11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

www.middaschronicles.com
il Diario - l'Arte

News & Comunicazioni

E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

domenica 30 marzo 2014

2234


Mi piacerebbe poter asserire che Desmair, o io, o entrambi, ci riservammo l’opportunità di cogliere l’evidenza di un certo preavviso nel confronto di quanto accadde. Mi piacerebbe poter ovviare ad apparire estremamente ingenuo nel mio rapporto con il mondo a me circostante e con i suoi abitanti, colpevole, mio malgrado, di non essere stato sì paranoico qual, abitualmente, e non erroneamente, si pone essere la mia amata Midda. Mi piacerebbe poter negare essere stato colto, metaforicamente, ma non per questo meno drammaticamente, con le brache calate innanzi al nemico. Purtroppo… però… fra ciò che mi piacerebbe poter dire e ciò che, al contrario, mi è effettivamente concesso di poter dire, soprattutto nel voler essere onesto con me stesso, ancor prima che con possibili interlocutori, con possibili lettori o ascoltatori di questa storia, la distanza non è breve. E, anzi, ha da considerarsi pari alla distanza esistente fra la libertà che avrebbe potuto essermi propria e, altresì, la prigionia che mi venne spiacevolmente imposta.
La cosa più sgradevole, in tutto ciò, fu scoprire, comunque, quanto Falamar avesse avuto ragione nel tentare di pormi in guardia, nell’indicarmi di prestare attenzione a non generalizzare, a non concedermi la leggerezza di considerare tutti i canissiani necessariamente delle brave persone sulla base della semplice esperienza concessami nel mio rapporto con lui. E, soprattutto, ritrovarsi costretti a ricordarsi quanta falsità e quanta ipocrisia possano essere celate dietro a comportamenti assolutamente amichevoli, persino fraterni,  in misura sufficiente, mio malgrado, da costringermi tristemente a dover rivalutare qualunque possibile rapporto, qualunque possibile legame, non tanto per mera diffidenza nei confronti del prossimo, quanto e piuttosto nella necessità di preservarsi in vita, di salvaguardare la propria autodeterminazione e, ancor più, la propria libertà, per così come, allora e al contrario, mi furono violentemente sottratte.
Premessa: di lei parlerò al passato e, in questo, non vi potrà essere particolare ragione di sorpresa nel momento in cui, di conseguenza, si giungerà a narrare della sua morte. Anzi. Mi si permetta di chiarire, immediatamente e al di là di ogni ambiguità, come, per propria fortuna, ella sia effettivamente morta. E sia morta in maniera persino sufficientemente compassionevole, nel ritrovarsi sostanzialmente decapitata qual effetto di un terrificante montate a opera della mia stessa, sempre adorata, Midda Bontor. Una paradossale fortuna, quella in tal modo riconosciutale, giacché se soltanto la mia amata avesse avuto possibilità di essere preventivamente informata nel merito dei dettagli del tradimento impostomi, difficilmente credo che sarebbe stata altrettanto sbrigativa nel formalizzare la sua condanna a morte, divertendosi, invece, a farla pentire non soltanto delle proprie azioni, di tutta la propria falsità e la propria ipocrisia, ma anche, e ancor più, di essere venuta al mondo, di essere stata concepita da propria madre e da proprio padre allorché, semplicemente, non essere mai esistita.
Il suo nome era Tannouinn… Tannouinn Reshat. Canissiana, come Falamar, mi fu introdotta insieme a molti altri esponenti della medesima razza il giorno stesso del mio arrivo al loro alloggio comune. Di sesso femminile, si presentò al mio sguardo decisamente meno pericolosa di quanto non avrebbero potuto essere Falamar e la maggior parte dei suoi simili, non contraddistinta dalla medesima corporatura, dalla stessa altezza, o massa muscolare, in misura tale da farmi sentire, innanzi a lei, istintivamente minacciato. Al contrario. Se già Midda, di per sé, non avrebbe potuto vantare una particolare statuaria presenza, con poco più di cinque piedi di altezza; Tannouinn a stento avrebbe dovuto essere riconosciuta qual distinguibile da una bambina, benché, a tutti gli effetti, donna adulta. Ciò non di meno, esattamente come per la mia amata, anche nel confronto con lei, non avrebbe dovuto essere commesso l’errore di giudicare una figura tanto minuta qual priva della propria intrinseca pericolosità, così come, io stesso, ebbi ragione di scoprire… benché, a differenza della mia succitata compagna, a una dimensione squisitamente fisica, corporale, ella palesò preferire soluzioni più psicologiche, emotive, tali da non necessitare, neppur vagamente, di un confronto diretto, a un livello sul quale, sicuramente era conscia, non avrebbe mai potuto avere speranza di vittoria, neppure in grazia alle caratteristiche proprie della sua razza.
In ciò, quindi, non si commetta l’errore di credere che Tannouinn Reshat si riservò la possibilità di dimostrare, a mio discapito, una qualche forma di antipatia. Al contrario. Sin dal primo giorno, sin dal primo momento in cui varcai la soglia dell’alloggio comune al seguito di Falamar, ella mi accolse addirittura dimostrando, nei miei confronti, una certa stima, una decisa simpatia, subito cercando, con me, occasione di dialogo, di relazione, di conoscenza reciproca, spingendomi a parlare, a confidarmi con lei, a considerarla, in tutto e per tutto, un’amica. E, non voglio negarlo, fu brava in questo. Fu molto brava in questo, ponendomi, innanzi a lei, così a mio agio, così psicologicamente ed emotivamente sereno, da riservarsi, immediatamente, un ruolo da protagonista in quella mia nuova quotidianità, in quella nuova fase della mia vita in cui, fra l’altro, ogni rapporto, ogni legame, avrebbe avuto a dover essere riscritto, a dover essere ricreato da zero. E, in tale ruolo da protagonista, ella fu estremamente abile a spingermi, senza freno alcuno, senza la benché minima inibizione, a confidarmi con lei così come, in passato, soltanto con Midda mi ero riservato occasione di aprirmi, approfittando di quella nuova amicizia per trovare anche un’occasione di sfogo, per ricercare una possibilità di sostegno, nel confronto con tutto quello che pur mi stava accadendo, con tutto quello che pur stava sconvolgendo la mia esistenza, a partire dall’ennesimo, e quanto mai allora sofferto, distacco da colei per seguire la quale sino alle stelle mi ero, allora, spinto.
Con il famigerato senno di poi, con la consapevolezza che soltanto a posteriori è capace di caratterizzare chiunque, sia egli contraddistinto da una straordinaria mente deduttiva che, altresì, da un quoziente intellettivo più comune, è facile per me evidenziare quanto, nel compiere tutto ciò, nello spingermi a confidarmi con lei, ad aprirmi innanzi a lei, ella mai si scoprì, mai ebbe parimenti a rivelarsi, acquisendo, al contrario, di istante in istante, di momento in momento, nuove informazioni utili a permetterle di offrirsi, al mio sguardo, qual un’amica sempre migliore, qual una figura sempre a me più vicina, una sorella mai conosciuta, uno spirito a me affine, per quanto, probabilmente, nulla, neppur lontanamente, avrebbe mai potuto avere ragione di accomunarci. Però, questo, ha appunto a considerarsi frutto di quella saggezza che, purtroppo, tutti contraddistingue soltanto a confronto con la verità svelata, con l’evidenza dimostrata, e non, piuttosto, in un momento antecedente, quando, sicuramente, sarebbe stato meglio, per me, scoprirlo, meglio, per me, capirlo.
Per coloro che poi, in questo momento, si possono star domandando il perché di questa mia particolare scelta espositiva, mi si permetta di chiarire, in maniera inequivocabile, come non abbia a doversi considerare mia intenzione riportare, in queste pagine, in questo resoconto, i dettagli dei nostri dialoghi, delle nostre conversazioni, delle lunghe serate da me, e soltanto da me, in effetti, spese a offrire dettaglio nel merito di quasi ogni evento della mia vita, del mio passato prossimo così come quello più remoto. Certo: impegnarmi in tal senso, in simile testimonianza, renderebbe probabilmente la narrazione più coinvolgente, amplificherebbe la possibilità di immedesimazione e offrirebbe, a un eventuale lettore o ascoltatore, una maggiore possibilità di empatia nei miei confronti al momento in cui, alfine, si giungerebbe al momento del tradimento, della rivelazione di quanto occorso. Ma, sinceramente, e spero che mi si possa comprendere per tale mia ritrosia, non è mio desiderio dedicarle maggiore spazio, maggiore protagonismo di quanto, già, ella non fu in grado di rendere proprio in ogni singolo giorno che condividemmo, in ogni singolo istante che trascorremmo fianco a fianco, a confrontarci su qualunque tema.
Proprio per questa ragione, quindi, a tutti chiedo uno sforzo di fiducia, un attestato di fede nei miei riguardi, credendomi anche senza bisogno di prove a supporto, nel momento in cui affermo che ella, al di là di tutto, fu davvero brava nel compiere ciò che compì… brava a entrare nella mia testa e nel mio cuore, come alcuna prostituta in tutta Kriarya aveva e avrebbe mai saputo compiere pur condividendo, con me, molto più di quanto ella mai tentò di spingersi a ricercare. E mai tentò di farlo, dimostrandosi ovviamente, e ancora una volta, anche in questo estremamente abile nel giuocare con la psiche delle proprie vittime, con i sentimenti dei suoi obiettivi, nel comprendere quanto, nel mio legame con Midda, nella mia relazione con lei, ciò che avrebbe allora potuto servirmi non sarebbe stata certamente un’amante, ma, piuttosto, un’amica, una confidente, una complice, una consigliera. Così come, in effetti, a me si presentò.

Nessun commento: