11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

giovedì 23 luglio 2020

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« Credo di poter vantare di conoscere abbastanza bene mia sorella... » premesse la donna dagli occhi color del ghiaccio e dai capelli color del fuoco, lunghi e ordinati in una splendida treccia « ... e in questo mi sento sufficientemente sicura nell’affermare che, se così fosse, lo avremmo certamente saputo. » escluse quindi, scuotendo appena il capo, per poi avere a puntualizzare meglio il senso della propria affermazione, motivandola razionalmente « Ella non avrebbe mancato di pubblicizzare la cosa. E non soltanto in direzione dei propri uomini, per offrire loro speranza e motivazione; ma anche, e soprattutto, verso di noi, suoi avversari, per cercare, al contrario, di distruggere le nostre aspettative e le nostre sicurezze. » argomentò, con voce trasparente di quieta serenità interiore « Non è forse questo il suo consueto approccio...?! »

Gli uomini, molti, e le donne, in quantità minore, lì presenti ad accompagnarla, tutti coloro i quali avevano già avuto occasione di affrontare la Figlia di Marr’Mahew e di essere da lei sconfitti e uccisi, non mancarono di riflettere con attenzione a tal riguardo, non potendo ovviare a offrire ragione, ancora una volta, a colei forse eletta, o forse autoproclamatasi, loro comandante. Tale, in effetti, avrebbe avuto a doversi riconoscere il consueto incedere della donna guerriero loro antagonista, loro comune nemesi e assassina, per così come tutti loro avrebbero potuto testimoniare: soprattutto nel momento in cui ella avesse avuto a ritrovarsi in difficoltà, in palese condizione di inferiorità nei riguardi del proprio avversario, il comportamento da lei mantenuto avrebbe avuto, effettivamente, a prevedere quel duplice impegno: dedicarsi a rinfrancare il proprio stato d’animo, rafforzare, anche e soltanto a livello psicologico, le proprie prospettive, e, contemporaneamente, impegnarsi a demolire ogni sicurezza della propria controparte, sollevando dubbi nel merito delle sue effettive possibilità di vittoria, nella consapevolezza di quanto, una qualunque battaglia, avrebbe avuto a dover essere vinta innanzitutto sotto un profilo psicologico, e soltanto in secondo piano da un punto di vista fisico.
E se indubbio, in quel frangente, avrebbe avuto a dover essere inteso quanto ella si stesse ritrovando, proprio malgrado, in una condizione di inferiorità nei riguardi di Nissa e di quella nazione di non morti; il gesto da lei compiuto nell’inviare le proprie amiche a prelevare uno di quegli zombie, per poterlo studiare, per poter trovare occasione utile a porre fine a quella sua innaturale esistenza, non avrebbe avuto che a doversi perfettamente inserire in tale quadro d’insieme, qual quieta dimostrazione della necessità, per lei, di avere a promuovere una speranza di vittoria fra le proprie file e, parimenti, una promessa di disastrosa sconfitta fra le linee nemiche. Intento che, purtroppo per la stessa Midda Bontor, non doveva essere stato evidentemente condotto a compimento... non, per l’appunto, nell’assenza di un qualunque genere di proclama pubblico utile a testimoniare la fallibilità di quelle creature.
Il ragionamento offerto da Nissa, quindi, ebbe a convincere gli uomini e le donne al suo seguito, rinfrancando la fiducia di cui già ella si era ritrovata a essere destinataria, seppur per motivazioni non ancor meglio definite. Del resto, non soltanto quella fiducia avrebbe avuto a doversi intendere priva di un qualche effettivo percorso giustificativo, utile a offrire un perché a quanto lì stava pur accadendo: quasi tutto quello che era accaduto a partire dal loro ritorno in vita, o, quantomeno, all’esistenza, avrebbe avuto a doversi considerare privo di un qualsivoglia contesto, e di un qualsivoglia contesto utile a dare un senso a tutto ciò... a partire, per l’appunto, dal loro stesso ritorno al Creato e dalle condizioni nel quale, ciò, era avvenuto.
Ormai perfettamente memori del proprio io e della propria storia, e della propria storia almeno sino al giorno della propria morte, e di quella morte occorsa per colpa della stessa Midda Bontor, tutti loro o, quantomeno, coloro i quali su quel pianeta avrebbero avuto a poter vantare i propri natali, giacché, fra quelle smisurate schiere, non avrebbero avuto a dover essere obliate anche le vittime della furia della Figlia di Marr’Mahew per così come prodotte fra le stelle del firmamento, nel corso del proprio viaggio siderale, non avrebbero potuto ovviare a ben ricordare quanto il normale concetto di zombie avesse a distanziarsi di molto rispetto al proprio attuale stato, alla propria corrente condizione.
Uno zombie, un non morto, in quel mondo, avrebbe avuto a dover essere riconosciuto qual un costrutto negromantico, un corpo privo di coscienza e di anima che, in grazia a un oscuro maleficio, veniva rianimato e sospinto a compiere le volontà del negromante o, in assenza di un negromante, a seminare morte e distruzione attorno a sé, in una tanto feroce, quanto tristemente insaziabile fame di vita, quasi, nell’uccidere i viventi attorno a sé vi sarebbe potuta essere una qualche speranza di riconquistare, almeno in parte, quanto ormai irrimediabilmente perduto. Uno zombie, quindi, non avrebbe avuto a poter vantare coscienza di sé. Un non morto non avrebbe potuto ricordare la propria esistenza, formulare pensieri di senso compiuto o, tantomeno, interagire verbalmente con il mondo a sé circostante. Ma, soprattutto, un non morto non avrebbe mai avuto l’aspetto di un vivo, a meno che il processo di rianimazione non avesse immediatamente seguito il momento della morte... e pur, anche in questo caso, la decomposizione sarebbe rimasta in atto, vedendo le carni marcire, i fluidi corporei lasciare quelle membra, la pelle rinsecchirsi e mummificarsi, fino a quando, ora della fine, di colui o colei che un tempo era nulla sarebbe rimasto a eccezion fatta per il suo scheletro.
Impossibile, quindi, sarebbe stato, per coloro i quali, nati, cresciuti, vissuti e morti in quel mondo, comprendere quanto stesse avvenendo loro, che cosa mai fossero divenuti. E altrettanto impossibile, in effetti, sarebbe risultato anche tal esercizio di raziocinio anche per coloro i quali, altresì, non avrebbero avuto a poter vantare di essere autoctoni di quel pianeta, quanto e piuttosto di mondi lontani, e mondi lì, addirittura, inimmaginabili: per tale, e pur significativa, minoranza, infatti, la situazione avrebbe avuto a doversi intendere persino peggiore, nel ritrovarsi, proprio malgrado, catapultati in una realtà a loro del tutto estranea, e in una realtà nella quale non avrebbero potuto vantare di riuscire neppure a comprendere la lingua locale, ma in cui, per qualche non meglio precisata motivazione, si stavano ritrovando a marciare fra le schiere di un esercito, al seguito degli ordini di una donna incredibilmente identica alla responsabile per le proprie morti, e pur, evidentemente, diversa da lei per quanto, probabilmente, tutt’altro che estranea.

« Al tramonto la costringeremo a prendere una posizione. » ribadì allora Nissa, ripetendo la scadenza così fissata « Non potrà evitare di giocare le sue carte migliori non appena vedrà cosa abbiamo in serbo per lei. » soggiunse poi, con malevola soddisfazione all’idea di quanto, allora, alla propria sorella non sarebbe stata concessa altra possibilità se non quella di cedere di fronte a lei e alla potenzia delle sue forze, della nuova nazione della quale il fato aveva voluto porla a capo, forse a compensazione per la perduta Rogautt e per il regno di pirati che pur, in una vita intera, ella aveva edificato soltanto in virtù del proprio coraggio e del proprio carisma.
« Trasmettiamo l’ordine alle retrovie...? » si informò un altro fra coloro a lei più prossimi, evidentemente desideroso di poter agire a beneficio di ciò, di poter contribuire, fosse anche e soltanto con un ruolo da messaggero, a quell’evoluzione.
« Non ve ne è bisogno. » scosse tuttavia il capo la donna, escludendo tale necessità « Questa è una partita a chaturaji e come in ogni partita a chaturaji che si rispetti, pur abbisognando a rispondere, all’occorrenza, alle sventure del caso, una strategia di fondo non può non essere pianificata sin dall’inizio. » puntualizzò, offrendo un parallelismo non casuale fra quella battaglia e il gioco da tavolo che meglio avrebbe potuto esemplificare l’evolversi di una battaglia, tanto dal punto di vista strategico quanto da quello tattico « E se un giocatore qualunque, al più, scende in campo con una sola strategia... un bravo giocatore ne pianifica almeno mezza dozzina, per essere pronto a tutto. »
« E immagino che tu sia una brava giocatrice, mia signora... » ammiccò la donna che per prima si era rivolta a lei, esprimendo un pur legittimo interrogativo nel merito dei tempi di attesa loro ancora richiesti.
« Io sono un’ottima giocatrice. » aggrottò la fronte Nissa, ovviando a false modestie, del tutto vane in quel frangente « E già ieri sera ho comunicato almeno due dozzine di possibili azioni da intraprendere, nel corso di questa battaglia, a seconda dell’evoluzione stessa degli eventi. »

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