11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

domenica 26 marzo 2017

RM 084


Un ultimo sguardo alla donna, nel mentre in cui ella superava la porta d’ingresso, permise alle tre guardie di intravedere, nel lento ondeggiare dello scialle a ogni suo misurato passo, il piacevole tatuaggio rappresentante, sulla sua schiena ampiamente scoperta, due ali piumate, quasi pronte a dischiudersi da un istante all’altro, a garantirle l’occasione di spiccare il volo verso l’infino.

« Che donna… » scandirono, in un muto sussurro, l’uno verso gli altri, obiettivamente dispiaciuti di essere stati costretti a osservarla scomparire ma, comunque, rassicurati all’idea che ella avrebbe avuto a dover passare nuovamente di lì, presto o tardi, per uscire.

Entrata all’interno del locale, quanto si aprì innanzi all’attenzione di Carsa fu la più palese dimostrazione di come, a prescindere da ogni genere di pregiudizio in merito al ceto, alla religione, al sesso o, persino, alla razza, pochi, comuni denominatori avrebbero avuto dover essere considerati qual imperanti in ogni angolo dell’universo, sicuramente sin dalla notte dei tempi, due dei quali, proprio all’interno di quelle mura, e di quel primo piano parzialmente interrato, avrebbero avuto a dover trovare la propria più vivace espressione: il denaro e il sesso. Attorno a lei, in un vasto salone le estremità del quale si smarrivano nella semioscurità lì imperante, nei colori fluorescenti dell’ambiente e in un vago alone imposto da una sorta di nebbia artificiale lì volutamente presente, avrebbero avuto a dover essere riconosciuti uomini e donne, umani e chimere, di ogni estrazione sociale, egualmente intenti, in quella zona franca dedicata al piacere, a cercar di offrire libero sfogo a ogni proprio desiderio sessuale, finanche alle più oscure perversioni che, probabilmente, in qualunque altro contesto, avrebbero avuto persino vergogna a immaginare nell’intimità della propria mente. E così come variegata risultava essere la clientela, altrettanto variegata risultava essere la mercanzia messa lì a disposizione dalla Loor’Nos-Kahn, non riconoscendo evidentemente ragione utile a minimizzare le possibilità per i propri ospiti paganti.
Pur Carsa Anloch non potendosi considerare un’innocente educanda inconsapevole nel merito della sessualità e delle sue variegate sfumature, difficile sarebbe stato per lei, al pari di chiunque altro, restare del tutto indifferenti, impassibili, di fronte a quello spettacolo atto a mettere in scena una discutibile, ed estremamente materialistica, interpretazione dei piaceri della carne. Per questa ragione, in un primo istante, ella ebbe ad arrestarsi quasi con disgusto innanzi a tutto ciò, là dove, era certa, al contrario non avrebbe battuto ciglio nel momento in cui si fosse reso necessario procedere alla mattanza programmata, alla sistematica eliminazione di tutti gli affilianti alla Loor’Nos-Kahn presenti in quell’intero edificio, al punto tale di ritrovarsi cosparsa, dalla punta del capo sino a quella dei pieni, di sangue, in una condizione non poi così diversa rispetto a quella nella quale aveva accolto Midda il giorno in cui questa si era recata a cercarla. Ciò non di meno, e ferma nel pensiero di quanto avrebbe avuto a dover compiere, la donna si impegnò a restare nel ruolo di Lavero e, in ciò, a dimostrarsi addirittura deliziata per quanto a lei circostante, quasi come se, obiettivamente, null’altro avrebbe potuto appagarla se non quell’osceno spettacolo: un impegno non banale, il suo, che la vide riportare l’attenzione, nella propria mente, all’indirizzo di Lys’sh, domandandosi ove ella fosse e se già fosse riuscita a superare tutto quello.
La giovane ofidiana, entrata solo poco prima rispetto a lei, una volta superata la soglia di ingresso non aveva ovviamente incontrato ostacoli in quel primo livello, ritrovandosi, anzi e paradossalmente, proiettata in un ambiente a lei persino favorevole, nel garantirle occasione di procedere indisturbata all’esplorazione di quel piano nella ricerca della via d’accesso ai livelli inferiori. E se, nel particolare genere di attività nella quale tutti i presenti si stavano dimostrando impegnati, comunque, difficile sarebbe stato, per chiunque, ofidiano o no, riuscire ad attirare l’attenzione su di sé; nel ritrovarsi immersa in un simile contesto, a livello sensoriale, attraverso il proprio udito e il proprio olfatto nella fattispecie, Lys’sh ebbe quasi l’impressione di essere stata catapultata più su un campo di battaglia che, altresì, in un lupanare, giacché i suoni e gli odori che giunsero violentemente alla sua attenzione, con tanta inaspettata irruenza quasi a stordirla, non avrebbero avuto a doversi considerare poi così tanto diversi: gemini e grida, sudore, ma anche sangue, urina e feci, erano i principali interpreti in quel particolare contesto, in una misura sicuramente inferiore rispetto a quelli propri di un campo di battaglia, e, pur, egualmente presenti, in un parallelo che avrebbe sicuramente stuzzicato l’attenzione di molti filosofi sul rapporto fra i due pur così differenti contesti. Suo malgrado fortunatamente abituata a simili percezioni, Lys’sh non ebbe problemi a relazionarsi con tutto quello e, non avendo, a differenza di Carsa, ragione per intrattenersi un istante di troppo a quel livello, poté concentrare tutte le proprie energie sulla ricerca del successivo valico, del nuovo passaggio il quale, questa volta, avrebbe avuto a dover affrontare lei per prima, segnando anzi, in tal maniera, la via per la propria sodale.
Come correttamente ipotizzato già nel corso dell’analisi compiuta a bordo della nave sulla base delle poche informazioni in loro possesso, l’accesso ai livelli inferiori avrebbe avuto a doversi riconoscere qual collocato al centro della struttura, qual un unico grande pozzo comune all’intera struttura, lungo il quale correvano sia due diversi ascensori, sia, parimenti, due rampe di scale, le seconde, probabilmente, a intendersi più per ragioni di sicurezza che per un qualche, quotidiano impiego. Lys’sh, ovviamente, imboccò immediatamente la via offerta da una delle due scale e iniziò, con consueta discrezione, la discesa verso i piani inferiori, là dove, speranzosamente, avrebbe potuto cogliere informazioni più interessanti. Di tale progresso, ovviamente, non mancò di informare la propria compagna d’arme, pur non rivolgendole alcuna comunicazione in chiaro, quanto, e piuttosto, ricorrendo a un sistema fra loro già ampiamente collaudato, e tale da inviare, attraverso una coppia di anelli volti ad apparire meri monili, una sequenza codificata di lievi vibrazioni, alle quali affidare soltanto il minimo indispensabile, al fine di ovviare a possibilità di intercettazione. Così, avvertendo il proprio anello vibrare, Carsa ebbe a prestare massima attenzione alla conferma concessale del fatto che, al centro della struttura, avrebbe trovato l’accesso ai livelli inferiori e, parimenti, al fatto che Lys’sh aveva iniziato ad anticiparla, come concordato, in quella discesa.
Vagando nei panni di Lavero, apparentemente senza una precisa meta e, in ciò, sospinta da un qualche morboso interesse a cogliere ogni possibile perversione lì in atto, ella si stava, allora, non di meno impegnando al fine di individuare il maggior numero possibile di presenze riconducibili esplicitamente alla Loor’Nos-Kahn, non tanto fra i professionisti e le professioniste in azione, quanto e piuttosto fra il personale collaterale che, nella maggior parte dei casi, non avrebbe potuto essere equivocato, nel ritrovarsi palesemente definito dai propri ruoli di guardie. E di tutte le informazioni che, in tal maniera, ella stava già raccogliendo, null’altro avrebbe potuto fare se non immagazzinarle all’interno della propria memoria, laddove, per non produrre segnali eccessivamente potenti, e in ciò eccessivamente intercettabili, gli anelli di comunicazione non avrebbero potuto funzionare verso l’esterno e, tantomeno, verso la Kriarya o la Jol’Ange.

« La signora vede forse qualcosa che le interessa…? » le comparve innanzi, quasi in maniera improvvisa, un giovane di bell’aspetto, sorridendole con fare misuratamente sornione, utile a palesare quanto, i suoi modi, avessero a doversi riconoscere qual il risultato di una vera e propria preparazione professionale e non tanto di una qualche improvvisazione.
« La signora ha un nome… » replicò ella, degnando appena di uno sguardo il proprio interlocutore, dimostrando tutta la propria alterigia, tutta la propria supposta superiorità nei confronti dell’altro.
« Un nome che vorrà condividere con me, spero. » cercò di salvarsi, non senza una certa eleganza, il giovane, chinandosi appena quasi a volerle dimostrare, in tal maniera, il proprio pentimento e la propria sottomissione nei suoi riguardi.
« Forse… » commentò l’altra, ora permettendo alle proprie labbra di curvarsi appena, in un sorriso maliziosamente divertito « … tutto dipende da cosa sarai disposto a fare per me. »

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