Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.
Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!
Scopri subito le Cronache di Midda!
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E siamo a... QUATTROMILA!
Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!
Grazie a tutti!
Sean, 18 giugno 2022
Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!
Grazie a tutti!
Sean, 18 giugno 2022
domenica 13 gennaio 2013
1820
Avventura
037 - Eufonia
Immediato fu l’arresto da parte della mercenaria dai rossi capelli, in conseguenza alla richiesta così tanto esplicitamente formulata. Dopotutto, da parte sua non era mai stato il desiderio di nuocere alla compagna, né, tantomeno, quello di sentirla gridare, e gridare tanto dolorosamente, la propria reazione ai suoi tentativi di liberazione; e se aveva compiuto quel tentativo per liberarla era stato solo ed esclusivamente nella volontà di non deluderne le aspettative e di non lasciar nulla di incompiuto, e non, di certo, per farla soffrire, per imporle ragione di dolore e sofferenza.
« Scusa… » commentò ella, sinceramente dispiaciuta per quanto accaduto e per come ciò era accaduto, soprattutto nel confronto con la consapevolezza psicologica di non essersi sufficientemente impegnata allo scopo di impedirlo, di evitare quel tentativo già noto qual fallimentare.
Ansimando, qual irrefrenabile conseguenza della pena vissuta, Nera si sforzò di rispondere immediatamente alla richiesta della sodale, desiderosa di ribadire quanto, dal proprio punto di vista, non le fosse attribuita alcuna imputazione, alcuna condanna, avendo, del resto, ella compiuto sol quanto richiestole: « Non ti preoccupare… non è stata colpa tua. »
« Tecnicamente sì. » puntualizzò Rossa, scuotendo il capo a quella superflua e ingiustificata ricerca volta a minimizzarne le responsabilità, non desiderando in alcun modo sottrarsi alla propria quota di partecipazione tanto a quell’ultima fallimentare strategia, così come alla tattica che aveva condotto a quella stessa necessità, a quel bisogno, avendo entrambe agito sempre e comunque in totale armonia, in completo sostegno reciproco, tale da vanificare l’eventualità che l’una o l’altra potessero essere giudicate responsabili di una scelta in maniera assoluta ed esclusiva così come quell’ultimo intervento consolatorio sembrava intenzionato a compiere.
« Tecnicamente o non tecnicamente, non ha importanza di chi sia la colpa. » precisò l’avventuriera dalla chioma corvina, proprio malgrado ancora intrappolata al di sotto della colossale mole del loro ultimo avversario « Ciò che conta, ora, è cercare di tirarmi fuori di qui… possibilmente al più presto. »
Posizione tanto netta quanto priva d’ogni margine di argomentazione, quella così proposta, innanzi alla quale Rossa non poté che definirsi assolutamente solidale, completamente d’accordo, in misura tale da zittire ogni ulteriore senso di colpa, ogni altra, possibile, interazione volta a invocare la comprensione e il perdono della compagna, per quanto neppur necessario; per concentrarsi allo scopo di porre, quanto prima, la parola fine su quella spiacevole parentesi, su quella dolorosa distrazione dal loro obiettivo finale. Ragione per la quale, quand’ella riprese voce, non fu per offrire nuove parole di scuse, quanto e piuttosto per collaborare in misura nuovamente costruttiva alla liberazione della sodale.
« D’accordo… » annuì la mercenaria, offrendo un tirato, eppur sincero, sorriso, atto a dimostrare quanto anche dal proprio punto di vista la questione avesse da considerarsi ormai conclusa, almeno nella misura utile a giustificare qualunque ulteriore interazione fra loro a tal riguardo « Considerando che non sembra essere fattibile l’idea di spostare quel mostro da sopra di te; né, tantomeno, di spostare te da sotto quel mostro; l’unica alternativa che ci resta è quella di ridurre il problema a una misura meglio gestibile. » specificò, piegando il capo prima a destra e poi a sinistra, a sciogliere i muscoli del collo e a lasciarne scricchiolare sgradevolmente le ossa.
« Thyres… temevo l’avresti detto. » commentò Nera, storcendo appena le labbra verso il basso, nel ben intendere quale fosse la soluzione in tal modo suggerita dall’altra se stessa e nel dimostrare quanto, dal proprio punto di vista avesse da considerarsi ragionevole, sebbene, non per questo, entusiasmante « Cerca soltanto di non tagliare qualcosa di troppo… » suggerì, in tono necessariamente retorico, ove certa di quanto, da parte di Rossa, sarebbe stata posta ogni premura utile a escludere una tale eventualità.
« Sarò precisa come un cerusico. » tentò di rassicurarla la prima, benché, nel confronto con la mole della bestia in questione, l’unico paragone utile sarebbe stato quello di un macellaio.
Recuperando la propria spada, sino a quel momento non soltanto trascurata ma persino quasi dimenticata in favore alla preoccupazione per la sorte della sodale, la donna guerriero dai capelli color del fuoco restò per un lungo istante in contemplazione del corpo della bestia, e delle due zampe sotto le quali era rimasta schiacciata la propria alleata, frenata nel proprio agire non tanto dal timore delle conseguenze che da quel gesto avrebbero potuto derivare, quanto e piuttosto dalla necessità di una corretta valutazione sulla posizione migliore nella quale operare, allo scopo di amputare quella coppia di arti, riducendo, in tal modo, il problema a una misura meglio gestibile, letteralmente. Ove, dopotutto, improbabile sarebbe stato per lei riuscire a sollevare la straordinaria massa del mostro, già meno complicato avrebbe dovuto essere riconosciuto l’impegno richiesto per disfarsi di una semplice coppia di zampe, per quanto grandi e per quanto mostruose, ottenendo, nonostante ciò, il medesimo risultato desiderato: la liberazione di Nera.
Una strategia, quella così presa in esame e, non senza una certa esitazione, abbracciata, che, ovviamente, non avrebbe potuto definirsi qual priva di rischi, priva di possibilità di errore e, anzi, contraddistinta nella propria stessa natura da un alto potenziale di danno, e di danno effettivamente non tanto a discapito di colei che l’avrebbe posta in essere, quanto di colei che, in tal modo, si desiderava salvare. Sarebbe infatti stata sufficiente una semplice mossa errata, una sola stima sbagliata, nel valutare la forza necessaria per portare a termine quell’operazione, e la lama bastarda, con il proprio filo perfetto e letale, sarebbe calala in maniera incontrollata sul corpo inerme della donna lì sotto intrappolata, sancendone una fine probabilmente più rapida e misericordiosa di quanto non avrebbe potuto attenderla altrimenti, ma, non per questo, più gradevole, più auspicabile. Un’eventualità, quella tanto negativamente così preventivata, che la stessa Nera non aveva potuto evitare di prendere in considerazione, così come sottolineato dalla propria scherzosa richiesta, e alla prospettiva della quale, tuttavia, avrebbe potuto considerarsi egualmente pronta, laddove sarebbe stato preferibile per lei rischiare di morire nel tentativo di essere liberata, alla certezza della lenta e inesorabile morte certa che le sarebbe stata riservata in assenza di qualsivoglia tentativo utile a liberarla.
Quando, pertanto, Rossa adagiò la punta della propria lama fra due scaglie ossee caratteristiche dell’esoscheletro della bestia abbattuta, entrambe le donne non poterono ovviare a rivolgere un pensiero in direzione alla propria dea prediletta e, con esso, una preghiera, volta a concedere alla mano stretta attonro a quell’impugnatura di non avere esitazioni e di non errare nel proprio incedere, recidendo soltanto quanto utile a preservare una vita, e nulla di più, in misura altresì tragicamente necessaria a condannarla.
« Comunque vada… è stato divertente combattere insieme a te. » sussurrò Nera, attendendo il primo affondo, e, in ciò, il proprio fato, qualunque esso sarebbe stato.
« Comunque vada… non osare morire. » replicò l’altra, storcendo le labbra verso il basso e tendendo i muscoli del braccio e della spalla sinistra per prepararsi al primo attacco, alla prima offesa contro quelle carni morte, nella speranza di ritrovare, in esse minor resistenza rispetto a quanto non le aveva caratterizzate in vita « Non ho mai creduto nel suicidio qual una soluzione ammissibile… »
« … e ammazzare te stessa non sarebbe piacevole. » concluse per lei la prima, sorridendo a quelle parole, nella certezza di come sarebbero state anche le proprie a parti inverse, a ruoli scambiati, con lei lassù, in piedi, pronta a spingere la spada nelle carni del mostro, e la propria interlocutrice stesa a terra, semisoffocata sotto il peso gravante sul proprio corpo e sul proprio addome.
« Esattamente. » confermò Rossa, stringendo subito dopo i denti e non attendendo un istante di più prima di agire, prima di porre in essere quella tanto temuta azione, nel timore che, rimandando ancora, non le sarebbe stata concessa la forza di compiere quanto era necessario, impiegando la propria terribile arma, ancora una volta, per preservare la propria sopravvivenza… seppur in un senso più amplio del termine.
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