11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

mercoledì 3 febbraio 2010

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A
lungo Brote restò in silenzioso confronto con l’immagine così presentatagli dalla moglie, incerto su come agire, su come poter rispondere a una manifestazione talmente frivola da non poterle essere neppure considerata propria, qual effettivamente rappresentativa della donna che aveva ricercato, che aveva desiderato quale compagna e amante, quale signora e sposa al proprio fianco.
Se, infatti, osservando quella donna senza un effettivo desiderio di confidenza con lei, senza volontà di contatto la sua vera essenza, in molti avrebbero potuto considerarla semplicemente un’esotica principessa dotata sì di gran bellezza, e pur nulla di più, utile a deliziare il proprio talamo ma alla quale, probabilmente, non poter neanche domandare la possibilità di una conversazione di senso compiuto su un argomento concreto, serio, reale, al contrario egli si era sin da subito dimostrato particolarmente sensibile, attento, da riuscire a violare tale maschera esteriore, simile inganno dietro il quale ella era stata educata a celarsi, per accontentare i desideri di una cultura fortemente patriarcale quale quella propria del regno di Y’Shalf, per lei terra natale. In questo, l’uomo aveva avuto occasione di scoprire un intelletto vivace, un carattere forte e deciso, ben consapevole dei propri obiettivi e delle vie entro le quali impegnarsi per raggiungerli, un animo tanto carismatico che non avrebbe potuto evitare di affascinarlo certamente più del suo mero aspetto fisico, convincendolo della volontà di riuscire, in un modo o nell’altro, a conquistare un tesoro sì prezioso, un gioiello tanto raro. Bramosia, la sua, che per sua fortuna era stata reciprocamente ricambiata da parte della stessa principessa, la quale, svelata nella propria intima natura, nella propria vera forma e, proprio in questa, apprezzata, non avrebbe potuto evitare di essere a sua volta ammaliata dall’unico uomo che si era dimostrato capace di tanto, l’unico che, in effetti, aveva voluto spingersi oltre alla mera apparenza per giungere al cuore della sostanza. Un’abilità o, per meglio dire, un’abitudine, quella allora dimostrata, che egli aveva da lungo tempo reso propria, e che, in più occasioni, gli aveva permesso di raggiungere traguardi da altri successivamente invidiati, così come, non a caso, era avvenuto anche quando aveva deciso di investire il proprio interesse, e il proprio denaro, in una giovane ex-marinaia, dalle forme generose e dallo sguardo deciso, di nome Midda Bontor, desiderosa di imporsi qual mercenaria, non, però, nel significato che in molti altri mecenati suoi pari, prima di lui, avevano stolidamente cercato di attribuire a tale termine, a simile vocabolo.
Proprio in conseguenza a simile, reale, confidenza con l’animo dell’amata, anche dove, in un primo istante, egli non aveva potuto umanamente evitare di ipotizzare che ella potesse aver perduto il proprio raziocinio, qual conseguenza del dolore per la perdita di colei che considerava qual propria migliore, se non unica, amica in quelle terre, lord Brote si impose allora di rifiutare tale evidenza per spingersi, ancora una volta, alla ricerca della propria vera sposa, celata dietro a una maschera pur così indegna di lei e, forse, addirittura considerabile offensiva persino verso di lui.

« Nass’Hya… cosa mi vuoi nascondere? » domandò con tono serio, non risentito, non incollerito verso di lei, e pur deciso, risoluto, tale da non poter ammettere ulteriori beffe simili a quelle offertegli fino a quel momento « Ti sei forse dimenticata chi sono io? Ti sei forse dimenticata il legame che ci unisce? Perché non vuoi fidarti neppure di me, in questo momento? »

Difficile, però, sarebbe stato per la donna offrire, allora, una risposta adeguata al proprio compagno e sposo, là dove, suo malgrado, neanche a lei era stata effettivamente riservata una qualche occasione di comprensione nel merito di quanto stesse avvenendo.
Se, infatti, la confusione interiore derivante dal dolore per la perdita da lei presunta, durante la prima metà di quell’intensa giornata, l’aveva stravolta al punto tale da portarla, effettivamente, sulla soglia della follia, colmandole la mente di ricordi osceni, propri di un passato del quale, nonostante tutto, non riusciva ancora a ritrovare effettiva consapevolezza, nelle ultime ore una meravigliosa sensazione di quiete si era, al contrario, impossessata di lei, in conseguenza di una certezza, di una intima emozioni, che, forse, avrebbe potuto anche essere considerata prossima al delirio, e che pur le stava donando una forza, un’energia qual da lungo tempo non riusciva a sentirsi confidente. Qualcosa era accaduto, nel corso di quel pomeriggio, nel confronto con il dolore vissuto, tale da sbloccare una parte del suo animo a lei forse estranea, della quale ignorava persino la natura, e sulla quale non avrebbe probabilmente mai potuto pretendere effettivo controllo: qualcosa che avrebbe dovuto forse terrorizzarla, nel confronto con le immagini imposte alla sua mente in quei ricordi confusi, nel merito dell’assurda coscienza di una qualche relazione fra la propria pena e il risveglio di quei non morti, nel rapporto con l’improponibile cognizione sull’errata identificazione imposta sul cadavere ritenuto proprio della Figlia di Marr’Mahew quasi, al suo sguardo, esso non fosse apparso qual uno scheletro informe e bruciato, quanto piuttosto la stessa, per lei sconosciuta, persona che era stata in vita, e che pur, nell’esserle stato nuovamente riconosciuto, nell’averla fatta sentire ancora una volta completa, non avrebbe potuto evitare anche di entusiasmarla, di rallegrarla qual, realmente, si sentiva di essere in quel momento.
Ma cosa avrebbe potuto allora spiegare al proprio signore e sposo? Come avrebbe potuto confidargli un’interpretazione della realtà di cui neanche lei stessa avrebbe potuto dichiararsi effettivamente padrona?
In fondo, se solo avesse espresso quelle proprie sensazioni, nei riguardi dei propri ricordi, dei non morti e della falsa Midda Bontor, nel migliore dei casi avrebbe potuto essere presa per folle, mentre, nel peggiore, avrebbe potuto essere considerata addirittura una strega, una negromante e, in questo, giungere persino a essere ripudiata e condannata quale il male incarnato.

« Non era e non è mio desiderio ingannarti, Brote. » rispose, ancora una volta obbligatoriamente sottovoce, per quanto, probabilmente, neppure potendo avrebbe effettivamente elevato il proprio tono in simile situazione « Ma impossibile, per me, sarebbe ora riuscire a offrirti le spiegazioni che pur meriteresti, dove anche al mio stesso cuore restano tuttora purtroppo negate. »
« Sol rispetto è quanto ti domando, mia signora. » insistette egli, ora con tono più moderato, più dolce, quieto, verso di lei, rasserenato nell’aver ritrovato, in quell’ultima asserzione l’ammissione che desiderava da parte dell’amata e che non avrebbe potuto evitare di considerare al pari di un tradimento, laddove non gli fosse stata riconosciuta « Ti prego… non tentare mai più di ingannarmi con una falsa allegria, con una simulata follia, nel ritenermi così stolido da non riuscire a compren… »
« Hai equivocato, mio sposo. » lo interruppe ella, levando la propria destra a posarsi, delicatamente, sulle labbra di lui per richiederne in tal modo il silenzio « L’allegria, la gioia che ti ho dimostrato, pur, lo ammetto, in maniera eccessivamente enfatica, non deve essere considerata fittizia, così come, anche, la notizia che ho voluto condividere con te e che tu hai tanto banalmente giudicato qual tentativo di raggiro in tuo contrasto. »
« Vuoi forse farmi intendere che Midda Bontor sia viva?! » esclamò l’uomo, accogliendo con stupore simile annuncio, tale proclama, al quale difficile sarebbe stato poter credere in conseguenza del confronto con l’immagine della salma della mercenaria, così come era avvenuto poche ore prima, e al quale, pur, avrebbe desiderato offrire fede, sia per riservarsi la speranza del ritorno della sua complice preferita, sia, al tempo stesso, per escludere che la sua sposa potesse star effettivamente insistendo in una simile, vana menzogna nei suoi riguardi « Come puoi dirlo? Ella ha forse preso contatto con te? Sei stata informata nel merito di qualcosa che pur io, al pari dell’intera città, ancora ignoro? »
« Sì. » annuì la principessa, semplificando in tal modo un concetto che, altrimenti, sarebbe potuto risultare troppo pericoloso e complicato da approfondire, persino con il suo stesso compagno « E’ così. Ella vive… e, sono certa che, molto presto, forse ancora prima della nuova alba, riusciremo a sentir parlare nuovamente di lei, nell’annuncio di una sua nuova vittoria. Non chiedermi come io lo sappia… ma è così. »

E Brote, per la prima volta dopo tanti, troppi anni, decise allora di riconoscere fiducia a una persona estranea a quella che, sola, era altrimenti solita presentarsi al suo sguardo nell’essere posto di fronte a uno specchio, cercando nelle braccia e sulle labbra della stessa amata il calore del suo amore, quasi a voler festeggiare, in tal modo, il lieto annuncio da lei così offertogli.

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