinazione tale da non permetterle di arrendersi neppure a confronto con dolorosi fallimenti, continuando a insistere, continuando a riprovare, fino a quando, alla fine, non avrebbe avuto effettivamente a scrivere la Storia e il Mito con le proprie vittorie.
Nessuno, quindi, ebbe a colpevolizzare Maddie. Né, tantomeno, nessuno ebbe neppure per sbaglio a ipotizzare di colpevolizzare Maddie. Ciò non di meno, e con buona pace per quella inalterata e assoluta solidarietà, Maddie avrebbe avuto già a riconoscersi sufficientemente brava a colpevolizzarsi da sola, in fondo, e malgrado tutto, rimasta sempre e comunque la stessa timida e insicura ragazza di un tempo, e di quel tempo antecedente all’incontro con la prima Midda Bontor, la sua originale maestra d’armi e di vita e colei della quale, dopotutto, avere ereditato la missione.
Maddie si conosceva. Si conosceva bene. Non a caso era stata a lungo anche in terapia proprio allo scopo di riuscire a meglio conoscersi. E in tale terapia, ella aveva avuto a comprendere perfettamente quanto, alla base di tutti i propri problemi, altro non avesse a doversi intendere se non l’incidente. L’incidente da cui tutto aveva avuto inizio. L’incidente che, se soltanto ella fosse stata un supereroe, sarebbe stato parte integrante della propria storia delle origini, al pari dell’omicidio dei genitori di Bruce Wayne o della morte dello zio Ben: l’incidente in cui sua madre aveva perduto la vita, e sua sorella aveva perduto irrimediabilmente l’uso delle gambe. E benché ella non avesse dirette o indirette responsabilità in quell’incidente, e sebbene l’”irrimediabilmente” di Nóirín avesse avuto occasione di essere riscritto in grazia al tempo del sogno, vedendola riacquisire completamente la propria perduta mobilità e, anzi e persino, diventare una figura forte ed emancipata molto più di quanto ella stessa non avesse a potersi riconoscere; in Madailéin era spiacevolmente subentrato il senso di colpa proprio del sopravvissuto, e di chi, a confronto con la morte della madre e con l’inabilità della propria gemella, si era ritrovata a non poter in alcun modo spiegare come o perché ella stessa avesse avuto a sopravvivere senza neppure riportare un graffio. Un senso di colpa che, quindi, aveva dominato nella sua vita sin dall’età di dieci anni, e l’aveva contraddistinta nella propria adolescenza e nella propria giovinezza, soffocando la “Midda” che avrebbe potuto essere in lei e alimentando, piuttosto, quella figura modesta e insicura sotto ogni aspetto, benché, obiettivamente, ella non avrebbe dovuto avere di che sminuirsi sotto alcun aspetto.
Così, per quanto Howe e Be’Wahr, nonché H’Anel e M’Eu, non avessero certamente a essere come i suoi compagni di scuola, o come i suoi colleghi di lavoro, malevoli antagonisti della sua passata esistenza, coloro con i quali ella non era mai riuscita a farsi valere e che, anzi, subodorando la sua insicurezza, la sua paura, si erano sempre approfittati di lei con quella sicumera propria dei peggiori vigliacchi; l’animo di Maddie, troppo abituato a chiudersi a riccio innanzi a talune situazioni, non poté che suggerirle tale reazione anche innanzi al fallimentare sviluppo della propria estemporanea idea in favore della ricerca di una spada per Midda Bontor, un gesto ispirato dalle migliori volontà e, tuttavia, concretizzatosi in un disastroso fallimento nonché, potenzialmente, fallimentare disastro.
E non che Maddie non fosse allor perfettamente consapevole di quanto tutto ciò fosse assurdo, se non addirittura sbagliato: tutto ciò era comunque e spiacevolmente più forte di lei, così profondamente legato al suo subconscio e al suo inconscio da necessitare di tutta la sua forza di volontà per non averla a veder regredire alla se stessa di un tempo... e a una se stessa che, tutto sommato, odiava.
« Smettila di rimuginarci sopra... » sospirò H’Anel, cogliendo nel silenzio di lei l’evidenza concreta di quel disagio psicologico, con buona pace della presenza dei burqa a soffocare la loro esteriorità e, in ciò, l’evidenza visiva delle sue emozioni « Non è successo nulla di male. E, dopotutto, l’idea era anche buona. »
« Era così buona che non ci hai creduto neppure per un istante... » ricordò Maddie, non desiderando facile compassione da parte dell’amica, nel ben ricordare quanto ella fosse stata sin da subito critica a tal riguardo... e, probabilmente, a ragion veduta, nel confronto con il risultato ottenuto « Avremmo dovuto ascoltare te... anziché seguire le mie stupide iniziative. »
« Ehi... basta. » la redarguì l’altra, con un sorriso dolce, purtroppo e per l’appunto negato dalla presenza del burqa a coprire tutto il suo corpo « Se avessimo effettivamente trovato una spada, cosa avresti detto, scusa...? Che era la mia ritrosia a essere stupida...?! » le domandò, scuotendo il capo « Non si tratta di stupidità o di non stupidità: si tratta di avere fortuna o meno... e a questo giro, purtroppo, sei stata sfortunata. Anche se poi, comunque, tutto si è concluso nel migliore dei modi... »
« ... e con un quinto d’oncia d’oro sprecato inutilmente. » bofonchiò la rossa, per nulla convinta da quelle parole e da quella peculiare visione degli accadimenti occorsi.
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