11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

lunedì 6 febbraio 2012

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D
ue scettri, quelli propri della carica del faraone, a dimostrare il proprio divino potere sul popolo. Due scettri, ancora, utili e necessari a esemplificare, anche agli occhi del più umile e meno istruito fra tutti i propri sudditi, la sua capacità di guidarli e, ancor più, di proteggerli, in quanto non solo semplice sovrano voluto in gloria agli dei tutti ma, addirittura, dio a sua volta, incarnazione terrena di un principio immortali, onnisciente e onnipotente, nel confronto con il quale alcun uomo avrebbe potuto mantenere sollevato lo sguardo, eretta la propria schiena, costretto a prostrarsi privo d'ogni autodeterminazione, innanzi a colui al quale, solo, avrebbe dovuto offrire tutta la propria devozione, tutta la propria adorazione. In ciò, pertanto, uno dei due scettri, in oro e smalti preziosi e lucenti, non avrebbe potuto negarsi la forma di un pastorale, utile e fedele compagno di qualunque custode di greggi, necessario per condurre i propri protetti ai sicuri pascoli e di trarli a sé ove essi, erroneamente, avessero imboccato una cattiva strada; nel mentre in cui l'altro, in eguali materiali e in cuoio ancor dorato, non avrebbe potuto evitare di plasmarsi nell'immagine di un flagello, arma non da volgere a discapito delle proprie bestie quanto, e piuttosto, di tutti i pericoli che contro di esse avrebbero potuto ergersi, castigandoli con la velocità di un lampo e l'impeto di un tuono.
Pastorale e flagello erano stati gli scettri riportati da Midda Bontor dalla lontana di Shar'Tiagh, magnifici nelle loro proporzioni e forme quasi non un solo giorno fosse per loro trascorso dall'epoca lontana in cui la loro presenza aveva caratterizzato domini secolari, forse addirittura millenari, almeno sino a quando gli dei non avevano negato ulteriore accondiscendenza a coloro troppo arroganti per meritare la loro approvazione, la loro benevolenza, la loro protezione, lasciandoli in ciò precipitare in un'epoca oscura dalla quale, con grande impegno e infinita umiltà il popolo un tempo consideratosi eletto era riuscito a riemergere a stento, sì ancor custode del retaggio di una straordinaria civiltà, e pur, proprio malgrado, ormai considerato al pari dell'ultimo fra tutti i regni, forse primo solo innanzi ai regni desertici centrali, privi di reali civiltà e dominati, nelle proprie infinite distese, unicamente da stirpi nomadi, genti in continuo movimento, privi di fissa dimora, di un tetto di pietra e legna sotto il quale poter giacere. E quel pastorale e quel flagello, indubbiamente inquietanti nella propria perfezione e negli assurdi sogni che avevano imposto alla stessa Figlia di Marr'Mahew nel periodo di loro possesso, erano stati da lei divisi, ritrovando proprio il secondo, simbolo guerriero, affidato non causalmente, non qual frutto di semplice aleatorietà, a chi ella era convinta potesse meritare un simile riconoscimento, quasi un premio da lei riconosciuto a quella coppia di mercenari che, per quanto sicuramente pieni di difetti e ancor con molta strada da compiere nella propria vita, aveva imparato a rispettare, affezionandosi a loro quasi come a una nuova famiglia, la prima che, dai tempi della Jol'Ange, si era riconosciuta la possibilità di avere e di godere.
Non tradendo alcuna aspettativa, non destinando alla donna guerriero loro amica alcuna ragione di che pentirsi per la propria scelta, non, per lo meno, sino a quel momento, a quella particolare situazione d'urgenza, ella scoprì che Howe e Be'Wahr avevano provveduto a condurre quell'oggetto, quell'importante reliquia, quello scettro carico di potere, qualunque esso fosse, per quanto inutile in assenza del proprio compagno, in quello che avevano giudicato essere il posto più sicuro sulla faccia loro nota di tutte le terre emerse, un luogo in cui alcuno al mondo avrebbe avuto la benché minima ragione di spingere i propri passi neppure per semplice fatalità, per un errato indirizzamento dei propri passi…

« Cosa diamine è la Città della Pace?! » aveva domandato Av'Fahr, unico fra tutti i presenti a non essere sufficientemente aggiornato nel merito delle avventure già vissute dal Midda, Howe e Be'Wahr, e, in ciò, da non avere la benché minima idea nel merito di cosa essi potessero star parlando, tale da suscitare un gemito di disapprovazione da parte della stessa mercenaria nel confronto con l'annuncio di una tale obbligata tappa per il proseguo del loro viaggio « Dalla tua reazione non credo che sia nulla di buono, a dispetto del nome… » aveva osservato, non senza una necessaria inquietudine.
« Conosci il termine "necropoli"? » aveva replicato la Figlia di Marr'Mahew, senza alcun intento di scherno ma sinceramente desiderosa di offrire quanto prima l'esatta proporzione di ciò che li avrebbe attesi in quel viaggio, senza troppi giri di parole.
« La città dei morti. Sì. » aveva annuito egli, mostrando di conoscere il significante in questione e il suo significato « Anche dalle mie parti, nei deserti, un tempo esistevano… ma poi la mia gente ha cambiato metodo, preferendo cremare i cadaveri al fine di prevenire il ritorno di sgradevoli mummie. »
« Ecco. » aveva confermato l'altra, senza ulteriore necessità di argomentazione « Allora sai perfettamente cosa è la Città della Pace. »
« Ah… » aveva concluso il marinaio, offrendo perfetta espressione al pensiero comune in grazia a un solo ulteriore verso, un semplice, ma estremamente significativo « Ohi. »

Midda, Howe e Be'Wahr, e invero anche Carsa, avevano avuto occasione di scoprire l'esistenza della Città della Pace solo un lustro prima, in concomitanza al recupero della corona della regina Anmel. Tale necropoli, qual in effetti era, era sorta, in tempi dimenticati, sul confine fra Kofreya e Y'Shalf, a nord di Tranith, alle pendici del monte Rou’Mairth, l'ultima vetta appartenente alla catena dei monti Rou’Farth prima della zona maledetta propria della palude di Grykoo: un sito, pertanto, già particolarmente disgraziato di suo, sorgendo su un fronte di guerra e in una località tanto prossima a una distesa di morte e dannazione qual Grykoo avrebbe potuto e dovuto solo essere giudicata; l'annuncio della necessità del ritorno al quale, dal loro personale punto di vista, nel confronto con il tempo che sapevano di avere a disposizione, non avrebbe potuto che essere accolto con assoluto sconforto. Oltre, infatti, a richiedere al gruppetto di attraversare longitudinalmente l'intera estensione della penisola maggiore del regno di Tranith, essendosi ritrovati a essere praticamente all'estremità inferiore, opposta a quella a loro utile, la notizia di un tale annuncio avrebbe preteso da loro un'ascesa verso nord non lungo il versante occidentale, quello proprio del porto di Seviath e lungo il quale, in verso opposto, già si erano mossi Midda e Av'Fahr nei giorni precedenti, ma, ancor peggio, lungo il versante orientale, quello proprio del porto minore di Moniath, nel confronto con il quale alcuno fra loro avrebbe potuto riservarsi il benché minimo pregiudizio, e della stessa palude di Grykoo, la cui estensione si sarebbero così ritrovati costretti a percorrere per non allungare a dismisura il percorso da compiere.
E se pur, né contro Grykoo, né contro la Città della Pace, né contro qualche migliaio di zombie Midda avrebbe mai potuto avere di che esprimere la propria disapprovazione, avendo, dopotutto, legato molteplici volte il proprio nome a cronache di incredibili successi in contrasto a negromantiche creature; ella non avrebbe potuto definirsi tranquilla alla prospettiva di dover affrontare nuovamente tanto il territorio di Grykoo, dalla quale era stata la sola a emergere viva a memoria d'uomo, tanto la Città della Pace, che non aveva riservato loro, all'epoca, maggiore serenità. Non, per lo meno, all'idea delle vite che dal successo, soprattutto in termini temporali, di quella missione dipendevano. Non, ancora, nel confronto con il pensiero delle ferite che Howe, Be'Wahr, Seem e, da non dimenticarsi, anche Av'Fahr, seppur in un momento diverso, avevano riportato negli scontri degli ultimi tempi, ferite non banali, non paragonabili a fastidiosi graffi, e che avrebbero potuto imporre loro ancora spasmi di dolore nei momenti meno indicati. E non, infine, all'idea della condizione di debolezza che, per quanto fosse recalcitrante ad ammetterlo, ancora sentiva riversare a discapito del proprio corpo. Una condizione nel merito della quale, seppur alcuno espresse il benché minimo commento, tanto il suo scudiero, quanto i due fratelli sui compagni di ventura, con lei più confidenti di quanto avrebbe potuto mai essere il marinaio, ebbero occasione di maturare consapevolezza, soprattutto quando, al mattino seguente il loro incontro, prima della loro partenza verso nord, non venne concesso loro di godere del consueto spettacolo quotidiano rappresentato dagli esercizi fisici della donna guerriero. Un allenamento personale, il suo, che, sino ad allora, ella era stata solita compiere in qualunque momento libero, persino nel mentre di una missione, e con particolare riguardo ai periodi immediatamente antecedenti e successivi al riposo notturno, al fine di mantenere sempre in perfetta salute e prestanza ogni propri singolo membro… e che pur, nell'ancor precaria situazione in cui sentiva riversare il proprio corpo, peggiorata dall'esigenza di lunghi viaggi a cavalli, ella non avrebbe potuto desiderare, sinceramente, di arrischiarsi a compiere, sprecando vanamente le già esigue energie a lei ancor concesse.

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