11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

giovedì 20 gennaio 2011

1100


R
ispettando i ritmi propri imposti dagli dei per quella particolare stagione sin dalla notte dei tempi, il tramonto giunse tardivo in quella sera estiva, decretando, inappellabile, la conclusione della giornata e accompagnando, quieto e discreto, tutti i lavoratori alle proprie dimore per la cena e il successivo riposo.
I contadini rientrarono dai campi, gli allevatori condussero le proprie greggi nei recinti, gli artigiani interruppero i propri mestieri, e i commercianti chiusero bottega: tutto si svolse in maniera assolutamente tranquilla, addirittura serena, là dove, oggettivamente, molte sarebbero dovute essere riconosciute le emozioni di irrequietezza caratteristiche di quella stessa, particolare, giornata nel confronto con ogni altro giorno precedente a quello, e, forse, con qualsiasi altro giorno che mai sarebbe stato offerto dal fato a quello stesso villaggio, ammesso, ovviamente, che l'ineffabile sorte prevedesse realmente, nei propri piani, la possibilità di un futuro per tutti loro. Per gli abitanti di quell'angolo di mondo, la realtà quotidiana era sempre stata incredibilmente, scandendo le ore e i giorni, le settimane e i mesi, le stagioni e gli anni, non sulla base di incredibili eventi, leggendari accadimenti, storie che avrebbero segnato per sempre la loro esistenza, agendo sul presente per spingere il futuro verso vie del tutto estranee a ciò che era stato da sempre il loro passato. E, in conseguenza di ciò, in quella che, in contesti diversi, in condizioni consuete, abitudinarie, sarebbe potuta essere una semplice serata estiva, l'aria parve concedersi carica di un odore diverso, gli ultimi raggi del sole parvero mostrarsi tinti di un colore diverso, la pallida luna, levatasi nel cielo, parve riservarsi con un volto diverso, quasi anche la natura, attorno a loro, fosse consapevole che qualcosa di grave, trionfale o devastante, sarebbe presto accaduto.
B'Reluc, al pari dei propri compaesani, sino a quel giorno aveva vissuto una vita incredibilmente costante, straordinariamente abitudinaria nei propri ritmi, nelle proprie evoluzioni, o, meglio, nella propria assenza di evoluzioni, tale da farlo illudere di come piccole cose dovessero essere interpretate quali gravi eventi. Ripensando, in quella stessa sera, alla propria vita, e, fra i vari momenti della medesima, al giorno in cui Bal'Ev lo aveva rifiutato e umiliato, quell'evento ora concepito qual incredibilmente lontano, e fino a quella stessa mattina ritenuto qual il peggiore della propria intera esistenza, perse improvvisamente di significato, apparendo tanto ridicolo da farlo sentire in imbarazzo per l'importanza precedentemente attribuitagli. Diversamente a ciò, mai come in quella stessa sera, il giovane sentì il peso della responsabilità derivante dalla prematura scomparsa di suo padre, dell'uomo che, se solo fosse stato lì presente, avrebbe probabilmente saputo riservargli parole di conforto, lasciandogli credere di non aver alcuna ragione per la quale preoccuparsi, alcuna motivazione per la quale temere l'idea stessa di andare a coricarsi, e che, se solo fosse stato lì presente, avrebbe potuto evitargli di dover affrontare quelle medesime situazioni in sua vece, nel rapporto con i propri fratelli e le proprie sorelle minori. Mai come nel corso di quell'ultima cena consumata all'imbrunire, B'Reluc avrebbe voluto rinnegare la presunta maturità conseguente ai suoi quattordici anni, invocando il proprio diritto a poter essere ancora bambino e non uomo, la propria infantilità purtroppo perduta e che mai, alcuno, avrebbe potuto restituirgli. Ovviamente il ragazzo non era solo nel proprio compito, essendo anch'egli figlio di sua madre e a lei potendosi proporre ancor non diverso dai propri fratelli e dalle proprie sorelle, un fanciullo bisognoso di una parola di conforto, di un sorriso di incoraggiamento: ma, egli lo comprendeva, nel momento in cui si fosse similmente scaricato la coscienza su sua madre, a nessuno ella avrebbe potuto fare a sua volta riferimento, ritrovandosi, non diversamente da lui, vittima della scomparsa del padre, per lei sposo. E, nel confronto con il volto della madre, teso per la stanchezza, forzatamente tirato nella volontà di lasciar credere che per alcuna ragione sarebbe dovuta esser temuta quella notte o l'oscurità su di loro ormai imperante, egli non ebbe cuore di rinnegare proprio in tale situazione il proprio ruolo, non desiderato e pur necessario, di patriarca, di capofamiglia, là dove, nel proprio amore filiale, mai si sarebbe permesso di abbandonare la figura materna in un momento tanto particolare.
I pensieri del giovane B'Reluc, così come, probabilmente, quelli della maggior parte dell'intero villaggio, quella notte non poterono evitare di correre, allora, nella direzione di Midda Bontor, Figlia di Marr'Mahew, colei che innanzi a tutti loro si era impegnata a offrire difesa, protezione, riparo, e alla quale, al di là di ogni possibile, pregiudizievole e pur umano dubbio nel merito del suo esser straniera e mercenaria, ogni intima preghiera stava venendo sinceramente rivolta in quel momento, nella speranza, forse ingenua, forse legittima, che quella donna potesse rivelarsi quale la loro eroina e, per quanto assurdo, potesse essere in grado, da sola, di affrontare tutti i nemici che avrebbero cercato di conquistare il loro villaggio, fossero essi una decina, così come un centinaio o anche più. Tutti loro, ovviamente, erano consapevoli di quanto ella non fosse una divinità, o una semidivinità, di quanto fosse di carne e ossa, di quanto sarebbe potuta essere ferita o uccisa, e di quanto, proprio malgrado, avrebbe potuto sbagliare nell'ostentare tanta sicurezza innanzi al pericolo incombente a loro discapito. Tuttavia, tutti loro, parimenti, avevano una naturale necessità di confidare in lei, di crederla realmente una semidivinità, o forse una divinità, là dove in alcun altro modo sarebbero riusciti ad affrontare con calma quella stessa notte, notte nella quale, erano certi, i loro avversari si sarebbero finalmente schierati, a rivendicare il prigioniero da loro detenuto e, al contempo, a invocare vendetta per il loro caduto, colui che era morto a seguito dello scontro in grazia al quale la vita di B'Reluc era stata salvata. E per quanto alcuno fra gli abitanti di quel villaggio, posti con le spalle al muro, si sarebbe rifiutato di combattere per le proprie vite, alcuno fra loro era sì desideroso di dimostrare in campo una propria, mai esplorata, indole guerriera.
Fu così che, privi di qualsiasi reciproco confronto, di ogni previo accordo, quasi tutti gli abitanti del villaggio, dall'ultimo dei bambini allo stesso, altero e insoddisfatto podestà, quella sera rivolsero il proprio ultimo pensiero, prima di coricarsi, nella direzione della donna che aveva loro comandato di serrare le finestre e sprangare le porte, sigillandosi all'interno delle proprie abitazioni così come, nella tranquillità da sempre propria di quel loro angolo di mondo, non erano mai stati costretti a fare in passato, segno di quanto, quella notte, non sarebbe potuta essere considerata consueta, normale, identica a ogni precedente e, almeno tutti desideravano sperare, a ogni successiva. Sebbene alcuno di loro avrebbe avuto una qualche reale occasione per vederla, anche nell'ipotesi di impegnarsi a ricercarla attentamente con lo sguardo, prendendo in esame ogni angolo esistente nel paesaggio a loro circostante, creato dall'opera degli dei immortali o degli uomini mortali, tutti loro erano allora certi di come ella, quella notte, non si sarebbe concessa occasione di riposo loro pari, non avrebbe tentato di trovare nell'abbraccio di un morbido e caldo giaciglio, o del proprio compagno, occasione di pace, dal momento in cui ella sarebbe rimasta qual silenziosa sentinella, laconica custode, a guardia del loro villaggio, protetta dalle tenebre, celata nella notte, in attesa dell'attacco che, a suo avviso, avrebbe cercato di sorprenderli nel sonno, negando loro ogni occasione di difesa.
Dopo una lunga giornata trascorsa a cavallo, pertanto, in ottemperanza al proprio incarico, all'impegno preso con loro, quella loro personale eroina, sì mercenaria, e pur sempre eroina, avrebbe atteso l'arrivo della bufera per tutti loro, affinché non solo il loro sonno potesse essere il più sereno possibile, nelle circostanze per così come loro riservate dal fato, ma, anche e ancor più, potesse riservare loro, al proprio termine, una piacevole e insperata sorpresa, nella conclusione di ogni timore, di quel freddo assedio psicologico del quale, comunque, erano vittime ormai da settimane.

« Ottusa, orgogliosa e ostinata… » sussurrò il locandiere shar'tiagho, scuotendo il capo nello sforzarsi, vanamente, di prendere al vaglio il quadro notturno esterno alla stalla allo scopo di poter individuare la propria amata, colei allora così ingenerosamente descritta dalle sue parole « Stolida, superba e… » restò un attimo incerto nella parola da scegliere, accorgendosi di essersi proposto, proprio malgrado, ripetitivo rispetto a quanto appena asserito « … cocciuta! » definì, sbuffando, insoddisfatto con se stesso, oltre che con lei, per la propria incapacità a trovare termini più originali per descriverla.

Anche Be'Sihl, al pari dei villici, era stato costretto, dalla volontà della propria amata e in sostanziale contrasto alla propria, a serrarsi all'interno della stalla nella quale si era illuso che avrebbe potuto trascorrere qualche ora di pace in sua compagnia, in attesa dell'inevitabile battaglia. Per quanto, all'occorrenza, egli si sarebbe potuto dimostrare estremamente più esperto di molti sedicenti mercenari nell'utilizzo di una spada, Midda non aveva infatti voluto rischiare che egli potesse essere coinvolto nel conflitto e lì ferito o, peggio, ucciso: se si trovavano in quel luogo e in quella particolare situazione, del resto, era solo in conseguenza di una sua personale decisione, in conseguenza alla quale non avrebbe mai potuto sopportare il pensiero che al proprio attuale compagno, colui che aveva scelto, alfine e dopo tanto tempo di vita solitaria, nella speranza di poter porre le basi per un futuro insieme, potesse capitare qualcosa per colpa sua.

« Spero solo che… ovunque tu sia, non prenda troppo freddo. » sospirò egli, chinando lo sguardo al suolo.

Una forse sciocca raccomandazione, la sua, che pur venne allora definita in contemporanea a un forzato sorriso, a labbra strette e tirate, nel mentre in cui egli si costringeva a cercare di credere che tutto si sarebbe risolto quanto prima e per il meglio, che la sua straordinaria Midda, ancora una volta, sarebbe stata in grado di prevalere contro chiunque e qualunque cosa, così come aveva sempre fatto in passato.
E quasi se, riparata nel proprio rifugio, in quel nascondiglio studiato al fine di renderla simile a un elemento dello stesso paesaggio a sé circostante, avesse allora udito quell'invocazione, quell'invito, la donna dagli occhi color ghiaccio si strinse maggiormente nella propria coperta, volgendo ogni pensiero in direzione dell'amato Be'Sihl, insieme a una silenziosa, intima ed estremamente sincera preghiera alla propria tanto cara Thyres, nell'esprimere, a modo suo, una speranza non dissimile da quella da lui stesso allora fatta propria, nel desiderio di poter tornare, quanto prima, a godere di quell'ormai irrinunciabile compagnia.

« … è proprio vero che quando si invecchia si rimbecillisce. E, purtroppo, è altrettanto vero che stai invecchiando. » non poté evitare di rimproverarsi ella, al termine di quell'orazione privata, in mute parole sì scandite singolarmente dalle proprie carnose labbra e pur private di ogni possibile sonorità, nel non desiderare poter svelare ingenuamente la propria posizione al solo, sciocco scopo di insultarsi « Qual è il prossimo passo? Forse mettermi a intrecciare coroncine con fiori di campo da porre sul suo capo, nel mentre gli propongo sdolcinate canzoni d'amore? » si domandò, riferendosi, in quelle parole d'accusa a proprio stesso discapito, necessariamente al proprio compagno, per il quale ora si stava tanto torturando in maniera per lei assolutamente inedita e, per tale ragione, persino irritante « Peccato che non ti sia comportata così neppure quand'ancora fanciulla: ha forse da intendersi quale una sorta di poetico contrappasso? »

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