« Hai precedenti esperienze lavorative estranee alla professione militare...? » domandò quindi l’altro, proseguendo serenamente nella propria intervista.
Non fosse morto e risorto in un pianeta a lui completamente alieno, e non fosse certo di essere in un mondo dominato dalla paura e dalla superstizione, un mondo popolato da mostri e caratterizzato da arcani poteri magici, e un mondo del tutto estraneo a qualunque senso di tecnologia o progresso civilizzato, Korl avrebbe potuto sentirsi, in quel momento, impegnato a sostenere un colloquio di lavoro con un selezionatore delle risorse umane di una qualunque azienda. Dopotutto, le domande che gli stavano venendo allor rivolte, nella peculiare cornice in cui tale confronto si stava svolgendo, non avrebbero avuto a doversi fraintendere poi così estranee rispetto a quelle a confronto con le quali si era posto il giorno in cui aveva scelto di rispondere all’annuncio di lavoro per quel posto da operativo nella sezione sicurezza della Loor’Nos-Kahn.
“Chissà se alla fine mi faranno una foto, mi prenderanno l’impronta della retina e mi daranno un tesserino identificativo...?!” si ritrovò a pensare, a metà fra l’ironico e il grottesco, per quanto, forse, non si sarebbe poi stupito più di molto ove ciò fosse realmente accaduto.
« Ho fatto il fattorino, per qualche mese. E ho anche lavorato come cameriere in un bar... » rispose con sincerità, per poi soggiungere a propria discolpa « Non è molto, lo so. Ma quando sono... ehm... morto, stavo cercando di mettere insieme un po’ di denaro per pagarmi il proseguo degli studi. »
A ricordargli quanto, allora, non avrebbe avuto a dover porre in quieto paragone la propria realtà passata e quella attuale, tuttavia, si impegnò allora lo sguardo del proprio interlocutore, il quale a confronto con la parola “fattorino” e con la parola “bar” ebbe ad assumere un’espressione a metà fra il confuso e l’infastidito, quasi, allorché quelle parole egli avesse avuto a scandire qualcosa di diverso, di strano, se non, addirittura, di idealmente lesivo.
« Scusami... puoi ripetere...?! » domandò questi, aggrottando appena la fronte.
Come Korl Jenn’gs e tutti gli altri potessero star parlando e comprendendo una lingua diversa dalla loro, francamente, avrebbe avuto a doversi riconoscere ancora parte di quel lungo elenco di dubbi ancor non chiariti nel merito della loro attuale condizione, anche visto e considerato che, fatta eccezione nel confronto con Midda Bontor, con la quale avevano avuto occasione di avere conferma di quanto, effettivamente, anch’ella stesse parlando la lingua comune, con chiunque altro non avevano effettivamente percepito nulla di insolito, offrendosi inizialmente addirittura del tutto inconsapevoli di cosa diamine fosse il kofreyota che, pur, dicevano loro parlare.
In tal senso, quindi, Korl non aveva ancora avuto occasione di porsi particolari dubbi nel merito della traduzione di alcuni termini, e di quei termini che, potenzialmente, non avrebbero potuto trovare un corrispettivo nell’altra lingua e in quella lingua che non sapeva di star parlando. E se già il “fascio di plasma”, stranamente, non aveva avuto a generare dubbi di sorta, pur nell’evidenza di quanto nessuno potesse star comprendendo di cosa si stesse parlando, quel “fattorino” e quel “bar” dovevano altresì essere stati male interpretati. O, forse, anche il “fascio di plasma”, in effetti, non era stato realmente compreso non soltanto nel proprio significato ma anche nel proprio significato, venendo, piuttosto, accettato e riproposto, malamente oltretutto, da Nissa Bontor a tentare di imitare un qualche suono non meglio compreso da lor prodotto. Suono non meglio compreso che, a confronto con l’immagine di qualcosa di non conosciuto, non avrebbe avuto a generare alcun genere di dubbi... ma che, evidentemente, all’interno di un dialogo più semplice, idealmente normale, doveva essere risultato simile a una nota stonata, e a una nota stonata a confronto con la quale l’unica e obbligata reazione era stata quella così allor offertagli.
« Mi sono occupato di consegnare della merce, per qualche mese. E ho lavorato come cameriere in una taverna... » riformulò quindi, cercando di usare termini che potessero risultare più consoni con l’ambientazione locale e che, quindi, qualunque meccanismo stesse regolando la traduzione del loro dialogo, avesse a poter gestire senza particolari ragioni di crisi.
« Ah... d’accordo. » annuì l’altro, ora offrendo evidenza di aver compreso.
Pur non capendo, ancora, cosa potesse essere successo, come ciò potesse essere successo e, soprattutto, perché, Korl Jenn’gs stava allor iniziando ad apprezzare l’evidenza dell’esistenza di una certa logica dietro a tutto ciò. E una logica di funzionamento che egli, comunque, poteva comprendere, concedendogli, in conseguenza di ciò, un certo margine di conforto, a confronto, altrimenti, con eventi dei quali sarebbe stato semplicemente vittima.
Dopotutto se vi era qualcosa che egli non avrebbe mai voluto ritrovarsi a essere per il resto della propria vita, sarebbe certamente e per l’appunto stato essere vittima delle circostanze, subendo passivamente ogni evento senza essere in grado di comprenderlo e, quindi, di reagire adeguatamente a confronto con esso. Un desiderio, in fondo, non lontano da quello che aveva spinto Lora Gron’d ad appoggiare la linea d’azione collaborativa, e quella linea d’azione per lei speranzosamente utile al fine di avere a potersi riservare una qualche speranza di integrazione futura, in un mondo nel quale, altrimenti, sarebbe rimasta per sempre nulla di più di un bizzarro mostro dalle forme ibride fra un felino e una donna.
« Accennavi a degli studi... » soggiunse il suo intervistatore, evidentemente desiderando sapere di più a tal riguardo « Immagino che, al pari di tutti gli altri tuoi pari, anche tu non abbia confidenza con la lettura e la scrittura del kofreyota, malgrado sembri parlarlo in maniera sufficientemente fluente. » osservò, probabilmente riservandosi l’uso di quell’avverbio in conseguenza alla difficoltà di comprensione appena occorsa fra loro, in assenza della quale non avrebbe avuto riserva alcuna a definire la sua confidenza con il kofreyota qual piena.
« Temo di sì. » confermò Korl, provando a gettare un occhio sulle pergamene scritte innanzi a sé e rendendosi conto di non riuscire minimamente a cogliere nulla di quanto lì sopra presente, avendo persino difficoltà a riconoscerla qual una scrittura, quasi fossero scarabocchi e nulla più.
« D’accordo. » annuì l’altro, con un quieto sorriso di rassegnazione, evidentemente avendo già avuto molte occasioni di ritrovarsi a concludere in quel modo altre chiacchierate simili a quella « Non avertene a male, comunque. » soggiunse poi, forse in conseguenza a qualche mutamento di espressione sul volto dell’interlocutore, atto a dimostrare un certo rammarico da parte del thermorese per simile, propria incapacità « Da queste parti siamo ben in pochi a saper leggere, scrivere e far di calcolo... e, ciò nonostante, tutti vivono molto serenamente la propria esistenza. » ammiccò.
Aggiungere anche una situazione di analfabetismo diffuso fra la popolazione avrebbe avuto a rendere ancor più coerente il quadro che, nella propria mente, Korl Jenn’gs non aveva potuto mancare di iniziare a tratteggiare, per meglio delineare i limiti del mondo destinato a divenire il proprio per gli anni a venire... e per molti anni a venire, nel considerare la propria situazione attuale, e quella presunta immortalità di cui avrebbe quindi avuto a godere in quanto, in effetti, già morto.
E se questo, un tempo, non avrebbe potuto che risultargli semplicemente folle, avendo difficoltà a poter credere che esistessero persone incapaci a leggere, scrivere e far di calcolo, nozioni basilari insegnati ai bambini nei primissimi anni della propria vita; allo stato attuale delle cose non avrebbe potuto che essere accolto da parte sua con una quieta rassegnazione. E la rassegnazione propria di chi, comunque, consapevole di non poter certamente avere a rivoluzionare quell’intero mondo a proprio uso e consumo.
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