11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

martedì 2 settembre 2014

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Al di là di facili e gratuite ironie, tuttavia, la tensione propria e caratterizzante quel frangente non ebbe alcuna possibilità di scemare. Anzi. Istante dopo istante, momento dopo momento, la chiara percezione della crisi, del fallimento incombente su di noi e, con esso, della tragedia che ne sarebbe conseguita, rese la nostra ricerca un supplizio al contempo eterno e pur fugace, perché, se su un fronte, lo scorrere stesso del tempo parve arrestarsi, e con esso l’incedere stesso dei nostri respiri, e forse dei nostri stessi battiti cardiaci, su quello opposto, purtroppo, l’intervallo di tempo garantitoci dal capitano sfumò in quello che non riuscii a definire se non in altro modo diverso da un rapido battere di ciglia. Un battere di ciglia nel quale, tragicamente, ebbe a dissolversi ogni speranza di salvezza per la mia amata. Così, ancor prima che potesse essermi concessa la possibilità di scendere a patti con l’idea dell’ineluttabilità del nostro fallimento, non che tale compromesso avrebbe mai potuto essere quietamente accolto, non fu neppure la voce di Lange Rolamo a richiamare all’ordine Midda e Lys’sh, quanto e piuttosto il suono dell’incedere di una dozzina di guardie, armate oltremisura, che con passo celere giunsero sino all’ingresso delle stanze della defunta signorina Calahab, non levando il benché minimo avvertimento nei nostri confronti, non intimandoci in alcun modo la resa, ma limitandosi, banalmente, ad aprire il fuoco, e il fuoco di una commisurata dozzina di precise armi laser, che cercarono le nostre carni e che bramarono, in tal modo, la nostra morte.
Non senza una necessario sentimento di vergogna, mi ritrovo ora ad ammettere come, mio malgrado, il primo a morire, in simile frangente, sarebbe stato proprio il sottoscritto, se in mio soccorso non si fossero gettate, quasi contemporaneamente, entrambe le mie compagne di ventura: in risposta a un qualche istinto primordiale, probabilmente, ancor prima che a un qualunque genere di raziocinio, Midda e Lys’sh ebbero evidentemente a valutare, in seduta stante, l’evidenza di quanto, in assenza di un proprio intervento, non mi sarebbe stata concessa alcuna prontezza di riflessi utile a salvaguardare il mio domani. E, non errando in tal analisi, ebbero quindi a premurarsi, entrambe e in maniera persino speculare, di preservare la mia esistenza in vita, l’una agguantandomi per il braccio destro, l’altra per il sinistro, ed entrambe cercando effimero riparo al di là del letto appartenuto alla trapassata padrona di casa, lì dietro celandomi, e celandosi, non tanto nella speranza di poter ovviare, in tal maniera, alla violenza dell’offensiva così scatenata a nostro discapito, quanto e piuttosto, di rendere appena più complicata la ricerca di un concreto bersaglio per quei colpi, i quali, palesando un approccio più rivolto alla quantità che alla qualità, ebbero a preferire pioverci contro in maniera continua e ossessiva, trascurando l’accuratezza nella fase di mira nella speranza di sopperire, a ciò, con la propria devastante abbondanza.
In verità, con la lucidità che soltanto ora può contraddistinguere la rilettura di tali eventi, facile è comprendere quanto addirittura banale avrebbe avuto a dover essere valutata, in tutto ciò, la possibilità di estinguere l’ardente fiamma delle nostre esistenze, laddove almeno uno fra i nostri antagonisti si fosse concesso la possibilità di approcciare a quell’incombenza con la freddezza di un sicario, allorché lo spaventato entusiasmo di chi, comunque, non aveva evidentemente saputo accogliere con distacco l’immagine del sanguinario scempio condotto, sino a lì, dalla mia amata, nella disfatta di altre dozzine di guardie loro pari, prima di loro. Non che, in tutto ciò, abbia a dover essere ora considerata qual espressa una mia qualche critica a discapito dell’inadeguatezza psicologica di tali possibili carnefici, in sola grazia alla quale, allora, potemmo avere estemporaneamente risparmiate le nostre vite. Tuttavia, per quanto, almeno nell’immediato, quell’approccio ci vide offerto qualche istante in più di mortal esistenza, difficile sarebbe stato per noi perdurare a fronte di quell’assedio, soprattutto ove, come non avrebbe potuto esservi dubbio alcuno, palese avrebbe avuto a dover essere giudicata l’inadeguatezza del nostro riparo a fronte della devastazione propria di quelle armi laser.
Fu, quindi, nella consapevolezza di quanto, nostro malgrado, impossibile avrebbe avuto a poter essere riconosciuta mantenibile quella posizione di arrocco che la mia amata si vide costretta a ricorrere all’ultima risorsa disponibile, all’ultima mossa che avrebbe potuto permettersi di giuocare in quella battaglia e che, necessariamente, avrebbe segnato la fine di quell’assalto che si era prefisso un triplice obiettivo e che, purtroppo, a stento stava dimostrandosi capace di difenderne almeno uno. Perché se lì, Midda e l’equipaggio della Kasta Hamina avevano guidato i propri passi desiderando affrontare e sconfiggere la regina Anmel Mal Toise, liberare il sottoscritto e, ultimo ma non per questo meno importante, offrire una qualunque aspettativa di futuro alla stessa mercenaria da me amata; purtroppo, anche se per mia fortuna, soltanto la questione a me direttamente concernente avrebbe potuto essere riconosciuta qual, almeno fino a quel momento, conquistata con relativo successo, a fronte di un insoddisfacente e frustrante fallimento sotto ogni altro punto di vista. Giunti a quell’ultima, e potenzialmente fatale, evoluzione del conflitto, in uno stallo che, al di là di ogni possibile e straordinaria abilità guerriera da parte tanto della mia amata, quanto della sua compagna, avrebbe potuto garantirci possibilità di sopravvivenza e vittoria, pertanto, forse e proprio allo scopo di preservare quell’unica, minore vittoria riservatasi nella mia liberazione, e, in ciò, qual estremo atto d’amore nei miei confronti, Midda riprese voce e, così facendo, ebbe a rivolgersi proprio in direzione di colui la cui interpellanza stavamo tutti attendendo, e temendo, da un momento all’altro, e che, lì, fu altresì da lei direttamente apostrofato…

« Capitano! » richiamò, con impeto tale che, probabilmente, egli ebbe allora a poterla sentire anche senza la mediazione del dispositivo di comunicazione « E’ giunto il momento di far intervenire il bagatto! »

Mi si voglia perdonare, ora, per l’impiego reiterato di questo termine, che i più attenti fra i possibili lettori, e gli eventuali ascoltatori, di questo resoconto, di certo ricorderanno essere già stato impiegato in un momento precedente a questo. Causa il costretto impiego, da parte di Midda e mio, di dispositivi di traduzione automatica e istantanea, utili a concederci la possibilità di comprendere e di essere compresi, almeno in relazione al linguaggio verbale, dai nostri interlocutori; non mi è data alcuna certezza nel merito del corretto impiego di tale termine in questo contesto. In effetti, non soltanto non potrei vantare confidenza alcuna con la coerenza di un tale significante rispetto al proprio significato in mera relazione alla lingua abitualmente impiegata da Midda e da me, la stessa parlata in Kofreya e, con minime differenze di pronuncia, negli stati confinanti del nostro pianeta natale; ma, addirittura e ancor peggio, non dovrei neppure essere in condizione di poter essere certo nel merito del fatto che, posto a confronto con la stessa parola, nella sua versione originale, da parte del mio traduttore avrei potuto ottenere il medesimo adattamento che, chiaramente, doveva essere stato selezionato da quello della mia amata, nella gestione euristica del funzionamento stesso di tali dispositivi. A posteriori, tuttavia e quantomeno, posso escludere questa seconda eventualità, dal momento che, effettivamente, anch’io ho poi avuto occasione di essere posto a confronto con simile riadattamento… che esso avesse a considerarsi giusto, o meno.
Al di là, comunque, di ogni ulteriore digressione di ordine didascalico, il bagatto invocato da parte della mia amata, altro non avrebbe avuto che a dover essere considerato un’arma. E un’arma, come avrei scoperto di lì a pochi istanti, utile a garantirci l’occasione di fuga di cui, nella trappola in cui eravamo stati rinchiusi, non avremmo potuto evitare di abbisognare non di meno rispetto all’aria stessa…

« Midda… il tuo braccio… » tentò di suggerire Lys’sh, avendo, a differenza del sottoscritto, ben chiaro il significato di quella richiesta e, in ciò, quanto da essa sarebbe conseguito.
« Non c’è tempo. » negò l’altra, scuotendo il capo e spingendo la mia testa ancor più in basso nel momento in cui una nuova raffica di laser rischiò di decollare tutti e tre, dimostrando quando, nostro malgrado, il tempo a nostra disposizione avesse a doversi giudicare scaduto « Ora, capitano! »
« Ora, Ragazzo! » comandò il capitano, senza porre in dubbio le esigenze della mercenaria, e a lei offrendo tutta la propria fiducia così come, già, le aveva tributato nell’insistere per seguirla, per accompagnarla, in quell’impresa, insieme a tutto il proprio equipaggio « Ora! »

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