11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

giovedì 29 marzo 2012

1531


A
ncora non riesco a capacitarmi dell'ottusità dimostrata da Be'Wahr, il quale non cercò neppure per un istante di mantenere il silenzio, di serbare tante idiozie nel proprio cuore senza condividerle con me, e con, peggio, il mondo a noi circostante.
Purtroppo così fu, e dal canto mio, l'unica cosa che mi potei permettere di compiere fu quella di chinare lo sguardo verso il mio braccio dorato, il quale, al di là della propria apparente inutilità, diversamente da quello di Midda, riserva qual propri alcuno sostanziali vantaggi, fra cui quello di potermi permettere di volgere la mia attenzione anche dietro di me senza, in ciò, girarmi o compiere gesti particolarmente appariscenti. E solo in grazia a simile atto, per fortuna mia e del mio non straordinariamente geniale compare, ebbi la possibilità di accorgermi di quanto, nel contempo di quelle parole, stava predisponendosi alle nostre spalle, nella presenza di un gruppetto di sei, massicci mercenari, o comunque guerrieri, con la mano già prossima alle impugnature delle proprie armi, fossero essere spade, asce, mazze o quant'altro, nella volontà di sorprenderci e, possibilmente, di finirci prima ancora che ci fosse concessa l'occasione di difenderci.

« Attento, fratellino… ci vogliono fare la pelle… » suggerii al mio pur colpevole alleato, sospirando per la monotona prevedibilità di quella battaglia e per quanto da essa sarebbe conseguito.

Prima che, tuttavia, Be'Wahr fosse in grado di interpretare adeguatamente il mio allarme, fu mia ineluttabile prerogativa quella di estrarre la mia spada dal proprio fodero e voltarmi, repentinamente, a levarla, in concomitanza al mio braccio mancino, qual scudo tanto a protezione mia, quanto più a quella dello stesso addormentato camerata, onde prevenire l'eventualità di trovarci gradevolmente decapitati.
Un movimento a dir poco superbo, praticamente maestrale, il mio, che vide la mia spada arginare la violenza di ben due altre lame e una mazza, mentre il mio mancino bloccare la discesa di un'ascia, una seconda mazza e una terza, e ultima lama, quella di un grosso spadone a due mani. Un movimento che, al di là della propria maestrale esecuzione, mi pose in una postura che non avrei mai potuto mantenere a lungo, ove l'intensità del'energia caricata in mia opposizione avrebbe dovuto riconoscersi qual spiacevolmente eccessiva, drammaticamente letale.
Il primo a essere disimpegnato, così, fu il mio mancino il quale, con un colpo deciso, respinse dalla propria inanimata, e pur, nonostante tutto, utile superficie dorata quanto lì posto in contrapposizione; venendo seguito, in un solo istante, dalla spada, in un elegante movimento della quale non solo mi volli liberare dall'offensiva di chiunque accanto a me, ma, ancor meglio, mi concessi di raggiungere una prima gola, attraversandola di netto così come un coltello caldo sarebbe stato in grado di attraversare del burro fresco.

Gli eventi secondo Be'Wahr

Perso nella nostalgica contemplazione del proprio braccio perduto, probabilmente Howe non avrebbe mai colto l'immagine che, pur nel medesimo, gli… ci stava venendo allora presentata, destinandoci, in ciò, a morte certa, qual solo ci sarebbe voluta essere offerta a coloro che, su quella superficie dorata, erano tanto nitidamente rappresentati. Per mia e sua fortuna, tuttavia, anche il mio sguardo corse nella direzione di quella protesi metallica, permettendomi di rilevare la minaccia su noi incombente e, naturalmente, contenerla per tempo.
Per tal ragione, prima ancora che al mio compare fosse concessa l'opportunità di apprendere quanto stava per accadere e di tentare, vanamente, di pormi in guardia con una frase a effetto…

« Attento, idiota… ci vogliono fare la pelle… »

… il mio coltellaccio, qual tutti sono soliti descriverlo, era già comparso fra le mie mani e si era rapidamente levato in aria allo scopo di deviare la traiettoria di una prima spada lanciata proprio in offesa di Howe e, con essa, arginare le possibilità d'offesa anche degli altri componenti di quella squadra, di quel ristretto battaglione forse illusosi di poterci, effettivamente, ammazzare in maniera tanto semplice, qual pur stavano per riuscire a compiere. Addirittura, per quanto può sembrare paradossale a raccontarsi, una seconda lama deviata per effetto della prima andò a trapassare il collo di uno dei sei uomini alle nostre spalle, sei poveracci con un chiaro fato di morte scritto in faccia, ove sarebbe bastata una mia carezza, sufficientemente energia, per riordinare loro le ossa in nuove e variegate combinazioni.
Del mio intervento, tuttavia, Howe non parve riuscire a dimostrarsi soddisfatto, al contrario, seppur tardivamente, girandosi e accusandomi per quanto compiuto, seppur, non lo nego, involontariamente…

« Dannazione, Be'Wahr! » gridò, con tono sinceramente arrabbiato « Non avresti dovuto ammazzarli! Ora ci toccherà farli tutti a pezzi per evitare che gli altri possano decidere di tentare di vendicare il loro compagno. »
« Ma fra questa gente, probabilmente, neppure è noto, l'un l'altro, il nome dell'uno, piuttosto che quello dell'altro! » obiettai, stringendomi fra le spalle e ritirandomi quanto sufficiente a concedere a Howe occasione per subentrare al mio fianco, ove da lui desiderato « Non ci possiamo permettere di tollerare insubordinazioni, se desideriamo sopravvivere! »

Mi stupii, sinceramente, della ritrosia allora dimostrata dal mio compare. Abitualmente, infatti, egli non si era mai proposto particolarmente rispettoso della vita di chicchessia. Non più di me, per lo meno. E, sicuramente, molto meno rispetto alla nostra amica, a Midda Bontor.
Forse, tuttavia, gli ultimi mesi trascorsi accanto a lei avevano iniziato a influire sulla sua indole più di quanto non avrebbe mai gradito ammettere, trasformandolo, a poco a poco, in un uomo indubbiamente migliore. Non tanto perché, prima, pessimo, quanto, e semplicemente, perché maggiormente in grado di apprezzare la vita e il suo significato, tanto negli altri, quanto e più in se stesso. E dire che solo pochi mesi fa, quando siamo stati costretti ad amputargli il braccio per evitare che morisse dissanguato, egli si era dichiarato più entusiasta all'idea della morte ancor prima che di quella di una qualsivoglia menomazione qual quella, purtroppo, impostagli.
Menomazione, comunque, che Howe, sempre nel proprio cammino di miglioramento, era alfine riuscito a trasformare in una risorsa, non al pari di quella della Figlia di Marr'Mahew, rinunciando, diversamente da lei, a un qualche mai meglio esplicitato patto con una qualche non meglio specificata razza aliena a ogni barlume di umanità; ma non per questo meno efficace o utile rispetto al braccio destro di lei. Con il proprio mancino dorato, infatti, egli si concesse allora possibilità di intervenire, in difesa sua e mia, elevando quella superficie priva di qualunque sensibilità a protezione del proprio corpo e, accanto a esso, del mio, in contrasto a ben una mazza e un'accetta.
Una pressione decisamente sgradevole, quella così impostagli da ben due armi, nel confronto con la quale non si volle riservare particolare insistenza, disimpegnandosi quanto prima da tali avversari in grazia all'intervento della propria destra, allora armata con la sua consueta lama, per costringerli ad allontanarsi volontariamente da sé, pena l'inevitabile sventramento.

« E' questo il fratellone che adoro! » sorrisi più che soddisfatto da quella sua riscossa, non solo perché già utile ad allontanarlo dai propri altresì cupi pensieri, ma anche perché dedicata a liberarci quanto prima dell'ingombro offertoci da quegli stolidi sei… cinque disgraziati che avrebbero, a lungo andare, potuto ispirare altri, nei dintorni, a intervenire in nostra offensiva, concentrando l'attenzione e le forze di Kriarya in nostro contrasto ancor prima che in quello dei pur temibili mahkra.

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