Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.
Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!
Scopri subito le Cronache di Midda!
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E siamo a... QUATTROMILA!
Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!
Grazie a tutti!
Sean, 18 giugno 2022
Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!
Grazie a tutti!
Sean, 18 giugno 2022
sabato 3 novembre 2018
2718
Avventura
053 - Il risveglio
Jacqueline avrebbe dovuto attendersi una simile reazione, per quanto, ciò nonostante, non avrebbe potuto ovviare a tentare anche quell’approccio, nella speranza di scuoterla, e di scuoterla dalla posizione nella quale ella si era arroccata. Un arrocco, il suo, che, paradossalmente, non avrebbe potuto ovviare a confermare ogni dubbio, ogni sospetto, ogni perplessità da parte sua, laddove, del resto, se non avesse avuto qualcosa da nascondere, o se non avesse quantomeno creduto di avere qualcosa da nascondere, non sarebbe stato in alcuna maniera giustificato, non sarebbe stato certamente necessario.
Ma, nel ben ricordare quanto, quella donna, fosse caduta in coma prima ancora di compiere dieci anni, e fosse rimasta in tale stato per trentatré anni… cosa mai avrebbe potuto credere di aver necessità di nascondere?... quale turpe segreto avrebbe potuto giustificare, in qualche modo, quel suo comportamento, quella sua ritrosia nei confronti di una qualche reale apertura con lei?!
Qualcosa non andava. Ed ella avrebbe dovuto trovare occasione di comprendere cosa. E avrebbe dovuto trovare occasione di comprenderlo al più presto, per poter essere realmente d’aiuto a quella donna, per poter essere realmente utile alla sua paziente, laddove, al di là di quanto ella avrebbe potuto ritenere, richiudersi in tal maniera attorno a un segreto, e a un segreto fondamentalmente inesistente, non avrebbe avuto a doversi considerare sano. Anzi: qualunque cosa la sua mente potesse star credendo di dover proteggere, e di dover proteggere con tanta fermezza, con tanta forza, non avrebbe potuto che rappresentare un rischio per lei, e per il proprio futuro, nell’impossibilità, per esempio, di riuscire a relazionarsi in maniera sana con il mondo a sé circostante, con le altre persone, con i suoi cari, ostacolata, se non addirittura bloccata, da tutto ciò.
Per tale ragione, e nel rispetto della propria deontologia professionale, e di un senso del dovere che avrebbe per lei comunque prevaricato qualunque aspetto di ordine quietamente economico, Jacqueline Marchetti non avrebbe mai potuto accettare quietamente l’ipotesi di arrendersi con lei… al contrario!
« C’è solo un piccolo problema, mia cara… » scosse il capo, ritraendosi appena da lei senza, tuttavia, accennare ad alzarsi o ad allontanarsi quanto e piuttosto, anzi, restando lì quietamente seduta « … non sei stata tu ad assumermi e, in questo, non potrai essere certamente tu a licenziarmi. » dichiarò, facendo spallucce nel confronto con la propria paziente, nel negare qualunque possibilità di libero arbitrio da parte della medesima a tal riguardo, laddove, volente o nolente, ella avrebbe dovuto scendere a patti con la sua presenza lì e con il fato che non si sarebbe potuta liberare tanto facilmente di lei.
“Perfetto… a prescindere da quale universo abbia a finire, in un modo o nell’altro mi devo comunque ritrovare vittima di qualche persecuzione da parte della mia gemella…” sospirò in cuor proprio, in un’accusa, a discapito della povera Rín.
Un’accusa, quella allora da lei intimamente mossa, che avrebbe avuto a doversi considerare assolutamente immotivata, giacché, diversamente da Nissa, tutto l’impegno che la propria gemella, o, per meglio dire, la gemella di Maddie, stava lì dimostrando di essere disposta a porre nei suoi riguardi, offrendole il sostegno di quei medici e di quella struttura assolutamente all’avanguardia, nonché estremamente costosa, non avrebbe avuto a doversi considerare destinato a rivolgerle un torto, un’offesa, quanto, e piuttosto, a tentare di riconoscerle un aiuto, e un aiuto concreto, a ritornare padrona della propria vita dopo trentatré anni di coma.
Trentatré anni di coma che, tuttavia, ella non aveva realmente vissuto, ragione per la quale, anzi, tutto quello non avrebbe potuto che risultare inutile, se non, addirittura, dannoso, e dannoso nella misura in cui, come in quel momento, l’avrebbe posta nelle condizioni di dover decidere se apparire semplicemente pazza o, piuttosto, estremamente problematica...
« Cosa vuoi che ti abbia a dire, Jacqueline?! » domandò, aggrottando la fronte e scuotendo il capo « Forse che io non sono realmente Madailéin Mont-d'Orb, quanto e piuttosto una sua versione alternativa proveniente da un altro universo? O che io non ho mai subito alcun incidente automobilistico, anche perché nel mio mondo non esiste alcuna tecnologia simile a quella che per voi è, al contrario, banale quotidianità, vivendo ogni singolo momento, di ogni singolo giorno, di ogni singolo anno della mia vita? O che mi sono ritrovata in questo corpo decrepito come ricompensa per essere scesa a patti con il semidio immortale che ho sposato, e che ho sposato solo per salvare una mia protetta da egual destino, concedendogli un nuovo corpo, e il corpo immortale di un malcapitato, dopo che, per anni, ha soggiornato impropriamente all’interno di quel del mio compagno…?! » la provocò, sfidandola con quelle che avrebbero avuto a poter essere quietamente interpretate quali fantasie destinate soltanto a tentare di canzonarla, e che, invece, avrebbero avuto a dover essere paradossalmente riconosciute quali le uniche verità che ella avrebbe potuto considerare di aver dichiarato dal momento del proprio risveglio, e del proprio risveglio in quell’universo e in quel corpo « E’ questo che preferiresti sentirti dire, dottoressa?! » sorrise, scuotendo appena il capo « Vuoi farmi credere che veramente la tua scienza e i tuoi studi medici potrebbero essere in grado di giustificare tutto ciò, in un qualche modo, senza considerarmi estremamente problematica, se non, addirittura, semplicemente pazza…?! »
Ma se, in tale provocazione, in tale sfida, Midda Bontor non avrebbe potuto ovviare ad attendersi una reazione quantomeno scocciata da parte dell’altra, in qualcosa che non avrebbe potuto interpretare in altro modo se non qual la più completa mancanza di rispetto per quanto la medesima stava cercando lì di portare avanti, per quel percorso di riabilitazione del quale, pur, ella non abbisognava; la reazione propria di Jacqueline non poté che spiazzare totalmente la donna guerriero, facendole temere di aver giocato malamente quella propria mano e di aver appena scoperto le carte sbagliate del proprio mazzo. Perché la strizzacervelli non si dimostrò indispettita, arrabbiata o peggio, né ebbe a offrire uno sguardo di sprezzo per quanto da lei così asserito. Niente di tutto ciò.
Al contrario, Jacqueline inarcò, semplicemente, il proprio sopracciglio destro, osservandola con sguardo volto a commisurare il peso delle parole appena udite nel confronto con l’evidenza di quanto presente, in quel momento, innanzi a lei, prima di tornare ad appoggiarsi, con ritrovata serenità, contro lo schienale della propria sedia, sciogliendo l’intreccio delle proprie gambe soltanto per incrociarle nuovamente, questa volta invertendo le posizioni prima proposte, e appoggiare le mani compostamente in grembo, la destra attorno alla mancina, per poterle tornare a offrire tutto il proprio interesse, tutta la propria più completa attenzione, in quanto, dal proprio punto di vista, avrebbe avuto a doversi riconoscere come il desiderato sblocco emotivo al quale avrebbe desiderato poter giungere già da diverse settimane, e che, tuttavia, pur tardivo, finalmente le stava venendo così concesso dalla propria interlocutrice, dalla propria paziente.
« Bene. » commentò la psicologa, accennando un lieve movimento d’assenso con il capo, a sottolineare quanto, tutto ciò, avesse a doversi considerare per lei più che soddisfacente « Diciamo che io voglia accettare l’idea che tu non sia effettivamente Madailéin Mont-d'Orb… con chi starei avendo il piacere di dialogare? » la invitò a presentarsi, lasciando increspare gli angoli delle proprie labbra in un leggero sorriso, e non un sorriso di divertimento, quanto e piuttosto nell’espressione di chi finalmente appagata nel potersi ritrovare a giocare il proprio giuoco, la propria partita, secondo regole per lei note, secondo schemi per lei serenamente discriminabili, così come, sino a quel momento, non si era ancora sentita in grado di fare nel confronto con quella particolare donna « E spero che, da qualunque pianeta tu abbia a proclamare di poter giungere, ti sia stata insegnata quella minima educazione utile a presentarti, allorché aspettare che siano gli altri a richiedertelo. » soggiunse e concluse, in quella che, anche dal proprio punto di vista, avrebbe avuto a dover essere lì giudicata una provocazione, e, ciò non di meno, una provocazione perfettamente soppesata in ogni propria minima inflessione.
venerdì 2 novembre 2018
2717
Avventura
053 - Il risveglio
Che il termine euro avesse a doversi riferire alla valuta locale, Midda Bontor fu in grado di dedurlo con facilità dal contesto proprio di quell’affermazione. Ma la vera dimensione del costo di tutto quello, ella fu in grado di intuirlo soltanto nei giorni e nelle settimane seguenti, man mano che la sua confidenza con quella realtà si ritrovò ad aumentare e, soprattutto, man mano che ebbe a confrontarsi con tutte le apprezzabilissime tecnologie e terapie che vennero impiegate in suo aiuto, in suo soccorso, a restituirle, quanto prima, la propria perduta mobilità.
In quieto contrasto a ogni iniziale pregiudizio sulla versione locale di Be’Wahr, il dottor Tavaglione ebbe a dimostrarsi un uomo di indubbia competenza nel proprio lavoro, in termini tali per cui, fosse stato quello un diverso contesto, fosse stata quell’attività quella propria di un addestramento allorché di una riabilitazione, certamente ella non avrebbe potuto ovviare a considerarlo qual un maestro d’arme, un mentore a cui offrire tutta la propria fiducia, la propria stima e la propria ammirazione così come, in verità, ben pochi prima di lui avrebbero potuto vantare d’essere stati riconosciuti. E se indubbiamente competente egli avrebbe avuto a dover essere considerato, le attrezzature lì presenti per riaddestrare i propri muscoli al movimento, e per riuscire a restituire controllo alla propria mente sugli stessi, e le attrezzature che egli, con assoluta padronanza, fu in grado di adoperare per supportarla, per sostenerla, ebbero a doversi considerare straordinariamente progredite, in termini tali per cui, obiettivamente, anche il buon dottor Roro Ce’Shenn, l’anziano medico di bordo della Kasta Hamina, avrebbe avuto a potersi riservare occasione di imparare da tutto quello, magari nel concedersi occasione di maturare confidenza con metodi più progrediti rispetto alla maggior parte dei propri consueti rimedi, decisamente più prossimi, con rispetto parlando, a quelli propri di uno sciamano, allorché a quelli che ci si sarebbe potuti attendere da un uomo di scienza, e da un uomo di scienza abituato a viaggiare attraverso le vastità dello spazio siderale.
Ma se bravo, molto bravo, e competente, molto competente, ebbe a dimostrarsi Lorenzo, Jacqueline non ebbe a proporsi in nulla a lui inferiore, seppur applicando la propria preparazione, la propria competenza, su un ben diverso fronte, e sul fronte proprio della mente della propria paziente, laddove al proprio collega, altresì, era stato affidato il suo corpo. La dottoressa Marchetti, tutt’altro che stolida, tutt’altro che superficiale nel proprio approccio con lei, non aveva, né mai avrebbe potuto, ovviare a cogliere quelle piccole contraddizioni presenti sin dalla loro prima chiacchierata, e, purtroppo per Midda, ineluttabilmente ripresentatesi nelle occasioni successive; e, proprio offrendo riferimento a esse, non avrebbe potuto mancare di impostare il proprio lavoro in ogni incontro successivo, non nella volontà di porre sotto torchio la donna, quanto, e piuttosto, di meglio comprendere i meccanismi propri della sua mente, dei percorsi del suo pensiero, e, in grazia a simile conoscenza, meglio impostare i propri interventi, al solo scopo di poterle essere di aiuto, di poterle permettere di risolvere i propri problemi e, con essi, di ritrovarsi alfine pronta a riaffacciarsi realmente sul mondo a sé circostante.
Fu al termine dei primi due mesi di terapia, in una situazione decisamente migliorata sotto il profilo fisico per la stessa donna guerriero, ora in grado non soltanto di parlare correttamente, ma anche di sorreggersi da sola su una sedia a rotelle, senza più abbisognare di lacci o legami, che la sua strizzacervelli volle concedersi di tentare un diverso approccio e, allora, un approccio più diretto rispetto a quanto, sino a quel momento, non avesse avuto a concedersi qual proprio…
« Maddie… ormai stiamo per iniziare la decima settimana di questo nostro percorso insieme, e per quanto io non possa che essere felice dei progressi che stai riuscendo a riportare sul piano fisico con l’aiuto del mio collega, il dottor Tavaglione, temo che, invece, su quello psicologico vi siano ancora troppe inibizioni da parte tua. » dichiarò, con tono meno quietamente passivo rispetto al solito, incrociando le braccia al petto e squadrando con attenzione la propria paziente « Anzi… permettimi di riformulare: io credo che tu mi stia fondamentalmente mentendo sin dal primo giorno. E che tutti i tuoi silenzi, tutti le tue esitazioni, tutte le risposte che, sempre, eviti di concedermi, non siano sintomo di una tua qualche intima confusione, quanto e piuttosto di un piano ben definito e volto a impedirmi di comprenderti veramente. »
« Ho l’impressione che tu ti sia alzata dal lato sbagliato del letto questa mattina, Jacqueline. » aggrottò la fronte Midda, non apprezzando molto quel tono accusatorio e, ciò non di meno, non potendo ovviare a ricordarsi quanto ella effettivamente avesse ragione, giacché, da parte propria, non era certamente mancata scarsa collaborazione, e scarsa collaborazione in diretta conseguenza al proprio timore di tradirsi, e di tradirsi nella propria reale identità « O, forse, ti sei alzata dal lato giusto del letto sbagliato… » ironizzò poi, cercando di ribaltare il soggetto protagonista di quel dialogo da sé alla propria stessa interlocutrice, e alla sfera della sua vita personale della quale, in verità, non sapeva sostanzialmente nulla.
« Vedi… per quanto tu possa esserti sempre impegnata a tentare di sviare l’attenzione, mi dispiace dover sottolineare quanto tu mi abbia sottovalutata se, davvero, credi di esservi riuscita, o di aver mai avuto una qualche speranza in tal direzione. » scosse il capo l’altra, escludendo simile possibilità « Ho provato a lasciarti i tuoi tempi, ho provato a rispettare i tuoi spazi, per darti la possibilità di comprendere, da sola, quanto tu abbia a poterti sentir libera di confidarti con me… ma tutto ciò che ho ottenuto, da parte tua, è stato semplicemente una presa per i fondelli. E ti assicuro che non mi piace sentirmi presa per i fondelli. »
« Diamine… linguaggio, dottoressa! » la rimproverò la prima, aggrottando la fronte e sgranando gli occhi con aria stupita, volendosi dimostrare spiazzata dalla volgarità con la quale, in quel frangente, la sua interlocutrice aveva deciso di affrontare la situazione « Ricordati che sono una tua paziente, non una tua prigioniera… e questi metodi da inquisizione non ti porteranno da nessuna parte, se non a una qualche denuncia per abusi psicologici nei miei confronti. »
« Non farmi ridere… » escluse tuttavia la strizzacervelli, sciogliendo la postura assunta dalle proprie braccia, prima incrociate al petto, solo per potersi piegare in avanti e per potersi spingere, in tal maniera, a pochi, pochissimi centimetri dal suo volto, in evidente desiderio di sfida verso di lei « Non sei il tipo di persona che scaricherebbe la risoluzione di un proprio problema su qualcun altro. » dichiarò con assoluta convinzione, non avendo potuto ben inquadrare il senso di quei particolari riferimenti da lei talvolta proposti fuori contesto, di quei dettagli stonati nelle sue parole e nelle sue azioni, e, ciò non di meno, avendo potuto ovviamente comprendere il profilo psicologico della propria paziente, e avendo potuto comprenderlo in misura sufficiente a potersi permettere tale affermazione.
In tal senso, nel comprendere il suo profilo psicologico, quei due mesi insieme avrebbero quindi avuto a doversi considerare sufficienti a permetterle di capire quanto, continuando a concederle l’iniziativa, non sarebbe giunta da nessuna parte, così come, del resto, l’evidenza dell’assenza di progressi compiuti sino a quel momento avrebbe avuto a doversi considerare più che trasparente.
Per tale ragione, quindi, Jacqueline aveva alfine deciso di votare per quel diverso genere di approccio, e per un approccio non più volto a concederle benevolenza, quanto e piuttosto a imporle sfida, e a imporle sfida nella misura utile a stuzzicare, in tal maniera, il suo spirito per spingerla a reagire, e a reagire senza soffermarsi a pensare a nulla… e, soprattutto, senza soffermarsi a pensare a cosa dire o cosa non dire in sua risposta.
« Su questo non posso darti torto… » ammise la donna guerriero, aggrottando appena la fronte con una certa, forse stolida, soddisfazione, nella consapevolezza di essere riuscita a dimostrare il proprio carattere anche in quel mondo e anche, e soprattutto, con tutte le proprie ancor attuali limitazioni, quelle limitazioni che, ancora, purtroppo, non le avrebbero concesso possibilità di agire con la libertà che pur avrebbe preferito potersi riservare qual propria « … i miei problemi li risolvo da sola! » confermò, salvo aggiungere subito dopo « Ergo, puoi anche considerare il tuo lavoro concluso, dottoressa. »
giovedì 1 novembre 2018
2716
Avventura
053 - Il risveglio
« Signorina Mont-d'Orb…?! » la apostrofò il medico, cogliendo la sua distrazione nell’assenza di qualunque risposta alle sue domande « … si sente bene? »
« … sì, sì… scusami. » annuì ella, o, quantomeno, cercò di annuire, ottenendo sempre il risultato frustrante che, sino a quel momento, le era stato proprio « Ero un attimo sovrappensiero. »
« Nessun problema. » sorrise egli, per tutta risposta « Le stavo domandando la possibilità di darci del “tu”, visto il lungo cammino che dovremo compiere insieme. E dalla sua risposta immagino che sia d’accordo. » ripropose e concluse, con tranquillità.
« Ma sì, certo. » confermò nuovamente la donna, senza alcun formalismo « Se poi riuscirai a evitare che abbia a sbavarmi addosso quando tento di parlare troppo a lungo, ti posso assicurare che avrai la mia piena fiducia per qualunque cosa vorrai chiedermi. » soggiunse, non priva di una certa autoironia, purtroppo ben consapevole delle condizioni di quel corpo, e della sua attuale difficoltà a parlare, quasi il suo stesso volto, di tanto in tanto, non fosse in grado di rispondere alla sua mente « Non te ne approfittare, però… » soggiunse poi, nel ricordo del pensiero appena formulato e del rapporto esistente fra Be’Wahr e Maddie.
« Non dirlo neppure per scherzo. » escluse fermamente l’uomo, scuotendo il capo « Sei una mia paziente… e in quanto tale, ti assicuro che da parte mia vedrai rivolgerti soltanto comportamenti assolutamente professionali. Anche se, ovviamente, saremo costretti, soprattutto nei primi tempi, ad avere un rapporto fisico abbastanza intimo, ragione per la quale, quando ti sei distratta, ti stavo anche domandando se vi potrebbe essere da parte tua qualche problema a tal riguardo. » continuò, ovviando a qualunque genere di battute o facili ironie, nell’affrontare con assoluta serietà e compostezza quell’aspetto del percorso che avrebbero avuto a dover compiere, riponendo la sua cartelletta medica nell’apposito contenitore ai piedi del letto e nello sfilarsi gli occhiali da lettura « Se il fatto che io sia uomo ritieni potrebbe comportarti ragione di imbarazzo, parlerò immediatamente con la signora Mont-d'Orb, con tua sorella, per farmi sostituire, offrendole volentieri anche il numero di alcune mie ottime colleghe. »
« Be’W… ehm… Lorenzo. » sorrise ella, non potendo fare a meno di cogliere una personale ragione di divertimento dietro a una simile premura, laddove se nell’intero multiverso fosse mai esistita una donna priva di qualunque senso del pudore, di qualunque imbarazzo, tale avrebbe avuto a dover essere riconosciuta sicuramente in una sua versione alternativa, non essendosi lei mai concessa esitazione alcuna nei confronti del proprio corpo, arrivando, in passato, anche a combattere letteralmente nuda all’occorrenza, senza che questo potesse esserle ragione di freno, fisico o psicologico « Non ci conosciamo ancora, ma ti assicuro che io sono la persona con meno senso del pudore che tu avrai mai occasione di incontrare in vita tua. In caso contrario, essere bloccata in questo letto, con un tubo infilato in mezzo alle gambe, a sbavare come un neonato o come una vecchia a ogni parola che pronuncio, e a dover essere nutrita in maniera tutt’altro che naturale, ti assicuro, non sarebbe stato quietamente sopportabile. E non soltanto di fronte a un uomo, ma anche, e semplicemente, innanzi a una stanza vuota. » dichiarò, francamente stanca di tutto quello e soltanto desiderosa di potersi rimettere in piedi quanto prima e di essere in grado, in ciò, di andare al svuotarsi la vescica in un qualunque genere di latrina o gabinetto avrebbe potuto trovare in quel luogo, di poter mangiare qualcosa di solido, meglio ancora se strappandolo con i propri denti dall’osso, e, perché no, di lasciare quelle quattro mura, entro le quali, pur risvegliatasi da pochi giorni, stava iniziando a sentirsi spiacevolmente in trappola.
« Su questo possiamo lavorarci… » confermò egli, con fare assolutamente speranzoso laddove, per quanto quel caso avrebbe avuto a doversi considerare, anche per lui, qual decisamente inedito, lunga avrebbe avuto a doversi considerare la sua esperienza nella riabilitazione, e nella riabilitazione da situazioni ben peggiori rispetto alla sua, ragione per la quale nulla, se non la forza di volontà della propria paziente, le avrebbe potuto impedire di recuperare la propria autonomia… e, da quel punto di vista, ella stava già dimostrandosi palesemente dotata di una discreta forza di volontà, indirizzata, oltremodo, nella giusta direzione « … anzi. Sai che ti dico? Se per te non è un problema, io ti porterei volentieri fuori di qui, per portarti a vedere quella che sarà la tua nuova palestra. »
« Non potrei sperare in nulla di meglio, dottore! » confermò Midda, riconoscendogli ben volentieri quel titolo per quanto, nel profondo della sua mente, tutto ciò non avrebbe potuto che farla sorridere, che farla ridere addirittura all’idea di una tale professionalità associata proprio a quell’uomo, proprio a quella figura, e, ciò non di meno, per come sino a quel momento presentatosi, evidentemente meritevole di fiducia, e di fiducia proprio dal punto di vista di quanto, allora, avrebbe potuto aiutarla a riprendersi.
Al di là della sua presumibilmente ottima preparazione accademica, anche il dottor Tavaglione, al pari della sua versione originale, avrebbe avuto a doversi considerare contraddistinto da un fisico di tutto rispetto, con una muscolatura che, in effetti, avrebbe potuto apparire essere prossima a far esplodere la stoffa della sua camicia, o del camice sopra di essa. Per questa ragione, nell’attuare il proprio proposito e il proprio proposito volto a condurre la propria paziente via da lì, egli non ebbe a riservarsi la benché minima difficoltà nel sollevare il purtroppo esile peso della medesima da quel letto, per trasferirla, con delicatezza ineccepibile, a bordo di una sedia a rotelle: una sedia a rotelle diversa da quella quotidianamente utilizzata da Rín, in quanto dotata di alcuni lacci di sicurezza utili ad aiutarla a mantenere una posizione eretta, a mantenere una postura adeguata, laddove, suo malgrado, ella non sarebbe stata altrimenti in grado di mantenersi autonomamente seduta.
Così, dopo essere stata assicurata con la massima delicatezza a quell’obbligato mezzo di trasporto, fu finalmente concessa l’occasione, a colei che, altrove, avrebbe avuto a poter vantare il titolo di Figlia di Marr’Mahew, e che pur lì avrebbe avuto a doversi riconoscere una pallida ombra della leggenda vivente che era stata sempre considerata, di scoprire qualcosa di più del mondo a sé circostante, iniziando, per lo meno, dall’esplorazione dell’edificio ospedaliero nel quale avrebbe avuto a doversi riconoscere ricoverata da chissà quanto tempo. Un edificio, quello a lei circostante, che ebbe immediatamente ad apparire contraddistinto da una notevole cura del dettaglio, e da una straordinaria modernità, una modernità che, facilmente, avrebbe potuto suggerirle di non essere poi in una realtà così distante da quella alla quale, in quegli ultimi tre anni avrebbe avuto a doversi considerare abituata, benché, in verità, molti dettagli non avrebbero potuto mancare di suggerire, comunque, un ben diverso livello di progresso tecnologico, probabilmente volto a porla a metà strada fra il proprio pianeta natale e il resto dell’universo per così come aveva avuto occasione di esplorarlo. Banalmente, primo e immediato esempio che ebbe a risaltare alla sua attenzione, fu la più completa assenza, al di fuori della prima finestra accanto alla quale ebbero occasione di passare, di veicoli dotati di tecnologia antigravitazionale, lì, altresì, rimpiazzati nel proprio scopo, nella propria utilità, da più rumorosi mezzi terrestri, tali da proporsi qual sicuramente un’evoluzione rispetto ai carri trainati da cavalli o asini o buoi del proprio mondo, e, ciò non di meno, ancor distanti da quanto, altrove, pur ella aveva avuto occasione di sperimentare.
Al di là di simili considerazioni critiche, volte non tanto a minimizzare le potenzialità di quel mondo, quanto e piuttosto a cercare di meglio comprenderlo e meglio comprendere, di conseguenza, anche cosa avrebbe mai potuto attendersi dal medesimo, fosse anche e soltanto per supportarla nel proprio processo di recupero o, eventualmente, per rimpiazzare il proprio braccio destro, purtroppo anche in quella dimensione andato perduto; Midda Bontor on poté che ritrovarsi necessariamente soddisfatta dall’impatto estetico con quell’ospedale, così come non tardò a condividere anche con il proprio accompagnatore…
« Ricordati di ringraziare tua sorella! » suggerì, per tutta risposta, il medico, con tono quasi divertito « Per quanto tu possa aver dormito per oltre trent’anni, non credere che il mondo sia andato così tanto avanti senza di te… anzi. La maggior parte degli ospedali, sono gli stessi che erano già vecchi allora. » sottolineò, a scanso di qualunque possibilità di equivoco « Questa è una clinica privata di altissimo profilo… e non credo che tu voglia davvero sapere quante migliaia di euro spenda la signora Mont-d'Orb per garantirsi la tua possibilità di permanenza in questo luogo. »
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