11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

mercoledì 5 novembre 2008

300


« B
ene. » sorrise lo studioso, annuendo a quell’intervento « Ero certo che ti saresti ricordata di loro… »
« Di cosa state parlando? » domandò Carsa, incuriosita da quelle parole che a lei, così come ad Howe e Be’Wahr, non potevano risultare comprensibili.
« Poco più di un anno fa, nel corso di una delle mie missioni, sono penetrata all’interno della palude di Grykoo… » iniziò a spiegare la mercenaria, in risposta alla compagna.
« Dove hai incontrato la tribù di selvaggi cannibali, giusto?! » chiese retoricamente il biondo, ad offrire conferma di essere a conoscenza di tale impresa.
« Ma no… » scosse il capo il shar’tiagho, negando l’intervento del compagno « Quella dei cannibali era una baggianata: è dove ha incontrato il gigante figlio di un dio delle rocce e di una strega y’shalfica… »
« Certo: i cannibali sono baggianate ed il gigante no. » rispose poco convinto il primo, aggrottando la fronte di fronte alle parole del fratello « E poi dici che sono io quello poco sveglio… »
« Calma, calma. » si frappose Midda fra loro, levando entrambe le mani con i palmi aperti a richiedere una tregua « Invero entrambi avete torto: non c’erano né tribù di cannibali, né giganti… quelle sono le solite fandonie derivanti da passaparola affrettati in cui ognuno aggiunge un nuovo particolare per rendere sempre più interessante quanto è successo. »
« E cosa è successo, di preciso? » riprese Carsa, evidentemente desiderosa di non voler perdere il filo del discorso « Dove hai incontrato gli “otto”? »
« All’interno della palude era… è un tempio dedicato a loro, nel quale un culto malvagio stava per vedere immolata una giovane innocente. » rispose la donna guerriero, riportando alla mente l’immagine della giovane Camne legata all’empio altare di quel santuario perduto « E le loro statue, gigantesche, circondavano la zona centrale dell’edificio principale. »
« Quel luogo è uno dei pochi retaggi sopravvissuti fino ad oggi da quell’epoca remota. » annuì Sha’Maech « E’ un peccato che tu fossi da sola, disinteressata a ciò che ti circondava: quanto ti è stato concesso di vedere avrebbe probabilmente incantato qualsiasi studioso della storia del nostro mondo… »
« E dopo lo avrebbe ucciso… » sorrise ella, sorniona « Comunque sia, scusa l’interruzione. Prosegui pure che, probabilmente, ogni spiegazione a tal riguardo potrà esserci più utile di quanto potremmo mai ipotizzare… e lo dico per esperienza personale. »
« D’accordo: se lo desiderate non mi dispiace poter dispensare un minimo di conoscenza. » confermò l’uomo, riprendendo da dove era stato interrotto « Lou’Ro, rappresentazione della morte violenta. »

La quarta figura, già nota a Midda, si propose essere quella dotata di meno umanità fra quelle già presentate: il corpo, del tutto deforme, si concedeva composto da una serie di tentacoli avvolti fra loro a voler offrire una parvenza esteriore di busto e di arti, mentre il capo posto al di sopra di tale orrore, ipotetica origine di simili spire, mostrava protetto da un elmo il volto di un uomo anziano, evidentemente segnato in profonde rughe dall’età. Fra le proprie mani, che nessuno avrebbe potuto avere il coraggio di definire tali, egli reggeva delle enormi lance, di fattezze assimilabili ad arpioni ancor prima che a vere e proprie picche.

« Ghousa, emblema della guerra in mare… »

Muovendo il dito ad indicare una quinta immagine, lo studioso attirò l’attenzione sulla figura forse più inoffensiva fra tutte, la quale non crudele o pericolosa appariva ma, al contrario, capace di suscitare pietà anche negli animi più oscuri: una giovane donna, dai lunghi e fluenti capelli e dalle floride forme assolutamente nude, ritrovava tali curve, il proprio busto e le proprie estremità violentemente cinte da pesanti catene le quali ne piagavano la pelle, la carne, seviziandola senza pietà alcuna.
Nella Figlia di Marr’Mahew, alla vista di tale immagine, due furono i ricordi che si sovrapposero: da un lato fu quello di Camne, che tanto simile a tale divinità si era concessa legata all’altare nel tempio, condannata a morte certa; dall’altro lato fu quello di se stessa, costretta sotto gioghi altrettanto pesanti nel tragitto che mesi prima l’aveva vista prigioniera delle guardie di Kirsnya esser condotta fino ad un lontano carcere. Due memorie che, insieme a grande rabbia, le imposero un immenso senso di nausea che faticò a tenere a bada.

« Nemar, simbolo del piacere per il dolore… »

L’immagine successiva si dimostrò ancora una volta idealmente femminile, proponendo una sagoma alta e slanciata, atletica nella propria muscolatura e non eccessivamente prosperosa nelle proprie curve: l’intero corpo, però, non offriva pelle liscia ma una folta pelliccia che ogni particolare di ella celava, dalla punta dei piedi a quella del capo. Quest’ultimo, privo di capelli identificabili come tali, si proponeva quale la caratteristica meno umana in lei, risultando del tutto assimilabile all’anatomia di un felino ancor prima che a quella di una donna, addirittura ornato superiormente da grandi orecchie a punta.

« Bahas, protettrice dei cannibali… »

La penultima delle divinità di quelle due pagine del libro si dimostrò raffigurata nuovamente in sembianze maschili: nonostante il capo ed il corpo di un uomo di età media, con corti capelli e zigomi spigolosi, egli proponeva i propri arti sotto alle spalle ed alle cosce quali improbabili protesi vegetali, nella parvenza di rami e tronchi d’albero. Rivestito da una pesante stoffa nelle forme in una corta e sdrucita veste, al collo offriva apparente sfoggio dei resti di un neonato, legato da una lunga corda annodata a cappio quasi lì fosse stato impiccato per ricoprire la funzione di macabro ornamento.

« K’Rouh, che di tutti i suicidi è referente ed ispiratore… »
« E tu hai visto delle statue giganti di questi simpatici personaggi? » domandò Howe verso Midda, con evidente sarcasmo nell’attributo scelto per le divinità « Vuoi davvero dirmi che qualcuno ha avuto anche voglia di scolpire questo orrido spettacolo? »
« Non sono stati piacevoli… » annuì ella « … ma peggio si propose il fanatismo di coloro che li adoravano. »

L’ultima figura rimasta risultò infine essere quella di una donna, forse a concedere una sorta di poetico equilibrio all’interno di quel gruppo di otto. A differenza delle altre divinità femminili lì offerte, presentava un corpo sformato dal grasso in ogni sua proporzione, in ogni sua piega, mostrandosi senza inibizione nell’essere ricoperta solo da pochi stracci uniti a celarne l’aspetto. Il volto, adiposo oltremodo, presentava una larga bocca, ornata da storti denti del tutto privi di armonia, piccoli occhi ed un corto naso grottesco in un simile vasto contesto; la pappagorgia nella propria estensione si concedeva tale da coprire l’intero collo, non rendendolo visibile oltre simile particolare; le braccia e le gambe si mostravano poi tanto larghe da rendere difficile concepire come lo scheletro, ammesso che vi fosse, potesse essere in grado di sorreggere una simile massa senza che essa si staccasse e ricadesse a terra per effetto della gravità.

« Maloa, dea dell’ingordigia e della bramosia… » concluse Sha’Maech, osservando tranquillo i suoi discepoli « Questo è quanto… »
« Un gruppo ben assortito, direi. » commentò Carsa, storcendo le labbra « Ora però che ne dite di parlare della nostra missione? Non che non abbia apprezzato questo momento culturale, sia chiaro… »
« A questo punto, invero, direi che non dovrebbero esserci ancora molti dubbi in merito alla localizzazione della necropoli… o erro? » sorrise lo studioso.
« Direi di no. » rispose la Figlia di Marr’Mahew, con aria serena « “non la cima dovrete conquidere/dei monti cui scopo è dividere” ci invita ad evitare di scalare la catena montuosa di Rou’Farth, pur ovviamente indicandoci tale direzione, mentre “gli otto dovrete evitare/il cui regno non è sano violare” ci suggerisce di tenerci a distanza sicurezza da quello che fu il dominio degli otto. »
« Prendendo questi riferimenti, quindi, volete intendere che è indicata come meta l’area collocata nell’estremità meridionale dei monti, là dove essi si incontrano con la palude… » intervenne Be’Wahr, ad offrire segno d’intesa.
« Una zona decisamente vasta, comunque… » commentò il shar’tiagho, non convinto da tale deduzione « Senza considerare che si tratta di un confine di guerra. »
« Per la seconda questione, purtroppo, non posso aiutarvi. Ma in merito alla prima… » commentò Sha’Maech, lasciando in sospeso la frase per riprendere a sfogliare il libro.

Le pagine si mossero in rapida successione, sotto il tocco esperto dell’uomo, delicato ma al contempo privo di incertezze a non concedere possibilità di rovina per quel volume certamente prezioso. Midda e Carsa, le uniche in grado di poter comprendere quanto lì riportato, osservarono con diverso interesse le scritte fuggevolmente presentate, cercando di cogliere frammenti di quanto scritto all’interno forse anche allo scopo di comprendere l’esatto argomento trattato da quel testo, rimasto fino a quel momento ancora ignoto a tutti loro: ovviamente, nella velocità di quei gesti, esse non ebbero occasione di successo e prima di quanto avrebbero potuto immaginare egli raggiunse ciò che desiderava.

« … direi che questa vi può essere utile. » sorrise l’uomo, indicando una nuova illustrazione.
« Una missione condotta da un gruppo di mercenari al servizio di una mente illuminata di due secoli or sono, ritrovò dei resti di un’antica civiltà proprio nella zona per noi interessante. » spiegò subito dopo, lasciando agli astanti la possibilità di consultare la mappa posta di fronte a loro « In realtà non era rimasto molto ed il loro incarico, del quale ignoro la natura, non ebbe successo: diversi studiosi, però, hanno successivamente ipotizzato che ciò che era stata scambiata per una città dedicata ai vivi, in realtà, fosse dedicata ai morti… »
« Una necropoli. » esclamò il biondo, sollevando lo sguardo verso di lui.
« Quella che voi state cercando, oserei aggiungere… »

1 commento:

Anonimo ha detto...

Si comincia a rockeggiare ora ;)