11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

mercoledì 1 luglio 2020

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Trascorse circa un’ora, dall’arrivo dell’esercito dei morti, prima che Nissa ordinasse una prima carica. E il tempo, in quell’ora, trascorse in maniera paradossale, proponendosi tanto lento ed estenuante prima dell’evidenza di quanto, alfine, occorse; così come sì frenetico e immediato subito dopo; quasi, al contempo, ogni cosa si fosse prima fermata, congelata, intrappolata nel tempo stesso e, in questo, destinata a non evolversi, a non potersi più sviluppare in alcuna direzione, salvo poi esplodere di colpo, andando a riscrivere persino l’insofferente attesa precedente e lasciandola apparire qual un tempo troppo corto, troppo effimero, troppo fugace.
Per persone come Midda, Duva e Lys’sh, ma, sicuramente, anche come Nissa e molti fra gli assedianti e gli assediati, quel particolare sviluppo del tempo avrebbe avuto a doversi intendere, comunque e invero, qualcosa di consueto, qualcosa di prevedibile, persino ovvio, e ovvio nella misura in cui, dopotutto, tale avrebbero avuto a doversi intendere le regole del gioco, tanto in un singolo duello, quanto in una battaglia qual quella. E così come, in un duello, solo uno sprovveduto avrebbe agito con irruenza tale da attaccare a testa bassa un nemico ancor non meglio compreso nelle proprie forze, nelle proprie capacità, nelle proprie possibilità, senza, quantomeno, riservarsi un istante utile a tentare di studiare quanto pur avrebbe potuto essergli concesso di comprendere fosse anche e soltanto dalla guardia della controparte o dal suo sguardo; allo stesso modo, in una battaglia al pari di quella, solo degli sprovveduti si sarebbero permessi di incedere immediatamente a discapito dell’avversario senza, prima, averne valutato adeguatamente le capacità offensive. E, proseguendo il parallelismo così offerto con l’idea di un duello, facile sarebbe stato comprendere il perché, quando alfine una delle due parti si mosse, quella di Nissa ovviamente, ciò non avvenne con l’impiego di tutte le sue forze, di tutte le sue risorse, ma con solo un contingente minore, e un contingente lì misurabile, comunque, in un centinaio di teste, fra uomini e donne: sciocco, del resto, sarebbe stato impegnare immediatamente tutte le proprie armate in un’azione che, pur, per mille ragioni diverse, avrebbe potuto fallire, allo stesso modo in cui sciocco sarebbe stato, in un duello, ipotizzare di menare immediatamente il colpo di grazia senza, prima, aver sondato, con qualche fugace offensiva a passo di danza, le reali possibilità dell’avversario. Un ideale passo di danza, quello che, quindi, anche allora Nissa pose in essere, che, in qualunque altra circostanza, con qualunque altro esercito e, soprattutto, con qualunque altro comandante, non avrebbe mancato, necessariamente, di ovviare a coinvolgere il medesimo in quella prima linea d’offesa, e in quella prima linea ipoteticamente destinata al macello; ma che pur, al contrario, ebbe lì a presentare ben volentieri la stessa Nissa, posta alla testa dei propri uomini, a capo di quella minoritaria frazione del suo molto più vasto esercito, affidato, nel mentre di ciò, a coloro i quali aveva avuto a riconoscere quali propri luogotenenti.
Una scelta, quella compiuta da Nissa, e tale da vederla alla testa di quel primo attacco, che i più maliziosi avrebbero potuto anche commentare suggerendo quanto, in fondo, altro non avrebbe avuto a dover essere intesa che conseguenza dell’attuale condizione della stessa fu regina dei pirati, e di quella regina decaduta… o, per meglio dire, deceduta che, pertanto, non avrebbe più avuto a correre reali rischi di sorta anche nel porsi a comando di una simile azione ricognitiva. Ma, in effetti, non soltanto malevolo, ma addirittura erroneo, avrebbe avuto a dover essere riconosciuto un tale pensiero, e avrebbe avuto a dover essere riconosciuto a confronto con la quieta evidenza di quanto, all’occorrenza, ciò sarebbe avvenuto anche ove, in quel frangente, ella non avesse avuto la quieta consapevolezza di un’attuale condizione di grazia e di un’attuale condizione di grazia tale da non poterla vedere, realmente, rischiare la propria vita. Perché se pur, nelle regole della guerra, un comandante o, meglio ancora, un generale, qual in fondo ella avrebbe avuto a dover essere riconosciuta in quel frangente, avrebbe avuto le sue ottime motivazioni a mantenere un certo distacco dallo sviluppo proprio degli eventi, proteggendosi nelle retrovie per poter coordinare l’azione in maniera più efficace ed efficiente ancor prima di impegnarsi, in qualunque modo, a viverla; ella, in tutto e per tutto simile alla propria gemella in tal senso, non avrebbe mai voluto richiedere ai propri uomini di compiere nulla che, a sua volta, non fosse disposta a compiere insieme a loro, in una scelta forse strategicamente compromettente e, pur, a livello morale, incontrovertibile nel suo valore, e nel suo valore motivazionale. E così, allorché limitarsi a comandare l’attacco, restando in quieta attesa di quanto sarebbe allor occorso, e dell’eventuale disfatta dei propri soldati, ella non esitò neppure per un istante a schierarsi accanto a essi, per risalire fino alla cima del mondo con loro o, all’occorrenza, per precipitare nel più profondo fra tutti i baratri accanto a loro.

« Andiamo! » ordinò, con disarmante semplicità, levando il proprio tridente al cielo e invitando, in ciò, coloro già selezionati per simile azione a seguirla, e a seguirla in quella corsa verso le mura di Lysiath « Non per la gloria, non per l’onore, ma per riprenderci quelle vite che ci hanno negato… e dimostrare, ancora una volta, che noi siamo! »

E se, dall’alto degli spalti, né Midda, né le sue amiche, poterono ovviare a cogliere l’evidenza di quella scelta, e di quella scelta tale per cui, immediatamente, si sarebbero ritrovate a confronto con la stessa Nissa, oltre che a un “piccolo” contingente equivalente a un decimo dell’intero schieramento di forze schierate a protezione della capitale; Duva e Lys’sh non vollero mancare di commentare quella particolare scelta, con un certo sorpreso stupore…

« Impavida, la sorellina… » dichiarò Duva, aggrottando la fronte a confronto con la scelta da lei così operata « Sprovveduta, per una regina, ma impavida. »
« Del resto è comunque una Bontor. » sorrise Lys’sh, a notare un certo allineamento attitudinale con la loro amica sororale, che di certo non sarebbe stata da meno nei panni della propria gemella.
« E’ una regina degna di tale nome. » commentò, tuttavia, Midda, prevedibilmente approvando la decisione presa dalla propria controparte e nemesi, a lei così opposta quanto, sotto molti aspetti, a lei così simile « O forse voi preferireste restare a distanza a osservare in tutta serenità il corso di una battaglia, prendendo le debite distanze psicologiche dalla morte eventualmente conseguente alle vostre scelte…?! »
« Assolutamente no. Ed è per questo che non saremmo adatte a quel ruolo. » escluse fermamente la donna dalla pelle simile a bronzo e dagli occhi come l’oro, stringendosi fra le spalle « Del resto c’è chi è adatto a comandare e c’è chi è adatto ad agire… »
« … e chi è adatto a ispirare. » soggiunse la giovane donna rettile, accennando con un movimento del capo in direzione della stessa Nissa.

Se non avesse avuto a dover temere la propria gemella, e a dover temere tutto l’orrore del quale ella sarebbe stata capace, lasciata libera di agire e di agire a suo discapito, la Figlia di Marr’Mahew avrebbe avuto certamente a dover ammirare Nissa, allora come già in passato.
Del resto, sin dalla loro più tenera età, per quanto magari ella avrebbe potuto vantare maggiore irruenza nel proprio operare, maggiore esuberanza nel proprio incedere, difficilmente avrebbe potuto rendere propria la stessa lucidità di pensiero della propria gemella, la quale, forse meno estroversa, avrebbe comunque avuto a dover essere riconosciuta, in tutto e per tutto, qual la versione migliore di se stessa. E i fatti, negli anni a seguire, non avrebbero potuto offrirle torto, nel considerare il regno che ella era stata in grado di edificare in sola grazia alle proprie forze, al proprio carisma, riunificando sotto un’unica bandiera, sotto un’unica nazione, centinaia, migliaia di equipaggi pirata da sempre indipendenti fra di loro e reciprocamente indifferenti gli uni agli altri. E così come, allora, ella aveva saputo ispirare la nascita di quella nazione, ora ella stava chiaramente dimostrandosi in grado di ispirare un egual sentimento in coloro i quali, morti per mano di una comune antagonista, e insieme a lei ricondotti alla vita, la stavano già ciecamente seguendo, riconoscendone l’incontrovertibile autorità.

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