11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

mercoledì 24 febbraio 2010

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« I
o… non comprendo. » sussurrò la mercenaria, distaccandosi lentamente dalle labbra amate, sulle quali avrebbe desiderato sostare ancora a lungo ma sulle quali, altresì, temeva di indugiare là dove, tutto quello, si sarebbe potuto rivelare solo un astuto inganno ordito a suo discapito « E’ sogno… o realtà? Come è possibile che tu sia vivo? »
« In verità, io mi domanderei come è possibile che tu mi abbia visto morire. » osservò l’uomo, scuotendo il capo e concedendole tale spazio, pur senza liberarla dal proprio delicato abbraccio, non desiderando forzarla a sé e neppure permetterle di allontanarsi da lui e, in questo, di cedere alla propria naturale paranoia, quel sentimento che in numerose occasioni, egli ne era assolutamente conscio, le aveva salvato la vita ma che, ora, avrebbe solamente rischiato di porre in dubbio la propria « Considerando i tuoi trascorsi per mare, mi sembra assurdo che il sole possa averti giocato un simile scherzo. »
« E’ meglio per te che sia così: in caso contrario tu non saresti chi affermi di essere e io dovrei ucciderti. » semplificò ella, con tono più serio che faceto, nell’arretrate ulteriormente, spingendolo lontano da sé nell’appoggiare la propria destra metallica contro il suo petto « Baci bene… ma ho bisogno di prove più concrete prima di accettare l’idea di star impazzendo. » proseguì, ora, però, cedendo verso di lui con un accenno di malizioso sorriso, forse a volergli confermare di non aver nulla da temere, per il momento.

Separandosi da lui, effettivamente più calma, rasserenata, rispetto al momento di crisi appena vissuto, la donna guerriero cercò di riconquistare la propria congeniale freddezza, quella caratteristica innata che da sempre le era stata compagna fedele e nel merito della quale, nel tempo, anche i cantori avevano avuto occasione di sprecare versi, trovando solitamente un facile e immediato riferimento nei suoi occhi color ghiaccio che, indubbiamente, non si sarebbe mai riservato occasione di originalità, ma che sarebbe comunque riuscito a proporsi sempre e sufficientemente azzeccato nell’associazione d’idee in tal modo sottolineata. Osservandosi, pertanto, attorno così come pocanzi non si era concessa di fare, vittima del proprio impeto, della propria furia più di quanto, probabilmente, non sarebbe mai riuscito a trasparire a uno sguardo esterno, ella analizzò con interesse i parenti shar’tiaghi di Be’Sihl, così come tali le erano stati proposti, presentati, cercando di ricavare, in tal rapido e pur completo esame, ogni pur minimo dettaglio che sarebbe potuto essere considerato utile a meglio comprenderne la natura e l’effettiva funzione in quel deserto, non più giudicabile quale quella di briganti, quanto, invece, di semplici guardiani, custodi dei confini propri del villaggio natio del suo compagno.
Gli sguardi della mercenaria, forse non piacevoli e pur neanche apertamente ostili, vennero allora sopportati con sufficiente cortesia da parte del gruppo, il quale, a propria volta, non mancò di ricambiare tale attenzione, cercando di cogliere da quella figura maggior informazioni, anche ricorrendo a un’interrogazione diretta del ritrovato cugino: domande, risposte, asserzioni e commenti, a volte espressi con assoluta durezza, altre con tono decisamente scherzoso, furono così scambiati fra i sei e lo stesso Be’Sihl, non interrotti nel proprio naturale corso da interventi dell’ovvio soggetto di simili discorsi, dove, se davvero quanto successo sarebbe dovuto essere considerato frutto di un’allucinazione, di un assurdo e orrendo abbaglio, proprio la donna guerriero sarebbe dovuta essere considerata la prima interessata ad appianare ogni possibilità di incomprensione, ogni dubbio nel merito della propria presenza fra loro, quale straniera in terra straniera che, con violenza e senza apparente ragione, aveva aperto le ostilità nei loro riguardi.

« Poi mi spiegherai cosa vi state dicendo, non è vero? » si riservò di richiedere in un momento di risata collettiva da parte dell’intero gruppo, non ancora assolutamente convinta da quanto accaduto e, pur, sempre più propensa ad accettare l’ipotesi di aver commesso un inconsapevole errore « Tanta ilarità non può fare a meno di farmi incuriosire. »
« Nulla di particolare. » minimizzò il locandiere, sorridendo però sornione verso di lei « Mi hanno domandato se siamo già sposati… e quando ho risposto loro che non è proprio così, uno dei miei cugini ha subito espresso interesse a poterti corteggiare, sebbene si sia subito detto certo di quanto questo potrebbe essere pericoloso: una donna come te, in Shar’Tiagh, sarebbe la gioia di molti uomini… »

Nonostante una simile frase sarebbe potuta essere considerata egualmente valida in Kofreya o Y’Shalf, scatenando in tal senso, però, una chiara irritazione nella mercenaria, incapace di accettare l’idea di poter essere considerata al pari di una bestia esposta in fiera, al mercato, in quella particolare occasione, in quel preciso contesto, persino la stessa Midda Bontor non mancò di apprezzare con sincerità un simile commento, non equivocandone la natura e, altresì, subito comprendendone la reale chiave di lettura, assolutamente diversa che sarebbe dovuta essere considerata propria del medesimo entro quei confini, in quelle terre così lontane da quelle da lei solitamente attraversate.
A differenza di quanto imperante nelle mentalità e nelle tradizioni di molti altri regni, non solo meridionali quali Kofreya, Y’Shalf o, peggio ancora, Gorthia, il patriarcato, e la conseguente subordinazione del ruolo femminile nella società, non erano mai stati elementi propri della cultura shar’tiagha, la quale, al contrario, aveva da sempre ricercato una chiara emancipazione per le proprie donne, offrendo loro, a tal fine, maggiori possibilità educative di quanto, paradossalmente, non sarebbero invece state proprie degli giovani maschi. Invero mai un uomo shar’tiagho avrebbe potuto desiderare accogliere qual propria sposa, propria compagna, una donna simile a serva nel proprio relazionarsi con lui, quietamente sottoposta al proprio virile imperio e in questo relegata, tutt’al più, al ruolo di semplice strumento di diletto sessuale o di riproduzione, dove un tale pensiero, una fantasia pur propria di molte altre culture, e in alcuni confini addirittura tutelata e promossa persino a livello legislativo, avrebbe potuto solo rappresentare occasione d’indescrivibile vergogna, in Shar’Tiagh, per lo stesso marito, trasparentemente indegno, in tal senso, di meritarsi una compagna migliore. Solo quali complimenti, pertanto, avrebbero dovuto essere, e vennero, accolti tali apprezzamenti anche dal severo punto di vista femminile della Figlia di Marr’Mahew, la quale, in uno scenario diverso da quello offertole avrebbe sicuramente rifiutato certe espressioni, ma che, allora e altrimenti, non poté ovviare a un ampio sorriso verso il proprio compagno.

« Naturalmente mi sono permesso di definire come, attualmente, sebbene non sposata, tu non debba comunque essere considerata propriamente disponibile per eventuali corteggiatori… a meno di non desiderare entrare in competizione con me. » aggiunse Be’Sihl, aggrottando la fronte « E loro hanno commentato che, nonostante il bacio, tu non appaia particolarmente entusiasta di me, dal momento in cui risulti ancora chiaramente indecisa fra l’uccidermi o no. »
« Se anche loro avessero visto quello che ho visto io, non troverebbero questa situazione così divertente! » rimproverò la donna, storcendo le labbra verso il basso a quell’ultima considerazione, pur utile a riportarla, rapidamente, a contatto con la spiacevole realtà non ancora chiarita « Non è stato gradevole osservare una freccia conficcarsi nel tuo cr… »

Quell’ultima asserzione, allora, restò suo malgrado in sospeso, nel ritrovare l’attenzione della mercenaria abbandonare l’amato per ritornare, rapidamente, a valutare coloro precedentemente considerati quali nemici, assassini dello stesso locandiere, e l’intero ambiente lì circostante, nell’offrire, ora, particolare attenzione anche agli affossamenti dai quali essi erano emersi in naturale e necessaria risposta alla sua azione d’attacco contro uno di loro. E solo in quel momento, in conseguenza alle proprie stesse parole, si rese conto di un particolare stonato per il quale non evitò di rimproverarsi di non aver maturato immediata consapevolezza, evidentemente ancora scossa nel proprio intimo per poter risultare razionale e analitica come, quotidianamente, sarebbe stata invece solita apparire nel confronto con ogni situazione, con ogni possibile interlocutore, alleato o avversario che egli si sarebbe potuto definire.

« Per Thyres… » imprecò, a denti stretti, nel confronto con quell’apprezzata e pur tutt’altro che godibile conferma del frangente di follia precedentemente vissuto « Non ci sono frecce, né archi o balestre... »

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