Il primo a dichiarare l’allarme fu M’Eu, posto immediatamente alle spalle di Maddie. Non perché fosse stato aggredito, né perché avesse realmente preso coscienza di un qualche avversario, quanto e piuttosto perché, per un istante, qualcosa gli aveva sfiorato la gamba destra. Una sensazione effimera, che avrebbe potuto significare nulla, e che pur egli non ebbe a minimizzare nella propria importanza, né si vide parimenti essere minimizzata da parte di tutti gli altri, i quali, al contrario, ebbero ad accogliere quell’avviso con assoluta serietà e senza alcuna possibile critica a suo discapito.
Tutti loro, del resto, avevano affrontato sufficienti avventure, e disavventure, per ben comprendere quanto anche il più piccolo dei segnali non avrebbe avuto a dover essere ignorato, pena una qualche, terrificante, occasione di morte. E così, cresciuti alla scuola di Midda, tutti loro avrebbero avuto a essere ben lieti di potersi considerare paranoici, ove un po’ di sana paranoia avrebbe permesso loro di salvarsi la pelle. Così come, anche in quel caso, ebbe a occorrere.
« Ho visto qualcosa! » esclamò all’improvviso Howe, voltandosi di scatto per cercare di seguire con lo sguardo quanto fugacemente individuato, e quanto, in tal maniera, mossasi in direzione del suo biondo sodale, alle sue spalle « Attento, Be’Wahr. »
Be’Wahr, forse non dotato di particolare sagacia, ma non per questo meno che attento a ogni possibile ragione di pericolo, aveva subito colto la fuggevole ombra in movimento fra le gambe del proprio compare. Un’ombra delle dimensioni di un gatto, o forse di un ratto, e capace di muoversi in maniera egualmente lesta e discreta, ragione per cui, con l’oscurità lì imperante, difficile avrebbe avuto a potersi riconoscere nella propria effettiva natura.
« Potrebbe essere un topo... » suggerì pertanto, offrendo voce a quanto aveva veduto o a quanto, per lo meno, credeva di aver veduto.
« Meglio così... » replicò allora H’Anel, non abbassando la guardia e, ciò non di meno, trovando ragione di che rasserenarsi a quell’annuncio e a quell’annuncio, in fondo, non privo di ragioni di assennatezza.
« Ma come... non hai paura dei topi...?! » la stuzzicò Howe, sorridendo sornione e divertito all’idea della figlia di Ebano terrorizzata al confronto con il pensiero di un topino qualsiasi.
« No. A meno che non mi possano staccare la testa a morsi... » negò l’altra, stringendosi appena fra le spalle a minimizzare la questione.
Quanto, tuttavia, dalla propria posizione centrale nella loro piccola colonna umana, in discesa lungo quella stretta scalinata a spirale, H’Anel non avrebbe potuto immaginare, nello scandire quelle parole volontariamente iperboliche, sarebbe stato quanto, purtroppo, alcuna iperbole avrebbe avuto a poter esser fraintesa in quelle medesime parole...
« E se questi topi potessero staccare la testa a morsi...?! » domandò la voce di Maddie, anticipando di un istante il clangore di una delle sua accette contro la pietra, e, facile da immaginare, contro la pietra del cunicolo attorno a loro, evidenza concreta dell’inizio di una battaglia, e di una battaglia in una posizione per loro quantomai sfavorevole.
Davanti alla donna dai capelli color del fuoco e dagli occhi color del ghiaccio avevano infatti fatto la loro apparizione dei ratti, per così come giustamente ipotizzato da Be’Wahr. Ma non dei ratti comuni, quanto e piuttosto degli orridi ibridi che sembravano essere frutto del contagio del morbo cnidariano su tali creature. Un morbo che, tuttavia e fortunatamente, sino a quel momento non aveva ancora fatto la propria apparizione in quel mondo e che, obiettivamente, ella sperava di non avere a rincontrare tanto presto. O, quantomeno, non in simili circostanze.
Per quanto, comunque, potesse apparire improbabile la presenza del morbo cnidariano, e, soprattutto, del morbo cnidariano applicato a dei ratti, quanto si stava offrendo innanzi ai suoi occhi appariva sufficientemente palese, avendole a ricordare, in maniera spiacevolmente tragica, non soltanto l’incontro contro la propria maestra d’arme, nel giorno in cui, per la prima volta, ebbe a scoprire l’esistenza del multiverso e dei pericoli a esso connessi, ma anche, e ancor peggio, l’immeritata e prematura conclusione della vita della medesima Midda Bontor... un’altra Midda Bontor rispetto a quella autoctona della dimensione nella quale la stessa Maddie da cinque anni aveva preso involontariamente e inaspettatamente dimora.
E così, innanzi ai suoi occhi, quei ratti, a un primo sguardo presentatisi apparentemente normali, avevano mostrato le proprie teste, e la parte superiore del propri busti, aprirsi letteralmente in due, in senso longitudinale, quasi una spada fosse calata loro addosso in un violento fendente. Ma in conseguenza a quell’apertura, tuttavia, non avrebbe avuto a dover essere fraintesa la loro medesima morte, quanto e piuttosto la loro bramosia di sangue e di morte, comprovata da una fitta sequela di lunghi e sottili denti aguzzi a contornare quella strana, e terrificante, bocca.
« Non so se siano veramente stati contagiati dal morbo cnidariano... » premesse, lasciando calare violentemente la propria accetta destra contro quegli antagonisti, cercandone la morte « ... ma evitate di farvi mordere o, anche e soltanto, ferire. Altrimenti potremmo avere un grosso... grosso problema. » sancì, a beneficio dei suoi compagni d’avventura che, alle sue spalle, non avrebbero potuto riservarsi la sua medesima consapevolezza sull’improvvisa gravità della situazione nella quale si erano andati a cacciare.
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